Così se vi capita di inorridire per la chiusura dei porti di Salvini verrete subito bollati come i buonisti di sinistra e messi nel calderone in cui stanno anche gli indignati disattenti sulle politiche di Minniti

C’è (voluta da quell’arruffapopoli che è Matteo Salvini e da alcuni accesi tifosi nella classe dirigente del Movimento 5 Stelle) questa nuova deriva di voler dividere la politica nell’antipatico (e intellettualmente disonesto) chi è con noi e il chi è contro di noi. La polarizzazione di un Paese per accrescere il proprio ego da parte dei governanti è una pratica antica di cui continua ad abusare Trump negli Usa e più o meno tutti i despoti delle peggiori democrazie.

Così se vi capita di inorridire per la chiusura dei porti di Salvini verrete subito bollati come i buonisti di sinistra e messi nel calderone in cui stanno anche gli indignati disattenti sulle politiche di Minniti e allo stesso modo se vi permettete di notare l’ipocrisia di una certa sinistra che strumentalmente si riscopre accogliente vi diranno che no, che non si può fare così, perché altrimenti è un favore a Salvini. Spariscono tutti i toni intermedi e sparisce in fondo anche la sana dialettica politica che permette di cogliere, valorizzare e coltivare le differenze.

Così per il gioco delle opposte tifoserie non si dovrebbe far notare che fa bene Di Maio a chiedere dignità per i rider di Foodora e delle altre aziende simili e fa benissimo a ribadire che non è proprio il caso di accettare il solito patetico ricatto di chi dice se non vanno bene le nostre regole ce ne andiamo dall’Italia. Se si scrive rispondono che quello di Di Maio è solo mero calcolo elettorale e viene da pensare che sarebbe bellissimo che per mero calcolo elettorale si decidesse di riabilitare i diritti dei lavoratori. Così come è una riforma urgente quella che vorrebbero i 5 Stelle per rendere pubblici i bilanci di partiti e fondazioni. Lo fanno solo perché sono immischiati nella questione dello stadio di Roma, dicono gli altri (e probabilmente è vero) ma non si capisce perché la proposta che nel merito è condivisibile debba essere osteggiata.

Il gioco, insomma, è che i nemici dei nostri nemici dovrebbero essere nostri amici e fa niente che certa destra abbia trovato praterie per colpa di certa pessima sinistra. “O con noi o con loro”, dicono, banalizzando il dibattito a un discorso da bar. Poi si stupiscono che i peggiori agitatori diventino protagonisti e ministri.

Che strani, eh?

Buon lunedì.