23 settembre 2014

Onde gravitazionali, nuovi dubbi sui risultati di BICEP2

La perturbazione della radiazione cosmica di fondo rilevata dal telescopio BICEP2 e interpretata come l'impronta delle onde gravitazionali emesse durante l'espansione dell'universo primordiale è quasi certamente influenzata dalla presenza di polveri interstellari. E' quanto emerge da una nuova analisi dei dati del satellite Planck, che confermano le conclusioni di un'analisi preliminare effettuata alcuni mesi fa. Un gruppo di ricerca congiunto Planck-BICEP è già al lavoro per dare una risposta definitiva, attesa per la fine di novembre  di Folco Claudi

La leggera increspatura che si rileva nella radiazione cosmica di fondo - e che secondo i ricercatori della collaborazione BICEP2 è da attribuire all'impulso di onde gravitazionali innescato dall'inflazione, l'espansione esponenziale dell'universo primordiale - potrebbe essere dovuta al disturbo delle polveri interstellari. È quanto emerge da un'analisi dei dati del satellite Planck condotta da un gruppo di ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati SISSA di Trieste dell'INAF-OATS e Università di Trieste,  in via di pubblicazione sulla rivista “Astronomy & Astrophysics” e già uscito su ArXiV.

Annunciata lo scorso marzo da John Kovac, della Harvard University e principal investigator di BICEP2, (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), la notizia del possibile risultato dell'osservatorio situato alla Amundsen–Scott South Pole Station, in Antartide, aveva fatto il giro del mondo: se confermata, sarebbe stata la prima rivelazione di un'onda gravitazionale, cioè di una perturbazione del “tessuto” dello spazio-tempo prevista dalla teoria della relatività di Einstein e finora mai osservata sperimentalmente, nonostante i diversi progetti di ricerca dedicati a questo scopo come LIGO, dell'Università della California, e Virgo, situato nel comune di Cascina, in provincia di Pisa.

E sarebbe stata anche la prima conferma sperimentale della teoria dell'inflazione, secondo cui l'universo, pochi istanti dopo il big bang, si sarebbe espanso di alcuni ordini di grandezza. Ma dopo l'incredulità iniziale, alcuni fisici hanno iniziato a rifare i calcoli, evidenziando alcuni problemi.

Onde gravitazionali, nuovi dubbi sui risultati di BICEP2
Una suggestiva immagine dell'osservatorio BICEP sullo sfondo del cielo notturno (Cortesia National Science Foundation)
A sparigliare le carte in occasione di Zeldovitch 100, una conferenza di astrofisica e cosmologia tenutasi a Mosca a giugno, ci aveva pensato Jean-Loup Puget, ricercatore
di Planck, il satellite dell'Agenzia spaziale europea (ESA) che studia la radiazione cosmica di fondo con un'accuratezza senza precedenti. Secondo un'analisi preliminare dei dati registrati da Planck, il presunto segnale dovuto all'inflazione, una leggera rotazione della direzione di polarizzazione della radiazione cosmica di fondo - il cosiddetto “modo B” - avrebbe potuto essere causato dalle polveri intergalattiche, incontrate dalla radiazione di fondo prima di essere rivelata.

La nuova analisi dei dati di Planck effettuata dalla SISSA e dall'INAF-OATS di Trieste conferma che il contributo perturbativo delle polveri è una spiegazione esauriente del segnale rilevato a suo tempo da BICEP2. Il risultato è stato ottenuto grazie al fatto che Planck, a differenza di BICEP2, permette di osservare tutto il cielo e su una gamma di frequenze molto ampia (nove bande da 30 a 857 gigahetzt, contro l’unica frequenza sui 150 ghz di BICEP2).

“Riesaminando con cura i dati di Planck, abbiamo concluso che in corrispondenza dei 356 gigahetzt la polvere è presente praticamente in tutto il cielo: non ci sono zone lontane della galassia che ne siano prive, come si pensava”, ha spiegato a “Le Scienze” Nazareno Mandolesi, responsabile di uno degli strumenti a bordo di Planck.

Questo dato getta un'ombra sui risultati di BICEP2, perché la polvere fa sentire la sua presenza anche sulla radiazione di frequenze più basse, che includono quelle osservate da BICEP.

“Il risultato di BICEP-2 è certamente inficiato dalla presenza di questa polvere presente non solo in direzione del piano galattico ma, in qualche misura, anche nella zona di cielo che in quell'esperimento era considerata pulita”, ha continuato Mandolesi. “Planck ha dimostrato che non si può fare un esperimento a un sola frequenza e osservando una zona limitata del cielo con segnali così piccoli, dell'ordine del decimo di microkelvin: BICEP è un bellissimo esperimento per contenuto tecnologico, ideazione e programmazione, ma è stato commesso l'errore di fidarsi della lontananza dal piano galattico”.

A questo punto, l'unico modo per arrivare a dirimere la questione sulla possibile origine dei “modi B” è di procedere a una “pulizia” del segnale rilevato dagli eventuali contributi della polvere, pulizia che verrà effettuata da un gruppo di ricerca congiunto Planck-BICEP. “Stiamo già lavorando allo scopo e a fine novembre è prevista la pubblicazione di un risultato concordato: si tratterà di ridimensionare fortemente il segnale indicato come la 'firma' delle onde gravitazionali, oppure di porre un limite superiore”, ha risposto Mandolesi.

Ma sarà la parola definitiva sul presunto segnale delle onde gravitazionali? “Direi di sì a questo punto: certamente non possiamo fare di più con i dati di Planck”, ha concluso il ricercatore.