spazio vuoto logo alto

ICONA Facebook    ICONA Youtube666666   ICONA Flickr666666   ICONA Youtube666666   INGV ICONE social 07   INGV ICONE social 06   ICONA Facebookr999999

Vita da ricercatore articoloCarta d’identità
Nome: Tullio Ricci
Anni: 47 (fuori, dentro molti meno)
Qualifica: ricercatore
Sede: Roma
Campo di attività: vulcanologia… ma non solo!
Colore preferito: quelli accesi ma dipende dalla giornata e, da quando è nata mia figlia, anche il rosa!
 

Dal sogno di bambino alla realtà. Da Ranger dei Parchi americani a vulcanologo il passo è più breve di quanto non sembri. Tullio Ricci ama la natura a 360° e il suo lavoro che lo porta a vivere la vita che ha sempre sognato. Perseveranza, spirito di sacrificio ed emozioni vere sono gli “ingredienti” che lo contraddistinguono e che si alimentano attraverso l’amore della sua famiglia.

Cosa ti ha avvicinato al mondo della scienza? 

Bella domanda alla quale non so dare una risposta! Credo che l’essere cresciuto a contatto con la natura abbia sempre stimolato la mia curiosità verso le scienze naturali.

In particolare cosa ti ha spinto a studiare i vulcani? 

La passione per i vulcani c’è sempre stata, ma direi che studiarli è stato piuttosto un caso! L’essere al posto giusto nel momento giusto, ma la fortuna la devi aiutare…

Quali erano le materie che ti appassionavano a scuola e cosa sognavi da bambino? 

Geografia alle elementari e alle medie e biologia alle superiori. Da bambino sognavo di fare il ranger nei parchi americani: negli ultimi anni mi è capitato di lavorare in quegli stessi parchi ma faccio qualcosa che mi piace ancora di più… mission accomplished!

Dove ti sei laureato e che ricordi hai del periodo universitario? 

A Roma, alla Sapienza, corso di laurea in Scienze Naturali con tesi in Paleontologia dei vertebrati. Periodo fantastico e spensierato! Lì mi sono innamorato della geologia grazie al Prof. Civitelli.

Da quanti anni sei all’INGV?

11, quasi 12, ma frequento via di Vigna Murata da 15.

C’è un personaggio, storico e non, di riferimento con il quale sei cresciuto? 

Franco Barberi o, per me che ho avuto il privilegio di averlo come tutor del mio dottorato, semplicemente il “Prof”. A 11 anni ho scritto un tema (che ancora conservo) su di lui senza conoscerne neanche il nome. Era il 1983 e l’Etna, che avevo visitato 4 anni prima con la mia famiglia, era in eruzione, il titolo del tema era “Descrivi un programma televisivo che ti ha affascinato”. Primi di ottobre del 2002, conosco finalmente il Prof. di persona, ero laureato già da un po’ e lavoravo come consulente per la sicurezza sui luoghi di lavoro ma seguivo il suo corso di Vulcanologia e Rischio vulcanico a Roma Tre per passione. Due settimane dopo ero sull’Etna in eruzione con Barberi ed il Prof. Funiciello. Un anno più tardi, a 31 anni, iniziavo il dottorato. Una splendida concatenazione di eventi!

Sappiamo che sei padre. Come definiresti il rapporto con i tuoi figli?

Meraviglioso, difficile trovare parole per definire altrimenti la cosa più preziosa che la vita mi abbia riservato! La grande 8 anni, il piccolo 4, si amano alla follia nonostante abbiano caratteri completamente differenti. Sono spesso in missione e di conseguenza mi capita di essere poco presente “fisicamente” ma quando sono a casa cerco di riservare per loro solo tempo di qualità… e poi le videochiamate aiutano molto.

La Polonia è il Paese che ha dato i natali a tua moglie. Cosa ti piace della cultura polacca?

