Avvocati, chiedete la e-discovery con gli strumenti informatici della Procura

Ponte Morandi: cosa insegna l’ordinanza del Tribunale di Genova

Oggi facciamo una incursione nelle attività relative alle questioni preliminari al dibattimento del processo genovese per il crollo del Ponte Morandi. Illustriamo l’ordinanza del 26 ottobre scorso con la quale il Tribunale di Genova ha respinto le eccezioni delle difese, alcune delle quali incentrate sulla mole di documentazione nativa informatica e sull’utilizzo dei software di e-discovery.
Ne parliamo perché a) il processo Ponte Morandi è il primo in Italia nel quale la Procura ha acquistato un software in funzione investigativa e di e-discovery; b) perché l’ordinanza contiene suggerimenti pratici per gli avvocati penalisti alle prese con strumenti innovativi utilizzati delle procure; c) per sollecitare l’attenzione sui cambiamenti investigativi e processuali che le nuove tecnologie comportano.
Ci scusiamo per qualche semplificazioni, consapevoli che il processo, di cui incidentalmente parliamo, riguarda un fatto tragico che ha profondamente toccato tutti.
Buona lettura!
😊

Per la e-discovery della documentazione digitale nativa con le prove raccolte dal pm, la difesa può chiedere di utilizzare, nei tempi e nei modi stabiliti dal codice di procedura penale, lo stesso software a disposizione della Procura.

Il 26 ottobre scorso il Tribunale di Genova ha respinto con una ordinanza tutte le eccezioni di nullità (da quella relativa all'avviso di conclusione delle indagini preliminari e di tutti gli atti conseguenti, a  quella di inutilizzabilità di talune intercettazioni e alla corretta formazione del fascicolo del Dibattimento) presentate dalle difese dei 59 imputati per il crollo del ponte Morandi.

Ne parliamo in Avv4.0 in relazione alle prime, che toccano i nuovi rapporti di forza “investigativi” tra accusa e difesa, promossi dalla irruzione delle nuove tecnologie.
L’ordinanza infatti è destinata a diventare una pietra miliare, per la ricostruzione di questi rapporti e anche perché, tra le righe, contiene una sorta di vademecum operativo sulle attività che la difesa avrebbe potuto compiere per superare i limiti tecnologici e avere piena contezza del materiale probatorio raccolto e documentato digitalmente.

Non tutte le argomentazioni dei giudici risultano pienamente convincenti sotto il profilo della permanenza della effettività della difesa nonostante il contesto tecnologico.

Sommario

Lesione del diritto di difesa, eccezioni respinte

L’ordinanza ha escluso la lesione del diritto di difesa nella fase iniziale delle indagini preliminari anche se la Procura si è servita di “potenti” mezzi investigativi informatici, apparentemente sproporzionati rispetto alle disponibilità dei difensori.

La messa a disposizione alle difese della imponente documentazione nativa informatica non è compromessa da una presunta inaccessibilità dovuta alla mole e/o alla mancanza di adeguati o costosi strumenti “privati”.

Sarebbe bastato che le difese chiedessero l’accesso alla documentazione nativa informatica con lo stesso software a disposizione della procura e nei locali degli organi investigativi.

Il software di eDiscovery utilizzato dalla procura di Genova

Nel processo per il crollo del Ponte Morandi la procura, per la prima volta in Italia, si è dotata di un software per la e-discovery, Nuix ediscovery Reviews, a causa della ingente mole di documentazione digitale sequestrata durante le indagini, pari a 50 terabyte.

La eDiscovery è il processo che permette l’identificazione di dati informatici rilevanti ai fini di un’indagine forense, conservati su supporti digitali o in cloud. Nuix, in particolare, gode di ottime recensioni sul funzionamento e l’efficacia: consente di elaborare immagini forensi di diversi tipi di dispositivi elettronici come laptop, desktop e telefoni cellulari. Può ingerire terabyte di dati non strutturati in modo rapido con i suoi potenti lavoratori. Può classificare ogni file in base al tipo e metterlo in cartelle correlate (file .ini nella cartella "file di sistema", file .msg nella cartella "e-mail"). Un sistema che aiuta a individuare i file rilevanti per un'ulteriore revisione. Inoltre esegue la deduplicazione per ridurre il numero di elementi da rivedere e l'OCR (optical character recognition- una tecnologia che riconosce lettere, numeri e altri caratteri scritti), per eseguire ricerche sui documenti scansionati. Meno buone le recensioni sui costi e sui termini delle condizioni di utilizzo.

