Non capiamo le probabilità, ed è un problema

Si chiama "fallacia dello scommettitore": tendiamo a pensare erroneamente che non esistano serie di eventi simili e questo influenza anche le scelte più importanti

di Jeff Guo – Washington Post

(PHILIPPE LOPEZ/AFP/Getty Images)
(PHILIPPE LOPEZ/AFP/Getty Images)

Immaginate di lanciare una monetina, e che vi esca testa per tre volte di fila. Sarebbe piuttosto notevole: quante probabilità ci sono che esca testa anche una quarta volta? La risposta corretta è che le possibilità rimangono invariate: avete sempre il 50 per cento di probabilità che dal prossimo lancio esca ancora testa. La monetina non ha memoria e non sa cosa è successo in passato. L’istinto degli esseri umani per le probabilità però è notoriamente poco affidabile. La convinzione che l’universo mantenga un equilibrio, e che dopo una serie di lanci in cui esce testa sia più probabile che il prossimo sia croce, è sorprendentemente diffusa.

Si chiama “fallacia dello scommettitore” ed è il modo in cui si comportano le persone quando sono impegnate in giochi di fortuna. Analizzando un video registrato in un casinò di Reno, in Nevada, per esempio, alcuni ricercatori hanno dimostrato come le persone siano più portate a puntare sul nero se in precedenza la pallina è finita su un numero rosso per quattro volte di fila. La cosa preoccupante di questa forma di superstizione è che mina la capacità di giudizio di persone chiamate a prendere decisioni importanti, individui apparentemente ragionevoli e intelligenti che detengono un potere considerevole sulla vita di altre persone.

Nella bozza di uno studio pubblicata la settimana scorsa dall’organizzazione no-profit americana National Bureau of Economic Research, alcuni economisti della University of Chicago e del Toulouse Institute of Advanced Studies dimostrano come la fallacia dello scommettitore influenzi notevolmente il lavoro dei giudici americani che si occupano di richieste di asilo, dei responsabili del credito di una banca, e persino di arbitri della Major League Baseball (MLB), il principale campionato professionistico di baseball americano. I ricercatori si sono concentrati su persone che ogni giorno devono prendere lo stesso tipo di decisioni su casi diversi. I giudici che si occupano delle richieste di asilo sono chiamati a decidere se espellere o meno delle persone da un paese, i responsabili del credito se approvare un prestito, e gli arbitri di baseball devono stabilire se un lancio è a favore del lanciatore o del battitore. I ricercatori hanno scoperto che in tutte queste situazioni le persone continuano a pensare alle decisioni prese di recente, che influenzano le loro scelte future. In casi simili, se un giudice ha appena espulso un richiedente asilo, la possibilità che permetta alla persona successiva di rimanere nel paese aumenta del 3 per cento. Se il responsabile del credito di una banca ha appena approvato un prestito c’è l’otto per cento di probabilità in più che respinga il successivo. E se un arbitro della MLB ha appena dichiarato un lancio a favore del lanciatore, la probabilità che, dopo aver fatto le verifiche del caso, prenda la stessa decisione anche nel successivo diminuisce dell’un per cento.

Questi dati dimostrano l’esistenza di un equivoco diffuso sulla probabilità, spiega Kelly Shue, una delle autrici dello studio e assistente alla cattedra di finanza alla University of Chicago. «Le persone credono, sbagliando, che sia improbabile che si possa verificare una serie di casi positivi o negativi: ma in realtà succede, per caso», ha detto Shue. «Quindi quando si verifica un caso positivo si crea l’idea infondata che sarà meno probabile che anche il prossimo lo sia».

In realtà le serie di casi identici sono più comuni di quanto la maggior parte delle persone penserebbe. Se lanciate una moneta tre volte di seguito, per esempio, una volta su quattro uscirà sempre testa o sempre croce; se fate cinque lanci di fila, la possibilità che testa o croce escano per almeno tre volte di seguito è del 50 per cento. I test a risposta multipla mostrano in modo chiaro come funziona il fenomeno della fallacia dello scommettitore. Nei test d’ingresso per le università americane ogni quesito ha cinque possibili risposte, da “A” a “E”. Immaginate di aver scelto “D” per le ultime tre domande: non ci pensereste due volte prima di scegliere “D” anche per la domanda successiva? Dopo tutto, quante probabilità ci sono che esca un striscia di quattro risposte identiche? Partendo dal presupposto che le risposte siano distribuite in modo casuale, c’è una possibilità su otto che in una serie di 25 quesiti esca una striscia di almeno quattro risposte identiche, è la probabiltà diventa del 2,7 per cento nel caso di cinque o più risposte identiche consecutive. Se foste totalmente razionali non pensereste nemmeno alle probabilità che esca una serie di risultati identici.

Le persone abituate a fare test sanno che devono ignorare lo schema delle risposte precedenti e considerare ogni domanda singolarmente. Quando le risposte sono più ovvie è meno difficile: questo dato non è sfuggito a Shue e ai suoi colleghi, Daniel Chen e Tobias Moskowitz. I ricercatori hanno scoperto che la fallacia dello scommettitore ha un peso minore quando le scelte sono delineate più chiaramente, e quando chi deve decidere ha più esperienza. I giudici che valutano le richieste d’asilo più navigati, per esempio, sono meno influenzati dalle loro decisioni recenti, probabilmente perché ripongono maggiore fiducia nella loro capacità di giudizio sul singolo caso, mentre è più probabile che i giudici freschi di nomina tornino sulle decisioni passate. In situazioni di grande incertezza la fallacia dello scommettitore prevale sulla capacità di giudizio delle persone. Per gli arbitri di baseball la probabilità di cadere nel tranello aumenta dalle dieci alle quindici volte nel caso di situazioni difficili da valutare. I risultati dello studio hanno spinto Shue a riconsiderare il modo in cui prende le decisioni. Oggi quando fa un colloquio a un potenziale studente cerca di ricordarsi che le serie non sono poi così rare. Solo perché gli ultimi tre candidati sono stati tutti brillanti non è detto che il prossimo sia pessimo: le possibilità di trovare quattro candidati eccellenti uno dopo l’altro sono più altre di quanto si potrebbe pensare.

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