La casa di Jeff Bezos non è la mia casa

La casa di Jeff Bezos non è la mia casa

Scrive Bernie Sanders su Fb: “Jeff Bezos, CEO di Amazon, ha acquistato una villa a Washington del valore di 23 milioni di dollari e la sta ristrutturando includendo 25 bagni, 11 camere da letto, cinque salotti, cinque scale, tre cucine, due biblioteche, due sale allenamento, due ascensori e una sala da ballo. Nel frattempo, l’anno scorso, Amazon ha pagato zero dollari di imposte federali sul reddito e molti dei suoi dipendenti fanno affidamento sull’assistenza pubblica. Dobbiamo chiedere: mai più benefit aziendali. Niente più agevolazioni fiscali per miliardari, quando i lavoratori in questo paese sono pagati con salari da fame”.

Jeff Bezos ha ricevuto, martedì scorso, il premio Alex Springer Award 2018. Repubblica riporta così le parole di John Elkann, presidente di FCA Group, incaricato di pronunciare la laudatio al “Re” di Amazon:

 Alcune scelte fatte da Bezos nella sua vita hanno “avuto o avranno un profondo impatto sulle vite di noi tutti”.

Direte voi, soprattutto di chi lavora nelle sue aziende. Elkann ha spiegato alla platea che uno dei meriti di Bezos è quello di aver “coltivato l’ossessione del cliente”. Certamente non ha coltivato alcuna ossessione per i diritti dei lavoratori. Elkann, in conclusione, ha elogiato la scelta di Bezos di privilegiare l’armonia fra vita e lavoro (“lifework harmony”) piuttosto che l’equilibrio fra vita e lavoro (“lifework balance”). Omettendo chiaramente di riferirsi alle sole posizioni apicali delle aziende del gruppo Amazon. Gli altri, i magazzinieri, gli addetti alle spedizioni, vivono il lavoro in azienda né con armonia né con equilibrio.

Lo stesso giorno della premiazione, il sindacato del settore dei servizi, Ver.di – con oltre 2 milioni di iscritti, è il secondo in ordine di grandezza in Germania – ha organizzato una protesta a Berlino, davanti alla sede di Alex Springer SE (la casa editrice digitale più importante in Europa, pubblica fra l’altro i periodici Die Welt e Bild). “Abbiamo un problema mondiale”, ha detto Frank Bsirske, segretario del sindacato, “un capo che vuole imporre condizioni di lavoro americane al mondo”. Bezos riceve un premio per l’innovazione e l’impegno sociale mentre offre condizioni di lavoro davvero negative, un vero e proprio paradosso. Andreas Nahles, nuova segretaria del SPD, ha detto che Bezos “non merita alcun premio”. Durante la manifestazione, però, non tutto è andato liscio. Labournet.tv riporta che ad alcuni lavoratori di Amazon non è stato concesso di prendere la parola sul palco. Uno dei lavoratori censurati ha pubblicato il testo del proprio intervento. E’ dipendente di Amazon da due anni, scrive.

“Ogni giorno subiamo un cambiamento […] siamo lavoratori o cavie, siamo in un laboratorio o in un campo di lavoro? Come può l’uomo più ricco del mondo essere il peggior capo del pianeta? Come mai paghiamo più tasse rispetto all’uomo più ricco? La risposta: perché rubano […] il nostro lavoro straordinario, le pause pranzo, le ferie, la nostra anima e la nostra salute. Immaginate, dobbiamo pagarci anche le nostre scarpe antinfortunistiche!

Tutto il lavoro offerto da Amazon si basa sulla solidarietà. Solidarietà dei dipendenti, solidarietà dei clienti, solidarietà dei vicini, anche sulla solidarietà dei bambini del vicino e dei nostri figli. L’unico che non mostra solidarietà con noi ma solo profitti è lui, l’uomo più ricco del mondo […]

L’anno scorso la polizia doganale era con noi. I dipendenti hanno detto tutto molto chiaramente e apertamente delle condizioni di lavoro inumane e delle frodi da parte dei datori di lavoro. Cosa pensate che sia successo? Un bel nulla. Soltanto i colleghi di pelle nera sono stati ammanettati perché non avevano i documenti in regola. Anche i subappaltatori di Amazon traggono beneficio dalla difficile situazione dei poveri.

Da domani, poi, un altro cambiamento ci attende. […] La ragione di ciò è garantire che i clienti possano continuare a ordinare in pace. Ma nessuno ci chiede la nostra opinione. Come stiamo, cosa è cambiato nelle nostre vite. Ci sono madri e padri con figli in mezzo a noi, nessuno ci pensa. Un collega ha detto l’altro giorno: “In Amazon l’uomo non conta”. Giusto! Tutto conta – clienti e confezioni – solo l’uomo non conta.

Ecco, nella casa di Jeff Bezos conta il cliente ma non le persone che lavorano alla “soddisfazione” di quel medesimo cliente. Se così è la casa di Bezos, non è questa la mia (la nostra) casa.

Davide Serafin

Di Alessandria. Ha scritto gli ebook '80 euro di Ingiustizia Sociale' – 2016, V come 'Voucher – La nuova frontiera del precariato' – 2016 e 'Il Volo dei Gufi' - 2018, raccolta degli articoli scritti per i Quaderni di Possibile negli anni (2015-2018) - www.ilvolodeigufi.com - www,giustapaga.it - twitter: @yes_political
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