Vade retro glutine

pastinaglutinata2L’idea della pasta al glutine era venuta a Giovanni Buitoni nel 1847. L’azienda cercava un prodotto innovativo che fosse in grado di guadagnarsi una nicchia di mercato importante, quella degli alimenti per diete particolari. Poco meno di quarant’anni dopo, la «pastina glutinata» entrava nelle case degli italiani come «il miglior alimento per bambini, ammalati e convalescenti, prodotto di regime per obesi, gottosi, uricemici e diabetici». Si trattava semplicemente di pasta alla quale era stato aggiunto il 15% in peso di glutine secco. Negli anni a seguire furono messe in commercio pastine «poliglutinate» e «iperglutinate» con concentrazioni di glutine crescenti, che arrivavano fino al 30% del totale. Le pubblicità dell’epoca insistevano molto sul contenuto energetico della pastina, consigliandone l’uso a bambini – «Il latte materno non basta più, ora ci vuole la pastina glutinata!» –, studenti – «Il profitto a scuola dipende dalla buona salute. La buona salute si difende con la pastina glutinata» –, lavoratori e anziani – «Pasto serale leggero e al mattino freschi e riposati».

A rivederle oggi, quelle pubblicità fanno sorridere. Ma fanno anche pensare a come il marketing continui a cambiare rotta, inseguendo sempre le nuove possibilità di profitto che si profilano all’orizzonte. Sugli scaffali dei nostri supermercati nessuna azienda alimentare oserebbe oggi mettere in orgogliosa evidenza il contenuto di glutine. Anzi, gli scaffali sono ormai pieni zeppi di prodotti gluten-free e non è difficile trovare paste «dietetiche prive di glutine». Da Gwyneth Paltrow a Victoria Beckham a Russell Crowe, il numero delle star che scelgono di seguire un’alimentazione gluten-free è in aumento e i libri che insegnano a dimagrire eliminando il glutine spopolano. Complice la moda, il mercato globale dei prodotti gluten-free è in continua crescita. Nel 2013 si è assestato a 3,7 miliardi di dollari con una proiezione per il 2018 di 6,2 miliardi di dollari.

Il “senza glutine” impazza, anche se non molti sanno esattamente cos’è il glutine: provate a chiederlo a qualche vostro amico che segue una dieta senza glutine: è probabile che riceviate delle risposte vaghe e poco accurate (a meno che l’amico sia celiaco e allora sarà ferratissimo in materia, ma ci arriveremo).

Addirittura ormai si vedono indicazioni che un alimento non contiene glutine anche in prodotti, come il cioccolato fondente, che non lo hanno mai contenuto e non vi è motivo che lo contengano [*].

Insomma, scrivere «con aggiunta di glutine» in un prodotto moderno sarebbe, dal punto di vista del marketing, quasi come scrivere «con veleno aggiunto».

La sensibilità al glutine: forse esiste, ma forse no

Il glutine è da sempre il peggior nemico dei celiaci, ma la stragrande maggioranza delle persone che seguono una dieta gluten-free non soffre di questa malattia. La celiachia, come vedremo meglio più avanti, ha una base genetica e sintomi inequivocabili, mentre esiste una pletora di disturbi raggruppati sotto al cappello delle «intolleranze al glutine» che sembrano affliggere una sempre crescente fetta della popolazione. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Oltre alla celiachia esistono almeno altre due condizioni che si collegano all’assunzione di frumento, riconosciute dalla medicina: l’allergia al frumento e la sindrome del colon irritabile.