Le eccezioni delle difese

Le difese hanno avanzato istanza di nullità dell’avviso di chiusura delle indagini preliminare e delle attività conseguenti, per violazione del diritto di difesa in relazione a documentazione informatica nativa depositata dal pubblico ministero ma sostanzialmente inaccessibile. Hanno fatto valere il fatto che  copia  della documentazione informatica nativa fosse stata ottenuta dalla Guardia di Finanza su supporto denominato "Nas", particolarmente costoso, solo in data 13.5.2021 (tredici giorni dopo dalla notifica dell’avviso, ndr), in violazione dei principio di parità delle armi,  mentre l'accusa aveva potuto avvalersi di un potente e costoso software denominato "Niux" per la e-discovery.

A non altrettanto sarebbe stata abilitata la difesa, la quale era stata costretta a nominare una società informatica per il supporto nell’attività di consultazione, di fatto resa comunque impossibile per problematiche come la mancata indicizzazione degli atti, l'assenza di un sistema di ricerca interna, la presenza di migliaia di file aventi estensioni tra loro diverse e non apribili, la mancanza di normalizzazione dei dati (operazione che consente di eliminare i file ridondanti), nonché tenuto conto della difficoltà di consultazione di dati di posta elettronica Lotus Notes con estensione .nsf.

In secondo luogo, le difese hanno evidenziato che a fronte dei 50 terabyte di documentazione depositata dall'organo inquirente, il pubblico ministero avrebbe dovuto prorogare il termine di cui all'art. 415 bis, comma terzo, c.p.p. (i 20 giorni per produrre da parte dell’indagato ulteriore documentazione e di richiedere – pienamente informato degli addebiti – l’interrogatorio di garanzia) considerando anche che della ingente documentazione informatica nativa non era stata rilasciata una copia forense indicizzata e normalizzata, e che dunque in “assenza di un software come il "Nuix" a disposizione delle parti”, quello ottenuto sul "Nas'' altro non sarebbe stato che un "mero contenitore" o una "black  box" inaccessibile.

La risposta del collegio

Dovendo sintetizzare, focalizziamo le argomentazioni principali di infondatezza delle eccezioni, relative all’utilizzo del software da parte della procura e alla sostanziale assenza di disparità tra accusa e difesa.

Le argomentazioni di rigetto (corrette o meno sotto il profilo sostanziale), se lette in positivo, si trasformano in una sorta di vademecum per avvocati penalisti 4.0, alle prese con la necessità di analizzare una massa imponente di documentazione digitale nativa, di richiedere specifiche estrazioni, di esercitare in buona sostanza il diritto di difesa nella fase delle indagini preliminari. Vediamo come.

Innanzitutto i giudici hanno distinto tra la funzione investigativa e quella di e-discovery del software.

Per i giudici, innanzitutto, il programma "Elastic Search" della società "Nuix" è sì un potente motore di e-discovery in senso stretto ma costituisce anche uno strumento investigativo, permettendo ad esempio attività quali la comparazione di documenti per percentuali di similitudine, il collegamento dei dati documentali ad altre evidenze (intercettazioni, posizionamenti, tabulati, etc.) o il recupero di file cancellati.

Richiamando la giurisprudenza costituzionale, i giudici hanno quindi giustificato la “posizione fisiologica di vantaggio del pm nelle indagini preliminari anche in relazione alla ricchezza di strumenti investigativi”, se contenuta nei termini di ragionevolezza.

I giudici hanno rigettato anche la tesi difensiva sull'irragionevolmente difficile accesso agli atti (che equivarrebbe a omesso deposito secondo il principio enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 142 del 2009), con diverse motivazioni che intersecano codice di procedura penale e utilizzo delle nuove tecnologie, da cui trarre utili indicazioni.

Innanzitutto il collegio  ha ritenuto che fosse sufficiente, dato lo stato della procedura (avviso di conclusione delle indagini preliminari, con estensione del materiale probatorio ancora iniziale ai fini della interlocuzione con l’organo inquirente ai sensi 415 bis comma terzo),  la messa a disposizione da parte dei pm dell'indice analitico costituente il c.d. "Elenco delle evidenze digitali" (tutte) in 49 pagine allegate all'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

In questo modo, ciascun indagato poteva muoversi anche all'interno della documentazione informatica nativa ritenuta significativa, decidendo se esercitare o meno le prerogative di cui all'art. 415 bis comma terzo c.p.p., con la possibilità - altrettanto reale, in quanto proveniente dalla sfera giuridica di ciascuno dei soggetti procedimentali coinvolti dall'indagine – di fornire contributi costituiti da memorie, documenti e investigazioni difensive da portare alla conoscenza del pubblico ministero.

