Sotto mentite spoglie

mcdonaldsflagQualche mese fa ha fatto molto scalpore un filmato diffuso da due buontemponi olandesi che hanno organizzato uno scherzo: hanno acquistato da McDonald’s dolci, frutta e pepite di pollo e sono andati a offrirli in degustazione, privi del caratteristico logo, a una fiera gastronomica a Houten, in Olanda. Il video mostra che il cibo, presentato come “bio”, viene apprezzato da molti visitatori e presunti esperti che, curiosi, si sono fermati ad assaggiare. Alcuni si sbilanciano persino in analisi gustative.

https://www.youtube.com/watch?v=L3Wo0R1qHyE

Avrebbero espresso le stesse opinioni se avessero saputo che era cibo di McDonald’s?

Non è una novità che in molti paesi occidentali il cibo biologico abbia successo. E in molti sono disposti a giurare che il “bio” è più saporito e gustoso del “convenzionale”, figuriamoci del “cibo spazzatura” per antonomasia. Le prove scientifiche di questa superiorità gustativa generalizzata però latitano, ma alcuni recenti esperimenti, come vedremo poi, gettano qualche spiraglio di luce sulla questione.

Forse la multinazionale del Fast Food, presente, lo ricordiamo, a “EXPO2015 nutrire il pianeta – energia per la vita” insieme a tante altre aziende, istituzioni e associazioni come Slow Food, Coca Cola, Coldiretti, Ferrero, l’ONU e così via, ha preso proprio spunto da quel video virale per organizzare un secondo scherzo. Questa volta diretto ai cosiddetti “gastrofighetti” milanesi. Sicuramente saprete che da un po’ di tempo a questa parte impazza a Milano, e altrove, la moda dell’hamburger gourmet. A leggere le recensioni alcuni sono molto buoni (e molto costosi), altri sono molto buoni e hanno un costo proporzionato, altri ancora sono solo pretenziosi e costosi, o semplicemente enormi, ma anche minuscoli, oppure semplicemente scadenti. Insomma, c’è di tutto.

McDonald’s, dicevamo, ha aperto sotto mentite spoglie un nuovo locale, di quelli che vorrebbero fare tendenza, con arredamento fighetto, in una zona centrale di Milano. Ha ingaggiato due cuochi, ex concorrenti di MasterChef, a gestire il locale, e hanno servito ai clienti un loro nuovo Mc panino non su un volgare vassoio in plastica ma su un ripiano di ardesia, in un locale esteticamente curato, con un menù in stile, calici e cose così. Il video che hanno girato mostra, a loro dire, come l'inganno sia riuscito, che il panino è stato apprezzato e che quindi “l’apparenza inganna”.

https://www.youtube.com/watch?v=niq48qLQpvY

Ovviamente nessuno di questi due scherzi ha una valenza scientifica, e nel caso del video girato da McDonald’s non sappiamo neppure come abbiano selezionato le risposte delle persone. Per quel che ne sappiamo potrebbero anche essere attori. In più, hanno svelato il trucco dopo solo due giorni, evitando (se proprio vogliamo pensar male ;) ) di far, magari, incappare nello scherzo qualche grande firma gastronomica, qualche critico, o anche qualche foodblogger famosa. Ma anche se fosse un video costruito a tavolino, è comunque verosimile, visto il precedente (e comunque complimenti all'ufficio comunicazione!). Ma che possa essere plausibile una reazione del genere ce lo rivelano anche dei recenti esperimenti di assaggi in cieco effettuati in maniera più rigorosa.

È indubbio che quando acquistiamo o mangiamo del cibo riceviamo tantissime informazioni: la sua provenienza, l’etichetta, il contenuto nutrizionale, il prezzo, il metodo di produzione, come viene presentato e così via. E tutto questo può avere una profonda influenza sulla nostra percezione sensoriale. Il punto cruciale è che quando acquistiamo un prodotto alimentare lo scegliamo solo in parte in base ad alcune caratteristiche che possiamo sperimentare con i nostri sensi, come il colore o il sapore. Altre non sono verificabili dall’acquirente con un semplice assaggio: il metodo di produzione, le proprietà salutistiche o la provenienza geografica. Vari esperimenti hanno mostrato come queste caratteristiche intangibili possano influenzare la percezione del gusto.

Il pecorino bio

Un gruppo di ricercatori [1] di Udine, Ancona e Potenza ha fatto assaggiare a 150 persone un formaggio pecorino biologico e uno convenzionale chiedendo di dare un voto da 1 a 9. Il primo assaggio si è svolto in cieco: nessuno sapeva se stavano assaggiando il pecorino bio oppure l’altro. Assaggiati in cieco i due prodotti sono risultati essere equivalenti ed entrambi apprezzati, con un punteggio medio di 7.

Successivamente all’assaggio in cieco i soggetti hanno dichiarato le aspettative che avevano su entrambi i tipi di prodotti. La media dei punteggi “aspettati” sul pecorino bio è stata di 7.7 mentre quella per il convenzionale di 6.1. Insomma, le persone si aspettavano che il pecorino bio fosse più buono del convenzionale.

Il giorno successivo, nella terza fase dell’esperimento, a tutti i soggetti è stato fatto assaggiare solo il pecorino bio, con allegato un foglio che descriveva le caratteristiche del metodo di produzione biologica. La media dei punteggi è stata di 7.4. Il pecorino bio quindi è stato apprezzato di meno se assaggiato in cieco rispetto all’assaggio dove era identificato, e non a caso le aspettative dichiarate dagli assaggiatori erano molto più elevate per il bio che per il convenzionale. In altre parole, sostengono i ricercatori, il gusto delle persone viene fortemente influenzato dall’aspettativa, e poiché molte persone si aspettano che il bio sia più gustoso, quando lo assaggiano lo trovano più gustoso di quello che è in realtà.

Questo è un fenomeno generale: il gradimento, positivo o negativo, di un prodotto si sposta, rispetto a un assaggio in cieco, verso le proprie aspettative. Lo avevamo già raccontato parlando del vino tempo fa, e abbiamo anche raccontato di come il cervello effettui un vero e proprio inganno gustativo (e anche gli esperti non sono immuni). Ecco perché le degustazioni di confronto, che siano vini o altri prodotti, andrebbero sempre effettuate in cieco, altrimenti hanno valore scientifico nullo, con buona pace delle guide di vini. E non a caso nel mondo del vino alcuni sono recalcitranti verso gli assaggi in cieco.

L'ananas

Esperimenti di altri ricercatori confermano queste conclusioni e mostrano come in realtà la faccenda sia ancora più complicata. A cittadini britannici e olandesi [2] hanno fatto assaggiare dei pezzi di ananas di tre varietà diverse coltivati in modo convenzionale, presentato però a volte come biologico, a volte come convenzionale oppure come prodotto del commercio equo e solidale. Ancora una volta le persone che avevano una aspettativa positiva rispetto al biologico davano un voto più alto al gusto dell’ananas quando veniva proposto come bio, nonostante fosse sempre lo stesso ananas, e addirittura lo percepivano come più dolce e succoso. L’influenza può anche essere negativa: chi aveva una aspettativa negativa nei confronti dai prodotti del commercio equo o dei prodotti bio li percepiva all’assaggio peggiori di quanto facessero senza l’informazione, falsa, della provenienza. Più precisamente

“la presenza dell’informazione “bio” migliorava la percezione del 55% dei soggetti, e la peggiorava nel 38% dei casi, mentre l’informazione “equo e solidale” migliorava i punteggi nel 43% dei casi e li peggiorava nel 45% dei casi”

La cosa interessante è che non cambiava solo il gradimento generale ma anche i punteggi di descrittori specifici, come “dolcezza” o “intensità del sapore”. I ricercatori concludono suggerendo che

questi risultati possano spiegare perché i consumatori percepiscono i prodotti biologici come aventi un sapore migliore nonostante l’assenza di prove scientifiche non ambigue che effettivamente siano più buoni”

La birra

Due ricercatori dell’Università della Basilicata hanno effettuato [3] un esperimento simile con la birra. In questo caso tre marche di birre, che in un test in cieco effettuato in precedenza avevano mostrato caratteristiche qualitative molto diverse, sono state servite, sempre in cieco, fornendo finte informazioni sulla loro produzione: (1) prodotta da lieviti geneticamente modificati, (2) con orzo e luppolo biologici, (3) oppure prodotta secondo tecniche tradizionali. Anche in questo esperimento si è riscontrato lo stesso fenomeno: etichettare una birra come “bio” la porta ad essere più apprezzata, mentre l’utilizzo di lieviti geneticamente modificati influenza negativamente l’apprezzamento, che però non è stato uniforme per i tre tipi di birra.

Ma quindi?

Quindi, prima che qualcuno, travisando il significato di questi studi, mi lanci accuse di “leso cibo biologico” ;-) , diciamo esplicitamente che questi esperimenti in realtà non dicono assolutamente nulla sul gusto e sulle qualità dei prodotti, ma dicono moltissimo su come i nostri giudizi vengano influenzati. Molto di più di quanto ci piace ammettere. Certo, l’interpretazione degli esperimenti è ancora da confermare, perché possono essere stati influenzati dalla scelta dei partecipanti, dal tipo di cibo e così via. Ma pur con tutte le cautele del caso, la mole di esperimenti di questo tipo ormai pubblicati, coinvolgendo finti cibi DOP o IGP, finti cibi OGM, finti cibi bio, finti cibi e vini di lusso e così via, rivelano come le informazioni che riceviamo sul cibo possono avere una profonda influenza su di noi, creando aspettative positive o negative, arrivando addirittura a modificare la percezione del gusto e le nostre reazioni. Avete mai visto il cortometraggio Blind Taste?