Il frumento è un alimento complesso. Solo in prima approssimazione lo possiamo considerare composto da amido e glutine. In realtà contiene migliaia di molecole diverse che possono interagire con il nostro corpo. Oltre a gliadina e glutenina, il frumento contiene molte altre proteine che, insieme al glutine, possono causare reazioni allergiche in alcuni soggetti. L’allergia al frumento è una classica allergia alimentare. Esiste poi la sindrome del colon irritabile, che colpisce 10 persone su 100, con intensità variabile, ed è caratterizzata da dolori addominali, gonfiore e produzione di gas. In Italia è chiamata colloquialmente «colite». Sebbene la sua origine sia ancora piuttosto oscura, è ormai assodato che chi ne soffre trae giovamento da una dieta priva di una gamma di molecole che è raggruppata sotto l’acronimo FODMAP, che sta per «Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili». Insomma, carboidrati difficili da digerire presenti nei cereali, ma anche in alimenti come il latte, le mele, le cipolle e molti altri. Questi carboidrati diventano il banchetto per la loro flora intestinale, con conseguente fermentazione, produzione di gas e di acidi grassi. Una dieta che escluda questi carboidrati, sviluppata per la prima volta [1] nel 2008, riesce ad alleviare i sintomi di chi soffre di sindrome del colon irritabile, cosa che invece non può fare totalmente una dieta senza glutine perché non esclude altre possibili fonti che scatenano la reazione.

Negli ultimi anni, però, sono aumentate sempre più le persone che lamentano sintomi simili a quelli della celiachia, senza però averne la predisposizione genetica e nonostante siano risultati negativi ai test classici.  Di questa sfuggente e misteriosa condizione, gli addetti ai lavori discutono da tempo e solo nel 2011 si sono messi d’accordo per coniare un nome condiviso e i criteri per diagnosticarlo. È stata chiamata Non-Celiac Gluten Sensitivity (NCGS) o «sensibilità al glutine». A parte il nome, però, la confusione regna sovrana. Abbiamo chiesto a Gino Roberto Corazza, gastroenterologo dell’IRCCS ospedale Policlinico San Matteo di Pavia e tra i massimi esperti italiani di celiachia, di spiegarci le differenze:

«La celiachia è definita dalla presenza di lesioni intestinali provocate dall’attacco autoimmune dell’organismo in risposta all’assunzione di glutine e, quindi, dalla presenza di determinati anticorpi nel sangue. I sintomi possono anche non esserci o essere molto lievi, ma se ci sono le lesioni e gli anticorpi siamo sicuri di essere di fronte a un soggetto celiaco. Nelle sensibilità al glutine, invece, è tutto il contrario: la definizione la si fa solo sulla base dei sintomi, mentre non c’è predisposizione genetica, né sono presenti le lesioni intestinali tipiche della celiachia».

Quindi, se non siete celiaci ma avete sintomi simili e vi sentite molto meglio se seguite una dieta senza glutine, allora potreste essere etichettati come «sensibili al glutine». Tuttavia, a parte un nuovo nome nel vocabolario medico, siamo ancora al palo. Questo è il campo minato delle intolleranze alimentari che, a fianco di quelle scientificamente confermate, come quella al lattosio, sembrano avere avuto un’esplosione in anni recenti, spesso in base ad autodiagnosi o a test senza validazione scientifica. Continua Corazza:

«I pazienti molte volte si autoconvincono di essere intolleranti a una determinata tipologia di alimenti, ma non sempre hanno ragione. Il glutine, per esempio, è una molecola difficile da digerire, fermentando produce gas nell’intestino e quindi, in soggetti particolarmente sensibili, potrebbe dar problemi di tipo funzionale, come il gonfiore».

Quindi è tutta una bufala? Esiste davvero una patologia chiamata «sensibilità al glutine»? Non è chiaro. Per alcuni scienziati sembrerebbe di sì, anche se i dati a disposizione sono ancora troppo pochi per avere risposte certe. Uno dei problemi è che se un paziente ha un miglioramento, anche parziale, a seguito di una dieta senza glutine, non è necessariamente detto che il problema sia proprio il glutine, dato che nel frumento sono presenti molte altre sostanze. Concentrarsi troppo sul glutine e accusarlo definitivamente in questa fase ancora esplorativa potrebbe essere controproducente, ma se la ricerca scientifica ha i suoi tempi, in questo regno di incertezza il marketing alimentare è invece entrato a gamba tesa, grazie agli enormi interessi economici in gioco.

