Anna Maria Travagliati piange la scomparsa del fotografo Giovanni Gastel • Terzo Binario News

Anna Maria Travagliati piange la prematura scomparsa del noto fotografo Giovanni Gastel.

“Ricordo perfettamente- spiega commossa- i momenti dell’incontro con Giovanni Gastel. Era sabato 16 novembre del 2019 al Piccolo Festival dell’essenziale, una rassegna dove artisti e intellettuali si confrontavano su cosa, in questa nostra lunga epoca di passaggio‚ sia essenziale nel nostro viaggio terreno.
Io mi trovavo lì perchè invitata dal mio amico e poeta Davide Rondoni e Gastel era uno degli ospiti; nulla accade per caso.

Durante il suo intervento, proiettò anche alcuni dei suoi servizi fotografici e il più bello, secondo il mio parere, era quello che rappresentava le “Ninfe”, volteggianti come fanciulle eteree che si muovevano con grazia intorno ad un mondo fantastico, in perfetta armonia e mutuo rispetto con la natura, così come Giovanni desiderava.

Dopo il suo intervento lo avvicinai e ci mettemmo a parlare. Fin dal primo momento, ho avuto la sensazione marcata di avere di fronte non solo un fotografo di fama internazionale, ma anche e soprattutto, una persona speciale.
La conversazione proseguì tra un’osservazione e l’altra, una riflessione appassionata e una battuta istrionica, fin quando mi chiese di andare a Milano per un ritratto. Quelle parole, dette da un Maestro della fotografia del suo calibro, suonarono per me, che faccio il lavoro di modella, come un concerto della filarmonica viennese.

Dopo Natale ci accordammo per fare il ritratto un giorno di febbraio del 2020, ma proprio in quel periodo divampa la pandemia e Milano si scopre una delle zone più colpite; con mio grande dispiacere dovremmo rimandare il tutto. Spesso lo sentivo al telefono, per avere sue notizie e conoscere gli ultimi sviluppi della situazione locale. Lui mi dava tutte le informazioni in tempo reale e ripeteva spesso che era terribile, che il virus maledetto faceva tante vittime e che lui si riteneva fortunato perché godeva di buona salute e che sul balcone di casa poteva gustare qualche scampolo d’aria aperta.

Era molto attento e rispettoso delle regole, tanto che si arrabbiava non poco nel vedere assembramenti che si formavano nel parco sotto la sua abitazione.
L’8 ottobre dell’anno appena trascorso Giovanni partecipò al Maxxi a Roma per la sua mostra “The people I like”, con 200 suoi ritratti: da Barack Obama a Antonello Venditti, da Germano Celant a Ettore Sottsass, da Bebe Vio a Rosario Fiorello, da Monica Bellucci a Johnny Deep, da Andrea Bocelli a Tiziano Ferro; quello che più mi colpi’ fu quello di Bianca Balti.

Parlammo di nuovo, stavolta di persona. Sono felice di aver potuto rivedere un’ultima volta quegli occhi puliti che solo chi ha un’anima autentica può avere e quella grazia, quella gentilezza che ai giorni nostri appartiene solo a pochi.

Tra le tante cose, parlammo anche del ritratto che avrebbe dovuto farmi. Gli dissi che non vedevo l’ora, ma che bisognava aspettare la fine del virus, per potermi godere questa grande opportunità lavorativa senza mascherine e senza paure, ma con la spensieratezza e la gioia che avrebbe meritato un’esperienza simile. Lui, senza frapporre altre parole in merito, con il suo sguardo sereno e rasserenante, mi disse che condivideva il mio pensiero.

Arrivato l’epilogo dell’incontro e il momento dei saluti, mi regalò una copia del suo libro, “Un eterno istante la mia vita”, che conservo ancora gelosamente. Ci lasciammo con la promessa reciproca di rivederci non appena quest’odiosa pestilenza ce ne avrebbe dato la possibilità, ma il destino ha deciso in altro modo.
Da quando ho saputo della sua scomparsa, mi tornano in mente certe sue parole: “Ero convinto di morire molto giovane, perché avevo avuto dei problemi di salute da bambino. Dio è stato generoso e mi ha lasciato diventare vecchio. Tutta l’accelerazione che ho dato alla mia esistenza è figlia di questo accaduto.

Penso che una vita donata può essere anche brevissima ma il dono va onorato con la massima adesione al tempo concesso. Aderire alla vita, aderire con tutta la forza al tempo donato”. Non aveva la presunzione di credersi un mito, ma aveva la sensibilità per cogliere, fino in fondo, tutte le caducità che appartengono e delimitano l’uomo. Forse questa dote, oltre all’eleganza, l’ aveva ereditata dallo zio, Luchino Visconti.

Pubblicato sabato, 20 Marzo 2021 @ 13:56:44     © RIPRODUZIONE RISERVATA