Restando in tema

Parlando di cibo e aspettative mi viene naturale parlare di EXPO: il supermegaevento sulla nutrizione e sul cibo aperto da qualche giorno in quel di Rho, alle porte di Milano. Non so voi, ma io in questi mesi mi sono creato l’aspettativa che debba essere non solo una grande vetrina enogastronomia mondiale, ma anche un momento di riflessione culturale, dove si parlerà di agricoltura, di cibo del futuro, di soluzioni per coltivazioni sostenibili, di fame, di obesità e di innovazione. Non solo un grande mercatino dei prodotti enogastronomici (che sono un’altra cosa rispetto alla biodiversità, termine tanto di moda quanto maltrattato e abusato), ma anche, da parte dai vari partecipanti, un'occasione per mostrare proposte diverse per il pianeta, per illustrare quale idea di futuro hanno, e come perseguire l’obiettivo.

In attesa di andare a visitarlo per bene, ne approfitto per dare il benvenuto a EXPOsed, un nuovo blog qui a fianco, e alla relativa rubrica sulla rivista cartacea, che ficcherà il naso proprio in EXPO, per verificare se le aspettative erano giustificate o meno. Sarà tenuto da Beatrice Mautino, giornalista scientifica nonché coautrice del libro a quattro mani che abbiamo scritto e che uscirà il 7 maggio: Contro natura.

Alla prossima

Dario Bressanini

[1] Napolitano, Fabio, et al. "Cheese liking and consumer willingness to pay as affected by information about organic production.Journal of dairy research77.03 (2010): 280-286.

[2] Poelman, Astrid, et al. "The influence of information about organic production and fair trade on preferences for and perception of pineapple.Food Quality and Preference 19.1 (2008): 114-121.

[3] Caporale, Gabriella, and Erminio Monteleone. "Influence of information about manufacturing process on beer acceptability." Food Quality and Preference15.3 (2004): 271-278.

97 commenti RSS

  • Dario, leggiti questo. Penso ci troverai un sacco di spunti interessanti!

    http://www.amazon.it/Prevedibilmente-irrazionale-Dan-Ariely/dp/8817025496/

  • Lasciando da parte il gusto..la differenza tra bio e non bio e tra cibi spazzatura e sani è essere più o meno sani. Se dai a un bambino (anche a molti adulti) una carota o una patatina fritta sarà più buona la patitina fritta. E quindi?
    E' più buono un biscotto integrale biologico o uno pieno di zuccheri e olio di palma? Non è solo nel gusto la differenza.
    Se in un hamburger mac donald oltre alla carne mette una serie di esaltatori chimici per rendere il gusto migliore e nascondere la qualità della carne..poco si puo' fare.

  • Indubbiamente tra una carota convenzionale e patatine bio fritte i olio di palma bio è meglio la carota :)
    Seriamente, se leggi gli altri articoli scoprirai che non è vero che il bio è più "sano". Anche qui è una questione di percezione e aspettative :)

  • Mi chiedo se tutto questo fenomeno sia più classificabile come effetto placebo o come semplice autoconvincimento psicologico che qualcosa in cui si crede debba per forza essere superiore.

    Da parte mia, io do retta solo al mio palato!

  • Se l'hamburgher di McDonald (che viene esaltato da niente che tu non possa usare anche a casa) lo mangi al massimo due volte al mese, vedrai che non ti fa nulla di male...

  • Fabio, solo un appunto: il "biscotto integrale biologico" può anche essere pieno di zuccheri e olio di palma (e ce ne sono).
    Comunque credo che il tema centrale di questo articolo sia proprio il gusto, e non le proprietà nutritive del cibo.

  • @MaxArt: non puoi sapere se ciò che ti "dice" il tuo palato sia effettivamente ciò che percepisce... o piuttosto ciò che arriva al tuo cervello non sia alternato e percepito in maniera alterata a causa di colori, emozioni ed odori... che vanno a modificare la percezione primaria del tuo "palato". Ed anzi... è praticamente dimostrato che tutti questi fattori sono determinanti nella formazione del sapore.

  • Nel pianeta siamo circa 7,5 miliardi di persone, e siamo tutti SIMILI, ma in realtà tutti diversi in svariate piccole cose, ad esempio nelle percezioni sensoriali, di cui il gusto rappresenta la più complessa. E per fortuna che è così, altrimenti diremmo addio alla biodiversità... :-) Per quanto riguarda l'udito è facile fare i confronti tra 2 signori, un suono udito da un tizio e non dall'altro stabilirà che un tizio ci sente bene e l'altro no. Ma nella mente del tizio non ci sente aleggerà il dubbio che lo stiano prendendo in giro e in realtà non è stato emesso nessun suono. Per la vista il discorso è già più complesso, si possono fare tanti tipi di test per analizzare il visus, da vicino e da lontano, ma poi c'è tutto un discorso a parte e immensamente complesso per quanto riguarda i colori. Perché un colore lo chiamo rosso? E un altro verde? La risposta è che da bambino, quando ho iniziato a pronunciare le prime parole, mamma e papà mi dicevano la parola rosso indicando un determinato colore, e io ho imparato a chiamare con la parola rosso quel colore.... ma nessuno può mai verificare se quel rosso lo vedo come rosso vivace o come rosso sbiadito, e nessuno potrà mai verificare se io o gli altri quel rosso lo vediamo come un verde per esempio, perché a ognuno di noi è stato insegnato a chiamare così quella particolare cromia. Siamo 7,5 miliardi circa sul pianeta, ma ognuno di noi ha delle differenze, piccole o grandi, con qualsiasi altra persona sul pianeta, e questo ci dà anche l'autostima di essere ognuno di noi unico e insostituibile.
    Queste differenze si manifestano anche nella percezione del gusto, basta che un soggetto abbia una mappatura diversa delle papille gustative sulla lingua, ed ecco che una persona percepisce sapori in modo incomprensibile per un altra persona.
    Il problema è quando, dopo un test alla cieca si fa un test allo scoperto e/o viceversa.... se un soggetto esprime commenti diversi se non diametralmente opposti assaggiando la stessa cosa.... qui entra in gioco la stupidità.... ma forse anche qui.... detto da colui che scrive che non cade nei trabocchetti descritti precedentemente..... subentra una diversità celebrale, dove probabilmente chi ha una mappatura neuronale in un certo modo, vedrà le cose in un certo modo e penserà e ragionerà in un certo modo, incomprensibile per altri..... gli uni considereranno gli altri sapientoni gasati come palloni gonfiati, gli altri considereranno gli uni come degli stupidi.
    Siamo tutti diversi, evviva la biodiversità.... :-)

  • @Stefano Mi hai travisato: io so *esattamente* cosa mi dice il mio palato, ma questa è comunque un'informazione elaborata dal mio cervello. So bene che ci possono essere altri fatto che possono influenzarmi, e su quelli ci posso fare poco se non abituarmi ai più disparati ambienti di degustazione, ma in riferimento al mio commento quello che tendo ad escludere è una qualsiasi pregiudiziale ideologica. Quando vedo cibo, penso solo al cibo! :D

  • Quello che intendevo dire è appunto che non è sempre detto che sia più buono al gusto un prodotto biologico, io se prendo una mela biologica la prendo perchè mi aspetto non ci siano pesticidi (se poi mi truffano è un altro discorso..). Idem per carote o altri prodotti. Se assaggio una mela biologica e una non biologica non credo che capirei la differenza. Forse per altri prodotti (carni e formaggi è più netto?non lo so sinceramente mangiandone poco). Ma la scelta è prevalentemente di tipo salutare e sostenibile.
    Il gusto inoltre è molto sensibile anche all' 'educazione'. Per cui io che non zucchero caffè e tisane e non salo l'insalata avro' un gusto molto differente da chi è abituato a gusti più forti.
    Ricordo un documentario sui coloranti e gli aromi per alimenti in cui facevano assaggiare mi pare uno yogurt con aroma chimico 'al gusto fragola' e uno con fragola vera ai bambini. I bambini riconoscevano la fragola dell'aroma, e faticavano per quello naturale..

  • Gli esperimenti fatti sono molto interessanti. Una nota, però: molti sostenitori dell'agricoltura biologica, tuttavia, non discutono tanto sul gusto (che è ovviamente soggettivo e influenzabile), ma su altri fattori.
    Tra una carota (o cipolla o pecorino o bistecca...) convenzionale e una bio:

    1) Quale potrebbe causare problemi alla persona che la mangia?
    2) Quale produce un danno ambientale maggiore?

    Da sostenitore dell'agricoltura bio, sarei portato a dire quella convenzionale, ma la realtà è che non so rispondere (non sono un esperto) e vorrei davvero saperne di più, anche perché non sono domande facili. Ad esempio si sostiene che, vista l'assenza di antiparassitari chimici, l'agricoltura bio produce meno danni, ma tuttavia, poiché le rese sono minori, per produrre la stessa quantità di cibo occorrerebbe un uso di suolo e di acqua maggiore, quindi anche questo va messo sul piatto della bilancia. Ma a questo si ovvierebbe in parte con una vera rotazione delle colture, che invece, nell'agricoltura industriale è abbastanza desueta (o almeno così ci viene detto dai bio-fan). Sulla salute, poi il discorso è ancora più complesso, perché determinare cosa può causare un determinato problema è impossibile, perché c'è la questione di "dosi massime da non superare" di alcune sostanze (che però si devono considerare sommando i vari alimenti che si mangiano), perché ci sono le abitudini alimentari, perché se friggi tutti i giorni roba bio, stai mangiando tutti i giorni del fritto e non tutti i giorni roba sana ecc. ecc.