Nel 2011, un gruppo di ricercatori guidato da Peter Gibson, della Monash University di Melbourne in Australia – gli stessi che hanno sviluppato la dieta senza FODMAP pensata per chi soffre di colon irritabile – ha sottoposto a un esperimento 34 pazienti che presentavano sintomi ascrivibili alla sensibilità al glutine.[2] I soggetti, che seguivano autonomamente una dieta senza glutine, sono stati divisi in due gruppi omogenei ed è stata data loro l’indicazione di mangiare ogni giorno un muffin e due fette di pane forniti dai ricercatori. A un gruppo sono stati consegnati muffin e pane contenenti in totale 16 grammi di glutine, all’altro gruppo invece sono stati consegnati muffin e pane gluten-free. Lo scopo dei ricercatori era quello di misurare eventuali differenze tra i due gruppi e, per essere sicuri di eliminare ogni inganno possibile, hanno condotto l’esperimento in «doppio cieco», cioè né i pazienti né i ricercatori erano in grado di sapere fino alla fine dell’esperimento quali alimenti somministrati contenessero glutine e quali no. Questa è la metodologia standard utilizzata nelle ricerche biomediche: lo scopo è evitare che la persona sottoposta al test e quella che la esamina possano essere influenzate. Sapendo di assumere glutine alcune persone convinte di essere sensibili potrebbero infatti avere una reazione di origine puramente psicosomatica che andrebbe a invalidare le conclusioni dello studio.

Prima di allora nessuno aveva effettuato uno studio in doppio cieco per indagare questa presunta patologia. L’esperimento è durato sei settimane, durante le quali 9 pazienti, statisticamente distribuiti tra i due gruppi, hanno abbandonato per il manifestarsi di sintomi troppo gravi. Nei rimanenti 25, i ricercatori hanno visto una differenza fra gli appartenenti ai due gruppi. Chi aveva assunto glutine stava peggio di chi non l’aveva assunto e questo è bastato al gruppo australiano per affermare che la sensibilità al glutine esisteva senza ombra di dubbio.

In realtà i dubbi c’erano, perché i pazienti inclusi nell’esperimento di Gibson e colleghi erano troppo pochi, soprattutto avendo a che fare con un disturbo che può essere in buona parte psicologico o che potrebbe essere provocato da altre sostanze presenti nei prodotti contenenti glutine. Infatti, una delle critiche principali al lavoro di Gibson è proprio quella di aver scelto di somministrare prodotti complessi, come i muffin o il pane. In più la dieta dei pazienti non è stata controllata, per cui non è stato possibile verificare che i sintomi non fossero invece causati da qualche altro alimento.

Due anni dopo, il gruppo di Peter Gibson è tornato sullo stesso problema correggendo un po’ il tiro.[3] Altri 37 pazienti con sintomi da sensibilità al glutine sono stati sottoposti a una dieta priva di glutine, questa volta controllata dai ricercatori e, a differenza dello studio precedente, anche priva dei FODMAP che ormai sappiamo essere tra i presunti responsabili della sindrome del colon irritabile.

Questa volta i gruppi erano tre: dopo una settimana di dieta uguale per tutti, ai tre gruppi sono state somministrate per due settimane quantità differenti di glutine: molto, poco o un placebo.[4] Tutti i partecipanti hanno tratto vantaggio dalla dieta priva di glutine e FODMAP, ma solo 3 di loro, l’8%, ha mostrato sintomi specifici in seguito all’assunzione di glutine. La posizione finale di Gibson è chiara: le conclusioni dello studio precedente erano affrettate e, molto probabilmente, chiamiamo «sensibilità al glutine» qualcosa che, ammesso che esista davvero, col glutine ha poco a che fare. In questo studio è emerso che molte persone che sostengono di essere sensibili al glutine soffrono di effetto «nocebo»:[5] chi è convinto di mangiare qualcosa di dannoso per il suo organismo sta male davvero, anche se nell’esperimento gli è stato somministrato solo il placebo.

Insomma, in soli due anni la sensibilità al glutine è stata declassata ed è rientrata nel limbo? Secondo il gruppo del professor Gibson, sì. O, per lo meno, i loro esperimenti sembrano scagionare il glutine, anche se lasciano la porta aperta ad altre sostanze che potrebbero scatenare una risposta:

La riluttanza nell’accettare altre componenti del frumento, come i fruttosani, altre proteine oltre a quelle del glutine, e le agglutinine del germe di grano, come potenziali fattori patogeni ha spesso impedito la corretta interpretazione delle osservazioni cliniche.

