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Unione europea e diritti umani 16.10.2018

Quando il colore identifica una “firma” piuttosto che una “forma”: il caso Louboutin

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L’art. 3par. 1, lett. e), iii), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, va interpretato nel senso che un segno consistente in un colore applicato sulla suola di una scarpa con tacco alto, come quello oggetto del procedimento principale, non è costituito esclusivamente dalla «forma», ai sensi di tale disposizione.

IL CASO – La Van Haren Schoenen BV (breviter, Van Haren) è una società che gestisce nei Paesi Bassi negozi di vendita al dettaglio di scarpe e, nel corso dell’anno 2012, ha venduto scarpe femminili con il tacco alto la cui suola era rivestita di colore rosso.

Cristian Louboutin crea e produce scarpe; nel dicembre del 2009 ha presentato presso l’Ufficio del Benelux della proprietà intellettuale una domanda di registrazione di un marchio così descritto «Il marchio consiste nel colore rosso (Pantone 18-1663TP) applicato alla suola di una scarpa». Nel 2013 il sig. Louboutin ha delimitato il suo marchio alla tutela delle sole “calzature con tacco alto (escluse quelle ortopediche).

Il sig. Louboutin ha adito, nel maggio del 2013, il Tribunale dell’Aja per un’azione di contraffazione del marchio controverso contro la Van Haren.

La sentenza di primo grado ha parzialmente accolto le domande del sig. Louboutin.

Avverso tale sentenza la Van Haren ha fatto opposizione, ai sensi dell’art. 2.1, par. 2, della convenzione del Benelux, sostenendo che il marchio controverso fosse nullo poiché avente ad oggetto un marchio figurativo bidimensionale (e cioè una superficie di colore rosso).

Il giudice del rinvio ha innanzitutto affermato che, vista l’inscindibilità del colore rosso alla suola, tale marchio non potrebbe essere considerato un semplice marchio figurativo bidimensionale nonostante nella descrizione del marchio controverso, Louboutin avesse precisato che il contorno della scarpa (illustrato nella rappresentazione grafica del marchio) non facesse parte del marchio, ma avesse solo la funzione di evidenziare la posizione del marchio. Altra motivazione fornita dal giudice del rinvio è quella che una parte considerevole delle acquirenti delle scarpe con tacco alto, in Benelux, identificava le “louboutin” proprio per la suola rossa tale da differenziare tali calzature da quelle prodotte da altre imprese.

Il colore rosso apposto alla suola di una scarpa, che coincide con l’elemento di un prodotto, pone la questione se tale marchio violi, o meno, l’articolo 3, par. 1, lett. e), iii), intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità» il quale testualmente recita «Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: […]; e) i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto (i), dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico (ii), dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto (iii)».

Pertanto il giudice del rinvio propone all’attenzione della Corte la questione se la nozione di forma (cui consegue il divieto di registrazione, o la nullità della registrazione stessa) sia limitata alle caratteristiche tridimensionali del prodotto (contorni, dimensioni e volume), oppure se tale disposizione riguardi anche altre caratteristiche non tridimensionali del prodotto, quali ad esempio il colore. In buona sostanza: il colore rosso pantone, applicato alle suole, rende applicabile il precetto che vieta (o rende nulla) la registrazione delle forme?

LE QUESTIONI GIURIDICHE E LA SOLUZIONE – Con l’unica questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 3, par. 1, lett. e), iii), direttiva 2008/95 vada interpretato nel senso che un segno consistente in un colore applicato alla suola di una scarpa con tacco altro è costituito esclusivamente dalla forma, ai sensi di detta disposizione.

Va innanzitutto precisato che la Corte, nella sua decisione, contraddice le conclusioni dell’avvocato generale. Questi nella qualificazione del marchio controverso ritiene, nella sostanza, che il marchio, pur essendo registrato come marchio figurativo, vada qualificato come <<marchio costitutivo della forma del prodotto>> e, come tale, soggetto alla scure della nullità ex art. 3, direttiva marchi, sopra citato.

Il fatto che il marchio sia qualificato dal sig. Louboutin come marchio di posizione (posizionato cioè su tutta la suola a delimitazione di questa) non va ad inficiare che esso delimiti ed evidenzi la forma del prodotto.

Il marchio, ad avviso dell’avvocato generale, non riguarda la forma di una scarpa (o di una suola) ma rivendica la tutela di un particolare tipo di colore (identificato dai codici internazionali) applicato alle suole delle scarpe con tacco alto.

Per tali motivi esso dovrebbe essere assimilato a un marchio costitutivo della forma del prodotto e che rivendica la tutela per un colore in relazione a detta forma, piuttosto che a un marchio costituito per un colore specifico.

Di contrario avviso è, però, la Grande Sezione della Corte, la quale prende le mosse per la propria motivazione dall’assenza di una definizione di forma; per tale ragione la determinazione del significato e della portata di tale termine, in forza di una giurisprudenza consolidata della Corte, deve essere intesa sulla base del significato abituale del termine stesso nel linguaggio corrente, tenendo conto al contempo nel contesto nel quale esso è utilizzato e degli obiettivi perseguiti dalla direttiva.

La forma, afferma la Corte, va intesa come un insieme di linee o di contorni che delimita il prodotto nello spazio. Né dal testo della direttiva, né dalla giurisprudenza della Corte, emerge che un colore in sé, senza delimitazione nello spazio, possa costituire una forma.

