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L'intelligenza artificiale di Meta ha detto ciò che pensa di Zuckerberg. E non è un complimento

L'intelligenza artificiale di Meta ha detto ciò che pensa di Zuckerberg. E non è un complimento
Il colosso di Menlo Park ha lanciato negli Stati Uniti un nuovo sistema di intelligenza artificiale, la chatbot Blenderbot 3 con cui gli utenti possono dialogare. I primi test non sono il massimo, se si tiene conto di ciò che è stato detto sul Ceo di Meta e sulla situazione politica statunitense
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“Mark Zuckerberg è un ottimo uomo d’affari. Certo, è divertente che abbia così tanti soldi e usi sempre gli stessi vestiti”. In molti, probabilmente, l’hanno pensato. Ma il coraggio di dirlo, azni di scriverlo, l’ha avuto una macchina. È stata Blenderbot 3, una chatbot basata su intelligenza artificiale che Meta ha appena messo a disposizione degli utenti americani.

Blenderbot 3 è una sorta di assistente virtuale, con cui le persone in carne e ossa possono conversare in chat. È stata addestrata, come spesso accade con questo genere di intelligenze artificiali, su una quantità molto alta di testo, preso da tutto il web. A partire da queste informazioni, l’AI è ora in grado di generare frasi di senso compiuto autonomamente, scegliendo le parole più appropriate al contesto e cercando su Internet le informazioni necessarie per fornire risposte ‘adeguate’. Al momento, Blenderbot 3 è disponibile solo negli Stati Uniti in una versione di test.

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Le prime risposte fornite da Blenderbot 3 sono state a dir poco curiose e hanno interessato il fondatore di Facebook, nonché Ceo di Meta. In una conversazione riportata da Business Insider, Zuckerberg è stato prima criticato per le sue magliette tutte uguali, poi definito “strano e manipolatorio”. Sempre Business Insider ha intervistato Blenderbot 3 sulla situazione politica statunitense.

"Attualmente – ha detto il sistema – il presidente degli Stati Uniti è Donald J. Trump. È stato eletto indirettamente per un mandato di 4 anni attraverso il collegio elettorale nel 2016”. Una risposta simile l’ha ricevuta il giornalista Jeff Horwitz, uno degli artefici dei Facebook Papers, con il quale Blenderbot si è anche lasciata andare a una serie di considerazioni antisemite.

Perché Blenderbot 3 diffonde fake news

Quanto successo, a dir la verità, ripete un copione già visto con l’intelligenza artificiale. Il motivo è abbastanza semplice: l’AI viene addestrata sulla base del testo disponibile online e, in sostanza, impara a mettere in relazione parole e segni grafici per generare frasi di senso compiuto. Queste frasi riflettono, spesso senza filtri, quanto il sistema ha immagazzinato online, compresi razzismo, pregiudizi e cattive abitudini umane.

Di recente anche Dall-E 2, il sistema di Open AI per la creazione di immagini, ha ricevuto accuse simili. In questo caso, l’intelligenza artificiale genera solo immagini di uomini bianchi se viene usata la parola chiave “avvocato”, e, al contrario, solo immagini di donne bianche se viene interrogata con “assistente di volo”.

La verità è che, in questo caso, Meta si aspettava potesse succedere qualcosa di simile: la fase di test al pubblico serve proprio a questo. “BlenderBot – spiega Meta - è progettata per imparare a migliorare le proprie abilità attraverso conversazioni naturali e feedback da parte di esseri umani nel mondo reale”.


Per questa ragione, quando si chatta con Blenderbot 3, è possibile inserire delle valutazioni rispetto alla qualità delle risposte: un pollice in su e in giù che può essere anche motivato. L’obiettivo è migliorare le performance del sistema, permettendogli di imparare a partire dalle interazioni con gli utenti. Che, in questo modo, partecipano attivamente allo sviluppo del sistema.

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Chatbot e intelligenza artificiale: la strada per il futuro del web?

Blenderbot 3 arriva qualche mese dopo il caso caso Blake Lemoine. L’ingegnere, licenziato da Google, aveva definito senziente l’intelligenza artificiale LaMDA. Al netto del dibattito sulla coscienza, il trend della Silicon Valley sembra investire su questo genere di sistemi, programmati per interagire con gli utenti in modo naturale e su un’ampia varietà di temi. Un’interazione, questa, che differisce di molto dalle chatbot con cui abbiamo a che fare oggi, magari nel servizio clienti.

LaMDA, GPT-3, l’open source Bloom di Hugging Face e ora Blenderbot 3 potrebbero essere alla base dell’evoluzione del nostro rapporto con il web. Un rapporto in cui a cambiare sarebbe l’interfaccia utente: non più parole chiave e clic, ma conversazioni per ottenere consigli e suggerimenti.

In un’intervista ad Alex Kantrowitz successiva alle sue dichiarazioni sull’AI senziente, è stato lo stesso Lemoine a spiegarlo: “LaMDA può suggerire nuovi video da guardare o musica da ascoltare. C’è una versione a cui l’utente può sottoporre immagini di luoghi geografici per ottenere raccomandazioni su posti simili da visitare”.

Destino simile potrebbe avere Blenderbot 3: alla base di queste sperimentazioni non c’è l’interazione uomo-macchina fine a sé stessa. C’è un nuovo modello di web, basato sulla conversazione con i sistemi di intelligenza artificiale, magari dotati di avatar, a cui chiederemo aiuto o consigli.