E ancora:

L’assunzione che una risposta a una dieta senza glutine, oppure una esacerbazione dei sintomi dovuti a cibi contenenti glutine, rifletta effetti specifici del glutine dovrebbe essere abbandonata, e lasciare spazio a considerazioni sugli altri componenti dei cibi a base di frumento che possono causare sintomi gastrointestinali.

Secondo Gibson, l’effetto nocebo è talmente forte che maschera, caso mai ci fosse, la sensibilità al glutine di quella piccola percentuale di persone che potrebbe esserne affetta. Gibson suggerisce quindi agli esperimenti futuri di considerare solo soggetti che, pur soffrendo di quei sintomi, non abbiano mai sperimentato una dieta senza glutine.

L’ultimo studio, in ordine cronologico, che cerca di indagare questa patologia è proprio di Corazza[6] e collaboratori, uscito nei primi mesi del 2015. «Abbiamo ripetuto lo studio in doppio cieco anche noi,» ci anticipa il professor Corazza «ma abbiamo scelto di liberare il campo da ogni possibile dubbio, somministrando ai nostri due gruppi pillole contenenti glutine o placebo. Vedendo così se quei dati si possono confermare.»

Analizzando i dati relativi ai 59 soggetti che hanno portato a termine lo studio, gli autori concludono che «l’assunzione di glutine aumenta in modo significativo tutti i sintomi, confrontati con quelli del placebo». Quindi sembrerebbe confermare l’esistenza della sensibilità al glutine. Tuttavia gli autori notano che i risultati sono stati fortemente influenzati dalle reazioni al glutine di soli tre pazienti, il 5%. È sempre bene ricordare che le risposte della statistica si prestano a essere male interpretate se non si fa più che attenzione. Come il famoso pollo di Trilussa: se siamo in due mangiamo in media un pollo a testa, se tu ne mangi due io non ne mangio neanche uno.

In altre parole, forse la sensibilità al glutine esiste, e riguarda una piccola percentuale di persone, mentre il 95% dei soggetti che sostengono di essere sensibili sono probabilmente vittime dell’effetto nocebo. La maggior parte dei pazienti, infatti, mostra gli stessi sintomi sia assumendo il glutine sia il placebo, che nel caso specifico era amido di riso.

Insomma, nessuno per ora ha dimostrato senza ombra di dubbio che la sensibilità al glutine esista veramente. D’altra parte nessuno ha però neanche escluso che possa esistere, almeno per una parte di chi soffre di quei sintomi, come sembra mostrare lo studio di Corazza e dei suoi collaboratori. Quello che è certo è che molte delle persone che sostengono di avere problemi con il glutine e di trarre sollievo dalle diete senza glutine ­– che se fatte in modo casereccio e senza una guida medica possono portare a carenze nutrizionali – non hanno alcun problema reale con il glutine: gli esperimenti in doppio cieco non mentono. Questo ovviamente non esclude che possano avere problemi dovuti ad altre componenti, ma non lo scopriranno mai solo seguendo i consigli delle star del cinema. Purtroppo, le dichiarazioni di Gwyneth Paltrow raggiungono il grande pubblico più di quelle di Corazza o di Gibson ed è paradossale che mentre la maggior parte dei celiaci non ancora diagnosticati rischia di riportare danni da osteoporosi, anemia, e persino alcuni tipi di cancro, là fuori ci sono milioni di persone che aderiscono a diete gluten-free senza averne alcun motivo.

