I batteri resistenti agli antibiotici sono ovunque

E stanno diventando un serio problema per la cura di diverse malattie, dice l'Organizzazione Mondiale della Sanità: come se ne esce

di Sarah Zielinski - Slate

(AP Photo/The Seattle Times, Mike Siegel)
(AP Photo/The Seattle Times, Mike Siegel)

In un giorno di sole di giugno del 2014, me ne tornai a casa dopo una passeggiata nel mio quartiere con quelle che pensavo fossero punture di zanzara sulla mia gamba. Molte di queste punture sparirono rapidamente, ma una, con un piccolo punto nero al centro, non lo fece. Continuò a crescere. Dopo giorni passati a trascurare la cosa, decisi di andare dal medico: mi disse che si trattava probabilmente di un’infezione da MRSA e mi mandò a casa con una ricetta, per prendere degli antibiotici, e con molta paura.

MRSA significa “Staphylococcus aureus resistente alla meticillina”. Lo stafilococco è un batterio molto diffuso e di solito innocuo: si stima che un terzo della popolazione mondiale ce lo abbia nel naso, uno dei luoghi preferiti dal batterio per creare le sue riserve. Quando causa un’infezione, gli antibiotici dovrebbero prendersene cura ed eliminarla. Ma le cose si complicano quando si tratta di un ceppo di stafilococco MRSA, perché è resistente alla penicillina, alla meticillina e agli antibiotici di questo tipo. I ceppi di MRSA possono essere mortali: solo negli Stati Uniti sono la causa di migliaia di morti ogni anno. Quando toccò a me iniziai a chiedermi: potrei essere una di loro?

A peggiorare ulteriormente le cose, in quel periodo stavo scrivendo un articolo in due parti sui “superbatteri” resistenti agli antibiotici, quindi non potevo fare a meno di pensare alle spaventose statistiche in tema. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva segnalato che la resistenza dei batteri agli antibiotici aveva raggiunto “livelli di allarme”: una sua ricerca aveva scoperto che, in alcuni paesi, gli antibiotici non erano più efficaci per metà della popolazione con malattie dovute a batteri piuttosto comuni come la polmonite. I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) negli Stati Uniti stimano che circa 2 milioni di statunitensi si ammalano a causa di batteri resistenti agli antibiotici ogni anno, e che 23mila muoiono a causa di queste infezioni.

Alcuni esperti ipotizzano che stia per iniziare un’”era post-antibiotica”, dove questo tipo di farmaci non funzionerà più. Per molto tempo sono stati letteralmente un salvavita per milioni di persone, e hanno contribuito al significativo aumento dell’aspettativa di vita nel secolo scorso. Un futuro senza antibiotici è assolutamente terrificante. Un mal di gola da streptococco, un’infezione all’orecchio o semplicemente un taglio a un dito potrebbero essere mortali. Farmaci che oggi salvano le vite delle persone – dalla chemioterapia ai trapianti alla chirurgia in generale o alla dialisi – porterebbero a un tale livello di rischio per le infezioni da rendere il loro utilizzo troppo rischioso.

Il medico mi prescrisse un antibiotico a cui MRSA non sarebbe dovuto essere resistente, ma non fece nulla e la mia infezione continuò a diffondersi. La soluzione: tagliare via l’area infetta, un’operazione che richiese pochi minuti e che mi ha lasciato con un buco nella pelle appena sotto il ginocchio (scoprii solo in seguito che avrei dovuto farlo subito). I test di laboratorio confermarono in seguito che si trattava di MRSA.

MRSA è stato identificato nel Regno Unito nel 1961, poco dopo l’introduzione della meticillina, e si è rapidamente diffuso nel resto del mondo. Inizialmente le infezioni dovute a questo ceppo batterico erano soprattutto diffuse negli ospedali, dove riusciva a riprodursi facilmente sfruttando le basse difese dei pazienti ricoverati. Nel 1990, MRSA divenne endemico anche negli ospedali universitari e nei centri di terapia intensiva degli Stati Uniti. Ma, fino ad allora, il batterio infettava raramente le persone in buona salute.

Mi viene spesso chiesto dove abbia rimediato il mio ceppo di MRSA e se fossi stata in qualche ospedale prima di scoprire l’infezione. “No, ma da anni”, ripeto a chi me lo chiede. Intorno al periodo in cui MRSA iniziò a farsi strada negli ospedali, iniziò anche a fuoriuscirne, creando un problema noto come MRSA comunitario (CA-MRSA).

I tifosi di football americano forse ne sanno qualcosa, di questo CA-MRSA. Il giocatore Daniel Fells è alle prese con un’infezione da MRSA alla sua caviglia da questo autunno, e i medici hanno temuto di dovergli amputare il piede. Le infezioni da MRSA sono diventate molto comuni tra gli atleti, sia amatoriali sia professionisti, specialmente in sport dove si possono verificare contatti pelle a pelle. I ricercatori non sanno ancora di preciso se la causa sia il contatto diretto, oppure il campo, l’equipaggiamento o gli spogliatoi, o qualcos’altro ancora.

