24 giugno 2014

Equilibrio del cervello, il segreto è nelle connessioni

Un meccanismo centralizzato consente di mantenere un rapporto costante tra stimoli eccitatori e stimoli inibitori su una popolazione di neuroni, mantenendo così il cervello in equilibrio. La scoperta, ottenuta analizzando la corteccia cerebrale di topo, apre interessanti prospettive anche per la comprensione di patologie neurobiologiche come l'epilessia, l'autismo o la schizofrenia(red)

È un meccanismo cruciale che consente al cervello di mantenere l'equilibrio quello scoperto da un gruppo di ricercatori dell'Università della California a San Diego, autori di un articolo apparso su “Nature”. Si tratta di un insieme di processi che coinvolgono le connessioni fondamentali tra i diversi neuroni e che determina il fatto che un neurone ritrasmetta ad altri neuroni un impulso nervoso che ha ricevuto o viceversa sopprima la trasmissione dell'informazione.

Questo nuovo risultato aggiunge un tassello importante per la comprensione del funzionamento del cervello in condizioni fisiologiche o patologiche, in particolare nel caso di gravi malattie come l'epilessia, l'autismo o la schizofrenia.

Lo studio ha riguardato in particolare le stimolazioni di altri neuroni tramite le sinapsi, e che possono essere di tipo eccitatorio, che inducono un neurone a trasmettere l'impulso nervoso, e quelle di tipo inibitorio, che inducono il neurone a bloccare l'impulso, senza ritrasmetterlo.

Finora si sapeva dell'esistenza di un rapporto costante, denominato E/I, per ogni singolo neurone in un dato istante. In quest'ultimo studio i ricercatori hanno dimostrato che questo rapporto è costante per molti neuroni della corteccia cerebrale di topo e quindi anche dell'essere umano, dato che l'architettura fondamentale del cervello è fortemente conservata nelle diverse specie di mammiferi.

Equilibrio del cervello, il segreto è nelle connessioni
Microfotografia delle sinapsi eccitatorie (in verde) e inibitorie (in viola) in un campione di corteccia di topo (Cortesia UC San Diego School of Medicine)
In particolare, lo studio ha permesso di scoprire che esiste un rapporto costante, denominato E/I tra la quantità totale di stimolazioni eccitatorie che un neurone riceve, tramite i punti di contatto chiamati sinapsi, da centinaia o migliaia di neuroni afferenti, e la quantità totale, altrettanto numerosa di neuroni inibitori.

“Per fare un
paragone automobilistico, è come se i neuroni tenessero sempre premuto i pedali del freno e dell'acceleratore contemporaneamente”, ha spiegato Massimo Scanziani, autore principale dello studio. “Ciò significa che non esiste alcuno stimolo che possa attivare neuroni puramente eccitatori o puramente inibitori: per quanto strano possa sembrare, questo sistema consente di mantenere un controllo molto fine sulle risposte neuronali agli stimoli”.

Lo studio di Scanziani ha permesso di chiarire in che modo viene mantenuto costante il rapporto E/I tra i neuroni: i meccanismi regolatori sono deputati in particolare ai neuroni di tipo inibitorio tramite le sinapsi inibitorie. È all'interno di queste ultime che si stabilisce di quanto debba essere amplificato un segnale inibitorio in arrivo.

“Il nostro studio mostra che i neuroni inibitori sono i principali sistemi di regolazione: mantenendo il contatto con centinaia o migliaia di cellule, fanno sì che le sinapsi inibitorie in ciascuno di questi contatti siano proporzionate alle diverse intensità di eccitazione che queste cellule ricevono”, sottoliena Scanziani.

Se per esempio il livello di stimolazione eccitatoria ricevuta da una cellula nervosa raddoppia, le sinapsi inibitorie raddoppiano anch'esse nel giro di qualche giorno.

In termini di applicazioni cliniche, le conseguenze potrebbero essere importanti: disturbi come l'epilessia, l'autismo o la schizofrenia potrebbero dipendere, almeno in parte, dal mantenimento di un ottimale rapporto E/I.

“Se questo rapporto è alterato, si altera anche la percezione del mondo del soggetto, che potrebbe non essere più in grado di regolare l'enorme flusso di stimolazioni che arrivano al cervello in una giornata normale”, ha concluso Scanziani. “Come conseguenza, il soggetto stesso potrebbe essere sopraffatto dalle stimolazioni o viceversa del tutto insensibile: ciò sarebbe evidente soprattutto nelle interazioni sociali, che richiedono una regolazione fine degli stimoli”.