15 febbraio 2018 - 09:38

Cave, manca ancora un piano
ma le proroghe durano 5 anni

Il piano cave è scaduto nel 2015. Dopo una prima proroga di tre anni la Provincia ha deciso di estendere di altri cinque anni le concessioni estrattive a tutti gli operatori

di Pietro Gorlani

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Nelle scorse settimane la Provincia ha concesso una proroga di cinque anni a quasi tutti i trentacinque operatori del settore sabbia e ghiaia. Il periodo massimo concesso dalla legge regionale.

Il vecchio piano cave era sovradimensionato

Il motivo è semplice. Il precedente piano cave, che si è rivelato parecchio sovradimensionato (è stata scavata la metà dei 70,1 milioni di metri cubi concessi) è scaduto nel 2015. C’è stata una prima proroga di tre anni, in attesa che la Provincia predisponesse il nuovo strumento programmatorio. Ma l’ente fiaccato dalla riforma Delrio non aveva le risorse necessarie per preparare in casa un nuovo piano e così si è deciso di affidarlo a due docenti dell’università di Brescia. Una prima bozza dovrebbe essere pronta per fine anno. Ma tenendo conto che per la prima volta verrà effettuata una Vas (valutazione ambientale strategica) e che il piano dovrà poi passare in Regione, i tempi per l’approvazione definitiva rischiano di allungarsi parecchio (basti pensare che il precedente piano, scaduto nel 1998 venne approvato nel 2005). Nel frattempo però gli operatori del settore rischiavano di dover fermare le loro draghe, visto la scadenza delle concessioni. Così hanno fatto tutti richieste di proroga al Broletto. Che le ha concesse. «È previsto dalla legge regionale — chiarisce il presidente della Provincia, Pierluigi Mottinelli — e visto che il precedente piano è scaduto da 3 anni per non incorrere in possibili azioni di rivalsa abbiamo deciso di concedere la proroga massima prevista per legge». Mottinelli aggiunge un dettaglio fondamentale: gli operatori proseguono scavando solo le volumetrie rimaste nel vecchio piano, che verranno scomputate dal nuovo strumento programmatorio. Da Ghedi a Rovato, da Capriolo a Lograto, da Poncarale a Leno (gli ambiti territoriali estrattivi sono 55) gli operatori continueranno a scavare quei quantitativi decisi nel 2005 e che — vista la forte crisi del settore edilizio — sono rimasti per metà sottoterra.

I nodi da sciogliere

Sul tema interviene anche Angelo Bergomi, responsabile ambiente del Pd bresciano: «Le proroghe sono possibili grazie alla mostruosa volumetria concessa nel 2005, cavata per poco più della metà: quel piano ha concesso un titolo edilizio lasciato nelle mani degli operatori che ora lo fanno valere. Ma se il nuovo piano decidesse di ridurre la volumetria residua? Auspico che si possa al più presto approvare un piano che non autorizzi un metro cubo in più rispetto alle volumetrie residue. Semplicemente perché non servono se non per l’esportazione fuori provincia». Queste del resto sono le indicazioni date dal consiglio provinciale. Certo che andranno aggiunti altri volumi se il prossimo consiglio regionale ratificasse la modifica cardine approvata dalla giunta Maroni, ovvero il passaggio da piani decennali a piani ventennali. Altra variabile: quanti rifiuti inerti e industriali potranno essere utilizzati. «Brescia farà un salto di qualità se riuscirà a risolvere questo nodo, nel segno dell’economia circolare, evitando così altro consumo di suolo» commenta Mottinelli. Sul tema stanno lavorando sia le istituzioni sia l’associazione degli industriali: chiaro che serve una normativa nazionale chiara, per evitare altri pericoli ambientali in una provincia già molto provata. Nel frattempo il Broletto sta richiedendo a tutti i Comuni dove sono presenti le cave un consuntivo dei quantitativi di sabbia e ghiaia estratti. Un tema delicato, visto che non tutti i paesi hanno uffici tecnici in grado di verificare con esattezza eventuali difformità rispetto alle volumetrie concesse. Anche su questo interviene Bergomi: «I Comuni dovrebbero incaricare tecnici abilitati per fare perizie indipendenti a spese dei privati. Non esiste che il comparto estrattivo paghi gli oneri di escavazione su volumetrie dichiarate dagli operatori stessi».

pgorlani@rcs.it

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