Roma

Roma, metro al rallentatore: "Treni troppo vecchi e poca manutenzione"

Linea A, in dieci punti critici si marcia a ritmo ridotto per evitare incidenti. Banchine strapiene se viaggiano meno di 32 convogli al giorno
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I guai iniziano alle 5, mezz'ora prima l'apertura della linea A, quando l'occhio del macchinista cade sul foglio di corsa, il memorandum che indica i punti del tracciato dove è necessario rallentare per via di eventuali problemi sui binari. Ogni giorno sono almeno dieci i punti in cui la metro di Roma deve correre a ritmo ridotto per evitare incidenti, come quello del 2006 a piazza Vittorio quando il tamponamento di due treni causò la morte di una persona e il ferimento di altre 235. Dieci anni dopo la situazione non è poi così diversa. Dalla linea A dovrebbero uscire ogni mattina 32 treni. "Se ne escono 28 - racconta un dipendente dell'Atac impegnato sull'infrastruttura - è un problema serio perché le banchine cominciano a riempirsi di gente".

I treni restano fermi non per inedia, ma per mancanza di manutenzione. Molti di essi, acquistati anni fa dalla società spagnola CAF, hanno superato il milione di chilometri senza essere sottoposti alla grande revisione, che prevede il trasporto eccezionale del treno fino al deposito di Colleferro. "In alcuni casi - raccontano dall'interno - i mezzi hanno raggiunto un milione e mezzo di chilometri e non sono stati revisionati come la normativa prevede".
Eppure è sufficiente prendere la metropolitana con una certa regolarità per assistere agli effetti di questo abbandono: porte che non si chiudono, treni che si fermano, sistemi di sicurezza che non funzionano. Sottoterra, lungo quei 27 chilometri che vanno da Anagnina a Battistini, tutto dipende dal macchinista, anche la vita delle mille persone che popolano ogni treno. Ad oggi, nonostante l'azienda assicuri di aver predisposto piani di emergenza, non ci sono veri e propri protocolli di evacuazione, ma tutto è nelle mani del macchinista che non di rado si mette alla testa di un lungo corteo di passeggeri alla ricerca della banchina più vicina. Nell'Atac del concordato, la sicurezza è un lusso che nessuno può permettersi, e i fornitori sono ridotti all'osso, nell'attesa che un tribunale gli comunichi se e quando recupereranno i loro soldi. E così la manutenzione ordinaria, affidata a una ditta esterna, langue.

Il macchinista deve quindi cavarsela da sé e seguire alcune procedure non scritte ma confermate da diverse fonti. La prima: mai portare un treno in deposito, perché ogni corsa persa equivale a soldi persi, e i treni - anche se malconci - devono continuare a correre. La seconda: evitare di perdere tempo in controlli del treno sul cambio di direzione, ossia quando si arriva a un capolinea il nuovo macchinista deve salire e mettersi alla guida. "A volte una porta non si chiude - racconta uno degli autisti - a volte le spie dell'elettronica sul comando di controllo non rispondono ai comandi. Ma l'indicazione è comunque quella di far partire i treni". I treni partono, e iniziano il loro viaggio in un'infrastruttura colabrodo, sbarellando in curva dove i binari sono più vecchi. I buchi sono ovunque, non solo quelli della manutenzione che manca, ma anche quelli fisici, che permettono a chiunque nella notte di intrufolarsi nella linea. Ladri di cavi elettrici, vagabondi in cerca di un tetto, writer ansiosi di lasciare la loro firma sulle lamiere dei vagoni.

"Innocui", almeno fino ad oggi, ma i buchi della metro di Roma, dove tra Lepanto e Flaminio come in molte altre parti chiunque potrebbe entrare indisturbato, sono una grave ferita alla sicurezza di un'infrastruttura strategica. La stessa infrastruttura che perde pezzi ogni giorno: le fermate chiuse per i guasti alle scale mobili, gli incidenti sulle banchine, le scorribande tollerate dei borseggiatori. È l'istantanea del treno di Roma, senza manutenzione e senza sicurezza, un viaggio della speranza nel sottosuolo della capitale.