Ecommerce questo sconosciuto: solo il 10% delle aziende italiane vende online

Nel 2019 l'ecommerce b2c supererà in Italia i 31,5 miliardi di euro, una crescita trainata dagli acquisti di prodotto. Ma le competenze digitali sono ancora basse, soprattutto all'interno delle pmi. La previsione di Netcomm

Ecommerce tricolore tra luci e ombre. La situazione delle vendite online nazionali, tratteggiata durante la quattordicesima edizione del Netcomm forum a Milano, mostra un quadro generale a più sfaccettature.

I numeri

Iniziamo dai dati – questi positivi – diffusi proprio durante l'evento dall'Osservatorio ecommerce B2C-Consorzio Netcomm/School of management del Politecnico di Milano. Nel 2019 gli acquisti online degli italiani continuano a crescere e superano i 31,5 miliardi di euro per un +15% rispetto al 2018, anno in cui sono arrivati a 27,5 miliardi. A spingere la cifra verso l'alto sono i prodotti, che segnano un +21%, pari a 18,2 miliardi di euro, mentre i servizi raggiungono i 13,3 miliardi (+7%).

A trainare il comparto informatica ed elettronica, +18% e 5 miliardi in valore, e abbigliamento (+16% e 3,3 miliardi). Tra i settori emergenti anche arredamento & home living (+26%, 1,7 miliardi) e food & grocery (+39% e quasi 1,6 miliardi). Nei servizi a fare la parte del leone è ancora il turismo con un +8% e 10,8 miliardi.

L'ecommerce è sempre più rilevante, anche perché è motore di innovazione di tutto il retail”, commenta Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori digital innovation della School of management del Politecnico. E aggiunge: “Pur rappresentando ancora “solo” il 7% degli acquisti complessivi, spiega oltre il 60% della crescita del retail, che ci si aspetta sia di 6,5 miliardi. È come se “rubasse” spazi di crescita al commercio tradizionale”.

Perego ha anche parlato del valore delle vendite ecommerce da siti italiani, che nel 2019 si stima siano di 28,667 miliardi di euro. “Di queste, 4,38 miliardi sono vendite fatte a clienti esteri”, commenta. Le potenzialità sono ancora tutte da esplorare.

Cosa manca

Qui le luci, arriviamo ora alle ombre. “Solo il 44% degli italiani acquista online, contro il 68% della popolazione europea e l'86% del Regno Unito”, racconta Roberto Liscia, presidente di Netcomm. Ma, dato più allarmante, “solo il 10% delle imprese italiane vende i propri prodotti online. La causa è la scarsa capacità di applicare le tecnologie disponibili per espandere il proprio business”. Che cosa succede dunque? Che spesso gli e-shopper comprano all'estero, dal momento che in Italia non trovano un'offerta in grado di rispondere in modo puntuale alle esigenze. E questo spiega anche la nostra scarsa capacità di export di cui si è detto poco fa.

Insomma, cresciamo sì, ma ancora lentamente. Lo scenario globale delle vendite online macina numeri ben diversi da quelli di casa nostra. “L'ecommerce a livello mondo cresce e crescerà, non è destinato a fermarsi, non ha congiuntura negativa”, dice Liscia. E aggiunge: “Si tratta di una trasformazione che coglie tutti i processi in essere, dalla produzione al consumatore finale. La Cina è la star di questa corsa e nel 2018 ha totalizzato un impressionante volume di affari a 633,9 miliardi, ma la crescita futura è ancora più impressionante: al 2023 si stima che il giro d'affari sarà di 1095,5 miliardi”. Gli Usa arriveranno tra 4 anni a 740,4 miliardi e l'Europa a 515 miliardi.

I consumi in Italia

Che cosa succede dunque in Italia? Tutti hanno uno smartphone ma pochi sono digitalizzati davvero, soprattutto nel mondo delle pmi. “C'è una correlazione lineare tra le competenza digitali che ci sono in un Paese e la possibilità di sviluppare una proposta di e-commerce. Complessivamente, nel sistema Italia, soffriamo di una bassa competenza digitale”, prosegue il presidente di Netcomm. “Quindi le aziende italiane che cosa fanno? Outsourcing, vanno a vendere sui marketplace. In Europa siamo quelli che usufruiscono di più di questa possibilità, con un'incidenza del 7,8%”.

Lo stato attuale della digitalizzazione in Italia è ancora traballante. Dal palco del Netcomm Forum, Luca Attias, commissario straordinario per l'attuazione all'agenda digitale, ha parlato di una vera “emergenza digitale italiana, che non è percepita. Esistono nel nostro Paese comportamenti come il nepotismo, il favoritismo, la corruzione, che potrebbero essere combattuti semplicemente con la digitalizzazione”.

Il Digital economy and society index che monitora la connettività e le competenze digitali, l'attività online e la digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici, ci vede 25esimi in Europa. “Siamo in basso in tutti i ranking internazionali, nonostante abbiamo il maggior numero di cittadine che possiedono uno smartphone e che sono utenti su Facebook”, precisa il commissario.

I nuovi trend

La situazione italiana non ci impedisce di monitorare i trend globali e capire quale la direzione che stanno prendendo. Li elenca sempre Liscia: “*Il retail è il settore che sarà maggiormente impattato dall'intelligenza artificiale*”. I processi di automazione legati alla filiera logistica, il machine learning e le analisi predittive sono decisivi per la creazione e il rafforzamento di una relazione sempre più personalizzata tra brand e clienti. Porta a comprendere le loro aspettative, facilitando la personalizzazione e la product recommandation, rendendo più efficienti i servizi pre e post sale e ottimizzando la supply-chain.

Il 30-40% degli e-shopper nel mondo si aspetta prodotti, contenuti ed esperienze personalizzati. “Questo significa pensare in maniera creativa, innovativa e tecnologica in tutti i settori”. Dal mondo delle assicurazioni, a quello del fashion. In questo scenario l'economia delle piattaforme sta acquistando uno spazio sempre crescente. Anche perché “nel 2022 un quarto degli e-shopper comprerà all'estero”, e quindi un ruolo sempre più importante ce l'avranno proprio i marketplace. Già ora il 56% dell'e-commerce transfrontaliero passa dai marketplace, dove a primeggiare sono abbigliamento ed elettronica.

E mentre il punto vendita fisico mantiene la sua efficacia – la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti – la parola d'ordine continua a essere omnicanalità, integrazione tra canale fisico e online.

Lo smartphone gioca un ruolo importante in questo processo (per l'Osservatorio del Politecnico di Milano gli acquisti via smartphone segnano un +32% nel 2019)di drive to store, aiutando consumatori che si sono fatti via via più esigenti ed impazienti. Occhi puntati quindi sul digital marketing. Che anni fa passava dal sito aziendale, dalle newsletter per farsi conoscere, poi dai social.

Un passo ulteriore lo hanno fatto le aziende che interpretano il digital marketing come display, programmatic, tag&track avanzato e percorsi di omnicanalità.Ora i più grandi investono in personalizzazione, digitale, intelligenza artificiale. Nei prossimi 12 mesi – precisa Liscia – si investirà in sistemi di loyalty e drive to store”.

Infine, dice Licia “la regolamentazione è uno dei fattori chiave per lo sviluppo armonico del settore. È necessario creare una tassazione omogenea nell'economia globale, le stesse regole per un ambiente omogeneo”.