11 ottobre 2014

Ebola: come arginare l'epidemia?

I modelli matematici sulla diffusione del virus Ebola indicano che, se si vuole evitare che l'epidemia si trascini per anni, rischiando che diventi endemica in aree sempre più vaste dell'Africa e con un numero crescente di vittime, almeno la metà della popolazione contagiata andrebbe posta in isolamentodi Dina Fine Maron

Negli ultimi decenni, diversi focolai di Ebola hanno continuano a divampare, per poi esaurirsi, in aree rurali relativamente isolate dell'Africa centrale, dove i malati non entravano in contatto con molta gente. Senza nuove persone da contagiare, il virus non aveva dove andare. Sviluppatasi all'intersezione di diversi paesi dai confini permeabili, l'attuale epidemia in Africa occidentale ha invece una portata globale.

Che cosa bisogna fare per bloccare l'attuale epidemia di Ebola e impedirle di diventare una costante della vita in Africa occidentale? Nuovi tentativi di rispondere alla domanda suggeriscono che, per fermare la funesta catena di trasmissione dei virus, almeno il 50 per cento - e forse addirittura il 70 per cento - di tutti i pazienti infettati da Ebola in Africa occidentale dovrebbe essere tenuto in isolamento.

Questi dati provengono da due nuove proiezioni matematiche, una dei Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti (CDC) e una pubblicata su “Eurosurveillance”, secondo le quali al di sotto di quelle percentuali l'epidemia potrebbe ancora essere contenuta, ma non si riuscirebbe a estinguerla e potrebbe continuare a diffondersi, forse per anni.

Ebola: come arginare l'epidemia?
La prima fornitura di test sierologici per l'individuazione del virus Ebola è arrivata all'aeroporto internazionale di Monrovia il 13 agosto. (© AHMED JALLANZO/epa/Corbis)
Allo stato attuale, ogni paziente colpito da Ebola contagia in media altre due persone circa. Secondo il conteggio dei casi tenuto dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), attualmente [aggiornamento al 10 ottobre, N.d.R.] i malati sono 8376 e i morti 4024. Le sconvolgenti proiezioni dell'OMS e dei CDC suggeriscono che il bilancio delle vittime potrebbe salire presto a decine di migliaia di vittime, se gli sforzi per contenere l'epidemia non saranno aumentati in modo sostanziale. Uno degli
scenari peggiori elaborati dai CDC prevede che entro la metà del prossimo gennaio, potrebbero esserci fino a 1,4 milioni di casi solamente in Sierra Leone e Liberia.

Questa non è una cifra inevitabile: l'imponente incremento delle risorse fornite dalle forze internazionali potrebbe ridurre i costi umani della malattia. Ma se non si arriverà a quel 50 per cento di sicurezza, l'epidemia non sarà contenuta. Riduzioni meno significative del numero di pazienti con Ebola permetterebbe senz'altro di migliorare le strutture delle comunità interessate e, forse, di sviluppare un vaccino. Ma più la risposta tarda ad arrivare, maggiore è la possibilità che nelle aree attualmente libere da Ebola - o che saranno liberate da Ebola - l'infezione torni a divampare a causa dell'importazione di nuovi casi. "Anche il tempo necessario a fermare la malattia è importante", spiega Alessandro Vespignani, docente alla Northeastern University, che elaborato dei modelli sulla diffusione di Ebola. "Se la risposta è più debole e impiega nove mesi, ci saranno più morti, più ostacoli nel percorso, e i casi nella regione potrebbero andare fuori controllo."

Il periodo di incubazione della malattia può durare da due a 21 giorni e solo allora i malati diventano sintomatici e contagiosi. Tuttavia è evidente che la malattia può essere contenuta. Senegal e Nigeria sembrano aver già arginato la diffusione del virus. Ma altri fattori potrebbero esacerbare la minaccia se la malattia non sarà presto completamente contenuta: nessuno ha studiato la durata dell'immunità a Ebola, quindi, benché al momento l'ipotesi è che duri diversi anni, è anche possibile che, per esempio, i pazienti sopravissuti si riammalino l'anno successivo.

Ebola: come arginare l'epidemia?
Frequenze della durata del periodo di incubazione di Ebola. (Cortesia Martin I. Meltzer et al./CDC)
Ebola è innegabilmente un virus formidabile, ma non passa da persona a persona altrettanto facilmente di altri patogeni aggressivi, e non ci sono segni che stia mutando per diventare più virulento. L'influenza "Spagnola" del 1918 che uccise più di 30 milioni di persone in tutto il mondo, per esempio, ha avuto un tasso di riproduzione tra due e cinque, vale a dire che ogni malato contagiava da due a cinque persone a seconda della località e dell'ambiente, spiega Gerardo Chowell, matematico ed epidemiologo dell'Arizona State University.

Chowell ha sviluppato il primo modello per Ebola nel 2004, che calcolava i tassi di riproduzione delle precedenti epidemie di Ebola in Africa centrale, concludendo che quei focolai producevano una media di 1,3-1,8 casi secondari. Lo scorso settembre ha pubblicato su “Eurosurveillance” proiezioni che suggeriscono che il tasso di riproduzione non sia cambiato molto tra i focolai storici e l'attuale epidemia in Africa occidentale.

I CDC, dal canto loro, fissano per il contenimento una cifra addirittura superiore al 50 per cento stimato da Chowell: nel “Morbidity and Mortality Weekly Report” del 26 settembre, indicano che per alterare il corso dell'epidemia potrebbe essere necessario ricoverare o comunque isolare forse il 70 per cento dei malati.

I primi casi di Ebola diagnosticati negli Stati Uniti e in Europa nei giorni scorsi sottolineano la minaccia globale del virus e quanto sia importante contenerlo. "Non possiamo azzerare il rischio fino a quando l'epidemia in Africa occidentale non sarà sotto controllo", ha detto il direttore dei CDC Tom Frieden.


(La versione originale di questo articolo è apparsa il 3 ottobre su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)