    Esistono studi o meglio delle pubblicazioni divulgative (per non addetti come me) che possono fare chiarezza su questi due dubbi principali?

  • Dasmi qui nel blog trovi molti articoli dedicati al bio, e troverai la risposta alle tue domande :) puoi porre le tue domande lá
    Qui preferirei si parlasse del tema, cioè come le aspettative ingannano il gusto :)

  • Darmi e Fabio

    Ma chi vi dice che nel biologico non ci sono antiparassitari? Eccovi a mio avviso una utile conoscenza:

    E’ invalsa l’idea che nelle coltivazioni biologiche non si usino pesticidi, invece se ne usano e quindi anche i cibi biologici sono soggetti a contenere residui, inoltre sono molto frequenti le deroghe dal protocollo di coltivazione. http://www.salmone.org/wp-content/uploads/2014/09/biologico-e-deroghe.pdf
    Dicono che sono naturali e quindi per definizione sani, ma anche l’arsenico è naturale, ma è
    e resta un veleno, per giunta per accumulo.
    a) Subito non si può sottacere che si è usato per anni il rotenone e solo nel 2008 è stato tolto dalla lista per evidente tossicità per pesci e api. Inoltre ad alte dosi è stato trovato avere neurotossicità con sintomi simili al Parkinson, senza poi contare che lo smaltimento dei prodotti in uso è durato fino al 2009 e che quattro prodotti insostituibili in certe colture frutticole sono stati prorogati per l’uso fino al 2011. Tuttavia è bene che si sappia che in realtà il rotenone si usa ancora in quanto si sono create miscele (Show) di rotenone (2%), piretro (0,5%) e piperonilbutossido o PBO (2%) in modo da sfruttare il sinergismo che si crea tra le sostanze per aumentare la tossicità per gli insetti. Solo che anche il PBO è in discussione, è ammesso nell’UE, in Giappone, ma non in USA, Canada e Svizzera. Insomma sono a conoscenza i consumatori bio che il rotenone è uscito dalla porta, ma è entrato dalla finestra? Quando li si interroga su queste contraddizioni sia i produttori che gli enti certificatori rispondono che non si può lasciar andare in malora la produzione; come se, invece, i produttori convenzionali lo dovessero fare.
    b) Vogliamo fare un confronto tra i pesticidi ammessi e più usati in agricoltura biologica e quelli usati nel coltivare convenzionale? Partiamo dagli anticrittogamici.
    Il più usato in biologico è il solfato di rame e per valutarlo ne diamo il valore del DL50 (Dose Letale per il 50% degli intossicati) che è di 30 mg per kg di peso corporeo, una dose abbastanza elevata 1 seppure già a dosi più basse abbia dimostrato avere effetti cronici come anemia, crescita stentata, e le malattie degenerative. 1 , 2 , 3 Inoltre, il solfato di rame ha dimostrato di interrompere la riproduzione e lo sviluppo, compresa l'inibizione dello sviluppo dello sperma, perdita di fertilità, ed effetti duraturi da esposizione in-utero 3 , 4 . Il solfato di rame è mutageno e cancerogeno 4 . Il rame è un oligoelemento ed è fortemente bioaccumulato, cioè basse dosi continuative possono portare a livelli tossici 3 , 5 . Nelle persone a una maggiore esposizione esso è stato collegato a malattie del fegato e anemia 3 , 6 . Qualcuno potrebbe pensare che sulla nocività del rame, al pari di altri prodotti che l’agricoltura biologica si rifiuta di usare per dare una patente di maggiore sanità delle loro produzioni, abbia esagerato, ma chi pensa ciò deve sapere che dal regolamento 1107/2009 che fissava i criteri per stabilire la futura cancellazione di prodotti di trattamento dalla lista dei prodotti autorizzati, si evince che i prodotti rameici rientrano in questa categoria perché aventi due caratteristiche della categoria PBT (Persistenti, Bioaccumulabili e Tossici). Quindi l’agricoltura biologica è destinata a rimanere senza la possibilità di usare il rame. Per inciso esce il glufosinate ma non il glifosate.
    Il fungicida più usato in convenzionale è invece il clorotalonil che ha LD50 superiore a 10.000 mg / kg. Questa è stata la dose massima testata, ma i ratti non avevano ancora raggiunto il 50% di tasso di mortalità 1 . Ratti alimentati con una serie di dosi di clorotalonil dall'EPA nel tempo non ha mostrato effetti sul fisico, sul comportamento, o la sopravvivenza 1, 3 . Per contro in alcuni studi di alimentazione ad alto dosaggio il clorotalonil ha dimostrato un potenziale mutageno o cancerogeno 1,4 Il Clorotalonil non è tossico per gli insetti pronubi, lo è, invece, per i pesci, Mentre è innocuo per gli uccelli. 1,7
    Vogliamo passare agli insetticidi? Il più usato in biologico è il piretro. L’LD50 del piretro nei ratti varia da 200 mg / kg a circa 2000 mg / kg. Gli animali che ricevono una dose letale soffrono di tremori, convulsioni, paralisi e insufficienza respiratoria per poi morire. 1 Ecologicamente, il piretro è estremamente tossico per la vita acquatica e un po’ tossico per gli uccelli. 16 L'esposizione al piretro, comporta aumenti dei tumori del polmone, della pelle, del fegato, della tiroide in topi e ratti 15 .Il piretro ha dimostrato di essere altamente tossico per api e vespe, cioè agli insetti pronubi. 18
    Il piretro in biologico lo possiamo far corrispondere al clorpirifos del produrre convenzionale, che ha LD50 pari a 95-270 mg / kg – cioè da 2,5 a 10 volte meno tossico del solfato di rame, pur essendo l’uno un insetticida e l’altro un fungicida, ma comunque se paragonato con il piretro certamente non sfigura, anzi… 1 . Per quanto riguarda i suoi effetti cronici, dei cani nutriti con clorpirifos a dosi giornaliere elevate hanno mostrato un aumento del peso del fegato e l'inibizione della colinesterasi e ciò significa potenziale di tossicità neurologica. Ma gli effetti sono spariti quasi subito, allorché non è stato più somministrato. Effetti sulla salute a lungo termine non sono stati osservati sia sul cane e anche da uno studio simile sui ratti 7,8 . Inoltre, nessuna prova di mutagenicità è stata trovata in nessuna delle quattro prove recensite dall’EPA 9 .Non è neppure considerato cancerogeno - ratti e topi alimentati ad alte dosi, per due anni non hanno mostrato aumenti di crescita tumorale 9

    In conclusione: se c’è da preoccuparsi dei residui lo si deve fare sia quando si mangia cibo biologico che quando si mangia cibo convenzionale, o meglio non vi è da preoccuparsi di nessuno dei due, visto che le verifiche ci dicono e che siamo in presenza di un perfetto controllo di rientro nei termini prefissati per quanto riguarda i residui di pesticidi. Non ultimo vi è da considerare che una recente indagine mostra come gli agricoltori che dovrebbero essere i più esposti ai pesticidi sono più sani della gente inurbata, anzi i dati stanno migliorando nel tempo appunto perché è stato fatto uno sforzo per migliorare distribuzione dei pesticidi e soprattutto i tassi di tossicità dei prodotti più usati in convenzionale.

  • Ma allora è come quando trovi un alimento che mangiavi da piccolo e ti ricordi che era buonissimo. Poi anni dopo lo riassaggi e ti ritrovi a masticare una cosa insapore e deludente.

  • andrea pesenti 5 maggio 2015 alle 14:18

    Ma quindi è possibile per il consumatore avere un giudizio che vada oltre l'etichetta o le idee sono troppo forti per essere scardinate?

  • La realtà, come dici, non esiste è un'invenzione umana ed il nostro gusto è un fatto puramente soggettivo influenzato dalla cultura e dalle nostre aspettative. In gara fra i migliori vini del mondo a Parigi hanno fatto assaggiare un vino tipo Ronco o Castellino ( il famoso vino in brick da meno di un euro) messo in una bottiglia di vino da cento euro ai tre giudici della gara e due di essi lo hanno giudicato tra i migliori, uno addirittura lo definì "eccezionale" e solo uno si accorse che il colore era diverso da quello dichiarato in bottiglia. In un famoso ristorante pluristellato di cui conosco il proprietario poiché anch'io ho un ristorante ( benché sia socio di minoranza) una volta mangiai malissimo e pagai un conto estremamente salato ( in un ristorante..ah aha ah) e lo dissi al proprietario il quale mi fece presente che lo sapeva benissimo di aver servito delle porcherie ma i clienti lodavano lo stesso il cibo mangiato proprio perché lo pagavano tanto. Dasmi dici una stupidaggine perché la rotazione delle colture è possibile solo in un limitato numero di colture perché non puoi espiantare meli o peri per piantare fagioli o ceci e poi rimetterli come se niente fosse.

  • sono d'accordo sull'influenza che le varie 'etichettature' possono sulla percezione di un prodotto.
    Al netto dei vari etst con i rpodotti McDo che onestamente, non so come fai fatica a scambiare epr altri...forse i dolci, ma i panini...
    Secondo me c'è da considerare un altro fattore però:
    non tutti i prootti li possiamo considerare 'premium', alcuni sono anche 'entry level'.
    Generalmente quelli con un etichetta 'fighetta' sono realizzati ponendo più attenzione al tipo di produzione e gli ingredienti utilizzati. Quindi, nella media, sono più buono, al gusto

    in ogni caso ho fatto, aiutato, dei blind test sul latte, e immancabilmente quello BIo (il 'bolognese' più venduto in Italia era il più buono. Così come quello bio della centrale del latte locale era uguale a quello alta qualità.

