Perché non possiamo non dirvi antiscientifici

93-3Con l’avvicinarsi di EXPO il dibattito sugli OGM si è riacceso, e ancora una volta sconta la difficoltà, da parte di intellettuali come Carlo Petrini o Michele Serra, di comprendere e accettare le regole di una discussione scientifica, attirandosi le accuse, da parte di molti scienziati, di essere “antiscientifici”. Sgombriamo subito il campo dall’accusa che gli scienziati siano “dogmatici”. Niente di più lontano dal vero. L’etica della scienza, con la sua ricerca della verità a tutti i costi, impone agli scienziati, per dirla con il sociologo Robert Merton, di perseguire lo scetticismo organizzato: “l’imperativo di dubitare di ogni affermazione non supportata da prove empiriche o razionali”. Altro che dogmatismo! Ogni scienziato sarebbe ben felice di ribaltare qualche dogma, e magari vincere un premio Nobel, a patto di riuscire a farlo scientificamente: con prove certe, esperimenti controllati e una sequenza logica di ragionamenti inattaccabili. Ed è qui che molti intellettuali si attirano le prime accuse di antiscientificità. Quando per esempio Petrini dice che la Spagna, aprendo agli OGM, ha “perso una significativa quota di biodiversità” chi si tiene aggiornato in questo campo sbalordisce, perché è proprio il contrario. La biodiversità di un campo di mais OGM, meno trattato con pesticidi, è superiore a quella di un campo tradizionale, irrorato di sostanze che uccidono anche insetti benefici. L’uso del mais Bt a livello globale ha portato a una riduzione del 35% di insetticidi, e in Spagna il 70% di chi coltiva mais OGM non fa nessun altro trattamento insetticida. O Petrini dà una interpretazione tutta sua al termine scientifico “biodiversità”, e allora agli scienziati piacerebbe sapere a che cosa si riferisce, oppure ha fatto una affermazione non supportata da prove empiriche e razionali: una colpa grave per ogni scienziato. In entrambi i casi l’accusa di essere antiscientifico e di non seguire l’etica della scienza e la sua ricerca di verità, segue automatica.

Ogni scienziato, abituato a giustificare ogni singola frase che scrive in un articolo scientifico, pena il rigetto da parte dei suoi pari, sogna che anche in una redazione di un giornale vi sia questo tipo di controllo preventivo, e che prima della pubblicazione si chieda a Petrini “davvero la biodiversità si è ridotta? Dove è scritto? Chi lo ha dimostrato?” E se non vi sono prove a supporto la frase viene tolta dall’editoriale, insieme a tutte le altre frasi scientificamente verificabili ma non supportate dai fatti. Lo so, è un sogno. E sarebbe forse un incubo per una redazione. Ma in mancanza di qualcuno che in una redazione controlli la veridicità dei fatti di qualsiasi affermazione in via di pubblicazione, fosse anche di un premio Nobel, il fact checking come dicono nelle redazioni anglosassoni, gli scienziati continueranno a bollare come “antiscientifico” chi fa affermazioni infondate e non supportate da solide prove.

Questa patente viene attribuita anche a chi dipinge in modo scorretto la posizione della maggioranza degli scienziati esperti in un dato campo. Un esempio noto è quello del riscaldamento globale: nella comunità scientifica vi è il consenso che questo abbia origine nelle attività umane. Ben il 97% degli articoli scientifici concordano su una origine antropogenica. Il 3% no. Hanno ragione i secondi? Può darsi. Nessuno censura questi scienziati che continueranno a battersi per le loro idee cercando di portare “prove empiriche e razionali” per far cambiare idea agli altri. Ma non è accettabile che in un dibattito pubblico sul tema, a supporto delle proprie scelte politiche ed economiche, si sostenga che “la scienza è divisa”. È una legittima battaglia politica essere, per esempio, contro i finanziamenti al fotovoltaico, per motivi economici, commerciali o altro. Ma le argomentazioni si devono reggere sulle proprie gambe, e non usare la disonesta foglia di fico de “la scienza è divisa”. Chi interviene sul riscaldamento globale premettendo questo si prende d’ufficio il bollino rosso dell’antiscientificità esattamente come chi lo sostiene nel campo degli OGM. Anche qui c’è consenso nella comunità scientifica, con molte società scientifiche italiane e mondiali, rappresentanti decine di migliaia di scienziati, che hanno preso una posizione chiara su fatti scientificamente accertabili. Citare sempre il singolo scienziato oppositore, il famoso 3%, merita automaticamente il sospetto che le argomentazioni di altro tipo, sociale, economico e politico, non riuscirebbero a camminare da sole se non con la falsa premessa della scienza divisa. Chi si oppone agli OGM ha diritto di farlo, ma ammettendo pubblicamente che per quel che riguarda gli aspetti scientifici: gli effetti sull’ambiente, sulla salute, sulla biodiversità e così via, le sue opinioni sono contrarie al consenso scientifico attuale.

