Topolino #3415: La combo perfetta
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Topolino #3415: La combo perfetta

Arriva a conclusione su questo numero la nuova saga di Area 15, questa volta realizzata interamente da Claudio Sciarrone. E il fumettista, da bravo appassionato di videogiochi, cogliendo il gancio lanciatogli da Retrogaming di Marco Nucci e Libero Ermetti, porta il lettore all’interno del fantastico mondo dei videogame, aggiungendo al gruppo di Area 15 un nuovo/vecchio personaggio: Quo.
La storia, nel suo complesso, risulta moderna e divertente: Sciarrone, infatti, oltre a conoscere molto bene il mondo dei videogiocatori, riesce a raccontare al meglio anche quello dei social, in particolare di “piattaforme” come Instagram o YouTube. Non a caso in questo terzo e ultimo episodio compaiono le versioni papere di Raiden & Midna, due famosi youtuber nonché appassionati gamer.

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Quo, nella storia, viene sviluppato su due binari: da un lato diventa un influencer per coinvolgere la comunità dei videogiocatori nello sviluppo della nuova consolle di Paperone. I tecnici del miliardario, infatti, seguono e integrano i consigli dei follower di Quo, ottimizzando il risultato (anche per ottenere la minima spesa possibile) utilizzando algoritmi sviluppati per l’occasione.
Dall’altro, invece, si affida ai suoi amici di Area 15 che, sotto le indicazioni di Paperone, addestrano duramente Quo ad affrontare qualsiasi situazione imprevista, non solo nei videogiochi, ma anche nella vita reale.
topolino3415-paperoneQuesto gli permetterà di fare la differenza nell’ultima sfida della puntata conclusiva de La combo perfetta, anticipata dalla terza Special preview, in cui dovrà affrontare i migliori videogiocatori utilizzando l’ultimissima consolle prodotta da Rockerduck.
Alla fine Sciarrone realizza non solo una storia di Area 15, ma soprattutto una storia di Paperone: quest’ultimo, infatti, si rivela in grado di stare al passo con i tempi molto più di Rockerduck stesso grazie alla sua esperienza e a quello spirito indomito che ha sempre mostrato in molte delle migliori storie con Paperone protagonista. Inoltre lo stile di Sciarrone si rivela ulteriormente flessibile nell’adattarsi alla sua stessa storia. Da un lato abbiamo la scelta stilistica della griglia classica per le special preview, dall’altro la solita costruzione dinamica per la storia principale, unita a una rappresentazione particolarmente snella dei personaggi, resa ancor più dinamica dalle deformazioni cartoonesche che enfatizzano al massimo la recitazione dei protagonisti.
Tra questi, come detto, c’è anche Rockerduck, che si appresta a lanciare la sua nuova consolle che ha una caratteristica particolare, che in questa sede risulta interessante approfondire: il motore dei videogiochi pensati per la consolle stessa è in grado di adattare l’esperienza di gioco allo stile del videogiocatore. Una cosa possibile grazie agli algoritmi di rete neurale.

Videogiochi neurali

In pratica una rete neurale è un algoritmo in grado di imparare dalle sollecitazioni esterne, costruito come una vera e propria rete topologica, dove si identificano nodi e collegamenti e si descrive il flusso di informazioni e il modo in cui tenerne conto attraverso una serie di leggi matematiche (generalmente delle sommatorie). In questo modo, per esempio, si riescono a progettare e realizzare molti dei software usati in astronomia, ma anche in ambito investigativo, o anche in alcuni programmi commerciali, in grado di ripulire un’immagine e renderla sempre più nitida.

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Un modo per indurre l’apprendimento di una rete neurale nei videogiochi è costruire degli algoritmi di evoluzione, uno dei quali è NEAT(1), Neuroevolution of augmenting topologies di Kenneth Stanley e Risto Miikkulainen, che ha avuto un primo successo nella determinazione della migliore strategia di gioco nell’Othello. Successivamente Mark Wittkamp ha applicato NEAT(2) a una versione di Pac-Man modificata da Ben Chow(3) con l’obiettivo di far evolvere i fantasmini e sviluppare una strategia finalizzata alla cattura di Pac-Man.
Per verificare l’efficacia della rete neurale dei fantasmini, Wittkamp, insieme con Luigi Barone e Philip Hingston, ha scritto un pacbot che doveva interpretare un videogiocatore decente in grado di portare a conclusione il primo livello di Pac-Man contro gli algoritmi originali. E alla fine il pacbot si è rivelato anche qualcosa di più di un giocatore decente: la sua prestazione media, su un totale di 25 partite, è stata di 4808.4 punti e 1.44 vite perse ad ogni partita. Vi ricordo che il punteggio massimo raggiungibile mangiando solo i semi di un livello è di 2700 punti.
La rete neurale alla base dell’intelligenza artificiale dei fantasmini, invece, è strutturata come una sorta di navigatore che deve indicare la posizione successiva a partire da come il gioco si evolve nel tempo. Questa evoluzione viene rappresentata dal numero di semi mangiati e quindi dal punteggio del pacbot, dalla posizione di quest’ultimo e dalla condizione di cacciatore o di preda del fantasma. L’idea è dunque calcolare le probabilità per ognuna delle celle adiacenti e far muovere il fantasma nella cella a maggiore probabilità. In questo modo la rete neurale propone a ciascun fantasma un unico output, in luogo dei quattro che altri approcci propongono.
Wittkamp e soci sviluppano quattro differenti reti neurali, ovvero quattro differenti strategie di gioco per i fantasmini. Di queste quattro la più interessante è quella denominata come ambushing Pac-Man. Nonostante questa non sia la strategia che limita maggiormente il punteggio ottenuto (sebbene risulti in media inferiore di circa 400 punti rispetto alla prestazione contro l’algoritmo originale), riesce però nell’intento più importante dei fantasmini: ridurre del più possibile le vite di Pac-Man. E nello specifico la prestazione media risulta di 1.9. Questo grande risultato (ovviamente non dal punto di vista del pacbot) viene ottenuto grazie all’introduzione del concetto di “attacco di gruppo”. I fantasmini, infatti, iniziano ad attaccare Pac-Man insieme e non più singolarmente, cercando di ridurre al minimo possibile le vie di fuga a sua disposizione.
In definitiva l’uso delle reti neurali nei videogiochi risulta particolarmente interessante perché rende più complessi i videogiochi stessi e più interessante l’esperienza di gioco! Ovviamente, anche dal punto di vista della scienza, ci sarebbe ancora molto da scrivere sull’argomento, ma immagino ci saranno ancora occasioni in futuro.


  1. Kenneth O. Stanley, Risto Miikkulainen (2002). Evolving Neural Networks Through Augmenting Topologies. Evolutionary Computation 10 (2): 99–127. doi:10.1162/106365602320169811 (pdf
  2. Wittkamp, M., Barone, L., Hingston, P. (2008). Using NEAT for continuous adaptation and teamwork formation in Pacman Computational Intelligence and Games, 2008. CIG ’08. IEEE Symposium On , 234-242 doi:10.1109/CIG.2008.5035645 (pdf
  3. La versione di Chow è programmata in Java, esiste però una versione in HTML5 dove si possono progettare e giocare i propri labirinti, a patto di avere un account Facebook

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