Non sono solo gli atleti a essere ad alto rischio. MRSA si diffonde rapidamente in posti come le caserme e le prigioni. Parte della popolazione sembra essere inoltre più vulnerabile, come i bambini, le persone originarie delle Hawaii e dell’Alaska, senza contare chiunque viva a contatto con qualcuno che ha avuto l’infezione da MRSA. Ci sono anche indizi circa il fatto che chi possiede un animale domestico possa avere un rischio più alto di infettarsi.

La verità è che MRSA si è diffuso così tanto al punto che chiunque potrebbe essere infettato, anche un soggetto in salute, come è successo a me. E non sono dovuta andare in nessun posto particolare per prendere il batterio: i ricercatori hanno rilevato la presenza di MRSA sui sedili degli aeroplani, nella carne comprata al supermercato, nell’acqua potabile dei luoghi di mare e forse perfino nel vento. Il 2 per cento della popolazione ha colonie di MRSA nel loro naso: i superbatteri sono ovunque.

Batteri come il S. aureus diventano resistenti agli antibiotici perché hanno la capacità di evolversi rapidamente, e qualsiasi batterio che sopravvive a un farmaco vince sugli altri che invece non riescono a farlo. Ma secondo Robert Daum, capo dell’MRSA Research Center della University of Chicago Medicine, non siamo destinati a un futuro senza antibiotici. Per essere un passo avanti rispetto all’evoluzione è necessario un approccio tripartito: sviluppare nuovi vaccini contro batteri come S. aureus, sviluppare nuovi antibiotici, fare un uso migliore degli antibiotici già disponibili.

Il vaccino contro MRSA è in fase di sviluppo. I National Institutes of Health hanno sponsorizzato un’iniziativa per progettare e realizzare studi clinici, con l’obiettivo di ridurre la minaccia della resistenza agli antibiotici, e uno degli obiettivi è anche creare nuovi antibiotici. I CDC stanno lavorando con pediatri e altri medici per ridurre l’utilizzo di antibiotici, in modo da rallentare lo sviluppo di nuovi ceppi resistenti ai batteri.

L’abuso di antibiotici resta comunque un enorme problema. I CDC stimano che circa la metà delle prescrizioni di antibiotici non sia necessaria. Gli antibiotici vengono spesso usati contro le infezioni virali come quelle dovute a influenza e raffreddore, anche se gli antibiotici non possono uccidere i virus. Ogni volta che qualcuno assume un antibiotico contro un’infezione virale, non solo il farmaco si rivelerà completamente inutile e con possibili effetti collaterali, ma potrebbe anche aiutare a indurre la resistenza in un batterio in precedenza completamente innocuo.

Un problema ancora più serio riguarda l’agricoltura e l’allevamento: solo negli Stati Uniti l’80 per cento degli antibiotici viene utilizzato in questo settore. Molti degli animali cui sono somministrati gli antibiotici non sono nemmeno malati, sono usati per farli crescere più in fretta e con meno mangime. La Food and Drug Administration (FDA) ha diffuso di recente alcune linee guida per ridurre su base volontaria le quantità di antibiotici per il bestiame, ma ci sono lacune nel regolamento che potrebbero rendere le nuove regole inefficaci. E il pericolo non è solo teorico: gli scienziati hanno identificato un ceppo di MRSA che è stato trasmesso dal bestiame ai pazienti negli ospedali britannici.

Per quanto riguarda la mia infezione da MRSA, me la sono cavata con una piccola cicatrice, per ricordarmi di come sono andate le cose, con un appartamento invaso dal batterio e una probabilità su due di avere una nuova infezione in futuro. E temo anche di avere accidentalmente passato il batterio a qualcun altro che magari non ha un sistema immunitario molto resistente: un amico che si sta curando per un cancro, o un parente che si sta riprendendo da un trapianto, per esempio, oppure qualcuno che non ha la possibilità di farsi curare come dovrebbe.

Tutto sommato, sono stata fortunata. L’infezione da MRSA non è stata nemmeno la parte peggiore di quello che mi è successo (avete presente l’antibiotico che mi fu prescritto e che non funzionò? Saltò fuori che ero allergica, me ne accorsi svegliandomi una mattina con la febbre e uno sfogo sulla pelle).

Ciò che è davvero frustrante è che cose di questo tipo non dovrebbero accadere. L’aumento della resistenza dei batteri agli antibiotici non è certo una sorpresa. Quando accettò il premio Nobel per la Medicina nel 1945 per la sua scoperta della penicillina, Alexander Fleming disse che prima o poi sarebbe successo. L’OMS ha organizzato a novembre una settimana di sensibilizzazione sul tema degli antibiotici, mentre la Casa Bianca ha messo insieme un piano per contrastare la resistenza degli antibiotici, ma nonostante tutto questo l’abuso di antibiotici continua a essere un problema. Che cosa si evolverà più rapidamente? I microbi o la nostra capacità di contrastarli? Dobbiamo rallentare l’evoluzione dei batteri in modo da mettere al sicuro questi farmaci miracolosi, così che possano salvare altre vite per le future generazioni.

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