05 dicembre 2014

Il valore delle interazioni sociali per il pensiero strategico

La capacità d'immaginare pensieri ed emozioni di chi ci sta intorno è un meccanismo sofisticato della nostra mente che ci consente di mettere in atto la strategia di comportamento più efficace, ma si attiva solo se crediamo di essere in competizione con nostri simili, e non quando ci basiamo sulle risposte di una macchina. E' quanto è emerso da una serie di test su un gruppo di volontari che si cimentavano in diversi tipi di giochi, senza sapere che i feedback erano forniti da un algoritmo al computer(red)

“Io penso che tu pensi...” potrebbe essere questo il paradigma della teoria della mente, cioè della capacità di immaginare pensieri, intenzioni, emozioni e sentimenti di un'altra persona. Ma quanto possiamo essere efficienti nell'anticipare il comportamento altrui?

Jean Daunizeau e colleghi dell'INSERM e del CNRS francese, che firmano un articolo sulle pagine della rivista “PLOS Computational Biology”, hanno ora scoperto che quando si tratta di mettere in azione la propria teoria della mente, è fondamentale che il soggetto si trovi in un contesto sociale per poterla usare a proprio vantaggio.

La teoria della mente è una componente essenziale del comportamento umano in ambito sociale e viene perciò studiata da molti anni. Uno dei modelli più usati per rendere conto del comportamento di un soggetto è quello Bayesiano: in un contesto di interazione sociale tra diversi individui, ciascuno stima la probabilità che gli altri mostrino un certo comportamento, e rivede ripetutamente questa probabilità sulla base dei comportamenti effettivamente tenuti dalle altre persone.

Il valore delle interazioni sociali per il pensiero strategico
Immaginare pensieri ed emozioni altrui è molto importante nelle interazioni sociali competitive (© PASIEKA/Science Photo Library/Corbis)
Nel corso dello studio, Daunizeau e colleghi hanno chiesto a 26 volontari di cimentarsi ripetutamente prima in una versione elettronica di nascondino, e poi con una simulazione di una slot machine. Nel primo caso, che rappresentava un contesto sociale, i soggetti  erano divisi in due sottogruppi e si sottoponevano al test seduti nella stessa stanza nello stesso momento.

A ciascuno veniva detto che avrebbe affrontato altri quattro giocatori, generando così l'idea che gli avversari fossero gli altri volontari presenti nella stessa stanza. Nel secondo caso, che rappresentava il contesto non sociale, i soggetti dovevano semplicemente scegliere di volta in volta una tra due
slot machine e tentare la fortuna, tenendo conto di successivi feedback che classificavano le loro scelte come corrette o scorrette.

Ciò che gli sperimentatori non dicevano era che gli altri agenti bayesiani in realtà erano sempre artificiali, e giocavano secondo un algoritmo di calcolo più o meno sofisticato.

Il risultato è stato inequivocabile, perché pur giocando sempre contro un giocatore virtuale, cioè un algoritmo di calcolo, i volontari vincevano quando giocavano nel contesto sociale, mentre perdevano nel gioco nel contesto non sociale. Ciò significa secondo gli autori che quando pensiamo, anche erroneamente, di dover competere con altre persone, attiviamo la teoria della mente, che così rappresenta un valore aggiunto, una risorsa cognitiva particolarmente efficiente nell'analizzare ricorsivamente il feedback che arrivano dal contesto, permettendo di comportarsi di conseguenza, in modo strategico.