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Farmacie vegane, ne abbiamo veramente bisogno?

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C’erano già le erboristerie. C’era già l’omeopatia. Non è abbastanza. O forse queste non devono contare più nulla visto che oggi c’è bisogno di inventarsi pure la “farmacia vegana”, sennò salta il business. Per il cliente che non deve chiedere (quasi) mai niente, perché lui dice no carne, no pesce, no uova, no latte, no derivati, no a tutti i prodotti di origine animale. No anche alle sperimentazioni scientifiche su animali. Chissenefrega se salvano la vita di milioni di persone. Ma comunque non è questo il punto. Ognuno è libero di pensarla e vivere come crede.

L’attenzione è sul farmacista che se si paga un pacchetto di corsi (100 ore di lezioni solo il primo anno), con annessi esami e tesi finale,  diventa un “esperto vegano” e la sua farmacia vince il marchio “Pharmavegana farmacia autorizzata per vegetariani e vegani”. Come se ci fossero antibiotici non testati su cavie animali. O che il prodotto omeopatico o qualsiasi cura naturale prima non fosse a disposizione o fosse erogata senza autorizzazione né competenza alcuna. È vero, adesso potrebbe imparare che il propoli non si vende a un vegano ortodosso perché è frutto del lavoro delle api. Però, che dietro a tale iniziativa si nasconda una strategia di marketing con relativo giro di affari non ci vuole molto per capirlo.

Il progetto “Pharmavegana” è lanciato da Assovegan (associazione vegani italiani onlus) e da VeganOk, un network etico per la certificazioni dei prodotti vegani, dall’abbigliamento all’arredamento, alimentazione, cosmesi, editoria, eccetera eccetera. Il principale sponsor è il Gruppo Sitar, che fornisce consulenza alle aziende del settore naturale sui prodotti fitoterapici, integratori e terapie di regolazione organico-metabolica, ha quattro brand di prodotti per bambino (pappe, biberon, ciucci, spazzolini, biodetergenti e così via) e una linea di prodotti e integratori naturali battezzata “Prodigi della Terra”. Forse un’azienda che produce cose vegane non dovrebbe occuparsi della formazione di chi poi quei prodotti potrebbe venderli e della certificazione della sua attività.

Da settembre il popolo vegetariano e vegano (quasi 5 milioni di persone) avrà a disposizione le prime 30 farmacie col bollino Pharmavegana. 

Non bisogna essere per forza contrari, ma almeno drizziamo le antenne e non beviamo lo slogan “naturale” come se fosse la cosa più naturale del mondo. Vale la pena sottolineare che la “farmacia vegana” è una novità tutta italiana. All’estero una roba del genere non esiste. E allora chiediamoci il perché. Non certo perché siamo i più furbi. 

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