La Corte però si pone il problema se un colore applicato su una suola (e quindi su una parte specifica del prodotto) possa costituire una forma e quindi essere soggetta al divieto di registrazione imposto dalla direttiva marchi.

La risposta anche qui è negativa: il marchio registrato dal Loboutin non mira a registrare una forma specifica di suola di scarpa con tacco alto, ma serve unicamente a mettere in evidenza la posizione che il colore rosso occupa all’interno della suola. Evidenzia e identifica il marchio, ma non costituisce la forma del prodotto stesso.

A tale conclusione la Corte giunge anche considerando che il segno distintivo, ovvero il rosso Pantone, non possa costituire una forma in quanto rappresenta un codice di colore preciso e già identificato e riconosciuto a livello internazionale con il n. 18-1663TP (pantone) riconoscendo, di fatto, una tutela al c.d “secondary meaning” e cioè alla riconoscibilità da parte del pubblico di consumatori.

 

OSSERVAZIONI - La sentenza della Corte di Giustizia è sicuramente destinata a far discutere poiché delinea un concetto di marchio tutelabile che prescinde dal concetto stesso di forma che, anzi, viene superato.

Tale sentenza, come detto, contraddice le conclusioni rassegnate dall’avvocato generale e si pone in senso contrario alla decisione del U.S. District Court, Southern Distict of New York del 10 agosto 2011 (Christian Louboutin vs Yves Saint Laurent), che negava la protezione alle “red soles” della nota Maison francese.

In quel caso il ragionamento seguito dalla Corte americana era il seguente: se un determinato colore sia una non indifferente alternativa tra le molte, ma dotato di qualche specifico pregio o virtù, esso deve necessariamente restare disponibile ai concorrenti.

Se la suola rossa, applicata a un tacco molto alto (e che si pone magari in contrasto con un differente colore della scarpa) è in grado di esprimere un messaggio di sensualità e rappresenti una forte attrattiva per il sesso opposto, allora vi è una buona ragione perché quel segmento della tavolozza cromatica resti a disposizione di tutti gli operatori del settore e non di uno ad esclusione di altri.

Nel “case” americano, però, la U.S. Court of Appels for the Second Circuit, 5 settembre 2012, sull’appello presentato dalla Loboutin (a cui si sono unite Tiffany & Co. e l’International Trademark Association allarmate dalle conseguenze che sarebbero potute derivare nel settore della moda da un’eventuale conferma della decisione di primo grado) ne ha significativamente ribaltato l’orientamento ritenendolo in contrasto con i dicta della Corte Suprema – espressi in primis nel caso Qualitex Co. v. Jacobson Products Co. del 1995 (per cui non sussistono obiezioni astratte all’utilizzo di un colore come marchio se tale colore ha acquisito un secondary meaning) – ed ha riconosciuto il significato acquisito dal marchio Louboutin, seppur limitato ai soli casi in cui il colore rosso della suola sia in contrasto con il colore del pellame della scarpa.

Diverso, invece, l’orientamento francese nell’Affaire Loboutine vs. Zara.

Il 30 maggio 2012, la Corte di cassazione parigina, confermando la decisione d’appello, ha escluso la sussistenza di qualsiasi contraffazione da parte di Zara France per la produzione di scarpe dotate di suola rossa e ha ritenuto nullo il marchio “internazionale” semi-figurativo fatto valere in giudizio da Christian Louboutin in quanto – secondo la Corte – lo stesso era privo delle proprietà di chiarezza, accuratezza, precisione, intelligibilità, obiettività e del carattere distintivo necessari.

In particolare, ad avviso della Corte di Parigi, il segno registrato appariva bidimensionale, ma con caratteristiche e curvature che avrebbero dovuto essere riportate tridimensionalmente e che non consentivano neppure di comprendere se il marchio di colore fosse applicato sul lato interno o esterno dalla suola; inoltre, il colore rosso appariva indefinito, tanto che – si legge sempre nella sentenza della Corte francese – per superare la debolezza del marchio contestato, Christian Louboutin aveva depositato in corso di causa un nuovo marchio tridimensionale con l’indicazione di uno specifico codice Pantone (prima non specificato).

Conseguentemente, nessuna tutela è stata riconosciuta dalla Corte francese a Christian Louboutin, neppure attraverso l’inquadramento del comportamento di Zara France come concorrenza sleale.

Nessuna tutela anche da parte del Tribunale Amministrativo Federale svizzero (sentenza del 27 aprile 2016), il quale ha confermato il diniego di applicazione del marchio internazionale di Louboutin in Svizzera, poiché – secondo il giudice elvetico – il colore rosso applicato alle suole di calzature costituisce un segno banale, decorativo e privo di carattere distintivo.

Alla luce di tali orientamenti, pertanto, non si esclude che in un prossimo futuro la Corte di Giustizia potrà addivenire a soluzioni difformi, in tutto o in parte, dalla decisione qui commentata.

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI E BIBLIOGRAFICI – C. ROGGERO, La tutelabilità del marchio Louboutin, in https://www.dandi.media/2017/04/gli-orientamenti-internazionali-sulla-tutelabilita-del-marchio-louboutin/; M. RICOLFI, Trattato dei Marchi. Diritto Europeo e Nazionale, Torino, 2015; N. BOTTERO-M. TRAVOSTINO, Il diritto dei marchi d’impresa. Profili sostanziali, processuali e contabili, Torino, 2009.

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