Cosa cambia per i genitori che lavorano

Le nuove regole per il congedo di maternità e di paternità, contenute in un nuovo decreto legislativo del Jobs Act, spiegate bene

di Marco Surace – @suracemarco

Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (ANSA/ANGELO CARCONI)
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (ANSA/ANGELO CARCONI)

È entrato in vigore il 25 giugno 2015 il decreto legislativo 80/2015, il terzo dei decreti applicativi che fanno parte del cosiddetto Jobs Act, la legge delega per la riforma del lavoro approvata dal Parlamento all’inizio di dicembre 2014. In particolare, il decreto modifica parte del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità – in vigore dal 2001 – con misure “volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori”. Nel marzo scorso erano già stati approvati i decreti relativi al riordino completo degli ammortizzatori sociali e ai licenziamenti.

Il nuovo decreto legislativo, approvato nella seduta del Consiglio dei ministri dell’11 giugno scorso, interviene principalmente sulle norme che regolano il congedo di paternità e maternità – cioè l’astensione obbligatoria dal lavoro al momento della nascita del figlio o dell’arrivo di un bambino in affidamento o in adozione – il congedo parentale (facoltativo) e i diritti dei genitori che sono lavoratori autonomi o iscritti alla Gestione Separata INPS, introducendo anche alcune novità sul congedo per le donne vittime di violenza di genere e sul telelavoro.

Congedo di maternità
Si tratta del periodo in cui è vietato adibire al lavoro le donne, generalmente da 2 mesi prima del parto a 3 mesi dopo la nascita. Qui la novità principale riguarda la possibilità di sospendere questo congedo – una volta per ogni figlio – in caso di ricovero del neonato, e di riprenderlo dopo le sue dimissioni. Finora invece il congedo doveva essere fruito consecutivamente a prescindere dalle condizioni di salute del bambino, anche se recentemente la Corte Costituzionale aveva stabilito con la sentenza 116/2011 il diritto all’interruzione in caso di ricovero per parto prematuro. Viene previsto inoltre che spetti alla madre l’indennità di maternità, ovvero il pagamento dell’80 per cento della retribuzione ordinaria per tutto il periodo di congedo, anche nel caso di un contemporaneo licenziamento per colpa grave oltre che naturalmente per i casi di cessazione dell’attività dell’azienda e risoluzione a termine del contratto, già previsti. Questa indennità viene garantita alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, come è già per le lavoratrici dipendenti.

Congedo di paternità
Dal 2012 è obbligatorio un congedo di paternità di un giorno – estendibili a 3 – se la madre rinuncia a 2 dei suoi. Se ne sente parlare poco perché è un istituto tutto sommato recente e limitato, ma il decreto ne estende alcuni aspetti. Il padre lavoratore dipendente avrà infatti diritto al congedo completo che spetterebbe alla madre – oltre che nei casi di morte e grave infermità della madre o di abbandono e di affidamento esclusivo del bambino – anche in condizioni meno traumatiche: quando semplicemente la madre sia lavoratrice autonoma, e come tale avente comunque diritto ad una indennità di maternità (generalmente l’80 per cento del salario minimo giornaliero). L’indennità viene estesa al padre lavoratore autonomo nel caso di morte della madre o di abbandono.

Famiglie adottive e affidatarie
Vengono parificati in maniera pressoché totale i diritti di queste famiglie rispetto alle famiglie con figli naturali, già comunque molto simili. In particolare viene esteso anche al padre il diritto, in caso di adozione internazionale, di avere un congedo non retribuito per la permanenza all’estero, e la possibilità per i genitori di non effettuare lavoro notturno nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia (ma comunque entro il dodicesimo anno di età). Viene esteso il diritto al congedo di maternità di 5 mesi anche per le madri iscritte solo alla Gestione Separata (prima erano solo 3 mesi).

Congedo parentale
Da non confondere con i precedenti, si tratta di un congedo facoltativo – che esisteva già – a cui hanno diritto entrambi i genitori. Non cambia la durata complessiva: 10 mesi con un limite di 6 per la madre, che diventano in totale 11 come premio se il padre ne prende almeno 5; cambia il tempo in cui è possibile fruirne: si passa dagli 8 ai 12 anni di età del bambino o della bambina, e viene introdotta la possibilità del congedo a ore, in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero, con l’esclusione del personale del comparto sicurezza, difesa e vigili del fuoco.

Cambiano in modo significativo i tempi di preavviso al datore di lavoro per la fruizione di tali congedi: ora bastano 5 giorni prima per quello normale e 2 per quello a ore, mentre prima servivano almeno 15 giorni. Non cambia il trattamento economico, ma di nuovo la sua validità nel tempo: il genitore ha diritto a una retribuzione pari al 30 per cento per i congedi fruiti entro i primi 6 anni di vita (prima erano i primi 3). Lo stesso discorso vale per le famiglie adottive e affidatarie, salvo che il calcolo parte dall’ingresso del minore in famiglia.

Dimissioni
Il decreto introduce un chiarimento su una questione già discussa in passato: in caso di dimissioni volontarie nel periodo di divieto di licenziamento (ovvero fino al compimento del primo anno del bambino), i genitori non sono tenuti al preavviso altrimenti previsto dalla legge. Per inciso: dal 2012, per evitare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco” fatte firmare ai dipendenti (soprattutto alle donne) dai datori di lavoro, le dimissioni volontarie per essere effettive devono essere convalidate dal lavoratore stesso entro 30 giorni presso gli uffici territoriali del Ministero del Lavoro.

Telelavoro
I datori di lavoro privati che facciano ricorso al telelavoro per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sulla base di accordi sindacali collettivi, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti per l’adozione di precise norme di legge: per esempio il famoso articolo 18 così come la maggior parte delle norme dello Statuto dei Lavoratori, ma anche alcuni aspetti in materia di sicurezza sul lavoro.

Donne vittime di violenza di genere
L’art. 24 del decreto introduce anche nuovi congedi per le dipendenti pubbliche e private inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere(con la sola esclusione del lavoro domestico). Queste donne hanno diritto, per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di 3 mesi interamente retribuiti, fruibili su base oraria o giornaliera analogamente ai congedi parentali, dandone comunicazione con almeno 7 giorni di anticipo.

Le lavoratrici possono trasformare il loro rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale,
verticale od orizzontale, se disponibile in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale dovrà essere poi nuovamente trasformato, su richiesta della donna, in rapporto di lavoro a tempo pieno. Le lavoratrici con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa hanno diritto alla sospensione dello stesso per un periodo fino a 3 mesi.

Misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata
Per il triennio 2016-2018 sono stati stanziati 65 milioni di euro per la promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, da utilizzare sulla base di apposite linee guida da emanare e secondo criteri e modalità che verranno stabiliti da un futuro decreto interministeriale.

Copertura finanziaria e validità delle modifiche
È probabilmente il punto debole del decreto: va infatti precisato che gran parte delle novità introdotte sono applicabili in via sperimentale per l’anno 2015 (ad esempio quelle sui congedi di maternità, parentali, per donne vittime di violenza di genere), e quindi finanziate solo fino al prossimo dicembre. Se le novità vorranno essere mantenute oltre quella data, saranno necessari ulteriori decreti legislativi per individuarne la copertura finanziaria; senza nuovi fondi si ritornerà alla situazione precedente.

Circa un anno fa l’ILO, l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di organizzazione del lavoro, aveva pubblicato un report completo sulla normativa a tutela della paternità e maternità nel mondo: ne veniva fuori già un quadro favorevole per l’Italia e per l’Europa orientale, anche in confronto a paesi sviluppati come Francia e Stati Uniti, per esempio.