Intanto permettimi di ringraziare mia moglie Barbara, senza di lei e il suo continuo supporto sarebbe veramente difficile riuscire a conciliare la famiglia ed il lavoro, almeno per come lo intendo io. La Polonia è un paese di grande cultura e il suo popolo, nonostante le vicissitudini storiche, conserva una dignità che in parte noi abbiamo perso.

Cosa ti emoziona nella vita privata? 

I miei figli, la mia famiglia, l’amicizia vera, un paesaggio, una canzone… mi emoziono facilmente!

E nel lavoro? 

Nel lavoro cerco di tenere fuori le emozioni in situazioni di emergenza. In altre situazioni vedere un vulcano come il Saint Helens davanti a me, aperto su un fianco dopo l’imponente eruzione del 1980…il primo lateral blast di cui ci sia testimonianza diretta… è un’emozione grandissima.

Un momento indimenticabile che hai vissuto sul lavoro? 

Etna 2015, dopo venti giorni di fatiche immani in condizioni di lavoro e logistiche difficili per realizzare una prima mondiale di resistività elettrica vedo un gruppetto di partecipanti francesi in lacrime, ragazzi e ragazze, studenti di master, dottorandi e giovani ricercatori. Era notte ed erano al freddo fuori il rifugio Pizzi Deneri, casa nostra, a quota 2850 m s.l.m. Mi preoccupo pensando che possano piangere per le pressioni e responsabilità alle quali io ed il collega francese e fratello di vulcani, Anthony Finizola, li avevamo sottoposti per motivarli ogni giorno, tutti noi avevamo dato il 100%. Mi avvicino, mi fermano con un cenno e poi, asciugate le lacrime mi vengono a parlare, mi ringraziano e mi spiegano che piangevano perché la missione volgeva al termine e quella era stata per loro, come anche per me, una esperienza straordinaria che li aveva legati come mai avrebbero immaginato.

E nella vita privata? 

La nascita di mia figlia Alessia, 4.32 di mattina della vigilia di Capodanno, non ricordo altri primi incontri... quello con lei sì!

Ti piace lo sport?

Decisamente sì, lo sport ha dettato i tempi della mia vita fino ai 30 anni.

Li hai mai praticati? 

Molto, tra tutti il basket, il ciclismo e l’enduro.

Cosa ne pensi dei cambiamenti climatici? 

Mi preoccupa quello che dovranno affrontare le nuove generazioni anche se non sappiamo quale sia il punto di non ritorno. Arriverà il momento in cui saremo troppi e in cui avremo chiesto troppo alla Terra e la soluzione non sarà quella di colonizzare nuovi pianeti. 

Cosa pensi di Greta Thunberg?

Mi piace e credo sia un personaggio che abbia scosso molte coscienze anche se in realtà non è lei o noi che possiamo cambiare le sorti del pianeta ma le superpotenze e le grandi multinazionali.

Credi nello sviluppo sostenibile?

Non particolarmente, credo che quando arriveremo al “punto di non ritorno” non basterà piantare degli alberi o implementare la raccolta differenziata. Siamo tanti e come altre specie prima di noi siamo “a tempo”... A meno che non arrivi la scoperta del millennio.

Quale vulcano italiano ti affascina di più e se puoi dirci perché.

Stromboli, perché mi sento a casa. Lì ho conosciuto mia moglie, nel 2005, e ne conosco tutte le vie…ogni singola pietra. Stare da soli a Stromboli in inverno è qualcosa di unico.

Ascolti musica? Se sì, quale genere preferisci? 

Si, ascolto qualsiasi genere dai Pink Floyd alla Trap.

Piatti preferiti? 

Carbonara e fondue su tutti! Poi tutto il resto.

Ti piace viaggiare? 

Moltissimo.

Quali sono stati i viaggi più belli? 

Viaggio di nozze in tenda in Patagonia, Islanda, Indonesia.

Qual è il tuo X-Factor? 

Perseveranza, passione, dedizione, motivazione e apertura verso gli altri.

Un’ultima domanda: il tuo libro preferito? 

Volcano cowboys di Dick Thompson.