22 febbraio 2018

Il rischio di guerre mondiali è ancora presente

Uno studio statistico della frequenza dei periodi di pace e di guerre negli ultimi due secoli suggerisce che la probabilità di un conflitto aperto su vasta scala che coinvolga le grandi potenze non è affatto diminuita, come ipotizzano alcuni analisti, malgrado il lungo periodo di pace trascorso dalla fine della seconda guerra mondiale(red)

Il rischio che nel corso dei prossimi decenni scoppi un grande conflitto bellico fra stati, capace di provocare molti milioni di vittime, non è affatto diminuito rispetto ai due secoli precedenti, a dispetto del fatto che da oltre settant'anni non ci sono più stati conflitti paragonabili alla prima e seconda guerra mondiale. La conclusione è di Aaron Clauset, ricercatore all'Università del Colorado a Boulder, che ha effettuato un'analisi statistica delle fluttuazioni nei periodi di guerra e pace a partire dagli inizi del XIX secolo.

Il rischio di guerre mondiali è ancora presente
Alcuni dei missili esposti al White Sands Missile Range Museum, nel New Mexico (© Science Photo Library / AGF)
Il risultato di Clauset, illustrato su "Science Advances", è in contrasto con la cosiddetta tesi della "pace lunga", secondo la quale una serie di dati empirici, alcuni dei quali abbracciano centinaia o addirittura migliaia di anni, indicherebbero una progressiva diminuzione delle probabilità di guerra, specialmente tra le "grandi potenze" del momento.

Secondo il ricercatore, i sostenitori di una tendenza alla diminuzione dei grandi conflitti si sono concentrati sui  meccanismi in grado di ridurre il rischio di guerra, che progressivamente avrebbero acquisito sempre più peso.

Questi meccanismi consistono per lo più nella diffusione della democrazia, nei sistemi di alleanze in tempo di pace, nei legami economici fra le nazioni e dalle organizzazioni internazionali. Il fatto che quei fattori sono all'origine di una tendenza alla pace, obietta Clauset, si basa però proprio sull'assenza di guerre fra grandi potenze per un periodo molto lungo. Senza una rigorosa analisi statistica, non è quindi possibile escludere che gli ultimi 70 anni di pace non siano altro che una fluttuazione statistica negli effetti di un'ampia serie di fattori che, a seconda di come si combinano, possono portare a scontri aperti su
vasta scala.

La situazione potrebbe cioè essere analoga a quanto avviene in meteorologia: lo scatenamento di eventi estremi dipende sempre in gran parte dagli stessi fattori e la presenza di una  tendenza reale a un loro aumento o diminuzione richiede un'analisi statistica sul lungo periodo e la definizione del range delle fluttuazioni casuali.

Il rischio di guerre mondiali è ancora presente
Il grafico riporta i 95 grandi conflitti scoppiati dal 1823 al 2003. Sull'asse verticale è riportato, in scala logaritmica il numero delle vittime. (CortesiaAaron Clauset /PNAS)
Clauset ha dato quindi una definizione di "gravità di un conflitto" basata sulle morti avvenute nelle 95 guerre fra stati che hanno provocato almeno mille vittime sul campo fra il 1823 e il 2003.

Dall'analisi del rapporto fra gravità del conflitto e durata del periodo di pace successivo, l'autore conclude che la scarsità di grandi guerre dall'ultimo dopoguerra al 2003 controbilancia la grande frequenza di queste guerre nel periodo immediatamente precedente, che include le due guerre mondiali. Per validare l'ipotesi della pace lunga, osserva Clauset, questa dovrebbe protarsi per molto tempo in più: almeno altri 100-150 anni.