TRA LE MONTAGNE PALLIDE

Val di Funes, la valle timida e silenziosa che si nasconde nella natura

La natura, in questa Valle (che ha dato i natali a Reinhold Messner) lunga complessivamente 24 chilometri e popolata da soli 2.600 abitanti residenti, la fa da padrona. Qui i turisti sono benvenuti ma a precise condizioni

di Gianni Rusconi

5' di lettura

C'è chi in modo interessato la definisce, e a ragione, uno dei paesaggi più belli e suggestivi dell'intero Alto Adige. Di sicuro la Val di Funes è un gioiello di questa porzione di Italia che si sviluppa a Nord di Bolzano, sul lato orientale della Valle dell'Isarco, arrivando ai piedi delle vette delle Odle, dichiarate giusto dieci anni fa dall'Unesco, come parte integrante delle Dolomiti, patrimonio dell'umanità. La parola d'ordine per chi viene da queste parti è “tranquillità”, d'estate come soprattutto d'inverno, quando ciaspolate, sci di fondo e discese con lo slittino si sostituiscono ai percorsi di nordic walking, ai sentieri e alle ferrate disseminati lungo l'intero gruppo delle Odle. La natura, in questa Valle lunga complessivamente 24 chilometri e popolata da soli 2.600 abitanti residenti, la fa da padrona e basta uno sguardo in direzione delle imponenti torri rocciose dolomitiche e dei verdissimi prati e dei boschi di conifere che le circondano per rendersene conto.

Le Odle, la palestra di Reinhold Messner
Se la chiesetta di Ranui a Santa Maddalena è un'immagine divenuta iconica a livello internazionale grazie alle piattaforme di travel e ai social network, l'integrità del luogo rimane uno dei suoi segreti. Pochi, per esempio, sanno che una leggenda dell'alpinismo come Reinhold Messner è originario di una delle località della valle (San Pietro, dove metà degli “ospiti” del curatissimo piccolo cimitero che circonda la chiesa porta questo cognome) e ha fatto per anni delle Odle, da lui definite “le montagne più belle” e chiamate anche “montagne pallide” in virtù della loro consistenza calcarea, la palestra quotidiana di allenamento (una piccola baita di sua proprietà è ancora visibile sugli alpeggi a 2mila metri, a ridosso delle cime del Sas Rigais e della Furchetta). Sono tante le ragioni che fanno apprezzare questa valle “diversamente bella” rispetto alle altre dell'Alto Adige, ma la prima sensazione che entra nell'anima del visitatore, parlando con la gente del posto, è quella del rispetto per il paesaggio circostante, la cui tutela attiva ha permesso a questa località di entrare a far parte del circuito “Alpine Pearls”, e cioè siti selezionati che propongono vacanze eco-sostenibili all'insegna della mobilità dolce.

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Spazio informativo multimediale dedicato alle Dolomiti

Ospitalità fa rima con sostenibilità e mobilità intelligente
In Val di Funes, da tempo, si è infatti deciso di percorrere una strada alternativa allo sviluppo turistico massivo e a tutto ciò che esso comporta in termini di infrastrutture, servizi e quindi anche di grandi quantità di ospiti. Pochi, pochissimi gli alberghi presenti (l'hotel Kabis, fra questi, offre un soggiorno all'insegna del benessere con tanto di Spa a disposizione degli ospiti) e solo un impianto di risalita per gli amanti dello sci (la Val Gardena è a 40 minuti di auto, mentre il piccolo comprensorio del Plose, sopra Bressanone, dista circa 15 km e si raggiunge in circa 25 minuti).