E Corazza rincara la dose:

«La dieta gluten-free indiscriminata è proprio una cavolata. Il glutine è difficile da digerire, magari può dare qualche disturbo, come per esempio la produzione di gas, ma è niente in confronto all’infiammazione intestinale che hanno i celiaci. Anche nelle persone sensibili al glutine l'infiammazione nell’intestino non c’è, quindi figuriamoci nella popolazione generale. Non solo, ci sono risvolti molto importanti e pericolosi. Se una persona con sintomi da celiachia viene a farsi visitare, noi siamo in grado di andare a trovare i segni del passaggio del glutine. Ma se questa stessa persona si autoprescrive una dieta senza glutine prima di venire a farsi visitare, noi non saremo più in grado di trovare i segni dell’infiammazione. Capite che questo è molto pericoloso? Perché là fuori ci sono dei celiaci che non sanno di esserlo e che si autocurano alla buona rischiando conseguenze anche molto gravi».

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contronaturaQuello che avete appena letto è un estratto del primo capitolo di “Contro Natura”, il libro scritto a quattro mani con Beatrice Mautino, che tiene il blog qui a fianco. È  uno dei quattro capitoli dedicati ai grani e al glutine, dove esploriamo e indaghiamo se sia vero che la celiachia è aumentata negli ultimi anni, se davvero i grani cosiddetti “antichi” hanno meno glutine e sono da preferire, da dove è nata la leggenda che il grano Creso sia il responsabile di un presunto aumento di intolleranze e tanto altro.

Ma nel libro si parla anche di un sacco di cose oltre ai frumenti: di mele ogm italiane amiche dell’ambiente che non vedremo mai, del fatto che quando comprate una scatola di riso Arborio in realtà state comprando un altro riso. Legalmente. Ma anche con il Carnaroli non è detto che sia quello. Dei brevetti sulle mele che comprate al supermercato. E che dire del fatto che più del 30% del riso coltivato in italia è stato modificato geneticamente per resistere a un diserbante brevettato, venduto da una multinazionale venduto in kit, contiene un gene brevettato e gli agricoltori devono firmare un contratto? E come è possibile che alcuni girasoli oggi producano olio con un alto contenuto di acido oleico, anche più delle olive? E quanti produttori di riso venere biologico pensate che esistano? E il riso bio, esiste veramente? E poi carote, soia, e tante altre storie di cibo che portiamo sulla tavola ogni giorno.

A presto

Dario Bressanini

p.s. Appena riesco metto qualche link in più. Sono in viaggio a Vico Equense, poi faccio un salto al Festival della Scienza Medica a Bologna, e settimana prossima al salone del libro di Torino, dove il sabato con Gianluca Fusto parleremo di pasticceria, e la domenica avremo nientepopodimenoche il Direttore in persona, Marco Cattaneo, a presentare noi e il nostro Contro natura :)


[*] Nota esplicativa aggiunta: se non come eventuale contaminazione. Cosa che può essere di aiuto per un celiaco (vedi capitoli successivi), ma nella grande maggioranza dei casi viene aggiunta a scopo di marketing per raggiungere il gruppo molto più grande delle persone che ritengono di essere "intolleranti" al glutine. Vedi dopo.

[1] Shepherd, Susan J., et al., Dietary Triggers of Abdominal Symptoms in Patients With Irritable Bowel Syndrome: Randomized Placebo-Controlled Evidence, in «Clinical Gastroenterology and Hepatology», 6.7, 2008, pp. 765-771.

[2] Biesiekierski, Jessica R., et al, Gluten Causes Gastrointestinal Symptoms in Subjects Without Celiac Disease: A Double-Blind Randomized Placebo-Controlled Trial,  «The American Journal of Gastroenterology», 106.3, 2011, pp. 508-514.

[3] Biesiekierski, Jessica R., et al., No Effects of Gluten in Patients With Self-Reported Non-Celiac Gluten Sensitivity After Dietary Reduction of Fermentable, Poorly Absorbed, Short-Chain Carbohydrates, «Gastroenterology», 145.2, 2013, pp. 320-328.

[4] In un esperimento di questo tipo per placebo si intende un alimento contenente una sostanza inerte che non possa essere distinto da quello contenente glutine, in modo che la persona sottoposta al test non abbia alcun modo di sapere in anticipo se stia assumendo glutine o meno.

