06 settembre 2017

L'evoluzione agisce ancora sugli esseri umani

Le varianti genetiche che predispongono alla malattia di Alzheimer e alla dipendenza dal fumo di sigaretta tendono a essere poco frequenti nella popolazione più longeva: è un segnale - sottile, ma rilevabile con un'analisi genomica su un'ampia popolazione - che la selezione naturale è ancora attiva sugli esseri umani e sta gradualmente eliminando tratti sfavorevoli(red)

Le varianti genetiche associate alla malattia di Alzheimer e quelle associate alla forte dipendenza dal fumo di sigaretta sono meno frequenti nelle persone più longeve: a scoprirlo è un'analisi pubblicata su “PLOS Biology” da Joseph Pickrell, genetista della Columbia University di New York, e colleghi. Condotto su più di 210.000 soggetti, lo studio suggerisce che la selezione naturale stia gradualmente eliminando queste varianti sfavorevoli.

“Si tratta di un segnale sottile, ma abbiamo le prove genetiche dell’azione della selezione naturale sulle popolazioni umane moderne”, ha sottolineato Pickrell.

In termini evoluzionistici,c erte varianti genetiche si diffondono in una popolazione se i tratti che vi sono associati offrono un vantaggio nell'adattamento all’ambiente. La maggior parte dei tratti è determinata da decine o anche centinaia di mutazioni, e il loro effetto sulla sopravvivenza può essere difficile da osservare, anche in una popolazione grande come quella considerata.

L'evoluzione agisce ancora sugli esseri umani
Credit: National Institutes of Health
Perché emerga un tratto complesso - per esempio come l'andatura bipede - possono occorrere milioni di anni, ma l’evoluzione si manifesta nel fatto che a ogni generazione le mutazioni adattative diventano sempre più frequenti e possono essere rilevate con tecniche di analisi genomica.

Pickrell e colleghi hanno analizzato il genoma di 60.000 soggetti di ascendenza europea e 150.000 britannici. Dall'analisi sono emerse due mutazioni a livello di popolazione. La prima riguarda le donne oltre i 70 anni, tra le quali si manifesta una caduta nella frequenza del gene ApoE4, correlato all’insorgenza della malattia di Alzheimer. Questo risultato è coerente con il dato epidemiologico secondo cui le donne con una o due copie di quel gene tendono a morire molto prima delle
altre. I ricercatori hanno anche osservato una diminuzione simile, che inizia verso la mezza età, nella frequenza di mutazioni nel gene CHRNA3 associato alla forte dipendenza dalle sigarette.

Per evidenziare eventuali altri effetti simili, Pickrell e colleghi hanno esaminato anche insiemi di mutazioni associate a 42 tratti comuni, dall'altezza all'indice di massa corporea. Hanno così scoperto che una predisposizione a valori elevati di colesterolo totale e di colesterolo LDL (il colesterolo “cattivo”), o a un elevato indice di massa corporea, o ancora, in misura inferiore, all'asma, era correlata a una minore longevità.

Inoltre, nei soggetti geneticamente predisposti a un inizio ritardato della pubertà oppure dell'età della prima gravidanza, ogni anno di ritardo è risultato correlato a un tasso di morte più basso del 3-4 per cento nel primo caso e del 6 per cento nel secondo caso.

“L’ambiente cambia costantemente: un tratto associato oggi a una vita più lunga in una popolazione può non essere più utile tra diverse generazioni oppure in altre popolazioni moderne”, ha aggiunto Hakhamenesh Mostafavi, coautore dello studio.