16 ottobre 2017

Da LIGO e Virgo una nuova finestra sull'universo

La collaborazione LIGO-Virgo ha rilevato per la prima volta onde gravitazionali emesse dalla fusione di due stelle di neutroni. L'evento è stato osservato anche nella controparte ottica da numerosi telescopi spaziali e terrestri, inaugurando così l'astronomia multimessaggero, una modalità di studio del cielo che promette di fare luce su processi ancora poco compresi del cosmodi Folco Claudi

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Un fremito impercettibile – ma con una forma ben precisa – lungo i chilometrici bracci dell’interferometro. Lo stesso segnale, osservato a Hanford, nello Stato di Washington, e a Livingston, in Louisiana. E anche dall’altra parte dell’oceano, a Cascina, in provincia di Pisa. È così che il 17 agosto scorso alle ore 14.41 ora italiana è stata rilevata la prima emissione di onde gravitazionali prodotta dalla fusione, o meglio dalla coalescenza, di due stelle di neutroni da parte degli osservatori gemelli statunitensi di LIGO e dell’europeo VIRGO, fondato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e dal CNRS francese e il cui sito è gestito dallo European Gravitational Observatory (EGO).

Da LIGO e Virgo una nuova finestra sull'universo
Illustrazione della fusione di due stelle neutroni e l'emissione di raggi gamma. (Cortesia National Science Foundation/LIGO/Sonoma State University/A. Simonnet)

La collaborazione LIGO-VIRGO, fresca di Nobel per lo straordinario risultato raggiunto con la scoperta delle onde gravitazionali – una manciata finora gli eventi confermati e tutti relativi alla fusione di buchi neri – annuncia dunque un altro importante traguardo. Sì, perché la scoperta dell’agosto scorso (indicata con la sigla GW170817), oltre a essere il primo segnale gravitazionale confermato a essere prodotto dalla fusione di una coppia di stelle di neutroni, ha segnato anche l’esordio di un campo di ricerca inedito: l’astronomia multi-messaggero. La fusione è stata infatti accompagnata dall’emissione di un burst di raggi gamma, osservato dai satelliti Fermi della NASA e INTEGRAL dell’Agenzia spaziale europea (ESA) nella stessa porzione di cielo, nella galassia NGC 4993, in direzione della costellazione dell’Idra. È proprio questa controparte elettromagnetica delle onde gravitazionali a indicare che la sorgente, denominata
AT2017gfo, è diversa da una fusione di buchi neri.

Stando agli attuali modelli astrofisici, si tratterebbe di un evento fisico altrettanto catastrofico, che coinvolge gli oggetti con la più elevata densità di materia dell’universo – le stelle di neutroni, appunto – che sono il residuo di stelle non abbastanza grandi da collassare in buchi neri. Il processo di coalescenza inizia con le due stelle che si avvolgono in una rotazione frenetica l'una intorno all'altra fino a scontrarsi: in questo processo, che nel caso specifico è durato circa 100 secondi, si producono le onde gravitazionali, increspature nel tessuto dello spazio-tempo previste dalla teoria generale della relatività elaborata da Albert Einstein oltre un secolo fa. E dalla forma del segnale è possibile ricavare la massa degli oggetti originali, nella fattispecie 1,1 e 1,2 masse solari, rispettivamente, per un diametro di soli 20 chilometri circa. Con una simile densità, un cucchiaino di stella di neutroni ha una massa di un miliardo di tonnellate.

Oltre alle onde gravitazionali, la coalescenza di due stelle di neutroni produce anche radiazione elettromagnetica in tutto lo spettro, dalle onde radio ai raggi gamma.

Da LIGO e Virgo una nuova finestra sull'universo
Mappa del cielo con le rilevazioni di onde gravitazionali ottenute finora. I codici indicano se si tratta di un evento conclamato di onda gravitazionale (GW) o non confermato (LVT). I numeri indicano la data dell'evento, nel formato: anno/mese/giorno.(Cortesia LIGO/Virgo/NASA/Leo Singer; immagine Via Lattea Alex Mellinger)


Ecco perché quando LIGO e VIRGO “vedono” un’onda gravitazionale scatta l’allerta negli osservatori astronomici di tutto il mondo. In questo caso sono stati coinvolti 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, tra cui, oltre ai già citati Fermi e INTEGRAL, figurano anche Swift – missione che insieme a INTEGRAL vede una forte partecipazione dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) – e poi anche Chandra della NASA e Hubble, una collaborazione tra ESA e NASA. Tutti questi strumenti hanno permesso ai ricercatori, tra cui quelli dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda. L'Italia quindi è tra i protagonisti a livello mondiale di questo risultato.

