02 febbraio 2015

Onde gravitazionali, l'errore di BICEP2 è ufficiale

La caratteristica perturbazione della radiazione cosmica di fondo rilevata dal telescopio BICEP2 è compatibile con la presenza di polvere interstellare nella Via Lattea. È quanto risulta da un nuovo confronto con i dati del telescopio spaziale Planck dell'ESA. Non c'è alcuna conferma dunque che il segnale rilevato da BICEP2 abbia avuto origine dalle onde gravitazionali prodotte con il processo d'inflazione, come invece annunciato lo scorso anno(red)

Non c'è alcuna prova della presenza indiretta di onde gravitazionali prodotte pochi istanti dopo il big bang nelle rilevazioni di BICEP2, rese pubbliche a marzo 2014. È la conclusione di un nuovo studio proposto per la pubblicazione sulla rivista "Physical Review Letters", in cui sono stati confrontati i dati raccolti dal telescopio spaziale Planck dell'Agenzia spaziale europea, e dei telescopi terrestri BICEP2, al Polo Sud e Keck, sulle sommità del vulcano Mauna Kea, alle isole Hawaii.

Non ha trovato riscontro quindi l'annuncio dei ricercatori di BICEP2, secondo cui la radiazione cosmica di fondo, l'eco fossile del big bang, da loro osservata porterebbe impressa la firma del processo d'inflazione. Quest'ultimo, secondo la teoria cosmologica, ha determinato un'espansione primordiale dell'universo in tempi rapidissimi: le onde gravitazionali prodotte avrebbero perturbato la radiazione di fondo, producendo caratteristiche “torsioni” della sua polarizzazione, chiamate “modi B”.

Onde gravitazionali, l'errore di BICEP2 è ufficiale
Il telescopio spaziale Planck dell'ESA sullo sfondo della mappa della radiazione cosmica di fondo che ha permesso di realizzare (Cortesia ESA and the Planck Collaboration - D. Ducros)
Appena dopo la pubblicazione dell'articolo di BICEP2 in cui si ipotizzava il collegamento tra modi B ed onde gravitazionali prodotte dall'inflazione molti fisici sono intervenuti per mettere in dubbio queste conclusioni. L'obiezione fondamentale è che i “modi B” possono essere prodotti anche dalla polvere interstellare presente nella Via Lattea, che intercetta la radiazione di fondo prima che arrivi ai telescopi terrestri.

Ma come separare il contributo di foreground, cioè delle polveri in primo piano nel campo di vista dei telescopi, e quello di background, cioè della radiazione di fondo?

Per i due esperimenti terrestri, BICEP2 e il Keck, è praticamente impossibile, per quanto siano sensibili, perché funzionano su una singola
frequenza a microonde di 150 gigahertz (miliardi di herz). Planck invece ha osservato l’intero cielo su nove canali di frequenza, di cui sette con rivelatori sensibili alla polarizzazione: per questo consente di distinguere i diversi contributi delle polveri, che sono risultati compatibili con il segnale inizialmente rilevato da BICEP2.

"Abbiamo dimostrato che, una volta rimossa l’emissione della polvere galattica, la prova della rilevazione di “modi B” primordiali non è più così solida. Purtroppo, dunque, non possiamo confermare che quel segnale rappresenti davvero un’impronta dell’inflazione cosmica”, ha spiegato Jean-Loup Puget, dell’Institut d’Astrophysique Spatiale di Orsay, in Francia, coautore dello studio.

"Abbiamo comunque avuto l’ennesima conferma delle eccezionali capacità di Planck, che proprio grazie alla sua capacità d’osservare l’intero cielo in nove frequenze ha permesso d’arrivare a una conclusione condivisa", ha concluso Reno Mandolesi, associato INAF e dell’Università degli Studi di Ferrara, responsabile di LFI, uno dei due strumenti a bordo di Planck. "Ed è bene sottolineare che, pur non avendo trovato una prova convincente della presenza d’un segnale dovuto alle onde gravitazionali primordiali, ciò non invalida in alcun modo l’ipotesi dell’inflazione cosmica".