    PS: è inutile che ti dic che lo 'steineriano' bavarese batte tutti ;) (sempre blind test, eh)

  • Dario ti ringrazio e straquoto quello che hai scritto in questo articolo.
    E' quello che vado predicando anch'io , come anche Alberto Guidorzi in diversi suoi commenti, sul fatto che molte persone sono influenzate dalle aspettative che hanno verso quel cibo .
    In particolare nel settore prodotti da forno , leggo spesso che la farina biologica sia più saporita di una farina convenzionale, o che la farina macinata dal molino a mole di pietra ( alla Banderas ) abbia un flavor migliore rispetto alla farina macinata da un impianto a cilindri d'acciaio. Oppure che il grano cosidetto "antico" sia migliore rispetto ad una varietà di grano moderna.

  • Sarebbe comodo per il lettore se si riportassero i dati essenziali degli studi, in modo da poter valutare quanto siano statisticamente significativi. Ok, ci sono i riferimenti, ma in fondo si tratta solo di due numeri in più (numero di casi studiati e deviazione standard). Non lo dico in modo specifico per questo articolo, ma in generale, i falsi miti si diffondono anche così.

  • Colgo l'occasione per complimentarmi con Bressanini che seguo in silenzio da molto. Volevo portare la mia umile esperienza diretta sui fatti trattati qui e che non può che avallare l'ipotesi di Dario: qualche anno fa ci invitano a cena in un localino tipico di montagna, piccolo paese contadino, quattro gatti, una chiesta e un ristorante. Volevano farci conoscere i piatti tipici fatti a mano dalla nonnina del paese, preparati con prodotti coltivati dai contadini del paese e cose così... Assagiato tutto, niente di emozionante ma buono. Arriviamo al pezzo forte: il dolce! Assolutamente dovevamo assagiare la panna cotta: come la fanno qui non la fa nessuno! E' stato come invitare un'oca a bere... ho una lunga storia di panne cotte in tempi non sospetti. Io azzardo la ricetta, cerco di individuare gli ingredienti, anzi l'ingrediente segreto, quello che i nostri ospiti non sono mai riusciti a scoprire. Alla fine, dopo gli elogi alla cuoca e la narrazione delle mie avventure di pannacottiera riesco a farmi raccontare come l'aveva preparata: panna fresca di caseificio e bustina della Camel! un caro saluto

  • le tue aspettative sull'evento sembrano piuttosto elevate. verrai ingannato? :)

  • Procellaria: ho messo anche i link. Non credo che metterò mai i p value per non confondere il lettore non specialista. :)

  • A quanto pare i p-value non li vogliono più neppure gli specialisti (https://www.sciencenews.org/blog/context/p-value-ban-small-step-journal-giant-leap-science)
    Forse gli intervalli di confidenza sono meno ingannevoli.
    Grazie per i link, controllerò i margini di errore.

  • Io ho amngiato biologico per anni credendo che facesse bene, che facesse meglio, che fosse meglio di sapore, tutte cose di cui sono convinte quasi tutte le persone che lo mangiano.
    Il dubbio mi è nato quando ho iniziato a leggere le etichette della roba bio, che, come dice Dario, evidenziano che molti prodotti bio non sono per nulla più sani rispetto a quelli convenzionali.

    Consiglio quindi a chi legge questo blog ed è un supporter del bio di leggere tutti gli articoli che riguardano il biologico e di farsi un'idea un po' meno di parte sull'argomento, perché se è la salute quella che cercano scopriranno che non necessariamente un cibo biologico è più salutare.

    Personalmente in fatto di gusto trovo che non ci siano differenze tra biologico e convenzionale, o meglio, penso che certe cose siano più buone bio, altre convenzionali, come ad esempio il pane: quello biologico è, a mio avviso, disgustoso e costosissimo. Molto meglio il pane normale del panificio sottocasa, che, oltre a costare un decimo, è anche molto più buono.

    Sulla mania di acquistare il cibo biologico ho una mia opinione: sono seghe mentali (scusate il termine) per gente che ha troppo da mangiare. Si può mangiare ugualmente sano, se non di più, comprando anche i cibi non biologici e spendendo molto meno. Per quello che ho potuto vedere, la tipologia di clienti del supermercato bio è solo una: gente con tanti tanti soldi e che acquista al biologico semplicemente perché è più costoso (dicendo però che lo fa perché è più salutare).

  • MaxArt:
    L'effetto placebo viene invocato a sproposito per intendere un effetto di auto-convincimento, o persino un fantomatico poter di guarigione della mente (!).

    Tuttavia, l'effetto placebo è un effetto statistico più che psicologico: dalla maggior parte delle malattie non si muore e si guarisce naturalmente. Quindi qualunque cosa prendi dopo un po' stai meglio, che sia un medicina utile, una medicina inutile (es. antibiotico per l'influenza) o acqua e zucchero.

  • Gio

    In effetti, come indicato da R. Cialdini ne 'le armi della persuasione', esiste una ben precisa correlazione automatica, tra 'più caro' e 'necessariamente migliore', che scatta nella testa del cliente target del mercato Bio appena arriva a fare dei confronti tra prodotti. Sembra un paradosso ma è più frequente di quanto non si creda.

  • L'effetto che hanno le aspettative e altri fattori percettivi sulla nostra percezione del gusto credo non sia una novità e per altro, oltre a non potercisi sottrarre completamente, in fondo la trovo anche una buona cosa in certe circostanze: pensate a quanto assaporate di più una stessa portata quando è ben presentata... Conoscete un additivo più salutare di una bella presentazione?

  • Dario Franco F. 5 maggio 2015 alle 20:55

    Per questa volta Bressanini ammette che si dica secondo me oppure con me..... Insomma se è successo a qualcuno di noi che le aspettative abbiano in qualche modo fatto cambiare gusto al cibo.

    Per quanto riguarda me, se devo essere sincero, quando si parla di Bio certo non mi aspetto un sapore migliore delle cose, anzi. Pensavo si accettasse di mangiare qualcosa di meno appetibile in cambio di un paio di garanzie in più per la salute.
    La mia esperienza con il cibo biologico è più che altro con prodotti da forno oppure con vari tipi di pasta (Kamut, Farro, Grano Saraceno, Riso integrali e raffinati...). Onestamente ho sempre notato una qualche difficoltà in più a cucinarli rispetto ai prodotti di marca più venduti. Soprattutto i legumi. Ma mai mi sono sembrati più buoni. In particolare i biscotti o le varie gallette. Ho provato anche una serie di prodotti senza qualcosa (uova, glutine, lievito, olio di palma, burro), a volte pure senza tutto (che non si capiva nemmeno cosa li tenesse insieme quei biscotti) e nella maggior parte dei casi li ho trovati inappetibili, spesso duri come sassi. Ho provato anche qualche crema spalmabile, qualche maionese, qualche salsa orientale, qualche composta o marmellata e non c'è paragone, meglio i prodotti di marca. Quelli li finisco sempre, quelli biologici il più delle volte li ho lasciati a metà e poi buttati. Per quanto riguarda frutta e verdura fresche quando mi capita di prenderne non noto molta differenza, trovo qualità buone sia Bio che non Bio.

    Però a pensarci bene una differenza la notai una decina o più di anni fa: quando mi facevo la pasta o il riso Bio mi bastavano delle porzioni minori rispetto ai prodotti più pubblicizzati (cui spesso al primo piatto si accompagnava il secondo). Qui mi ero fatto l'idea personale che il Bio nutrisse di più e ne bastasse meno. Insomma che se uno mangia Bio non corre nemmeno il rischio di ingrassare. Non ci pensavo da anni. Magari posso riprovarci adesso per un annetto.

  • Per un certo periodo ho provato a consumare prodotti bio secondo la logica : meno pesticidi e più gusto . Di tutti i cibi bio , confrontati con quelli standard , non ne ho trovato uno che mostrasse una differenza , positiva . Sulla storia dei pesticidi , poi , chiedere a Guidorzi . Io l'ho chiesto ad uno del settore e mi ha confermato che la stragrande percentuale delle coltivazioni bio lo sono solo per gli ingenui . Ricordatevi dei cetrioli che in Germania erano bio , hanno ammazzato un po' di gente e resa invalida una moltitudine . Non sappiamo del loro gusto .

  • Il gusto penso che dipenda da altri fattori, ad esempio la qualità del seme, il terreno, il sole... Non se il metodo di coltivazione sia bio o meno.

  • Non essendo un cultore di enogastronomia non ho titoli per esprimere pareri sulla realta' delle differenze abissali che vengono continuamente osservate e propagandate dagli intenditori ( e oggi anche da gruppi militanti, a volte perfino violenti) fra prodotti alimentari simili con origini diverse; essendo invece da sempre appassionato di scienza e coinvolto a tempo pieno nella ricerca, tendo istintivamente a pensare che la parte immaginaria delle suddette differenze sia in genere dominante su quella reale. La sensazione prevalente e' simile a quella che alcuni di noi provano di fronte allo sterminato panorama dell'arte moderna: se si eccettuano i pochi casi di opere prodotte con genio indiscutibile e inimitabile, che toccano e commuovono chiunque le contempli, tutto il resto finisce per risultare un ammasso confuso di roba di scarso valore, poco comprensibile e ancor meno commovente, e non raramente porta a recensioni entusiastiche di obbrobri senza senso, o al contrario a stroncature di lavori pregevoli, basate unicamente su pregiudizi.

