10 febbraio 2015

Da energia fotovoltaica a combustibile liquido

È possibile immagazzinare sotto forma di combustibile liquido l'energia prodotta dalle celle fotovoltaiche integrandole con un dispositivo bio-elettrochimico. Questo sistema sfrutta l'elettricità per scindere l'acqua e, grazie a un batterio geneticamente modificato, trasformare idrogeno e ossigeno così prodotti e l'anidride carbonica dell'atmosfera in un alcool(red)

Un sistema che usa batteri per convertire l'energia solare in un combustibile liquido è stato ideato da ricercatori della Harvard University, che lo illustrano in un articolo pubblicato sui “Proceednigs of the National Academy of Sciences”.

Le celle fotovoltaiche hanno un notevole potenziale per soddisfare le esigenze di energia rinnovabile, ma il collo di bottiglia che devono superare è trovare metodi efficienti e scalabili per immagazzinare l'energia elettrica che producono in modo intermittente, a causa della variabilità dell'irraggiamento solare sulla superficie terrestre. Le soluzioni attualmente disponibili sono basate sulla produzione ciclica di idrogeno e ossigeno per scissione dell'acqua, grazie all'elettricità prodotta proprio dalle celle fotovoltaiche. Idrogeno e ossigeno sono combustibili in linea di principio interessanti, ma si scontrano con problemi pratici, primo fra tutti il fatto che buona parte delle attuali infrastrutture energetiche si basano prevalentemente sui combustibili liquidi.

Da energia fotovoltaica a combustibile liquido
Schema del processo per la produzione di isopropanolo. In rosso sono indicati i cambiamenti legati alle modifiche genetiche del batterio Relstonia eutropha. (Cortesia D.G. Nocera et al./PNAS) 
Il gruppo diretto da Daniel G. Nocera – noto per i suoi studi sulla fotosintesi e per la creazione della prima “foglia artificiale” - ha ora sviluppato un sistema bio-elettrochimico integrato in cui viene sfruttato un batterio geneticamente modificato, Ralstonia eutropha H16, per convertire in modo efficiente l'anidride carbonica dell'atmosfera, insieme all'idrogeno e all'ossigeno prodotti dalla scissione dell'acqua, in biomassa e in isopropanolo, un alcool.

R. eutropha è un batterio del suolo che quando è in condizioni di stress smette di crescere e inizia a produrre complessi composti organici, fra cui il PHB, un polimero che il batterio usa come riserva energetica. Allo stato naturale la sua fonte di energia principale è il metano, ma alcuni anni fa i
ricercatori sono riusciti a modificarlo geneticamente, ottenendo il ceppo R. eutropha H16, che non solo produce isopropanolo al posto del PHB, ma che è anche in grado di usare anidride carbonica al posto del metano. Nel sistema ideato da Nocera e colleghi, R. eutropha H16 è mantenuto in uno stato di relativa carenza nutrizionale che porta il batterio a esprimere il massimo delle sue potenzialità di trasformazione.

L'integrazione delle celle fotovoltaiche con l'apparato di sintesi batterica dell'isopropanolo crea un sistema che ha un rendimento energetico, in termini di combustibile prodotto, tre volte superiore a quelli degli altri sistemi bio-elettrochimici disponibili. In termini di biomassa prodotta, il rendimento del sistema ideato da Nocera e colleghi è addirittura superiore a quello della maggior parte delle piante terrestri.

Inoltre, a differenza degli altri sistemi, che catalizzano le reazioni ricorrendo a metalli preziosi come il platino, gli autori hanno usato come catalizzatori minerali molto più economici: fosfato di cobalto e un composto di nichel-molibdeno-zinco già testato nella foglia artificiale.