In secondo luogo, i giudici hanno specificato che i 50 terabyte di documentazione informatica nativa, consultabili attraverso il "Nuix", hanno costituito per lo più "cose pertinenti al reato" ma nessuna difesa ha eccepito il loro sequestro probatorio, nonostante la mole di documentazione riversata su Nas fosse necessariamente identica a quella posseduta dalla procura;   e nonostante il fatto che, almeno inizialmente, la copia informatica nativa della documentazione era accessibile e consultabile con programmi gratuiti facilmente reperibili sul mercato, diffusi in tutto il mondo e di accertata conoscenza per gli operatori di informatica forense (così, ad esempio, con riferimento ai dati relativi ai database di posta elettronica Lotus Notes con estensione .nsf, esistendo sul mercato programmi software, scaricabili gratuitamente da Internet, in grado di consentire di visualizzare tali dati e di convertirli in file con estensione .pst consultabili con il normale gestore di posta elettronica Microsoft Outlook).

Per il collegio, peraltro, la stessa procura avrebbe agito in trasparenza proprio mettendo a disposizione delle difesa la cosiddetta copia-mezzo di documentazione informatica nativa, contenente anche il materiale estraneo ai fatti oggetto del procedimento o consistente in file e programmi relativi allo stesso funzionamento dei vari dispositivi acquisiti e copiati.

Come accedere alla documentazione digitale completa raccolta dalla procura

A smontare le richieste delle difese viene una ulteriore parte della ordinanza che vale ora la pena mettere in evidenza, perché potrebbe essere un precedente utile a ottenere – in altre circostanze – un accesso completo e utile alla documentazione digitale di indagine: chiedere l’accesso per la e-discovery mediante lo stesso software a disposizione della Procura.

I giudici hanno evidenziato, infatti,  la circostanza che nessuna parte – “come pure sarebbe stato possibile” - aveva tempestivamente richiesto alla Procura della Repubblica o al giudice procedente, unici soggetti legittimati a pronunciarsi, di fruire del "Nuix" presso i locali della Guardia di Finanza, avvalendosi del personale formato, con finalità non di indagine ma di e-discovery in senso stretto. Qui viene da chiedersi, in realtà, come è possibile garantire la segretezza della difesa se la ricerca deve essere effettuata gomito a gomito con il personale GdF.

E non solo. Anche se avanzata in fase inziale, quando la necessità di accesso poteva intendersi soddisfatta dall’elenco dettagliato di 49 pagine, la richiesta di accesso alla documentazione informatica nativa,  una volta ottenuta una copia della documentazione informatica nativa su supporto "Nas", non è stata precisata nel senso di poter accedere al software "Nuix" per la pretesa inaccessibilità della copia forense, né la stessa richiesta è stata  rinnovata dal difensore agli unici soggetti legittimati a pronunciarsi, ossia alla Procura della Repubblica o al giudice procedente.

I giudici hanno anche sottolineato come, nell'unico caso documentato di istanza rivolta a soggetto legittimato ad esprimersi ( quando in data 14.2.2022 una delle difese ha chiesto al giudice procedente “tramite il sistema Nuix [...di] agevolmente estrarre le caselle postali di [...]") l'attività è stata prontamente autorizzata previo parere favorevole del pubblico ministero.

E infine hanno evidenziato che mai – “come pure sarebbe stato possibile” - è stata neppure tempestivamente richiesta dalle difese una copia (pur in senso informatico modificata ma) indicizzata dei circa 50 terabyte.

Il tempo necessario di consultazione della documentazione digitale probatoria

Un punto centrale della ordinanza ( e di questo ipotizzato vademecum) sta nella analisi del tempo necessario e sufficiente per far valere la inaccessibilità degli atti, ossia il tempo tra la doglianza circa la mancata indicizzazione e l'inaccessibilità degli atti, nel caso di specie giunta ad oltre sette mesi dal rilascio della prima copia forense.