  • Io ad esempio è da diverso tempo che mi sto chiedendo seriamente come mai McDonald's non ha ancora inserito in menù un Hamburger Bio, "l'hamburger più sano e gustoso", che zittirebbe i critici e aumenterebbe la percezione del marchio

    Forse il problema può essere il reperimento di così tante materie bio per una catena di fast food?

  • Ciao Dario! Forse ne sei già al corrente o qualcuno ne ha già parlato, ma a proposito della questione del "contro natura" vorrei segnalare un articolo molto interessante:
    "The genome of cultivated sweet potato contains Agrobacterium T-DNAs with expressed genes: An example of a naturally transgenic food crop" pubblicato su PNAS... una chicca :)

  • Paolo

    Non dico ogni giorno ma ogni volta che si indaga sul genoma di qualche pianta che ci interessa si scopre che è stata "ingegnerizzata" naturalmente dal plasmidio dell'Agrobacterium. Si pensi poi che si indagano solo le piante di interesse, ma quante altre piante sono divenute biodiverse per questo motivo? D'altronde possibile che il meccanismo dell'Agrobacterium al momento della scoperta non fosse già attivo prima e che agisca ancora. Si scoprirà in futuro che quando infuriava la bagarre del si-OGM e NO-OGM questo microrganismo in barba a Capanna faceva il suo lavoro.... solo che non potremo più dire a q

  • Paolo

    Non dico ogni giorno ma ogni volta che si indaga sul genoma di qualche pianta che ci interessa si scopre che è stata "ingegnerizzata" naturalmente dal plasmide dell'Agrobacterium. Si pensi poi che si indagano solo le piante di interesse, ma quante altre piante sono divenute biodiverse per questo motivo? D'altronde possibile che il meccanismo dell'Agrobacterium al momento della scoperta non fosse già attivo prima e che agisca ancora. Si scoprirà in futuro che quando infuriava la bagarre del si-OGM e NO-OGM questo microrganismo in barba a Capanna faceva il suo lavoro.... solo che non potremo più dire a questo bellimbusto che era un fanfarone.

    Commento completato e soprattutto corretto.

  • Commento di servizio: non c'è da qualche parte l'indice del libro in consultazione?

  • Bello questo articolo sulla suggestione, vorrei raccontare un episodio in merito.
    Io faccio la spesa al discount ma sono una patita dell'etichetta, compro anch'io le schifezze, ma con consapevolezza.
    Confrontando prodotti di marche conosciute, tipo crackers o fette biscottate noto che gli ingredienti sono identici e addirittura a volte peggiori di quelli chiamati sottomarche.
    Tempo fa la mamma di un compagno di mio figlio affermava con convinzione che lei ai suoi figli comprava le merendine buone, le k....., ma avete letto l'elenco ingredienti? E' lungo quanto il bugiardino delle novalgina! magia della pubblicità o suggestione?

  • Sul documentario fragola mi son chiesto una cosa. L'aroma di fragola è un prodotto standardizzato mentre le fragola no. Se acquisto fragole ce ne sono alcune che non sanno di niente, altre hanno solo il profumo, altre ancora sono buone.
    Se io facessi l'esperimento usando fragole senza profumo e che non sanno di niente è ovvio che l'aroma risulterebbe vincente.

    Provando a coltivare qualcosa in giardino in maniera più che bio, le uniche volte in cui ho ottenuto risultati migliori di quanto acquisto in giro sono state nei casi in cui raccoglievo alla giusta maturazione prodotti facilmente deperibili. Cosa impossibile ad ottenere per la normale catena di produzione e distribuzione in quanto il prodotto marcirebbe prima della vendita.

  • Se io informassi gli estimatori del miele che esso, nel caso che provenga da nettare, è il frutto due due ingestioni e due vomitamenti, uno dell'ape bottinatrice ed una dell'ape operaia che opera l'idrolisi, mentre trattasi della raccolta di un vero e proprio escremento quando il miele proviene da mielata, cambierebbe qualcosa nelle vostre valutazioni?

  • Vorrei solo segnalarti che due lavori citati provengono dall'Università degli Studi della Basilicata (www.unibas.it) e non di Potenza.

  • Alberto,
    mo ti faccio una domanda io.
    Come ci arrivano le chiocciole nei vasi del balcone di casa mia al quinto piano?
    Il terriccio lo compro in sacchi e credo non ne contenga.
    Le loro uova sono grandi e non credo che possano arrivare nelle feci degli uccelli.
    Si arrampicano?
    Se la domanda è davvero troppo OT allora diciamo che se me lo spieghi io poi le trovo appetitose e me le mangio ;-)

  • Prova a gurdare sui muri e vedrai delle scie translucide, è il percorso delle lumache, ma non è detto che vengano dal piano terra.

  • Hiiiii, le odio le lumache! Nell'orto una lotta senza quartiere :(

  • La suggestione : anni fa in un'aula universitaria spagnola , un docente portò un grosso flacone dicendo che conteneva un profumo piuttosto forte . Aprì il flacone , stando sulla cattedra , ed iniziò a chiedere agli allievi che profumo sentissero e quale fosse la sua intensità . Dopo poco tutti sentivano il profumo ed un paio di persone chiesero di chiudere il flacone dato il fatto che trovavano detto odore estremamente fastidioso . Il flacone conteneva acqua . Fu motivo di un "cuento" ( breve racconto) ironico .

  • Gerryino : chiocciole o lumache ? Anch'io ho nel mio orticello una invasione di chiocciole , mi sono simpatiche . Spesso le lancio , delicatamente , nell'orto del vicino a pasturarsi delle insalate che questo coltiva . Avrai capito che costui non mi è simpatico .

  • Ugo: grazie, ho corretto :)

  • Grazie, Alberto, però, se non vengono dal piano terra, da dove vengono?!

  • Demetrio ecco dove puoi trovare la risposta

    Le limacce sono ermafrodite (sullo stesso individuo sono presenti organi riproduttivi maschili e femminili) e hanno una durata di vita di 8-12 mesi. In ottobre-novembre depongono dalle 300 alle 500 uova nello strato superiore del terreno o nello strame. Le uova sono rotonde e trasparenti, si schiudono in primavera a delle temperature tra 5°-20°C e con umidità relative molto alte. Nell'arco dell'anno si susseguono 2-3 generazioni. L'attività delle limacce é strettamente legata all'umidità dell'ambiente, in condizioni di siccità la loro attività è inesistente. Per questo generalmente escono dai rifugi per nutrirsi durante la notte, ma in caso di giornate uggiose sono presenti anche durante il giorno.

  • Perciò la scalata del mio palazzo è un'epopea che coinvolge varie generazioni di limacce!
    Ti ringrazio, impagabile Alberto.

  • Anni fa ho dato una mano a Terra Madre per un percorso di educazione alimentare. Davamo agli ospiti 3 pezzetti di cioccolato di marche diverse (senza involucro!) e un questionario da compilare. Gli ospiti dovevano assaggiare e scrivere quale conteneva più zucchero, quale si scioglieva prima... Da allora ho provato parecchie volte a rifare lo stesso giochetto con i miei nipoti...il punto è che ci manca questo tipo di educazione, ingurgitiamo tutto senza pensare.

  • Articolo molto interessante che dimostra come nella scelta del cibo la componente sociale/ ambientale giochi un ruolo importantissimo. Unico appunto non parlerei di gusto ma di percezione sensoriale del cibo. Questo perché in queste valutazioni sono coinvolti diversi sensi: gusto, olfatto, tatto, vista e non solo gusto.
    Numerosi studi dimostrano che il senso più importante per la valutazione di un alimento sia la vista. Un cibo di forma, dimensioni e colori inaspettati/inusuali non verrà mai gradito anche se di ottima qualità.
    Per il resto ancora complimenti per il blog

  • Egregio Bressanini, innanzitutto un appunto riguardo ai dati da lei postati. Non è specificato come venisse scelto il campione, si trattava di sommelier o semplici persone? Perchè se prende un lettore mp3 e va per strada con una track di Beethoven e una di Mozart, il 99% delle persone presumibilmente attribuirà la paternità dell'opera a caso, e potremmo poi scrivere un bellissimo articolo su come "Tra Beethoven e Mozart non v'è differenza", o come il Tavernello sia uguale al Brunello di Montalcino e via discorrendo. Il gusto, essendo un parere estremamente soggettivo, va allenato, praticato, migliorato, a riconoscere le sue componenti. Questo non significa che il bio è per "le elites", ma più semplicemente che questi studi dovrebbero essere fatti su persone che sanno distinguere, se quello che si vuole ottenere è verificare la possibilità di distinguere. A rigor di logica intendo. In un giudizio degustativo entrano in campi decine di fattori, di cui una grandissima parte psicologici e che nulla a che fare con le proprietà organolettiche. Se io fossi stato abituato a mangiare feci di capra sin da bambino e non avessi mai mangiato un panino MC, probabilmente riconoscere il gusto delle "bio praline" a seguito di una degustazione attiverebbe in me sensazioni positive legate all'abitudinarietà del sapore "fece" mentre potrei rimanere negativamente spiazzato dal gusto "nuovo" del burger. Tutto questo è ben riassunto nel tanto abusato "de gustibus" che a mio parere dovrebbe porre problemi di natura addirittura deontologica, a chi esegue questo tipo di "scherzi-ricerca". I risultati di quei test non solo solamente estremamente prevedibili (i finanziatori stanno di manica larga?) ma anche completamente inutili e dannosi per la scienza stessa, che sempre di più è piegata alla vorace smania di statistiche "scientifiche" di consumatori disorientati e fondamentalmente ignoranti. E' evidente che esiste una componente ideologica dietro alle scelte alimentari della maggior parte dei consumatori "chic" , ma questa non nasce dal nulla. Premiare il mondo bio, anche se le proprie papille non ne sono capaci, significa premiare non solo un prodotto, ma un modello di sviluppo umano che nelle sue imperfezioni, è comunque orientato in maniera diametralmente opposta ai modelli attuali. Ci sono decine e decine di prodotti bio non solo irriconoscibili degustativamente dalle controparti, ma addirittura "peggiori" se raffrontati al gusto "comune". Perchè allora mangiarli? Li entra sicuramente in campo una connotazione ideologica, di premio.. ma la domanda è: è più superficiale il giudizio di chi giudica solamente il prodotto finito, o di chi considera, o prova a considerare, l'intera filiera di produzione e fa della sua scelta non solo una questione di abitutidini degustative soggettive, ma anche di cultura, tradizione, modelli di sviluppo. etc.. Lei giustamente si accanisce verso le scelte acritiche e basate sui trend, ma quale dei due approcci è più propedeutico allo sviluppo di una scelta consapevole e critica?

