19 dicembre 2015

Qualcosa di nuovo da LHC? Solo il tempo lo dirà

Nuovi dati degli esperimenti ATLAS e CMS del Large Hadron Collider del CERN di Ginevra hanno mostrato un eccesso nella produzione di coppie di fotoni, localizzato a una massa particolare. Ma è ancora troppo presto per dire se sia un primo segno di una nuova era per la fisica delle particelle oppure solo una fluttuazione del rumore di fondodi Marco Delmastro

Martedì  scorso, per essere sicuri di trovare un posto a sedere al seminario di fine anno previsto per le 15 nell'auditorium del CERN di Ginevra, bisognava presentarsi almeno con due ore d'anticipo. Era dal 4 luglio 2012, data dell'annuncio della scoperta del bosone di Higgs, che non si sentiva una tale eccitazione nell'aria. La ragione? Procediamo con ordine

Un modello che funziona, ma tante domande aperte
La scoperta del bosone di Higgs ha finalmente aggiunto il "mattoncino" mancante al modello standard delle interazioni tra le particelle elementari. Questa teoria, che descrive così bene sia il comportamento dei componenti elementari della materia sia le forze che li fanno dialogare tra di loro, è il sistema migliore che abbiamo per restituire un'immagine coerente del mondo microscopico. Potremmo dunque essere tentati dall'idea di aver tutto compreso e spiegato, ma non si tratta che di un'illusione.

Il modello standard, pur nella sua eleganza e precisione, non è in grado di rispondere a una serie di domande: perché c'è più materia che antimateria? Che cos'è la materia oscura? Qual è il ruolo della gravità rispetto alle altre forze? Esistono altre interazioni sconosciute che fanno funzionare l'universo? Le lavagne dei fisici teorici in giro per il mondo sono piene di ipotesi che tentano di rispondere a questi interrogativi formulando nuove teorie. E queste nuove teorie, perché dal gesso delle lavagne si trasformino in qualcosa di convincente, vanno testate con gli esperimenti.

Qualcosa di nuovo da LHC? Solo il tempo lo dirà
Vista dell'ATLAS Pixel Detector mentre è messo in posizione all'interno del rivelatore ATLAS.
Maximilien Brice/CERN)


Energia e probabilità di osservare qualcosa di nuovo
A marzo 2015, il Large Hadron Collider (LHC), il grande acceleratore di protoni del CERN, ha ripreso le sue attività dopo tre anni di arresto tecnico, e lo ha fatto a un'energia quasi doppia
rispetto a quella che ha caratterizzato l'acceleratore tra il 2010 e il 2012. L'energia dei protoni che si scontrano nel cuore degli esperimenti effettuati al CERN si trasforma in nuove particelle, e i ricercatori sperano, tra le migliaia di scontri fotografati e analizzati, di riuscire a vedere anche le tracce di qualche fenomeno sconosciuto.

Un'energia più grande significa una maggiore probabilità di produrre particelle mai viste. In altre parole, un acceleratore che lavora a un'energia più grande è come un microscopio con una migliore definizione.

Da marzo a oggi, LHC ha prodotto circa un sesto delle collisioni generate nel 2012, ma a un'energia nel centro di massa di 13 teraelettronvolt (che abbreviamo in TeV) invece che 8 TeV (l'elettronvolt è l'energia che acquista un elettrone sottoposto a una differenza di potenziale di 1 volt, e tera è il prefisso greco per 1000 miliardi). Per molte delle teorie che cercano di espandere il modello standard, questo aumento sarebbe sufficiente a mostrare segnali di quella che i fisici chiamano genericamente "nuova fisica".

Le voci nei corridoi
Al seminario del 15 dicembre i due grandi esperimenti di LHC, ATLAS e CMS, dovevano presentare la prima serie di misurazioni effettuate a partire dai nuovi dati. Erano in molti a chiedersi se qualcosa di nuovo e inatteso avesse per caso fatto capolino. Le voci che si rincorrevano nei corridoi, attendibili o meno, avevano fatto aumentare la curiosità.

In fondo, la presenza del bosone di Higgs era, in qualche modo, attesa, come un parente che sappiamo verrà a farci visita, ma che non ci ha ancora comunicato precisamente né la data né il binario del treno con cui arriverà. Per le estensioni del modello standard, invece, le cose sono assai meno chiare, e le nuove ricerche somigliano più al disegno approssimato della mappa di un territorio fino a poco fa inesplorato, che al piano dettagliato del quartiere in cui abitiamo da anni.

Qualcosa di nuovo da LHC? Solo il tempo lo dirà
Evento candidato a bosone di Higgs prodotto nel 2012 da collisioni tra protoni nel rivelatore ATLAS di LHC.
(Cortesia: ATLAS/CERN)


La traccia di qualcosa di nuovo?
I rappresentanti di ATLAS e CMS hanno dunque presentato una carrellata di misure nel corso del seminario. Anche a 13 TeV il modello standard sembra funzionare bene: gli esperimenti hanno misurato molti processi noti anche a energia più grande, e questi seguono correttamente le previsioni della teoria. Il bosone di Higgs sembra fare timidamente capolino anche tra i dati nuovi, anche se le misure sono ancora troppo poche per dirlo con certezza.

Nei dati raccolti tra il 2011 e il 2012 erano apparsi alcuni deboli segni di possibile nuova fisica, e molta dell'eccitazione era legata alla loro verifica. Purtroppo nessuno di questi segnali si è ripresentato, e il modello standard resta il padrone incontrastato delle misurazioni in quasi tutte le direzioni in cui abbiamo guardato.

C'è però un risultato che ha attirato l'attenzione ed eccitato gli animi. Sia ATLAS e CMS hanno infatti mostrato un "eccesso" nella produzione di coppie di fotoni, localizzato a una massa particolare.

