È stata confermata in appello la condanna degli 8 imputati nel processo sulla ’ndrangheta in Trentino

(il Post)
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La Corte d’assise d’appello di Trento ha confermato quasi completamente la sentenza di primo grado nel processo sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nell’economia e nella politica della val di Cembra, a circa 15 chilometri da Trento, dove si estrae il porfido. I giudici hanno considerato colpevoli di associazione mafiosa e sfruttamento dei lavoratori tutti gli 8 imputati, che avevano richiesto il rito abbreviato e nel luglio del 2023 erano stati condannati in primo grado a un totale di 76 anni di reclusione. Rispetto a quella sentenza, quella di appello ha previsto soltanto una lieve riduzione di pena per due di loro, per i reati legati allo sfruttamento commessi prima del 4 novembre 2016.

Le indagini che portarono al processo “Perfido” (chiamato così per una banale somiglianza con la parola “porfido”) erano iniziate dopo l’aggressione a un lavoratore cinese: Hu Xupai, che nel 2014 era stato picchiato violentemente dai titolari di due aziende che lavoravano il porfido perché aveva preteso i soldi che gli spettavano per il suo lavoro. Questo episodio aveva spinto la procura di Trento a collegare altre denunce e segnalazioni ricevute negli anni precedenti.

Le indagini si concentrarono su passaggi di società, soldi, legami tra cavatori e amministrazioni e i frequenti viaggi degli imputati in Calabria. Attraverso tutti questi elementi, e numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, i magistrati riuscirono a ricostruire il ruolo della ’ndrangheta nel tessuto sociale, nelle imprese e nella politica della val di Cembra. Tra le altre cose, le indagini accertarono lo sfruttamento di lavoratori del porfido, la detenzione di armi da guerra, scoprirono diversi reati contro il fisco e ricostruirono come erano state influenzate le elezioni nel comune di Lona Lases.

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