L'alba dell'uomo moderno e il declino dei Neanderthal
La cultura proto-aurignaziana, diffusa nell'Europa del sud circa 40.000 anni fa, è da attribuire all'essere umano anatomicamente moderno, e non all'uomo di Neanderthal. È quanto emerge dall'analisi di due denti incisivi fossili ritrovati nelle grotte di Fumane, in provincia di Verona, e di Riparo Bombrini, nel sito dei Balzi Rossi, in provincia di Imperia. Secondo gli autori, questa cultura potrebbe aver innescato la scomparsa dei neanderthaliani circa 39.000 anni fa(red)
I denti fossili ritrovati in due importanti siti italiani della cultura proto-aurignaziana, apparsa nell'Europa meridionale, centrale e occidentale circa 42.000 anni fa, in coincidenza con la scomparsa dei Neanderthal, appartenevano a esseri umani anatomicamente moderni. E' questo il risultato di uno studio pubblicato su "Science" da Stefano Benazzi dell’Università di Bologna e colleghi di diversi istituti paleontologici italiani e stranieri, che mette fine, forse in modo definitivo, a un lungo dibattito su quale fosse la specie umana responsabile di questa cultura.
La cultura aurignaziana, che prende il nome dal sito di Aurignac, nel sud della Francia, è la cultura meglio conosciuta tra quelle associate alla diffusione degli esseri umani anatomicamente moderni, ed è datata tra 45.000 e 35.000 anni fa. La cultura proto-aurignaziana, non sempre precedente l'aurignaziana nonostante il nome, è ben rappresentata nell’Europa meridionale in siti in cui sono state ritrovate lame in pietra e semplici ornamenti personali.
Modelli digitali tridimensionali degli incisivi analizzati nello studio, ottenuti con una tecnica di microtomografia computerizzata (Cortesia Daniele Panetta, Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa)La distinzione fondamentale tra le due culture fu definita dal paleontologo Georges Laplace nel 1966, e si basa sulle tecniche di produzione di utensili litici.
Nella cultura aurignaziana, esistevano infatti due tecniche distinte per produrre lame di grandi dimensioni e lamelle. Gli artefatti proto-aurignaziani, spesso trovati nell’area mediterranea, sono invece caratterizzati da una singola sequenza di scheggiatura della pietra per produrre sia lame sia lamelle. Inoltre, la cultura aurignaziana ha prodotto grandi quantità di ornamenti personali, rappresentazioni figurative e immagini mitiche, oltre a strumenti musicali, mentre la proto-aurignaziana è caratterizzata da una produzione di utensili molto più limitata.
Tuttavia, malgrado la ricchezza di reperti fossili attribuiti alla cultura proto-aurignaziana, finora le prove non avevano permesso di stabilire se questa cultura fosse da attribuire all’uomo di Neanderthal oppure all'Homo sapiens anatomicamente moderno.
Benazzi e colleghi hanno analizzato i resti fossili di due denti incisivi, risalenti a 41.000 anni fa, ritrovati in due differenti siti archeologici: la Grotta di Fumane, in provincia di Verona, e quella di Riparo Bombrini, nel sito dei Balzi Rossi, in provincia di Imperia. Grazie a una tecnica di microtomografia computerizzata che ha permesso di ottenere un modello digitale tridimensionale dei denti, hanno valutato in primo luogo lo spessore dello smalto, considerato un parametro discriminante tra neanderthaliani ed esseri umani anatomicamente moderni. I risultati depongono a favore di questi ultimi.
Inoltre, uno dei due reperti ha permesso di recuperare DNA mitocondriale, materiale genetico che si trasmette per via matrilineare. Questo DNA è stato confrontato con quello di esseri umani moderni attuali, di esseri umani antichi, dell'uomo di Neanderthal, dell'uomo di Denisova e infine dello scimpanzé. Il confronto ha confermato che gli incisivi appartenevano a esseri umani moderni, che quindi sono da considerare i responsabili della cultura proto-aurignaziana.
Poiché i neanderthaliani scomparvero dall'Europa occidentale circa 39.000 anni fa, ipotizzano Benazzi e colleghi, la cultura proto-aurignaziana potrebbe aver innescato il loro declino.