I desideri della Generazione Alpha, tra Internet dei giocattoli e social network

Alexa è più intelligente di Google Home? Perché i robot non mostrano emozioni? Uno studio indaga abitudini e desideri della cosiddetta Generazione Alpha, cioè i nati da 2010 in poi

Dei Millennial si è parlato in lungo e in largo. Ma cos'è la Generazione Alpha? Il termine è stato coniato dal sociologo Mark McCrindle per indicare le persone nate dopo il 2010, la cui quotidianità quindi è pervasa dalla tecnologia in ogni suo aspetto come mai accaduto prima d'ora.

Per capire come si muovono i meccanismi di questa generazione immersa e come chi sta intorno – neanche a dirlo, aziende in primis – si debba muovere per comprenderne le esigenze, è stato realizzato uno studio da Hotwire e Wired Consulting intitolato "Understanding Generation Alpha".

Più che risposte definitive, il report fornisce scenari, al netto di quanto già dibattuto fin qui: cerca di capire se la sempre maggiore relazione dei bambini con i dispositivi digitali per l'apprendimento, l'interazione e il gioco, accresca le loro capacità in termini di conoscenza o ne ostacoli le possibilità di sviluppo, come sostengono altri.

Per la Generazione Alpha, i dispositivi mobili sono sempre stati una realtà tangibile. Secondo il più recente rapporto Ofcom sull'uso dei media da parte dei bambini, i giovani di 15 anni che possiedono uno smartphone è in aumento: il 41% dei bambini ne ha uno e il 44% ha un tablet (2016). Se si parla di uso e non di possesso, il numero cresce: la maggior parte dei bambini di tre o quattro anni (55%) usa un tablet.

Occorre quindi andare oltre, verso l'Intelligenza Artificiale: se già l'internet delle cose entra nelle abitazioni con dispositivi come Amazon Echo e Google Home, esiste l'Internet dei Giocattoli, già rivolto alla Generazione Alpha: esempi ne sono la Hello Barbie di Mattel e gli Hatchimals.

Un team di ricercatori del Mit Media Lab ha recentemente condotto uno studio pilota per esplorare come i bambini interagiscano con i dispositivi Ai. Hanno osservato che un gruppo di bambini di età compresa tra i tre e i dieci anni interagisce con Google Home, un Amazon Echo Dot (con Alexa), un'app per tablet chatbot chiamata Julie e Cozmo, un piccolo robot autonomo di Anki.

La maggior parte dei bambini ha scoperto che gli agenti di Intelligenza Artificiale erano amichevoli e affidabili, e spesso i bambini più grandi dicevano che fossero più intelligenti di loro, con particolare riferimento ad Alexa. Ma le reazioni sono state innumerevoli e interessanti. Una bambina di sette anni, per esempio, ha detto che Google Home fosse più intelligente di Alexa, perché capace di fornirle maggiori informazioni sui bradipi.

Ciò che i ricercatori hanno evinto è che i bambini spingessero i confini delle abilità dei giocattoli per vedere cosa fossero in grado di fare. Quindi, prevede lo studio, *"i giocattoli connessi diventeranno la normalità e questo farà sì che i bambini si aspettino che essi non solo rispondano ai loro comandi ma che mostrino una propria intelligenza emotiva". *

Voce e fisicità degli oggetti connessi renderanno possibile il superamento del rapporto schermo-tastiera. Ma l'Internet of Toys, e l'internet delle cose in generale, ha un conto aperto con la violazione della privacy nella raccolta dati. Hannah Broadbent, vicedirettore di Childnet, afferma che i giovani stanno diventando più consapevoli dei rischi della privacy online grazie alla crescente alfabetizzazione digitale tra loro e i loro genitori.

Tuttavia, riconosce un divario di conoscenze, così come il fatto che i giovani pensino più alla privacy in termini di conservazione delle informazioni tra loro e persone che non conoscono, piuttosto che allo sfruttamento dei dati personali da parte delle aziende. Non manca tuttavia l'ottimismo nei confronti del futuro: Boradbent pensa che la richiesta di una maggiore protezione della privacy possa continuare a crescere alla luce delle nuove leggi, come quella del Regno Unito del 2017 e il Gdpr europeo.

Tolta l'importanza della tecnologia vocale – la Generazione Alpha si aspetterà che i device rispondano a comandi vocali – resta il dilemma sul tempo di fruizione dei contenuti davanti a uno schermo.

La psicologa Jean Twenge, nel suo libro “Generation Me. Perché i giovani di oggi sono più sicuri di sé, hanno più diritti e sono più infelici che mai” traccia un parallelismo tra la diffusione di smartphone e social media e la crescente ansia, depressione e senso di solitudine tra gli adolescenti.

Patti Valkenburg, docente all'Università di Amsterdam e co-autrice del libro "Plugged In: How Media Attract and Affect Youth" (Yale University Press, 2017), parla di una questione di modalità d'uso. La ricercatrice ha scoperto che essere membro di un sito social network può in effetti stimolare l'autostima dei giovani e migliorare la qualità delle amicizie della vita reale, ma non vale per tutti. Mentre la maggior parte dei giovani usa i social media per connettersi con amici che già conosce, alcuni la usano principalmente per parlare con estranei, il che rappresenta un'esperienza completamente diversa. Allo stesso modo, trascorrere del tempo giocando ai videogiochi non è un problema per molte persone, ma un piccolo numero potrebbe essere suscettibile al consumo compulsivo videogiochi.

"La tecnologia sta puntando tutti noi, non solo le giovani generazioni", afferma Valkenburg. Anche dove una differenza generazionale può essere tracciata, Valkenburg mette in guardia dal fare giudizi di valore. Come esempio prende l'accusa comune di narcisismo rivolta ai Millennial. È così brutto mostrare la propria presenza o divertirsi a celebrare i propri successi? La linea tra l'alta autostima (generalmente considerata un tratto positivo) e il narcisismo (considerato un tratto negativo) è sfocata sottolinea Valkenburg chiedendosi se un piccolo aumento nel narcisismo potrebbe essere un utile adattamento per il successo in molte professioni.