10 gennaio 2014

Un test astronomico per la teoria delle stringhe

La misura delle posizioni reciproche dei pianeti e dei loro satelliti naturali potrebbe fornire un limite di accuratezza per la validità del principio di equivalenza, la cui violazione è tra le previsioni della teoria delle stringhe, offrendo quindi la possibilità di confermarla sperimentalmente. E' quanto ha concluso un nuovo studio, ispirandosi all'esperimento di caduta dei gravi di Galileo e alle osservazioni da cui Newton ha dedotto la legge classica di gravitazione universale(red)

L'esperimento forse più famoso della storia della scienza fu effettuato da Galileo che lasciò cadere dalla cima della Torre di Pisa due sfere identiche per dimensioni ma diverse per composizione allo scopo di dimostrare che l'accelerazione di gravità è la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dal loro peso. Alcuni decenni dopo, Isaac Newton, nei suoi Principia, osservò che i satelliti di Giove orbitano attorno al pianeta come se il Sole non ci fosse, deducendo che per tutti i corpi l'accelerazione verso il Sole è la stessa. 
 
Ispirandosi a questi modelli, un gruppo di ricercatori guidati da James Overduin della Towson University a Baltimore, nel Maryland, ha escogitato un metodo per testare, grazie alla precisa misurazione astronomica delle posizioni della Terra e di altri pianeti, una teoria fisica la cui verifica sperimentale è rimasta finora fuori portata: la teoria delle stringhe.

Secondo quanto riferito dallo stesso Overduin nel corso del convegno annuale dell'American Astronomical Society e in un articolo pubblicato sulla rivista "Classical and Quantum Gravity", questo sistema astronomico offre l'opportunità di verificare se il comportamento delle grandi masse planetarie si discosta effettivamente, seppur di poco, da quanto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein, che altro non è se non una teoria generale della gravitazione, valida per qualunque corpo dotato di massa.

Uno dei pilastri di questa teoria è il principio di equivalenza, che ha due forme: una forte, più appropriata al contesto della relatività generale, e una debole, valida in vicinanza di una massa enorme, come quella di un pianeta come può essere la Terra.

Un test astronomico per la teoria delle stringhe
© Victor Habbick Visions/Science Photo Library/Corbis
Einstein, che amava rappresentare leggi e principi
con “esperimenti mentali” tratti dall'esperienza quotidiana, raccontava il principio di equivalenza nel seguente modo: se siamo in un “ascensore spaziale” e non si vede nulla al di fuori, non esiste alcun modo di scoprire se l'accelerazione subita dai corpi che sono all'interno dell'ascensore sia dovuta all'attrazione gravitazionale generata per esempio da un pianeta o se invece a una forza che accelera l'ascensore in direzione opposta a quella apparente del corpo.

Nella sua forma debole, il principio di equivalenza afferma un fatto semplice quanto sorprendente: in un campo gravitazionale prodotto da una grande massa, per esempio sulla superficie terrestre, tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione, almeno finché è possibile trascurare gli effetti dell'attrito dell'aria.

In altri termini, la massa inerziale, definita come la resistenza che un corpo offre a una forza che vuole accelerarla, è numericamente uguale alla massa gravitazionale, cioè alla “carica” che determina la forza con cui il corpo in questione viene attirato verso un'altra massa per effetto della forza gravitazionale.

Un test astronomico per la teoria delle stringhe
Rappresentazione artistica del sistema solare: le osservazioni astronomiche possono fissare dei limiti sperimentali alle previsioni della teoria delle stringhe (© SEBASTIAN KAULITZKI/Science Photo Library/Corbis) 
A priori, non esiste un principio o una legge per cui la massa gravitazionale e la massa inerziale debbano essere identiche, eppure tutti gli esperimenti mostrano che lo sono. L'esperimento di Galileo fu di tipo qualitativo, mentre verso la fine del XIX secolo un famoso esperimento del fisico ungherese Loránd von Eötvös dimostrò che, se una differenza esiste, essa è inferiore a una parte su un miliardo. Negli anni cinquanta e sessanta del Novecento, un altro famoso esperimento del fisico statunitense Robert Dicke portò il limite di accuratezza a una parte su 100 miliardi.

A prevedere una seppur lieve violazione del principio di equivalenza è la teoria delle stringhe, formulata per gettare un ponte tra due altre teorie tra loro altrimenti incompatibili: la relatività generale e la meccanica quantistica.

Nella teoria delle stringhe, l'attrazione tra diverse masse dipende dalla composizione dei corpi. Se si guarda al sistema solare, secondo Overduin, la violazione del principio di equivalenza si evidenzierebbe nel fatto che le posizioni reciproche di un pianeta e di un suo satellite naturale oscillerebbero leggermente in virtù della loro diversa accelerazione verso il Sole.

Finora, le osservazioni astronomiche non hanno evidenziato alcuna violazione, ma ogni misura ha un suo margine d'incertezza: proprio questo margine costituirebbe un limite sperimentale per le previsioni della teoria delle stringhe. Dato che si tratterebbe di analizzare dati già acquisiti, secondo Overduin, è una verifica che non richiede costosi apparati sperimentali.