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Dai fuorilegge alle creature marine sconosciute: chi governa il mare aperto?

Ecco cinque cose da sapere sulle acque internazionali, un’ampia area di oceano non regolamentata che pullula di forme di vita misteriose, vulcani sottomarini e moderni pirati.

DI SARAH GIBBENS

pubblicato 17-01-2024

Dai fuorilegge alle creature marine sconosciute: chi governa il mare aperto?

Le orche sono una delle tante specie marine che migrano attraversando il mare aperto. Un trattato delle Nazioni Unite consente ai Paesi di creare aree marine protette a gestione internazionale, in modo da tutelare le specie che vivono al di fuori della giurisdizione delle singole nazioni. 

FOTOGRAFIA DI BRIAN SKERRY, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Il mare aperto è una vasta terra – o meglio, un vasto oceano – di nessuno, che non è sottoposto ad alcuna giurisdizione. 

Ogni Paese ha competenza sulle acque che si estendono fino a 200 miglia nautiche dalla costa, ossia nella cosiddetta ZEE: Zona Economica Esclusiva. Al di là delle ZEE ci sono le acque internazionali e oltre i due terzi degli oceani del globo. 

Queste acque disabitate dall’uomo sono poco conosciute, ma pullulano di vita: in alto mare si trovano oltre 10 milioni di specie e milioni di misteriose creature sconosciute alla scienza che abitano le sue profondità. 

Per questo motivo, un trattato delle Nazioni Unite (ONU) di marzo 2023 mira a governare l’ingovernabile, sottolineando che i Paesi di tutto il mondo dovrebbero proteggere insieme una parte dell'oceano che copre la metà della superficie terrestre.

Ricco di vulcani sottomarini e specie ma viste, attraversato da pirati e fuorilegge, il mare aperto è una zona del nostro pianeta unica. 

1. In alto mare i pirati moderni sono in agguato

Dai fuorilegge alle creature marine sconosciute: chi governa il mare aperto?

Alcuni pirati somali sul peschereccio dove i membri della Marina militare degli Stati Uniti li hanno catturati, nel 2012. La rapina a mano armata e il rapimento a scopo di riscatto sono tra i crimini che commettono, sia vicino alla costa che in alto mare. ​

FOTOGRAFIA DI TYLER HICKS/THE NEW YORK TIMES/REDUX

La pirateria non è un crimine del passato. Secondo l’Interpol (Organizzazione internazionale della polizia criminale) l'unica differenza è che oggi si traduce in rapine a mano armata e in rapimenti a scopo di riscatto, piuttosto che in avventure in stile hollywoodiano. In particolare, attraverso il sistema dei riscatti ogni anno i moderni pirati mettono insieme milioni. Dirottamenti di navi si verificano più raramente.

Oltre il 90% delle merci che vengono prodotte e vendute sono trasportate via mare, e gli episodi di pirateria avvengono sia in prossimità delle coste che in mare aperto. Nel 2020 i casi segnalati all’International Maritime Bureau sono stati 195. Inoltre, sempre secondo l'IMB, nello stesso anno qui in Italia sono stati segnalati 35 incidenti, con un aumento del 50% rispetto al 2019: si sarebbe trattato del numero più alto dal 1992. Di questi, 33 sono stati abbordaggi riusciti, anche se nella maggior parte dei casi si è trattato di furti (non ci sono dunque stati rapimenti o eventi particolarmente violenti).

I pirati non sono i soli criminali a solcare le acque dei mari più profondi: qui si svolgono attività di traffico di droga e di esseri umani, sversamento illegale di sostanze chimiche e altri tipi di rifiuti e prelevamento non consentito di pesce dal mare. 

Ma c’è anche chi in alto mare elude le leggi per motivi altruistici. A bordo di un’imbarcazione, l’equipaggio osserva le leggi del Paese di cui batte bandiera: è così che l’organizzazione no-profit olandese Women on Waves fornisce assistenza per l’aborto a donne che vivono in Paesi in cui la procedura non è legale.

2. Le profondità inesplorate lasciano spazio all’immaginazione

Dai fuorilegge alle creature marine sconosciute: chi governa il mare aperto?

Un relitto trasformatosi in barriera corallina offre un habitat che attira pesci e altre creature marine. Le profondità degli oceani custodiscono navi perdute e specie sconosciute.

FOTOGRAFIA DI JENNIFER ADLER, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Sul fondo del mare si trovano catene montuose sottomarine, profondi fossati, canyon e sorgenti idrotermali, componenti degli habitat che ospitano pesci, balene, tartarughe e coralli. Di molte specie sappiamo che vivono in mare aperto o che migrano attraversandolo, ma la vita che popola questa parte del pianeta rimane per la gran parte ancora un mistero. Si stima che le specie sconosciute all’uomo che vivono negli oceani siano da 500.000 a 10 milioni. 

