08 dicembre 2015

Perché sul clima gli scettici hanno torto

I dati che indicano che il riscaldamento globale è reale e provocato dalle attività umane provengono da campi diversi – dalla meteorologia all'oceanografia fino alla palinologia - ma puntano a un unico modello coerente, mentre gli scettici, appena il 3 per cento dei climatologi, si rifanno a singoli dati “anomali” e puntano a spiegazioni differenti e incoerenti fra lorodi Michael Shermer

Nella storia di tutte le teorie scientifiche, c'è sempre qualche momente in cui sono sostenute solo da una minoranza di scienziati – a volte anche uno solo – prima che le prove si accumulino fino a determinarne l'accettazione generale. Il modello copernicano, la teoria dei germi, i principi della vaccinazione, la teoria dell'evoluzione, la tettonica a placche e la teoria del big bang un tempo erano idee eretiche su cui poi si è aggregato il consenso degli scienziati. Come è successo?

Una risposta può essere trovata in quella che il filosofo della scienza del XIX secolo William Whewell chiamava "convergenza di induzioni". Perché una teoria sia accettata, sosteneva Whewell, deve basarsi su più di una induzione, ossia di una singola generalizzazione da fatti specifici. Deve avere più induzioni che convergono l'una sull'altra, in modo indipendente ma congiuntamente. "La convergenza delle induzioni ha luogo quando un'induzione ottenuta da una classe di fatti coincide con un'induzione ottenuta da una classe diversa”, scriveva nel suo libro La filosofia delle scienze induttive del 1840. Questa convergenza "appartiene solo alle teorie più consolidate della storia della scienza". La si può chiamare una "convergenza di prove".

Perché sul clima gli scettici hanno torto
© Paul Souders/Corbis
"Consenso scientifico” è un'espressione che oggi si sente spesso in riferimento al riscaldamento globale antropogenico. C'è consenso sul riscaldamento globale antropogenico? C'è. Decine di migliaia di scienziati che fanno parte dell'American Association for the Advancement of Science, dell'American Chemical Society, dell'American Geophysical Union, dell'American Medical Association, dell'American Meteorological Society, dell'American Physical Society, del Geological Society of America, della U.S. National
Academy of Sciences e, in particolare, il gruppo di esperti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) concordano tutti sul fatto che il riscaldamento globale antropogenico è in effetti reale. Come mai?

Non è per il gran numero di scienziati. Dopo tutto, la scienza non è diretta da sondaggi. Come disse Albert Einstein in risposta a un libro del 1931 che esprimeva scetticismo sulla teoria della relatività ed era intitolato 100 Authors against Einstein: "Perché 100? Se fossi in errore, uno sarebbe stato sufficiente”.

La risposta è che vi è una convergenza di prove provenienti da più linee di indagine: pollini, anelli degli alberi, carote di ghiaccio, coralli, scioglimento dei ghiacciai e della calotta polare, innalzamento del livello del mare, spostamenti ecologici, aumento dell'anidride carbonica, aumento della temperatura a un ritmo senza precedenti, convergono tutti su un'unica conclusione. Quanti dubitano del riscaldamento globale antropogenico additano l'anomalia occasionale in un particolare insieme di dati, come se una incongruenza contraddicesse tutte le altre linee di evidenza. Ma non è così che funziona il consenso nella scienza. Per sovvertire il consenso, gli scettici dovrebbero trovare difetti in tutte le linee di evidenza che lo sostengono, e mostrare una convergenza di prove consistente che punta verso una teoria differente che spieghi i dati (I creazionisti hanno lo stesso problema con la teoria dell'evoluzione). E non lo hanno fatto.

In uno studio pubblicato nel 2013 sulle “Environmental Research Letters” i ricercatori australiani John Cook, Dana Nuccitelli e colleghi hanno esaminato gli abstract di 11.944 articoli sul clima pubblicati dal 1991 al 2011. Tra gli articoli che prendevano una posizione sul riscaldamento globale antropogenico, circa il 97 per cento concludeva che il cambiamento climatico è reale e causato dagli esseri umani. E il restante 3 per cento circa di studi? E se avessero ragione? In un articolo pubblicato nel 2015 su “Theoretical and Applied Climatology”, Rasmus Benestad del Istituto meteorologico norvegese, Nuccitelli e colleghi hanno esaminato quel 3 per cento, trovando "un certo numero di difetti metodologici e uno schema di errori comuni". Ossia, invece di convergere su una spiegazione migliore di quella fornita dal 97 per cento, quel 3 cento di articoli non riusciva a convergere su nulla.

Perché sul clima gli scettici hanno torto
Cortesia Skeptical Science, licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported License.
"Non c'è alcuna teoria coerente alternativa al riscaldamento globale causato dall'uomo", ha concluso Nuccitelli in un commento sul “Guardian” del 25 agosto 2015. "Alcuni imputano il riscaldamento globale al Sole, altri ai cicli orbitali di altri pianeti, altri ai cicli oceanici, e così via. C'è  un consenso degli esperti del 97 per cento su una teoria che è sostenuta in modo coerente da prove scientifiche schiaccianti, ma quel 2-3 per cento di articoli che rifiutano quel consenso sono sparsi e anche in contraddizione tra loro. L'unica cosa che sembrano avere in comune sono i difetti metodologici, come l'isolamento di singoli dati e la loro interpolazione, ignorando i dati scomodi e trascurando la fisica conosciuta. "Per esempio, un articolo scettico attribuiva il cambiamento climatico ai cicli lunari o solari, ma per far funzionare il modello per il periodo di 4000 anni considerato dagli autori, hanno dovuto ignorare dati validi per 6000 anni precedenti.”

Simili pratiche sono ingannevoli e quando sono esposte al controllo scettico, un elemento integrante del processo scientifico, dimostrano di non essere di alcun aiuto alla climatologia.

(La versione originale di questo articolo è apparsa su www.scientificamerican.com il 1 dicembre 2015. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

L'autore
Michael Shermer è editore della rivista “Skeptic”. Il suo ultimo libro è The Arc Moral (Henry Holt, 2015)