07 gennaio 2015

Più altruismo se lo status sociale è più basso

Bambini e adulti con uno status sociale basso sono più inclini al comportamento prosociale di quelli con uno status più elevato. È quanto è emerso da uno studio che conferma che la disposizione all'egualitarismo si intreccia strettamente con la percezione della propria posizione all'interno della gerarchia sociale in cui si è inseriti, secondo meccanismi che sono stati osservati anche nei primati non umani(red)

L'altruismo e l'inclinazione verso principi di correttezza, d'imparzialità ed egualitarismo sono più diffusi nei soggetti con un basso status sociale, secondo uno studio pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" da Ana Guinote e colleghi dello University College di Londra, i quali hanno inoltre dimostrato che la correlazione tra comportamento prosociale e status si manifesta molto precocemente, già nei bambini di età prescolare.

Gli esseri umani sono una specie fortemente cooperativa, in cui l'altruismo è una componente importante, in grado di cementare le relazioni sociali, al punto da essere codificata da norme che garantiscono l'equità sociale. Tuttavia, l'atteggiamento prosociale ha una forte variabilità: può dipendere dal sesso, dall'etnia, dalla cultura, dal livello di scolarità oltre che dal livello socioeconomico della persona.

Più altruismo se lo status sociale è più basso
© KidStock/Blend Images/Corbis 
Gli studi condotti negli ultimi decenni hanno infatti mostrato che i soggetti di basso livello sociale ed economico sono in grado di identificare gli stati emozionali degli altri meglio di quelli di livello socioeconomico elevato. Gli immigrati hanno una percezione dei diversi gruppi sociali più complessa dei non immigrati dello stesso livello socioeconomico; le minoranze etniche come gli afroamericani o gli ispanici sono meno individualisti dei caucasici; le donne hanno una tendenza all'altruismo più spiccata rispetto agli uomini.

La disposizione al comportamento prosociale si intreccia quindi strettamente con la percezione della propria posizione all'interno della gerarchia sociale in cui si è inseriti, secondo meccanismi che sono stati osservati anche nei primati.

Per chiarire in che modo lo status influenzi il comportamento prosociale, Guinote e colleghi hanno condotto quattro esperimenti, i primi
tre con un gruppo di studenti universitari e il quarto con bambini di età prescolare.

Nei test sugli adulti, gli sperimentatori hanno assegnato a ciascuno soggetto, con diversi stratagemmi, uno status più o meno elevato, facendo credere per esempio di appartenere a un dipartimento universitario più o meno prestigioso. In seguito hanno valutato il comportamento dei soggetti con una serie di test sul livello di altruismo, sul comportamento prosociale e su credenze e i principi morali che consideravano fondamentali per la propria condotta di vita.

In tutti questi casi, i dati hanno mostrato che gli studenti con lo status inferiore, oltre ad avere un comportamento più altruistico rispetto ai coetanei dello status superiore, erano più disposti a sostenere i valori prosociali, come aiutare gli altri, lavorare per promuovere una maggiore giustizia sociale o impegnarsi nel volontariato. Tra i soggetti di status sociale più elevato, invece, era più diffusa la propensione a considerare come valore principale l'affermazione di sé.

Nel quarto e ultimo studio sono stati considerati bambini in età prescolare (media 4,7 anni) ed è stata stabilita all'interno del gruppo una gerarchia sulla base di una preliminare competizione per aggiudicarsi alcuni giocattoli: chi vinceva la competizione era considerato dominante, e quindi appartenente a uno status sociale elevato, chi perdeva era considerato sottomesso, e quindi appartenente a uno status inferiore. Gli stessi bambini sono poi stati coinvolti in un test di generosità in cui si trattava di donare alcuni adesivi a un ipotetico bambino all'ospedale. Anche in questo caso, la generosità maggiore è stata dimostrata dai bambini di status sociale inferiore.

Complessivamente, gli esperimenti mostrano che i soggetti di più basso livello sociale hanno un comportamento prosociale più spiccato e sostengono con più probabilità i valori dell'equità sociale e dell'egualitarismo, anche quando lo status è una condizione provvisoria e manipolata dagli sperimentatori. Un aspetto importante di questo risultato è che le differenze comportamentali fanno la loro comparsa molto presto nel corso dell'infanzia, e cioè all'età di 4-5 anni.