Il cervello assorbe informazioni ad una velocità incredibile durante il sonno, indottrinato da questo concetto ho cercato spesso di auto infliggermi dei mini corsi di programmazione neuro-linguistica durante il sonno ma con scarsi risultati. Mi sono chiesto allora come potessero realizzare quei fantomatici padroni del mondo descritti nei libri di fantascienza, per ottenere il condizionamento globale, portando tutti o quasi ad adeguarsi allo standard misurabile oggi.

L’hanno però scoperto tutti i vertici del mondo, le persone che contano, insomma. Ed è con l’ipnopedia e il condizionamento che hanno creato questo Mondo Nuovo. (Reality, Talkshow, e tutti i vari concorsi canori ) sono certo fanno parte del gioco.
“Non c’è civiltà senza stabilità sociale. Non c’è stabilità sociale senza stabilità individuale.” E così eliminiamo la tragedia. Eliminiamo il dolore, le lacrime, le mancanze. Ma che cos’è il desiderio, se non mancanza? Eliminiamo anche il desiderio, allora. No, guarda, facciamo così, eliminiamo tutti i sentimenti. Ogni cosa che appare leggermente profondo si abolisce.

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Così per qualche decennio vissero tutti felici. Condizionati da prima di essere nati ad essere felici e contenti nel proprio orticello. Senza affetti. I bambini nascono in vitro. Le famiglie non esistono. Si pratica sesso libero. La monogamia è severamente vietata. “Tutti sono di tutti!” Ripetuto cento volte, tre notti a settimana, per quattro anni. Felici di essere Alfa, Beta, Gamma, Delta e persino Tera và…. Soddisfatti del proprio lavoro. Un popolo felice. Un popolo condizionato a non pensare. Perché pensare quando esiste la “soma”? “A gram is always better than a damn”, “one cubic centimetre cures ten gloomy sentiments”. Una droga obbligatoria, da prendere nel tempo libero, senza effetti collaterali. Il prezzo della felicità: la libertà. I sentimenti. L’identità individuale. La solitudine. La scelta. La malinconia.
«How beauteous mankind is! O brave new world that has such people in’t!”» («Com’è bello il genere umano! Oh mirabile e ignoto mondo che possiedi abitanti così piacevoli!»). È quasi ironico che questa citazione derivi proprio da La Tempesta di Shakespeare. Quando John il selvaggio la pronuncia davanti del meraviglioso mondo nuovo in cui sta entrando, non può apprezzare la triste ironia. Definire con le parole di Shakespeare un mondo in cui per Shakespeare non c’è più posto. Un mondo che di tempestuoso non ha più niente. Assolutamente niente. Anzi, tutti sono felici! Felici consumatori, felici lavoratori, felici comunità. Felici pappagallini, che non fanno altro che ripetere gli stessi slogan che vengono loro dati in pasto tutti giorni durante il sonno dalla nascita. Non hanno scelta. Non esiste scelta. Talvolta qualcuno nasce imperfetto, un po’ troppo intelligente. Con un’inclinazione al pensiero, ad ammirare la luna, a desiderare cose che non può ottenere. Non c’è pericolo, viene spedito direttamente nelle comunità isolate con gente come lui. L’importante è che non infetti con il suo disgustoso pensare la comunità. Avete mai avuto la sensazione che esprimere la vostra profondità in pubblico potesse farvi guardare come dei perfetti stupidi o idioti? lo so accade…

Stiamo andando in quella direzione? Quest’ossessiva ricerca della felicità mi preoccupa. Felicità ovunque mi giro. Felicità in ogni cartellone pubblicitario. In ogni supermercato. Su ogni canale. Non se ne può sfuggire.
I nostri pensieri sono davvero nostri? O frutto del condizionamento di altri? il tipico innesto cerebrale di qualcuno che ha a cuore la tua “tranquillità”. (nuovo ordine mondiale)
Perché cerchiamo la felicità così ossessivamente quando sappiamo che dieci anni di felicità potrebbero non darci niente rispetto ad un anno di tragedia? I poeti scrivono forse quando sono felici? no…!
Lessi qualcosa in proposito qualche tempo fa, in cui si parlava di completezza piuttosto che felicità. Cerchiamo completezza, noi esseri umani, più che felicità.
Come John il selvaggio, io rivendico il diritto di essere infelice. Rivendico il diritto alla tempesta. E così ad essere completo.  Il mondo nuovo  di Huxley   è una parabola inquietante e inquietantemente vicina a noi. Ancora una volta, la fantascienza si profila all’orizzonte come una Cassandra mai ascoltata. Peggio ancora del mondo di 1984, questo nuovo mondo di schiavi felici colpisce perché è plausibile. La violenza esplicita provoca rivoluzioni. Ma la violenza subdola alla nostra libertà intellettuale, quella è difficile da scorgere. La violenza del condizionamento, dell’omologazione. Huxley se l’era immaginato nel 1932. E noi ancora qui, oggi, che neghiamo. Non facciamoci rubare la tempesta per favore, facciamolo per noi, per le nostre donne che amiamo, per i nostri figli perchè non debbano accorgersi che i loro papà si sono dimenticati dell’isola che non c’è.

Ricordo un bellissimo periodo nel quale i miei figli, che ancora non erano stati contaminati dal mondo, quando per essere il loro eroe,  raccontavo dell’isola che non c’è, dove ognuno vola solo se ha il cuore pieno di emozioni, non importa se gioiose o tristi ma di vere emozioni.