Anche ignorare sistematicamente quei fatti che risultano scomodi per le proprie posizioni ideologiche è contro l’etica della scienza. Tanti oppositori invocano il principio di cautela. Certo, dovremmo essere tutti cauti nel trattare il monossido di diidrogeno poiché è potenzialmente pericoloso se inalato, può essere ustionante e causa ogni anno molti morti. Ma perché non chiamarlo con il suo nome comune, acqua, e ricordare che serve anche per dissetarci e per vivere? Il principio di cautela, più citato che applicato in pratica, andrebbe cancellato dalla discussione pubblica e sostituito dal più pragmatico principio di misura dei costi e dei benefici. Alcuni OGM hanno già dimostrato di portare dei benefici scientificamente accertati: meno uso di pesticidi, miglioramento delle condizioni socioeconomiche degli agricoltori, riduzione tra gli agricoltori di avvelenamenti da sostanze chimiche, tanto per citare alcuni temi cari a intellettuali come Michele Serra ma anche a molti scienziati che studiano questi temi seriamente. Citare la FAO, come fa Michele Serra, ricordando solamente i potenziali rischi degli OGM e dimenticare invece benefici accertati, sempre dalla FAO, e già conseguiti, è contro l’etica della scienza e quindi “antiscientifico”.

Dario Bressanini

Articolo pubblicato (insieme alla foto) in forma ridotta su La Stampa del 29/10/2014

1.209 commenti RSS

  • Per i nuovi, qui da poco arrivati: Stello è una sorta di ircocervo 2.0, metà Caronte, metà Sibilla. Va sempre preso molto sul serio!! :-(
    Yopenzo non ha alcuna moglie. E' un single puro e duro, bellissimo e seducente. Stello se ne è invaghito a prima vista. Entrambi non dormono la notte e si pensano, struggendosi... :-)

  • Tutto mi sarei immaginato su questo Blog, tranne che dover trovare commenti sessisti su Stello, povero can tanto bon e tanto desfortunà, come diceva povero nonno. Comunque, Stello è transgender bipolare multiplo partenogenetico completo e funzionale, quindi vedete bene che è perfettamente in thread, qui. Altrove non so, ma non escluderei di vederlo prima o poi in Senato pure lui... ;)

  • Mirco

    Si hai ragione. Volevo rispondere a questa tua domanda: "Dicesi che con gli OGM, si potrebbe risolvere la fame nel mondo, è vero?"

    Cerco di rispondere da agronomo alle tue altre considerazioni, perchè converrai che una risposta completa coinvolgerebbe tante altre branche del nostro modo di vivere che esulano dal mio sapere.

    1° L'uomo non ha fatto altro che manipolare la natura da quando vi si è trovato immerso e se non lo avesse fatto oggi sarebbe presente a livello di qualsiasi altra specie vegetale o animale, Queste ultime, però non lo hanno fatto per la sola ragione che non sono capaci di farlo o lo sono solo minimamente, ma da tempo tentano di sopraffarsi l'una con l'altra

    2° questa capacità dell'uomo lo ha portato a moltiplicarsi ed ad avere sempre più bisogno di cibo. Nel secolo passato l'agricoltura ha dato da mangiare a 4,5 miliardi di persone in più. Credo che nessuno, vissuto ai primi del '900, avesse potuto immaginare un cosa del genere. Nei paesi più sviluppati gli strumenti per aumentare la produzione si sono moltiplicati e per un certo tratto non ne abbiamo valutato l'impatto ambientale. Solo da 20/30 anni abbiamo cominciato ad avere coscienza che il sistema agricolo messo in atto aveva gravi limiti e guarda caso se ne sono accorti prima gli agricoltori che non l'opinione pubblica (nel 1980 non esisteva nessun movimento verde).

    3° sono allora cominciati gli aggiustamenti: concimazioni più mirate (a parità di aumenti produttivi si usano molto meno concimi oggi che 30 anni fa), prodotti di difesa molto più mirati e valutati per l'impatto ambientale (i prodotti che usavamo dal 1950 al 1980 erano enormemente più impattanti sull'ambiente che non quelli di oggi). Solo che l'opinione pubblica è venuta a conoscere la nocività di quelli di prima e ci giudica per quelli e non ha nessuna cognizione di quanto abbiamo migliorato quelli attuali e degli studi che si fanno per proseguire nel miglioramento. Il miglioramento genetico ha modificato gli obiettivi, prima si assecondava la produzione di quantità sempre maggiori senza preoccuparsi di qual'era il costo economico e ambientale delle ultime unità prodotte, oggi invece diciamo che si deve migliorare una varietà coltivata perchè produca solo in quanto le dosi di concime e prodotti di difesa siano compatibili ambientalmente.

