GTLD: il 2019 è l’anno del riscatto?

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L’avventura dei gTLD è iniziata nel “lontano” 2014, anno in cui l’ICANN pensò di dare una scossa all’industria lanciando una serie di innovative estensioni sul mercato (circa 700 in base ai piani iniziali). I primi 24 mesi di vita non raggiunsero invece gli obiettivi auspicati e per i nuovissimi domini iniziò un periodo di recessione.

Tra i motivi alla base dell’insuccesso, affermarono gli addetti ai lavori, c’erano l’inefficace campagna marketing imbastita dall’ICANN e la confusione/scarso interesse degli utenti finali. L’arrivo dei gTLD doveva essere gestito e comunicato meglio, rincararono la dose i registrar, che a fronte delle non trascurabili cifre da pagare all’ICANN e della tiepida accoglienza dei clienti, preferirono ridurre al minimo gli investimenti su questi ultimi ed optare sul “sicuro”, ovvero sulle estensioni storiche come .COM ed affini.

Nel 2016 l’improvviso boom dei gTLD in Cina (a gennaio i compratori orientali rappresentarono quasi il 54% del totale contro un 11% degli Stati Uniti) sembrò anticipare finalmente la fine del trend negativo… ma si trattò ancora una volta di un falso allarme. La “bolla” dei gTLD cinesi non tardò a scoppiare e i gTLD ripiombarono nella recessione. Il momento più delicato si raggiunse nel primo trimestre del 2018, quando il report trimestrale Verisign parlò di “-400 mila registrazioni rispetto al q4 2017 e -5.3 milioni su base annuale”. Da lì in poi i gTLD iniziarono invece a crescere, seppur lentamente, fino a tornare a valori se non altro incoraggianti.

Stime al rialzo per i gTLD

Osservando l’andamento degli ultimi 12 mesi il trend di crescita sembra essersi consolidato:

Le registrazioni dei nuovi gTLD sono salite dell’11% nell’ultimo anno, a fronte di una media del 3.5% del [mercato dei domini]. […] [Nel 2018] una registrazione su cinque era sui nuovi gTLD

afferma Wired, che per spiegare la situazione chiama direttamente in causa esperti ed addetti ai lavori come Kevin Murphy (Domain Incite) e Jean Guillon (consulente). Le diffic0ltà iniziali dei gTLD sono il frutto di un mutato scenario di mercato, suggeriscono gli intervistati:

15 o 16 anni fa, .INFO e .COM erano gli unici [domini] disponibili e [ne furono venduti milioni]. Quando ne hai 600 nell’arco di pochi anni [riferendosi ai gTLD ndr], non c’è sicuramente la stessa scarsità [di 15 anni fa].

Il mercato è [strapieno] di nuove estensioni e gli utenti non sanno cosa scegliere.

Il trend si è ora invertito ed i gTLD stanno iniziando ad essere percepiti in modo diverso dalla clientela, aggiunge un noto registrar europeo:

C’è un ciclo di adozione in cui bisogna rompere il ghiaccio prima che [un nuovo prodotto] diventi più comune.

In base a quanto appena affermato il gap di cinque anni accumulato dai gTLD appare quindi plausibile – naturalmente l’ICANN ha contribuito “in negativo”, come sottolineato in apertura. I clienti ne hanno finalmente intuito le potenzialità?

[Gli acquirenti] potrebbero aver riconosciuto i benefici dei nuovi gTLD, afferma Guillon: precisione e disponibilità. “I gTLD offrono questo [mentre l’estensione .COM no]”.

Nonostante le perplessità di alcuni nomi di peso come Google, i big del mercato si sono rivelati invece più attivi inoltrando oltre il 50% delle richieste di nuove estensioni destinate all’ICANN: la possibilità di brandizzare i siti è infatti molto allettante e diverse compagnie hanno in programma di affiancare alle proprie “corazzate” .COM dei portali gTLD di supporto (es: nike.com e nome_sito.nike).

Il fatto che a dicembre 2018 l’ICANN abbia visto al rialzo i profitti derivanti dalla quota (25 cent di dollaro) che ogni registrar deve pagare per la creazione, rinnovo o il trasferimento di un dominio gTLD – solo una volta che si è superata quota 50.000 – è un altro segnale importante.

Certo, l’incremento è marginale (5.2 milioni di dollari invece di 5.1 milioni) ma si tratta della prima correzione “positiva” da 24 mesi a questa parte. Secondo le previsioni dell’ICANN l’anno fiscale 2020, che inizierà il prossimo 30 giugno 2019, porterà le rendite delle quote gTLD a 5.5 milioni, lasciando presagire un futuro più roseo per le travagliate estensioni.

Fonti: 1, 2.