  • MicheleP, ammesso (e non concesso: ha letto i miei articoli sul vino costoso? ) che la differenza esista ma la possa sentire solo una piccolissima minoranza della popolazione, ritengo giusto avvertire la grande maggioranza, che non è in grano di sentirla, che sta pagando di più inutilmente.

    Sottovaluti però il senso di questi studi, che mostrano come NOI siamo infuenzati dalle apparenze e quindi possiamo spacciare per bio, e farlo piacere DI PIU', una cosa che bio non è.

    E' per questo che Il giudizio sul prodotto finito DEVE essere ben distinto da quello della filiera, e mischiare le due è il solito trucco del marketing per strizzare più soldi dai consumatori fornendo un prodotto organoletticamente spesso indistinguibile.
    La scelta consapevole deve partire con tutte le carte sul tavolo, senza nascondere il due di picche. Quindi cominciamo a dire che molto spesso i prodotti bio e non bio sono al consumatore indistinguibili. Starà poi al consumatore decidere se vuole spendere di più per le altre questioni "ideologiche" :)

  • chi sa fare una analisi organolettica fatta bene è 1 su mille o più dato che non c'è educazione su questo nè in casa, nè a scuola . Inoltre anche se fosse fatta bene si cerca di oggettivare una cosa soggettiva e si torna al detto brasiliano : il gusto è come il buco del c... ognuno ha il suo. Se mi metti a fare una prova alla cieca con merdonald o simili però ti sgamo subito, anche se me lo presenta massimo bottura, idem se nella stessa tipologie di birre me ne dai una artigianale una industriale e una chimica. Già sul pecorino e l'ananas mi potresti fregare perchè non li produco e non mi sono (ancora) allenato abbastanza: probabilmente un pastore sardo e un coltivatore bio del costa rica ti scoprirebbero.
    Le mie papille gustative e il mio olfatto le alleno, ho una banca dati dei profumi e degli odori che la maggior parte delle persone non hanno, oltre al fatto che spesso ci si limita a dire buono che non significa nulla. E purtroppo non ci sono molte scuole a riguardo nè educazione, se poi usciamo dai nostri confini spesso è pure peggio.
    Quelli citati sopra sono divertenti esperimenti sociali su quanto il popolo è bue però nulla di più

  • Eccerto, son sempre gli altri a cascarci :LOL: tutti noi ci sopravvalutiamo ;)

  • Quella sul sapere certamente (e sempre) distinguere una birra artigianale da una industriale poi fa proprio ridere.
    Io me lo vedo il buon paolo appassionato domozimurgo che pensa di essere un super degustatore con la sua "banca dati dei profumi e degli odori"...sappi che le prove in cieco hanno fregato gli assaggiatori più esperti in molti campi, tanto più che il gusto è un senso molto ingannabile.

  • Cosa devo capire io che non bevo birra, che i grossi birrai non sanno fare la birra e quelli piccoli sì?

  • I grandi birrai sanno fare birra 100 volte meglio dei piccoli e su questo non ci piove. Poi qualche eccezione può sempre esserci.
    Poi il fatto che siano bravi deve comunque fare i conti con le esige

  • domozimurgo ,sommellier, alchimista provetto in bevande liquori (e altro) ne ho già fatti molti di assaggi in cieco, ma realmente una persona con un minimo di olfatto e papille gustative allenate, non può non riconoscere un merdonald (anche a distanza). Sulla birra basterebbe allora quando c'è una competizione di homebrewers che "clonano" una birra, travasare l'originale in una bottiglia anonima e vincere il primo premio? Provateci.
    I sensi si allenano e a volte possono essere "stanchi", l'olfatto diminuisce nell'arco della giornata ma un marchio di fabbrica-brand che dir si voglia, deve essere riconoscibile è anche la chiave del suo successo (e riproducibilità nel mondo). Una cosa è se il big mac lo fa cracco una altra cosa è se me lo presenta e basta, solo sotto ipnosi non lo potrei riconoscere. A 200metri dal fast food io sento l'odore nauseante del rifritto di palma figurati sotto il naso.

  • ...con le esigenze della grande distribuzione, quindi con la pastorizzazione, con le grosse prosuzioni, con il prezzo finale al consumatore che deve essere il più competitivo possibile e questo costringe all'uso di succedanei....ecc ecc
    Come facciano a fare robe bevibili e stabili con tutte queste difficoltà è un mistero nonché la dimostrazione della loro grande competenza.

  • @guglielmo non è questione di grosso o piccolo, artigianale o industriale ma di consumatore fesso o fatto fesso. La doppio malto,triplo malto, i dieci luppoli, il lievito della patagonia, il fantastico malto di mais fatto solo per te, può attecchire solo su chi non conosce il prodotto come il sale rosa dell'himalaya. Chi ne conosce un pò e tutti quelli che sanno fare la birra lo sa benissimo di cosa parliamo. Ci possono essere degli ottimi produttori industriali come dei pessimi artigiani. La linea di demarcazione è la qualità vera, cosa sto bevendo e quanto lo pago. Nello stesso stile di birra, una buona birra industriale difficilmente potrà mai avere la qualità di una artigianale è come mangiare in un fast food o in un ristorante slow food, come farsi un risotto liofilizzato o cucinarlo con prodotti freschi. Poi se cucini male dei prodotti pessimi allora è meglio che mangi i liofilizzati per non avvelenarti. Ci sono birre artigianali e industriali belghe che ce le sognamo la notte, alcune italiane artigianali uguali e a volte meglio (ma dai prezzi assurdi se comparate con chi fa birra da centinaia d'anni) e molte italiane artigianali che di artigianale hanno solo il prezzo assurdo. Il discorso poi sarebbe molto più lungo ed elaborato ma mi fermo qui che ho già fatto un mattone abbastanza lungo

  • @simone Il lavoro industriale del tavernello non differisce da quello di ferrari o altri vini blasonati. C'è un differenza enorme sui tipi di assaggio al cieca che si fanno e la descrizione di un vino che si conosce. Alla cieca normalmente si descrive NELLA STESSA TIPOLOGIA DI VINO quale di essi è più pronto,intenso, persistente nella sua anlisi organolettica mai nessuno si sogna di dirti il nome del vino la cantina o la vigna dove è cresciuto se non a carte scoperte. Sono rarissimi quelli che ti riconoscono un vino così come è stato fatto ma se vai dal campione mondiale dei sommellier probabilmente lo avrebbe riconosciuto e probabilmente anche un romagnolo avinazzato x esperienza. Quindi non significa nulla solo che il tavernello è un ottimo vino col miglior rapporto qualità prezzo anche perchè 78-80 mi sembra giusto i grandi vini sono sopra l'88 e tutti gli altri in mezzo non c'è nessuno scandalo. Però preferisco altri vini

  • Onestamente?
    Mi sembra la solita solfa sul artigianale-industriale.

    Soprattutto riguardo al vino, sarà quasi impossibile trovare una bottiglia (o brick) difettata di un qualche "industriale", è molto più facile trovarne dai piccoli produttori (soprattutto se anziani e abituati a lavorare "come una volta").

    E con gli assaggi alla cieca ho visto enologi prendere cantonate micidiali come azzeccare anche l'annata, ma sono davvero rari questi ultimi.

    Su slow food e la presunta maggiore qualità non mi esprimo va là

  • io invece sento l'odore nauseante del rifritto delle peggiori frasi fatte e scontate... sarà che ci ho un naso allenato a sentirne il puzzo? :P

  • Perchè ce l'avete tanto con i mac? Gli hamburger sono fatti con le carni migliori (me lo ha detto un macellaio che lavora anche per loro) il pane viene fatto a ciclo continuo e l'olio viene cambiato ad intervalli regolari e le loro friggitrici hanno un termostato preciso... Così come negli autogrill, i panini sono contrassegnati con delle bandierine colorate che indicano l'ora, dopo qualche ora vengono buttati via, e questo lo so per certo perchè ero amico di una dipendente che era incaricata di riempire i sacchi della spazzatura e lo faceva con le lacrime agli occhi... è genovese ;-)

  • Quindi quando si avverte differenza nel sapore tra Pepsi e Coca-Cola è solo auto-condizionamento?