[5] Così chiamato in contrapposizione all’effetto placebo dove le persone hanno una reazione positiva pensando di assumere qualche cosa di benefico per il loro organismo, che è il meccanismo alla base dei preparati omeopatici per esempio, la maggior parte dei quali non contengono nessun tipo di principio attivo ma solo zuccheri sotto forma di palline o granuli.

[6] Di Sabatino, Antonio, et al. Small Amounts of Gluten in Subjects with Suspected Nonceliac Gluten Sensitivity: a Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled, Cross-Over Trial, «Clinical Gastroenterology and Hepatology», 2015.

555 commenti RSS

  • Guidorzi cosa ci dici del Rundop . Però è vero un mio caro amico ha una azienda in Canada 🍁 e coltiva cereali e una volta mi ha raccontato di questa pratica . Personalmente non mi va di mangiare grano con residui di pesticidi.

  • il Roundup non è un pesticida, è un diserbante... il suo vero "difetto", oggi, è che è scaduto il brevetto... 8-)

  • @Capitano, è interessante sentire i racconti anche delle amiche canadesi http://www.nurselovesfarmer.com/2014/11/the-truth-about-glyphosate-and-wheat/

  • Martina

    Io avevo un amico che ha preso due volte la ciucca con le noci.... era l'ultimo cibo che si ricordava di aver mangiato dopo essere ridivenuto sobrio.

    Nel Link che hai linkato siamo un po' allo stesso livello

  • Marina, i goblottisti ci sono sempre dove c'e' argomento di interesse comune e molti soldi in ballo. Basta leggere un po' l'articolo, solo il fatto che parlano di glisofato (e non glifosato) dice tutto. La ricercatrice in questione vabbe' che dice di lavorare al MIT (la sua affiliazione e' Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory, Massachusetts Institute of Technology, MIT) pero' non ho capito cosa centra con l'ambito biomedico.
    Per inciso oltre a glifosato-celiachiaha scoperto anche nuove teorie sull'atersclerosi, autismo etc...naturalmente il tutto pubblicato su riviste di infimo livello

    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24678255
    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26014131
    http://www.scopus.com/record/display.url?src=s&origin=cto&ctoId=CTODS_607297835&stateKey=CTOF_607297836&eid=2-s2.0-84871658316

    mi preoccuperei piuttosto di questo, ovvero di Coldiretti

    http://www.capsi.it/bottegasiena/varie/misto/24143-farina-di-grano-verna-kg-1

  • Guidorzi ma tu conosci il grano duro kronos la farina la vende il mulino grassi so che arriva dall'America ma non so altro dicono sia un ottimo grano duro per pasta e pane 🍞. Pare abbia un buon tasso di proteine il maestro Giorilli ha fatto il panettone . Un altro grano che mi incuriosisce e' il grano del Miracolo . Grazie ciao

  • Ogni tanto vi leggo volentieri e dove posso cerco di rendermi utile.
    Volevo dare un contributo alla discussione a proposito del lievito naturale .
    E' ormai una evidenza scientifica che i lattobacilli che popolano il microbiota dei lieviti naturali abbiano direttamente o indirettamente attività proteolitica .
    Prendo spunto da "Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno" pag. 158-159 per darvi referenze di quanto affermo. Marco Gobbetti e Aldo Corsetti sono gli autori di questo libro , sono microbiologi molto conosciuti a livello internazionale nel settore specifico.
    Le ultime ricerche evidenziano un meccanismo che avviene durante la fermentazione con lievito naturale:
    1- La fermentazione da parte dei lattobacilli produce come metaboliti acidi organici: lattico , acetico, succinnico che abbassano il PH dell'impasto , l'acidificazione quindi accelera l'attività proteolitica degli enzimi endogeni della farina stessa i quali determinano il rilascio di oligopeptidi.
    2-Esiste poi una proteolisi secondaria operata eslusivamente dai batteri lattici, mediante il sistema di peptidasi inracellulare che rilascia aminoacidi e peptidi di piccole dimensioni.
    Questa attività proteolitica è stata sfruttata a livello sperimentale per eseguire indagini sulla possibilità dell'uso di paste fermentate con lievito naturale come alternativa alla dieta senza glutine.
    Sono state fatte inoltre indagini sull'uso di enzimi proteolitici esogeni combinati all'attività proteolitica dei lattobacilli con risultati molto positivi, tanto più che gli autori di questo testo universitario descrivono in un apposito capitolo (Cap. 17) le alternative alla dieta senza glutine.
    Per quanto poi riguarda le proprietà del lievito naturale usato nella fermentazione di prodotti da forno:
    La presenza di maggiori quantità di aminoacidi nell'impasto fermentato con lievito naturale che ha come detto sopra propria attività peptidasica rispetto alla fermentazione con lievito di birra , ha come effetto secondario la produzione di numerose sostanze volatili che migliorano il flavor dell'impasto stesso.
    Inoltre la produzione stessa di acidi organici in particolare l'acido acetico è foriera di sostanze aromatiche.
    Quindi è un dato scientifico ampiamente dimostrato che il il LN migliori la palatabilità dei prodotti da forno.