    4° Ci siamo accorti però che così facendo abbiamo già utilizzato moltissimo della variabilità genetica utilizzabile che esiste all'interno della specie botanica . Per noi specialisti le statistiche ci dicono che le produzioni di frumento e di mais (le due specie più migliorate in assoluto) plafonano da un decennio, non vi è più nessun trend di aumento.

    5° Ma la gente che vuol mangiare a sazietà e meglio, continua a crescere, non solo ma ne ha il diritto sacrosanto; ecco che allora la scienza ha cominciato a porsi delle domande. Posso riuscire a sfruttare la limitata variabilità che è ancora insita nella specie ed è inutilizzata? Posso avere accesso alla variabilità utile che è presente in altre specie vicine ed anche lontane?

    6° Le risposte sono positive e le soluzioni ci sono state suggerite dalla biologia che ha sondato più in profondo gli esseri viventi. Si è accorta che da una cellula sola posso ricreare un pianta intera in poco tempo, si è accorta che esistono dei marcatori molecolari all'interno dei cromosomi che permetto di segnalarci subito se stiamo trasferendo geni utili, permettendoci di guadagnare molto tempo nella creazione varietale rispetto a prima. Abbiamo visto che le specie selvatiche delle piante coltivate possedevano geni di alto interesse per i nostri scopi. Laddove con artifici vari (ma sempre copiati dalla natura) siamo riusciti a farle incrociare lo abbiamo fatto, ma con l'inconveniente che ottenevamo un "figlio" che per il 50% era rinselvatichito e che quindi dovevamo di nuovo domesticare. Lo abbiamo fatto, ma impiegando un decennio (tempo totalmente insopportabile per compendiare cibo e popolazione).

    7° siamo cioè ossessionati dal tempo ed allora ci siamo chiesti se potevamo fare più in fretta ed ecco spuntare un batterio che da millenni trasferisce parte del suo DNA in altri organismi e piante. Ci siamo resi conto che era come un mezzo di trasporto sfruttabile, se lo caricavamo con DNA da noi scelto. Abbiamo copiato un fenomeno naturalissimo adattandolo ai nostri scopi. Cosa vi è di tanto eticamente riprovevole?

    8° Abbiamo anche capito che molti geni presenti altrove ci risolvevano notevoli impasse di impatto ambientale con cui convivevamo (resistenza ai parassiti, resistenza alla salinità, economia di azoto e tanti altri problemi futuribili, ma da risolvere senz'altro. Come ultimo risolvevamo certi problemi della produzione del terzo mondo che erano legati alla perdita che non si riusciva a portare in granaio (anche i granai devono migliorare, ma questo esula dall'agricoltura e sarebbe ora che si risolvessero) che loro dovevano sopportare (virus della banana e nella papaya, cianuri nella manioca e scarsità di proteine contenute, ruggine nera dei cereali, miglioramento nutritivo dei cibi tradizionali ecc. ecc.e tutto ciò a costo zero per quegli ambienti).

    MI sai dire dove siamo andati contro natura? MI sai dire se è meglio o peggio di quando usavamo DDT o Arseniato di piombo? Puoi dire che non stiamo facendo qualcosa per l'ambiente? Certo tutto sarebbe più facile se fossimo ancora 2,5 miliardi di un secolo fa.

    Solo che per risponderti ho scritto un altro romanzo ed avrò rotto le b. a gente che ha il sacrosanto diritto di non vedersele rotte.

  • Grazie del link Andrea

    non avevo mail letto quel pezzo del CICAP.

    Esauriente.

  • Mirko

    prego, se ti rileggi un po' di discussioni sull'argomento vedrai comunque che il piano per così dire etico/politico non è stato trascurato, se ne hai voglia leggiti questa discussione

    http://exposed-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/07/07/slow-food-sceglie-gli-ogm/comment-page-1/#comments

  • ho trovato interessante l'intervento di mirko, soprattutto la seguente parte:

    "Se per leggi naturali, chimiche, fisiche, biologiche, vitali non è possibile fare una cosa, vuol dire che non è prevista dal sistema in cui ci troviamo. L'uomo non può essere contro natura perché lui stesso fa parte della natura. Non è concesso all'uomo creare qualcosa che non sia compatibile con lo stato fisico-chimico-vitale in cui viviamo."

    naturalmente il concetto può anche essere invertito: "Se per leggi naturali, chimiche, fisiche, biologiche, vitali È possibile fare una cosa, vuol dire che È prevista dal sistema in cui ci troviamo." ecco, non sai (o forse già te ne sei reso conto) quanto sia difficile far passare questo concetto, soprattutto con chi non ha una solida base scientifica. per il resto come hai già detto correttamente il valore di una scoperta dipende dall'uso che se ne fa, se buono o cattivo, ma qui entriamo nel campo dell'etica che ha parametri molto meno oggettivi delle scienze matematiche fisiche e naturali.

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