  • Commento in moderazione

  • @simone erano esempi nessuno ha la verità in tasca ma prove alla cieca ad cazzum non sono scientifiche e non provano nulla poi chi portava il vino lo conoscevano quindi era falsata in partenza perchè non credevano potesse spingersi a tanto
    @giulielmo tutto vero e rispettano l'haccp cosa che non succede coi formaggi di malga, le sfogline di bologna che si tramandano mattarelli in legno da generazioni e non usano kevlar e guanti in lattice poi guardati il film "super size me" e ne riparliamo (quello è un vero esperimento scientifico).

  • Mi piacerebbe sapere cosa Paolo intende per birra artigianale, al di là delle disposizioni di legge...

  • @zio coniglio, le parole a volte sono fuorvianti possono voler dire tutto e nulla, la birra che faccio io è artigianale come lo può essere quella fatta da una ditta italiana, da un domozimurgo o da un industria belga partendo dal fatto che si usano materie prime di qualità (malto d'orzo/frumento, lievito, luppolo, acqua, spezie, zucchero, frutta), che il mosto viene rifermentato in bottiglia-fusto per sviluppare co2, non è pastorizzata nè microfiltrata. Ci sono "birre" che saltano questo processo perchè mettono in autoclave il mosto, altre che usando luppoli di tale bassa qualità che necessitano di conservanti (vedi usa e brasile le birre "da bere ghiacciate" perchè altrimenti fanno schifo), come ci sono birre artigianali che a parte il nome e il prezzo assurdo sono le brutte copie delle birre industriali. Non vedo la pastorizzazione come il demonio se non ci fosse non potresti bere un succo di "frutta" industriale senza prenderti il colera, anche se si sa bene che stai bevendo acqua zuccherata, di frutta dentro ce n'è ben poca e addizionata di vitamine artificiali e artificiosamente. Però se mi prendo dalla stessa cantina-birrificio industriale lo stesso prodotto (vino-birra) non pastorizzato la differenza gustativa è evidente. Andate a fortezza alla fabbrica forst e bevete una birra poi bevetevi la stessa al bar o al supermercato noterete subito la differenza, non a caso in altoadige quasi nessun bar ha la forst alla spina pastorizzata perchè la birra degli "italianen" loro non la bevono bevono solo quella non pastorizzata, mica fessi. La chiudo qui altrimenti scrivo un libro.

  • Dr. Bressanini, non pensa che questo genere di "inganno del cervello" dipenda anche dal tipo di educazione alimentare ricevuta?

  • nono, assolutamente. Questa è l'illusione di tutti quelli che si credono più "esperti" della media :) Ma se leggi gli articoli che ho scritto sui test sul vino vedrai che ci cascano tutti, esperti sommelier (in quel caso) compresi :) E' che il nostro cervello è molto influenzabile

  • Li ho letti poco fa, molto interessanti.
    Forse ho sbagliato terminologia, comunque io sono cresciuto con un impostazione alimentare che non mi porta alla ricerca del marchio ma del gusto, biologico o non biologico.
    Questo aspetto purtroppo però ho difficoltà a spiegarlo in maniera tale da essere comprensibile, perchè rischierei di fare confusione e magari potrebbe essere mal interpretato.
    Diciamo che non guardo il marchio ma solo il sapore (anche all'interno dello stesso marchio) tant'è che più di una volta lo stesso prodotto venduto dallo stesso produttore, mi è si piaciuto ma anche non piaciuto (due prodotti comprati separatamente in periodi diversi, ma dello stesso marchio)
    Per me biologico o convenzionale non fa differenza, compro sia formaggio del caseificio nostrano che formaggio della grande distribuzione e sono stato deluso da entrambi (poche volte).

  • * un'impostazione

  • Grazie per la risposta.

  • @Paolo
    "che il mosto viene rifermentato in bottiglia-fusto per sviluppare co2"

    Insomma fabbrichi bombe a mano se fai rifermentare il MOSTO in bottiglia/fusto 😅

    Dunque se per essere artigianale deve essere BIRRA rifermenta in bottiglia hai appena escluso Birra del Ducato, Birrificio Italiano, molte birre Baladin...insomma i più importanti birrifici "artigianali" italiani. Mentre hai appena reso artigianali molti industrialissimi birrifici tedeschi che producono weizen (quindi rifermentate) rispettando il vecchio Reinheitsgebot.
    Curioso....

  • Sui succhi di frutta: "si sa bene che stai bevendo acqua zuccherata, di frutta dentro ce n'è ben poca e addizionata di vitamine artificiali e artificiosamente.",
    ecco ci sono moltissimi succhi 100% arancia pastorizzata (quindi la frutta c'è) a cui può essere tolta e poi riaggiunta l'acqua ma che non sono addizionati di "vitamine artificiali"...
    Ma i succhi non sono il mio campo e Dario può darti informazioni più precise.

  • @Ziocunèl
    ogni tanto appare da queste parti un tuttologo divertente... per goderselo completamente bisogna evitare di spaventarlo troppo presto e farlo scappare... 8-)

  • @zio coniglio ...uffa invece di guardare il pelo nell'uovo (non scrivo in maniera scientifica nè tecnica altrimenti ci metterei 1 settimana, cerco di farmi capire perdonami) capiamoci , fusto vale anche per botte ,cisterna, serbatoio,vasca nel quale fai il priming, ops carbonazione sennò mi accusi di influenzarti psichicamente. Adesso mi metti tu la curiosità su quello che intendi per industriale e artigianale; per me lasciando perdere le leggi non c'è una linea di demarcazione netta tanto è vero che ho portato degli esempi di come si possa lavorare bene o male a prescindere che sia casalinga,artigianale o industriale. Poi perdonami ma tutte le birre SERIE, VALIDE e BUONE sono rifermentate, potrebbero essercene di buone (gustativamente parlando) anche di quelle prodotte non in maniera ortodossa non sono un fan della legge della purezza, infatti le mie preferite sono le belghe ed è "scientificamente" provato che la migliore del mondo è la westvleteren.

  • Ok mike, prometto di aspettare un pò prima di demolire le sue certezze😉 anche se dopo l'ultimo post un pò mi prudono i polpastrelli, lo ammetto.
    Rimani con noi Paolo, è raro che si parli di birra in questo blog ed essendo l'ambito dove sono diciamo un pò meno ignorante grazie a te sto riacquistando un pò di autostima😃

  • certezze ne ho poche, e più invecchio mi sembrano diminuire quindi divento più stupido o più saggio? boh, cmq tornando alla birra, puoi carbonarla semplicemente addizionando al mosto in autoclave la co2 ed è una scorciatoia applicabile sia in casa, che a livello artigianale/industriale. E' un abominio per un purista, una scorciatoia, ma ne ho bevute ancora casalinghe e industriali. Il "giusto" processo invece prevede che prima di mettere il lievito al mosto, ne si metta da parte un pò che verrà aggiunto dopo che il grosso sarà fermentato. Così facendo il mosto messo da parte, ancora zuccherino, farà ripartire con i residui del lievito (in realtà se ne possono aggiungere anche altri differenti volutamente per modificare aromi e sapori) la seconda fermentazione che produrrà la tanto desiderata co2. In casa (e forse in belgio che non rispondono alla legge tedesca, ma sarebbe da verificare) si può usare per comodità zucchero al posto del mosto. Se lo metti integrale, mascavo e meglio la rapadura a seconda dello stile di birra puoi esaltarla o devastarla con le sue note di liquirizia e melassa. Spero di aver chiarito un pò

  • Non entro nella discussione birraria argomento del quale sono totalmente ignorante, ma per amore di (teutonica) precisione la fabbrica Forst si trova appunto nella località di Forst (letteralmente Foresta) nel comune di Algund (Lagundo) porta di ingresso della Vinschgautal (Val Venosta), Franzenfeste (Fortezza) è un comune della Eisacktal (Valle Isarco) lungo la Brennerstrasse (Statale del Brennero) dopo Brixen (Bressanone) e Vahrn (Varna). Per inciso se volete godervi la birreria ristorante Forst di Forst meglio andarci fuori stagione, nei periodi di punta il problema è parcheggiare.

    Ziocunèl

    frequentando spesso i luoghi di cui sopra e visto che da quelle parti la birra costa meno dell'acqua mi capita spesso di ordinare la Weihenstephan, bevo una schifezza in termini birrai?

  • Andrea anche a me piace andare a Foresta ogni tanto per mangiare e bere alla Forst, che tra l'altro è la mia birra (industriale) preferita, però se vado da quelle parti preferisco bere appunto le Forst fresche (e non intendo la temperatura😉) che non trovo altrove.
    Weihenstephan è un ottimo birrificio e chi vuole produrre una buona weizen spesso e volentieri utilizza il loro lievito, che a parer mio è il migliore per quello stile. Si potrebbe dire che lo stile weizen si identifuca con il marchio Weihenstephan, quindi di sicuro non bevi una schifezza, anzi! Ci sono altre ottime weizen sia industriali che artigianali e pure italiane. Al di là dei premi internazionali o locali che le singole birre possono vincere rimane sempre il tuo gusto personale a fare da discriminante perché fino a prova contraria non é mai stata "scientificamente provata" la superiorità di una birra rispetto a un'altra... 😁

    Il Krausening è quella tecnica di carbonatazione adottata prevalentemente in Germania proprio perché un tempo erano obbligati a rispettare la "legge della purezza", oggi il Reinheitsgebot non è più obbligatorio e se lo autoimpongono alcuni birrifici tedeschi per fregiarsi di una esclusività tanto cara a molti bevitori teutonici ma che di fatto deriva da una necessità pratica (le numerose carestie dell'epoca costrinsero a preservare le granaglie destinate alla panificazione emanando una apposita legge che fu ufficialmente ratificata il 23 aprile 1516 da Guglielmo IV di Baviera) e non Abeba nulla a che fare con la qualità della birra. Quindi aggiungere mosto alla birra in fase di imbottigliamento è una tecnica che ha poco a che fare con le birre belghe tanto care al nostro Paolo.
    Poi i birrifici che non rifermentano in bottiglia non è che addizionino la CO2, ma la fermentazione condotta negli unitank muniti di pressostato permettono di scaricare la naturale anidride carbonica prodotta durante la fermentazione quando supera la pressione impostata. In questo modo la birra sarà già frizzante al momento di imbottigliarla e si potrà preseevare questa caratteristica utilizzando una riempitrice isobarica durante il confezionamento. Nessuna scorciatoia,anzi, il sistema è più complicato ma permette di alzare la qualità del prodotto. Che poi ci siano determinati stili che prevedono il lievito in bottiglia o una rifermentazione è tutta un'altra storia. Il priming fatto con lo zucchero di canna o melasse varie è una pratica da hobbisti casalinghi, i birrifici usano saccarosio o comunque succheri semplici.