Un tempo eccessivamente lungo e di inerzia da parte della difesa, che esclude la violazione del diritto alla difesa, dato il tempo trascorso tra il rilascio della copia forense e il momento in cui per la prima volta è stata articolata l'eccezione, dinanzi “alla disponibilità del "Nuix" nelle more, tanto più che nessuna delle parti ha precisato nello specifico quale prerogativa processuale sarebbe stata preclusa da un'iniziativa della Procura, mai sollecitata a dare un supporto circa le pretese criticità di accesso.

La inattività delle difese, hanno continuato i giudici, è proseguita nel periodo intercorso tra la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e l'emissione del decreto che dispone il giudizio.

Ma qual è il tempo necessario ai fini della valutazione della sua adeguatezza per l’esame della documentazione depositata dall'accusa? I giudici hanno richiamato la giurisprudenza convenzionale che fa riferimento all'intervallo ricompreso tra l'accesso agli atti e l'udienza di merito (Corte EDU, 12.3.2003, Ocalan c. Turchia, par. 147), ma soprattutto la sentenza della Corte EDU, 25.7.2019, Rook c. Germania, par. 72-74, a smentita di una lesione dell'art. 6 par. 3 lett. b), che vale la pena richiamare (vedi il box).

Ora, proprio tenendo a mente questi precedenti, i giudici hanno ritenuto che “non solo è qui evidente come le considerazioni esposte dal giudice convenzionale siano largamente sovrapponibili anche al presente procedimento, non potendosi opporre che il software "Nuix" non sia stato messo dalla Procura della Repubblica a disposizione delle parti, nessuna di esse avendo mai a monte richiesto di farne uso (tranne nello sporadico caso, sopra richiamato, cui è seguita una risposta assentiva sia del pubblico ministero che del giudice procedente); ma va anche notato che, in un processo come il presente, si può ragionevolmente prevedere come i diritti di difesa, già articolatisi in un congruo lasso di tempo fino alla fine dell'udienza preliminare, possano trovare ulteriore esplicazione a fronte di un giudizio non certo esauribile in pochi mesi”.

Vero; ma nel frattempo l’indagato, che avrebbe potuto presentarsi all’interrogatorio di garanzia pienamente informato nel materiale raccolto nelle indagini dal pm, è diventato indagato. 

DOCUMENTAZIONE DIGITALE E TEMPO DI ESAME DA PARTE DELLA DIFESA: IL VADEMECUM

Nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, 25.7. 2019 Rook c. Germania, i giudici hanno

ritenuto sufficiente un tempo di soli alcuni mesi per esaminare una documentazione di 14 milioni di file elettronici.

Segnatamente a smentita di una lesione dell'art. 6 par. 3 lett. b) (ogni accusato ha specificatemente diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa), si legge:

  • che l'avvocato del ricorrente avrebbe potuto avere accesso, ma non l'ha mai fatto, alla totalità dei fascicoli elettronici nei locali della polizia criminale;
  • che le autorità hanno fornito all'avvocato del ricorrente copia dell'integralità dei fascicoli elettronici;
  • che - secondo gli avvocati - quella copia era leggibile solo con un costoso software di cui i privati parevano di solito non poter disporre;
  • che, come rilevato dal Tribunale tedesco, però, solo tardivamente la difesa aveva chiesto alle autorità che dei dati fosse fornita una copia in un formato leggibile;
  • che il ricorrente mai aveva specificato in quale modo particolare le restrizioni invocate avessero interferito con la sua occasione per difendersi;
  • che la natura dei 14 milioni di file elettronici, derivanti dal sequestro di una serie di supporti di memorizzazione, deve comunque aver consentito alle parti una prima individuazione dei fascicoli potenzialmente attinenti al procedimento penale, consentendo già una sostanziale riduzione dei fascicoli da esaminare concretamente;
  • che, inoltre, i file elettronici provenivano da persone diverse - tra queste anche il richiedente, dandogli la migliore conoscenza del loro contenuto – e per un arco di tempo lungo, consentendo un'ulteriore riduzione dei parametri di ricerca;
  • che è stato quindi sufficiente per l'accesso agli atti il tempo di circa tre mesi e mezzo avuto dall'avvocato del ricorrente tra la messa a disposizione dei dati e la sentenza;
  • che, del resto, il tempo necessario per i fini di cui all'art. 6 par. 3 lett. b) va valutato non avendo come termine finale l'iniziale udienza ma considerando la fine del processo.

Su queste basi, la Corte di Strasburgo ha concluso che nelle circostanze del caso il ricorrente avesse avuto tempo sufficiente per prendere conoscenza dei fascicoli elettronici.

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