07 settembre 2015

Un nuovo metodo per eliminare i satelliti in disuso

Via via che si moltiplicano i lanci, il problema dei detriti spaziali e dei rientri incontrollati dei satelliti artificiali si fa sempre più serio e il rischio di collisioni più elevato. Un nuovo studio dimostra che è possibile far rientrare in modo controllato i satelliti al termine della loro vita operativa, anche a distanza di decenni, facendoli disintegrare in atmosfera(red)

Che fine fanno i satelliti artificiali in orbita quando arrivano al termine della loro vita operativa? Vanno ad aumentare la massa dei detriti spaziali, cresciuti a dismisura negli ultimi anni, incrementando così il rischio di collisioni con i satelliti attivi, oppure ricadono sulla Terra in modo incontrollato.

Ora un gruppo di ricercatori dell'Università di La Rioja, in Spagna, ha sviluppato un metodo descritto sulle pagine della rivista “Advances in Space Research” per eliminare almeno quelli che si trovano sulle orbite fortemente ellittiche (Highly Elliptical Orbit, HEO) in modo tale da farli rientrare e disintegrare in atmosfera calcolando il momento più opportuno, anche a distanza di decine di anni dall'inizio della loro missione.

Le orbite HEO hanno la peculiarità di essere molto eccentriche: l'apogeo, cioè il punto di massima distanza dal nostro pianeta, può essere anche alcune decine di volte più lontano del perigeo, il punto più vicino. Inoltre sono anche molto inclinate: possono arrivare infatti a 60 gradi rispetto all'equatore.

Questo tipo di orbita, adatto soprattutto per i satelliti per telecomunicazioni, ha lo svantaggio di essere molto influenzato dalle variazioni di gravità dovute al rigonfiamento equatoriale della Terra e all'attrazione di Sole e Luna. Combinati tra loro, a lungo andare questi due effetti possono portare un satellite collocato inizialmente su un'orbita HEO a incrociare due altri tipi di orbite molto utilizzate per i satelliti artificiali: le orbite basse (Low Earth Orbits, LEO) comprese tra tra i 160 e 2000 chilometri di quota, e l'orbita geostazionaria (Geostationary Orbits, GEO), circolare ed equatoriale, in cui il satellite ha lo stesso periodo della rotazione terreste e appare fisso in
cielo a un osservatore a terra.

Ma lo studio dimostra ora che le interazioni gravitazionali possono rivelarsi utili per smaltire i satelliti, calcolando orbite HEO in cui questi effetti siano tali da far sì che l'evoluzione a lungo termine dell'orbita favorisca il rientro in modo controllato.

“Gli effetti gravitazionali delle orbite HEO possono essere sfruttati per ridurre i costi di eliminazione dei satelliti”, ha spiegato Roberto Armellin, primo autore dell'articolo. “Per effettuare le manovre di smaltimento dei satelliti, di solito occorre conservare una parte del propellente: così abbiamo sviluppato un metodo per ridurre il propellente necessario e i costi associati”.

Utilizzando un algoritmo evolutivo, cioè un metodo matematico in grado di ottimizzare la soluzione di problemi complessi quando sono in gioco diversi parametri, e un propagatore orbitale, un software progettato per calcolare in pochi secondi l'evoluzione a 100 anni di un oggetto in orbita, gli autori sono riusciti a prevedere quando si verificheranno le migliori condizioni per far rientrare i satelliti in orbita e farli disintegrare.

Il primo banco di prova del nuovo metodo è stata la missione INTEGRAL dell'Agenzia spaziale europea (ESA), lanciata nel 2002 per l'osservazione del cosmo in raggi gamma. La soluzione trovata con il calcolo di Armellin e colleghi coincide con la reale strategia di rientro del satellite messa a punto dall'ESA.

“I risultati della simulazione indicano le manovre che consentiranno al satellite INTEGRAL di rientrare in atmosfera e disintegrarsi, tra il settembre del 2028 e il luglio 2029, in modo controllato e a un costo ridotto dall'amplificazione degli effetti gravitazionali naturali”, ha concluso Armellin.