Il virus del morbillo, inoculato in forma ingegnerizzata in grandi quantità, ha portato alla remissione completa dei tumori che colpivano una paziente statunitense: è la prima volta che si documenta il successo dell'attività antitumorale di un virus nell'essere umano. Il risultato, per quanto incoraggiante, dovrà comunque essere verificato con studi clinici su un ampio numero di pazienti(red)
Battere il tumore con un virus: ci è riuscita Stacy Erholtz una paziente statunitense affetta da mieloma – una forma tumorale che colpisce il midollo osseo – e vari tumori metastatici, nell'ambito di uno studio della Mayo Clinic. Nel tentativo di salvarle la vita, i medici le hanno inoculato 100 miliardi di unità del virus del morbillo, una quantità sufficiente a infettare 10 milioni di persone.
“Il risultato è un'assoluta novità, perché è la prima volta che si dimostra l'attività antitumorale di un virus nell'essere umano”, ha spiegato Stephen Russell, che ha guidato la ricerca. “Potenzialmente potrebbe cambiare molte cose in ambito oncologico e innescare sviluppi terapeutici molto interessanti”.
Il meccanismo con cui funziona la terapia, detta viroterapia oncolitica, è quello tipico dell'infezione virale: il virus attacca le cellule tumorali e le usa come ospiti per replicare il proprio materiale genetico, prima di causarne la morte.
I due pazienti coinvolti nella sperimentazione hanno ricevuto entrambi una sola somministrazione di virus del morbillo ingegnerizzato, particolarmente tossico per le cellule colpite dal mieloma. Inizialmente, entrambi hanno risposto positivamente alla terapia, ma gli esiti successivi sono stati diversi.
Nel caso di Stacy Erholtz, in cui il tumore era disseminato, è avvenuta una completa scomparsa di diversi tumori metastatici, tra cui uno al cervello, nell'arco di sei settimane dopo alla somministrazione. Nel secondo paziente, il successo terapeutico è stato solo parziale, con una diminuzione della massa tumorale ma senza una remissione completa.
I risultati per quanto incoraggianti, dovranno perciò passare al vaglio di uno studio clinico randomizzato di ampie dimensioni.