Un eccesso che intriga
Cosa vuol dire osservare un "eccesso"? Iniziamo con lo spiegare che i fisici sono a caccia di nuove particelle instabili, che si disintegrano in particelle note, come per esempio una coppia di fotoni. Le nostre ricerche partono dunque dalle energie e dalle posizioni dei due fotoni registrati nei rivelatori per calcolare la massa della particella ipotetica da cui questa coppia potrebbe aver avuto origine.

Se la produzione è causata da uno dei tanti processi noti che la natura ha per produrre una coppia di fotoni, i valori delle masse calcolate si distribuiscono in modo continuo, diminuendo gradualmente man mano che la massa aumenta. Se invece le coppie di fotoni sono il frutto della disintegrazione di una particella, i valori di massa si accumulano intorno a un valore specifico, corrispondente appunto alla massa di questa particella.

La presenza di una nuova particella che si disintegra in due fotoni potrebbe dunque apparire come una montagnola che spicca sulla distribuzione continua delle masse calcolate a partire da tutte le coppie di fotoni.

È esattamente in questo modo che nel 2012 è stato scoperto il bosone di Higgs, quando un'inconfondibile "collinetta" è apparsa sullo spettro delle coppie di fotoni intorno a 125 gigaelettronvolt (GeV, dove il previsso "giga" sta per 1 miliardo).

Qualcosa di nuovo da LHC? Solo il tempo lo dirà
Un passaggio della costruzione del rivelatore Compact Muon Solenoid, o CMS. (Cortesia Peter Ginter/Science Faction/Corbis)


Nuova particella o fluttuazione dei dati?
L'eccitazione è dunque tutta qui: si tratta del segnale di una nuova particella, o di una semplice fluttuazione statistica dei dati? Il fatto che la montagnola appaia nei dati di entrambi gli esperimenti potrebbe far propendere per la prima ipotesi. D'altra parte, le probabilità che si tratti di una fluttuazione statistica del rumore di fondo sono piuttosto elevate.

Immaginate di lanciare un dado dieci volte di fila: la probabilità che esca il numero 6 tutte e dieci le volte è piuttosto ridotta. Se dovesse succedere la prima volta che lanciate il dado, potreste pensare di aver tra le mani un dado speciale, magari truccato. Immaginate però di avere sotto mano 10.000 dadi, e di lanciarli tutti contemporaneamente per dieci volte. La probabilità che uno qualunque dei 10.000 dadi mostri per dieci volte di fila 6 è, chiaramente, molto maggiore.

È questa la situazione in cui ci troviamo: dato che non sappiamo esattamente dove andare a cercare i segnali di nuova fisica, lanciamo le nostre ricerche un po' dappertutto. E siccome la natura ama i processi casuali, la probabilità che un eccesso che sembra una nuova particella appaia da qualche parte nelle centinaia di grafici che prepariamo è piuttosto grande.

Nel caso dell'eccesso sullo spettro delle coppie di fotoni, se uno prende il grafico di ATLAS in cui la montagnola è più prominente, la probabilità che questa sia dovuta a una casualità è due su 10.000, dunque piuttosto piccola. Quando però consideriamo il fatto di aver cercato montagnole un po' dappertutto, allora questa probabilità aumenta a due su 100. I numeri di CMS sono persino più grandi, indicando una probabilità ancora più grande che si tratti solo di una fluttuazione del rumore di fondo.
 
Qualcosa di nuovo da LHC? Solo il tempo lo dirà
Il rivelatore CMS. (Cortesia Peter Ginter/Science Faction/Corbis)


Occhiaie e rivelatori
Se aveste guardato con attenzione i partecipanti al seminario di martedì, avreste notato parecchi occhi cerchiati, segni di altrettante notti insonni. Quando un presunto segnale si presenta nei nuovi dati, la prima cosa da fare è verificare che il rivelatore funzioni bene, che non si tratti semplicemente dell'effetto di una cattiva calibrazione, o di un baco nel codice che processa i dati, o di un errore nella procedura di analisi.

Per arrivare al seminario del 15 di dicembre con un risultato solido, anche se non conclusivo, molti di noi hanno dormito davvero poco nelle ultime settimane...


Non ci resta che raccogliere più dati
Ci troviamo oggi in una situazione che è al contempo eccitante e frustrante. Tra i dati che abbiamo analizzato sembra esserci il segnale di un fenomeno nuovo, che non è mai stato visto prima.

A poche ore dall'annuncio, il sito che raccoglie gli articoli di fisica della particelle era già inondato dalle possibili spiegazioni ("un nuovo bosone di Higgs!", "un gravitone!", "un axione!"), tutte a interpretare l'eccesso come la conferma possibile di una delle varie teorie che espandono il modello standard. La realtà è che, per quanto ci piaccia sperare che si tratti davvero del primo segno di una nuova era per la fisica delle particelle, è ancora troppo presto per dirlo.

La nuova presa dati inizierà nella primavera 2016, quando ricominceremo a lanciare  i dadi, e solo il tempo ci dirà se su quel dado a 750 GeV continuerà a uscire il 6, o se invece si è trattato solo di un caso fortuito. Nell'attesa, come molti miei colleghi, conto di recuperare un po' del sonno perduto.


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Marco Delmastro è un fisico delle particelle che lavora per l'esperimento ATLAS al CERN di Ginevra. Nel passato recente è andato a caccia del bosone di Higgs, e si è dedicato alla misurazione delle sue proprietà. Dalla riaccensione di LHC nel 2015 cerca segnali di nuova fisica in eventi con fotoni, e negli ultimi tempi non ha dormito molto