L’lbergo Kabis

Oggi i posti letto disponibili, come ci ha confermato il direttore dell'Associazione Turistica, Klaus Messner, sono circa 1.600 e la massima capacità raggiungibile (per legge) arriva a 2mila, con turisti che arrivano da 75 nazioni (tedeschi e italiani i frequentatori più assidui, mentre gli asiatici coprono nel complesso il 15% degli arrivi) e una distribuzione dei flussi che privilegia nettamente l'estate (dove si concentra l'85% delle presenze) rispetto all'inverno. Quello di portare più turisti in Valle durante la stagione della neve è certamente un obiettivo dichiarato ma alla base di qualsiasi progetto di sviluppo impera la componente sostenibilità. C'è però ancora una mobilità intelligente più strutturata da pensare e realizzare e le ipotesi al vaglio sono diverse: i ngressi a numero chiuso al parco Puez-Odle, navette elettriche o trenini che fanno spola fra le varie località e i punti di attrazione, parcheggi remoti, soste a pagamento per i bus turistici che accompagnano i turisti mordi e fuggi (“i tour operator organizzano trasferte in giornata da 150 euro a persona per gli ospiti delle grandi navi che attraccano a Venezia, senza che il territorio ne abbia vantaggio, anzi”, ci spiega Messner). Il rischio di un'invasione incontrollata c'è e ci sono episodi che testimoniano come la comunità di Funes non vuole che questo accada, vedi il blocco all'apertura invernale del Passo delle Erbe che porta in Val Badia, l'opposizione silenziosa al progetto di collegamento via funivia con la Val Gardena o i tornelli a pagamento che da qualche tempo regolano l'afflusso alla chiesetta di Ranui (per altro una proprietà privata).

I caratteri e i sentieri delle “montagne pallide”
Stefan Braito, scrittore e formatore, nonché curatore della proiezione multimediale “Le Odle - un sogno vero” organizzata nell'ambito degli eventi per l'Anniversario della Montagna presso il bellissimo centro visite del parco naturale Puez-Odle, è uno dei tanti personaggi schierati “contro” l'invasione. La sua è una posizione strettamente legata alla natura di questi luoghi e delle Odle in modo particolare. Ogni cima è diversa dall'altra, dice Braito, hanno caratteri maschili (conformazione massiccia) e femminili (più dolce) e una precisa identità. Insieme fanno un gruppo, una famiglia reale immaginaria con un re, una regina e principi, principesse e vassalli che invita tutti i visitatori e gli abitanti della valle a risvegliare i loro sogni. E, come suggerisce Braito, a viverli. Per assaporare concretamente la “magia” della Val di Funes basta percorrere uno dei sentieri che dai parcheggi di Zannes (dove si trova il nuovissimo spazio informativo multimediale dedicato alle Dolomiti) o di Ranui portano alla famosa Malga Geisler (Rifugio delle Odle) e a un'esperienza gastronomica di prodotti locali assolutamente da non perdere. Arrivati ai 2mila metri della malga, c'è solo l'imbarazzo della scelta: percorrere lo spettacolare sentiero Adolf-Munkel sotto le Odle o semplicemente fermarsi a contemplarle.

Dallo slow food allo slow travel
Pitzock: così era chiamata la strada provinciale che attraversa la Val di Funes. Oggi è il nome di un ristorante (in località San Pietro) in grado di combinare elevata qualità culinaria a una storia molto particolare, quella dello chef e proprietario di questo locale, Oskar Messner. Nato e cresciuto nella valle, parla tre lingue, lo si incontra ai tavoli quando spiega i suoi piatti a clienti di ogni nazionalità (cinesi compresi) e ha saputo trasformare una vecchia osteria in una moderna location dove apprezzare una cucina creativa basata e “costruita” sui prodotti locali. È soprattutto grazie a lui, infatti, che è nata anni fa un'associazione per preservare e valorizzare la pecora con gli occhiali, una razza a rischio estinzione che ha saputo invece ottenere la certificazione di presidio Slow Food in quanto “prodotto” radicato nella cultura del territorio e lavorato con tecniche sostenibili. Una cinquantina, ha confermato orgogliosamente Messner, i contadini affiliati all'associazione, attori a cui si devono garantire le condizioni per continuare a lavorare al fianco di chi, dentro una cucina, vuole portare nel futuro le tradizioni e le risorse di una valle che vuole rinnovarsi conservando la sua identità. Per non perdere la sua magia.

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