“Queste osservazioni di follow-up erano previste fin dall’inizio, e sono state effettuate anche per le prime rivelazioni dei segnali di onde gravitazionali dai buchi neri”, ha spiegato a “Le Scienze” Giovanni Losurdo, ricercatore della sezione dell’INFN di Pisa e project leader di Advanced Virgo, la versione aggiornata dell’osservatorio pisano, completata da pochi mesi. “Ma questa volta, poiché dalla coalescenza di due stelle di neutroni ci si aspetta una emissione di radiazione elettromagnetica ad ampio spettro, a partire dal burst di raggi gamma, si è scatenata una gara tra gli astronomi di tutto il mondo per cercare nel cielo la controparte ottica, identificata 11 ore dopo.”

Le nuove osservazioni sono coerenti con gli attuali modelli astrofisici: da tempo infatti si ipotizzava che i burst di raggi gamma avessero origine proprio dalla coalescenza di stelle di neutroni. Una conferma dunque, ma anche qualcosa di più.

“Questo evento costituisce un laboratorio straordinario perché consente di studiare la fusione di due stelle di neutroni addirittura alcune decine di secondi prima che la coalescenza avvenga, grazie al fatto che il segnale gravitazionale aumenta gradualmente già prima del picco di emissione, fino a settimane e mesi dopo, dato che ciò che resta di questa sorgente continua a emettere radiazione elettromagnetica per molto tempo”, ha aggiunto Losurdo.

Da LIGO e Virgo una nuova finestra sull'universo
Simulazione al computer di due stelle di neutroni (Cortesia: NASA/AEI/ZIB/M. Koppitz e L. Rezzolla)
Da sottolineare il fatto che le osservazioni di follow-up hanno coinvolto anche le collaborazioni Antares, IceCube e Pierre Auger, tre dei più sensibili osservatori per neutrini del mondo, che sono andati alla ricerca di queste sfuggenti particelle nella stessa regione di cielo individuata da LIGO e Virgo. Entro 500 secondi dall’evento non è stato trovato nulla, ma le tre collaborazioni progettano di continuare la ricerca di candidate sorgenti di neutrini seguendo proprio i segnali gravitazionali.

Un programma di ricerca scientifica così articolato forse non si era mai visto. E Losurdo frena a stento l’entusiasmo.

“È la prima volta che una comunità così vasta di osservatori molto diversi tra di loro lavora insieme: è un evento di portata enorme”, ha sottolineato il ricercatore. “Noi della collaborazione LIGO-Virgo abbiamo passato anni a raccontare quanto sarebbero state interessanti le osservazioni multi-messaggero, anche prima che le onde gravitazionali fossero scoperte, ma forse nessuno si aspettava che questa nuova modalità di ricerca arrivasse così presto a risultati di tale rilievo”.

I dati che sono stati ricavati con questo nuovo segnale gravitazionale sono molti, e tutti di grande importanza.

“In primo luogo ci sono i parametri di localizzazione della sorgente che, grazie alla presenza di Virgo, non sono mai stati così accurati: si parla di circa 30 gradi quadrati, quindi un’area relativamente ristretta da ‘coprire’ con i telescopi”, ha aggiunto Losurdo.

C’è poi il fatto che le onde gravitazionali e il burst di raggi gamma ci arrivano a meno di due secondi di distanza l’uno dall’altro, dopo un viaggio durato 130 milioni di anni.

“È una misura diretta e incredibilmente precisa del fatto che onde gravitazionali e la luce hanno la stessa velocità si tratta quindi una conferma di quanto previsto dalla teoria relativistica”, ha concluso Losurdo. “Inoltre, abbiamo ricavato una misura della costante di Hubble, che dice con quale rapidità si espande l’universo, con un metodo indipendente da quello usato dalle altre misure ottenute finora, che non fa uso cioè della scala di distanze cosmica ma delle equazioni di Einstein; infine, osservando gli spettri della luce emessa si è potuta documentare la formazione di elementi pesanti, e questo ha un interesse enorme”.

Per capire la portata di tutti i dati raccolti con l’osservazione multi-messaggero della sorgente AT2017gfo non resta che aspettare che tutti i gruppi coinvolti pubblichino i loro articoli. E ne avremo ancora per molti anni.