  • @Marina
    "Gente, mi sa che non se ne esce dal gomblotto.
    http://lastella.altervista.org/ma-quale-celiachia-chiamatela-roundup/"

    Insomma... Mi ricorda un po' il grafico della correlazione tra consumo di cioccolata pro capite/numero di premi Nobel ottenuti in ciascun paese, che avevo visto in un vecchio post del blog: se due fenomeni hanno lo stesso andamento non significa necessariamente che uno sia la causa dell'altro :)
    (Può essere, ma va verificato seriamente).

    Oltretutto nell'articolo viene detto, riguardo all'utilizzo del glifosate in pre-raccolta:

    "Lo stesso ministero americano dell’agricoltura ha reso noto che, dal 2012, il 99% del grano duro, il 97% del frumento prinaverile, e il 61 % di quello invernale subisce il trattamento al glisofato".

    In realtà il documento citato, del dipartimento di agricoltura americano, che riguarda 15 stati degli USA, dice che nel 2012 sono stati usati ERBICIDI nel 99% della superficie di grano duro, nel 97% di quella di grano primaverile e nel 61% di quella di grano invernale (tenero).
    La percentuale NON si riferisce specificatamente al glifosate usato in pre-raccolta, ma a qualsiasi tipo di erbicida.
    Nel documento originale c'è poi una tabella che indica che il glifosate è stato usato nel 45% della superficie coltivata a grano duro (in quei 15 stati), senza specificare quanto ne sia stato usato per il disseccamento in pre-raccolta e quanto per diserbo.
    Nelle aree aride degli USA è comune la rotazione grano/maggese (incolto). Nel periodo a maggese, per ridurre la perdita di acqua dal suolo, le erbe vengono spesso disseccate con il glifosate, anche molto tempo prima che ci si coltivi il grano, e anche questa percentuale rientra nel 45%.

    E anche:

    "E’ dunque l’estrema manifestazione della industrializzazione totale dell’agricoltura americana, nel quadro della violenza generale sulla natura (hanno abolito la rotazione agricola, coltivano sempre le stesse colture da denaro sullo strssso campo, compensando l’impoverimento del terreno con tonnellate di fertilizzanti chimici)"

    Nel documento che hanno citato in realtà risulta che la rotazione è stata praticata nel 60% della superficie a grano invernale, nel 91% di quella grano primaverile e nell'84% in quella a grano duro.

  • Certo sappiamo tutti che il LN sia difficile da mantenere in vita (ne so qualcosa io di un Licoli mantenuto in vita per diversi mesi) tanto più che come metodica sia stato scartato dai panificatori, giustificando l'esigua percentuale di chi si ostina ad usarlo.

  • Alberto

    qui da me c'è un coltivatore che coltiva un "grano Bologna". Lo conosci? cos'è?

    a suo dire è una varietà a fusto alto, resa inferiore. Essendo alto in buona parte soffoca le erbacce.

    devo dire che il suo pane è ottimo

  • Antonio ti rispondo perché ho partecipato (ho dato una mano dal punto di vista di analisi strumentali) al progetto della SIS di Bologna che ha costituito questa varietà. Geneticamente ed agronomicamente Alberto sarà più preciso.
    E' un grano con caratteristiche qualitative reologiche veramente interessanti , paragonabile al CRWS canadese (Manitoba). Quindi per farine destinate per lunghe lievitazioni .
    Ha una buona resa dal punto di vista agricolo , resiste a malattie tipo fusariosi, ovidio e ruggine , ha taglia medio bassa ( e non alta!).