Gli scienziati hanno studiato solo una piccola parte delle acque dell'alto mare e gli habitat più remoti potrebbero nascondere i più grandi misteri. 

Ad esempio, qui sono comuni i coralli di profondità: il più antico organismo vivente esistente al mondo, un corallo di 8.500 anni, si trova in acque internazionali. 

E alcune di queste specie ancora ignote hanno effetti curativi: alcuni composti rilevati nelle spugne di acque profonde sono oggetto di studio per la loro capacità di combattere il cancro e patologie croniche. 

Attualmente le acque di alto mare protette sono meno dell’1%, ma il nuovo trattato dell’ONU consente ai Paesi di creare a livello collettivo delle aree marine protette (AMP) al fine di tutelarle dalla pesca eccessiva e dalle rotte di navigazione.

3. La pesca in alto mare è al centro di accese controversie

La pesca è stata descritta come uno dei lavori più pericolosi al mondo ed è in corso un acceso dibattito sul fatto se debba o meno essere consentita nelle zone di alto mare. 

Uno studio del 2018 indica che non è redditizia, e che in poco più della metà dei casi riceve sussidi governativi. Si stima che siano circa 3.600 i pescherecci che pescano in alto mare (il 6% circa di tutte le attività di pesca). Ma in queste aree ha un impatto sproporzionato sulla sostenibilità e sui diritti umani. I pescherecci spesso usano un metodo chiamato "pesca a strascico in profondità", che prevede l’uso di enormi reti che raccolgono tutto ciò che incontrano sul loro cammino: pesci commercializzati, ma anche barriere coralline e animali marini rari o in pericolo di estinzione. 

Alcuni Paesi - come ad esempio la Cina - usano le aree di alto mare per compensare la carenza di pesce nelle proprie acque impoverite. Gli scienziati stimano che circa il 70% dei pesci trascorrano parte della vita in mare aperto, e uno studio pubblicato nel 2015 ha rilevato che se le aree di alto mare fossero chiuse alla pesca, gli stock ittici delle vicine ZEE probabilmente presenterebbero popolazioni più abbondanti (rese più numerose dagli esemplari in arrivo dalle zone più al largo). Ciò potrebbe aumentare la disponibilità di pesci commercializzati del 18% nelle acque territoriali.

4.  Ospitano gravi crimini

A migliaia di chilometri dalla costa, le zone di alto mare forniscono una copertura perfetta per crimini come il lavoro forzato e l’omicidio. 

Un’inchiesta del New York Times pubblicata nel 2015 ha raccontato le storie di violenza, schiavitù, crudeli punizioni e non solo dei lavoratori che, attratti con l’inganno a lavorare sui pescherecci, vi vengono poi detenuti per anni. I pescherecci in alto mare usano navi dette “a lunga percorrenza”: sono parcheggiati lì per mesi o addirittura anni, e vengono serviti da altre navi che portano rifornimenti e prelevano il pesce catturato, consentendo al peschereccio parcheggiato di rimanere nascosto alla sorveglianza. 

Un’altra inchiesta pubblicata nel 2019 dall’Associated Press ha rilevato che molti dei pesci catturati dai lavoratori "schiavi" finiscono sulle tavole degli americani. 

Gli attivisti che difendono i diritti dei lavoratori e le forze dell’ordine hanno iniziato a usare i satelliti per monitorare le imbarcazioni in alto mare che mostrano attività sospette che fanno pensare a pratiche di lavoro forzato. 

5. Catturano e sequestrano enormi quantità di carbonio 

Dai fuorilegge alle creature marine sconosciute: chi governa il mare aperto?

Un sub nuota sotto una distesa di alghe sargasso. Le ampie coperture come questa assorbono il carbonio dall’atmosfera naturalmente, giocando un ruolo fondamentale nella mitigazione del cambiamento climatico.

FOTOGRAFIA DI DAVID DOUBILET, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Le forme di vita marine come il plancton e le alghe sono responsabili dell’immagazzinamento in alto mare di grandi quantità di emissioni di anidride carbonica. Secondo una relazione pubblicata nel 2014, ogni anno ne catturano e sequestrano dall’atmosfera 1,5 miliardi di tonnellate.

Lo stesso studio suggerisce che le acque di alto mare estraggono dall’aria una quantità di carbonio equivalente a circa 148 miliardi di dollari (quasi 138 miliardi di euro). Tale carbonio viene assorbito e immagazzinato dalle piante e dagli animali o trasferito sul fondo marino; per questo, alcuni scienziati ritengono che in alto mare non dovrebbe essere consentita nessuna forma di pesca. 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.