    Vorrei chiedere al nostro super degustatore Paolo qual'è il vino (scientificamente) migliore del mondo....così lo assaggio anch'io😊
    Poi nonho capito quale delle molte birre prodotte dai monaci di Westvleteren sarebbe "scientificamente" la migliore del mondo.
    Magari se ti intendi anche di whisky mi saprai dare qualche dritta...

  • Puoi produrre scientificamente un vino, ma non puoi dimostrare scientificamente che un vino sia migliore di un altro perchè il gusto è soggettivo, il sommellier cerca di oggettivarlo, ergendosi a metro di misura, ma è un errore metodologico non me ne vogliano i sommelliers. Come scienza e amore nella produzione del vino, vocazione del terreno e tradizione direi Chateau Petrus di Pomerol, l'unico dei grandi francesi che produce merlot in purezza mentre negli altri si parla di taglio bordolese. Anche un buon barolo comunque non è da meno anche se li ci sono differenti scuole di pensiero perchè il barolo non è unico. Però rimane soggettivo ci sono persone che preferiscono i bianchi, i vini mossi, quelli che non invecchiano, no barrique, i passiti, gli "illegali-non vinificabili" (adoro il clinto in tutte le sue forme, passito, mosso).
    Sulla Westvleteren i monaci come da tradizione ne fanno 3, semplicemente chiamate 8,10,12 se non erro dal grado plato. La 12 (o tappo giallo) è l'equivalente birrario del petrus con tutti i suoi distinguo tra mondo del vino e birra, accessibilità e prezzi, ma non blasone. Dal grado 10.2% può essere invecchiata anzi come per bordolesi,barolo è meglio invecchiarla. E' l'unica e ultima trappista a tutt'oggi creata in abbazia da monaci benedettini cistercensi quindi è anche benedetta mentre tutte le altre abbazie sono state trasformate in industria commerciale. Il mito su come ottenerla, la produzione, critiche ed esaltazioni ti lascio trovarle da solo in internet è pieno (e non so se qui posso mettere links ;) )
    Rimane sempre al gusto soggettivo, io per esempio non sopporto la weizen per i suoi profumi di banana e la carbonazione la trovo indigesta (forse ne ho bevute troppe da piccolo), mentre la sua cugina blanche, o witbier che dir si voglia, potrei fagocitarne una cisterna. Sarà il lievito che non produce la "banana", o l'uso di scorza d'arancio amaro e il coriandolo ma la trovo la birra più beverina nelle giornate afose. Una su tutte di quelle facilmente reperibili la Blanche de Namour.
    Sul whisky lascio parlare michele l'intenditore della pubblicità, scherzi a parte non dico nulla è un mondo troppo complesso, categorie separate che fanno scuola a sè, scozzese, irlandese, single malt, cereali, bourbon (chiedo venia ai puristi non vogliatemi male). L'unica cosa che so da homebrewer è che se sbagli totalmente una birra piuttosto che buttarla se è proprio imbevibile puoi distillarla e fare alcool (whisky sarebbe una parola grossa in questo caso).
    Inoltre, non so perchè rispetto ad altri alcoolici, se ne bevo più di un dito sto male anche con prodotti pregiati. Preferisco liquori di pronta distillazione come grappa,cachaça, vodka,arrak, tra gli invecchiati di gran lunga preferisco cognac,calvados anche se per motivi di salute ormai li annuso più che berli.

  • mikecas

    lasciamo che Ziocunél si diverta ancor un po' o adesso possiamo farlo scappare? Comincio ad avvertire i fastidi che ho quando vedo Report, a proposito qualcuno si è sciroppato la diretta emanazione "Indovina chi viene a cena?", ho visto la pubblicità della trasmissione ma non ho il coraggio di avvicinarmi.

  • - 8 10 e 12 non sono 9il grado Plato sennò come riuscirebbero a tirar fuori oltre dieci gradi alcolici? Pregando?😅
    -La Westvleteren non è l'unica prodotta in abbazia da Monaci ma lo sono tutte le Trappiste altrimenti non potrebbero fregiarsi dell'esclusivo marchio.
    -Se non è possibile stabilire quale sia il vino (scientificamente) migliore come mai lo hai potuto fare con la birra?
    -L' acetato di isoamile è l'estere che da il sapore di banana alle weizen e Sì, lo produce il lievito, praticamente tutti i lieviti possono produrlo ma quello weizen lo fa più degli altri.
    -occhio a distillare la birra, oltre ad essere vietato è anche un pò pericoloso e devi saper tagliare bene la testa del distillato per non avvelenarti e per non portarti dietro tutti i difetti che ti avevano fatto scartare la birra, esteri e alcooli sono i primi che passano. . .

  • zio infatti ho scritto se non erro perchè non erro sicuro :)
    tutte le trappiste, westvleteren a parte, le fanno gli operai in fabbrica, c'è una gabola legale con "supervisione" dei monaci, infatti le produzioni sono di migliaia di ettolitri e un esempio la chimay la trovi in tutti i supermercati del mondo mentre la westvleteren la produzione è fissa non hanno intenzione di aumentarla perchè è principalmente il "pane liquido" del signore e non un prodotto commerciale.
    Che sia la migliore basta recarsi ad assaggiarla o telefonare dare il numero di telefono e la targa del veicolo e ritirarla in convento all'ora e giorno stabiliti, anche se prendere la linea fuori dal belgio è come vincere all'enalotto. Se non ti piace puoi dirmi che non è vero, che preferisci la peroni comprata dai giapponesi che fanno la birra senza glutine, ma io non ti perdonerò mai.
    distillare teoricamente è una cosa ma nella pratica è un altra: è tutto vero ciò che dici, ma nel caso del malto testa e coda sviluppano quantità irrisorie di metilico e polialcoli che potresti anche non farlo ma dato che faccio le cose per bene uso solo il cuore, ridistillo discontinuo e sono più felice. Discorso diverso coi frutti, vinacce che li si diventa ciechi.
    A me l'isoamile fa sinceramente schifo, mentre adoro l'antranilato di metile ma non quello del repellente degli uccelli, nè l'aroma artificiale, solo quello in natura.
    Relax have a beer :)

  • La Westvleteren piace molto anche a me, è raro riuscire a berne una e anche questo contribuisce non poco all'esperienza gustativa, bisogna essere onesto con sé stessi e riconoscerlo.
    Sui composti e molecole responsabili di aromi più o meno gradevoli non ha molta importanza se sono "naturali", sintetizzati da un perfido chimico o creati nel pentolone di mago merlino 😉 una molecola è tale qualunque sia la provenienza come ci insegna il prof🎓

  • certamente, ma non mi bevo una boccetta di antranilato di metile ;)

  • Dovresti provare a bere una boccetta di cicuta. Naturalissima

  • steone di saronno?

  • Buonasera dottore, Anzitutto mi complimento con lei per la sua competenza e umiltà con la quale si presenta, Io mi sto cimentando da poco con la saponificazione, quindi le sarei grato se potrebbe consigliarmi le dosi e gli ingredienti per un sapone e per uno shampoo naturale . Ringraziandola anticipatamente, distintamente la saluto cordialmente. Mazzaferro Fabio

  • Bb: io sono tendenzialmente contrario ai saponi fai da te perche' si rischia troppo. A casa non ci sono le attrezzature necessarie per produrre del sapone di qualita' e si rischia se le dosi non sono perfette e la reazione completa di ottenere dei prodotti pericolosi

  • Alberto Guidorzi 17 ottobre 2017 alle 13:15

    Mazzaferro Fabio

    Ti do la ricetta di mia nonna, ma questi saponi fatti in casa devono servire solo per il bucato e non per la persona. Certo su di me li hanno usati ed ero bambino, ma ti posso dire che essiccavano l'epidermide in modo indecente perchè gli alcali erano sempre eccessivi.

    Lei accumulava tutti i grassi che poteva (grassi rancidi del maiale, panna di latte inadatto alla caseificazione ecc. ecc. Al momento di fare il sapone prendeva la cenere del camino la setacciava e poi poi la bolliva ed infine versava l'acqua di bollitura sulle materie grasse e ribolliva il tutto. Faceva in modo che tutto evaporasse e rimanesse la parte solida sul fondo del paiolo. Quando aveva una consistenza conveniente la "polenta" la tagliava a pezzi e faceva essiccare il tutti su un asse in granaio.

  • @ Alberto, per la pellaccia che hai, soda caustica!! :-)

  • Alberto Guidorzi 17 ottobre 2017 alle 19:28

    Franco

    Si, hai ragione la "pelle dura " l'ho fatta! La soda è stata risciacquata ed è rimasta la causticità!