  • Ramirez si il LM e' difficile perché va' rinfrescato ogni giorno ad un orari più o meno lo stesso munirsi di pH-metro per misurare costantemente il ph poi dovresti avere una soluzione chimica per determinare la lattica , saper correggere la madre quando il ph é sballato o ci sono troppi proteolitici , oppure va in butirrica.poi se uno vuole fare bene le cose si compra un fermentatore industriale e aggiunge i fermenti selezionati apposta per il lievito , allora ottieni un prodotto favoloso . A moltiaddetti del settore manca una vera conoscenza sugli impasti con lievito madre e allora ricorrono a quelle in polvere che costano un sacco di soldi e valgono Zero.

  • Be ....non va rinfrescato ogni giorno , dal momento che ha raggiunto la possibilità di raddoppiare in poche ore puoi lasciarlo in frigo a 4°C per 15 giorni .
    A proposito del grano Miracolo è una varietà cosi detta "antica" con scarso glutine e quindi scarsa qualità panificatoria , come dire ...la tendenza del momento ...che come detto da Alberto e da Bressanini non hanno nessuna giustificazione tecnologica di esistere attualmente , se non la giustificazione sentimentale del fatto che lo mangiavano i nostri avi.

  • No Ramirez e' quello lo sbaglio va rinnovato ogni 24/48 non di più altrimenti ti si sballala lattica e l'acetica poi i proteolitici salgono , poi dipende dalla farina che usi e il rapporto madre farina 1:1 1:2 la madre la devi gestire con una manitoba più forte che trovi se usi un grano antico ci fai poco ogni 4 ore lo devi rinnovare di più non regge

  • @Ramirez

    "paste fermentate con lievito naturale come alternativa alla dieta senza glutine"
    non ho capito, si elimina tutta la tossicita' del glutine per i celiaci con lievito naurale o comunque proteolisi batteriche? Conosco celiaci che stanno malissimo anche dopo aver assaggiato tracce infinitesimali di glutine, quindi chi dovrebbe consumare queste farine celiaci, chi pensa di esserlo o chi ha la cossiddetta sensibilita' al glutine non celiaca?
    Ormai si comincia spesso a sentir dire che farine antiche hanno stesso glutine ma meno tossico perche' con differenti proteine. Sai il marketing...

    Concludo tristemente che i) non e' chiaro quale sia la sequenza di proteina colpevole, quindi non sappiamo come eliminarla aggiungendo dopo breve ricerca bibliografica che "Currently no ‘true’ animal models of celiac disease exist" https://www.karger.com/Article/Pdf/129070

    tutto questo unito all'enorme interesse che c'e' sull'a materia (interesse piu' che altro pecuniario) fa si' che tutti possono trovare di tutto tanto e' enormemente difficile provarlo.

  • Capitano

    Innanzitutto per i non addetti il Roundup (marchio depositato della Monsanto che che non essendo più brevettato può essere prodotto da tutti e venduto sotto il nome chimico di gliphosate) è un diserbo totale e quindi sul grano non può essere usato come tale in quanto si distruggerebbero erbe e raccolto. Lo si può usare, ed ha una autorizzazione d'uso, solo per far discendere l'umidità della pianta di grano quando si rischia che le intemperie danneggino il raccolto. Inoltre bisogna dire che la classe tossicologica di questo diserbante è una delle più basse in assoluto, se dovessimo pretenderne la proibizione per questo motivo dovremmo per coerenza proibire una caterva di prodotti chimici di uso comune, al punto tale che pulizie, igiene e tante altre pratiche comuni non sarebbero più possibili.

    Non potete immaginare quali controlli sanitari deve aver subito il gliphosate sia dalle autorità che anche dalle ditte concorrenti la Monsanto, e ciò fin dalla sua uscita più di 30 anni fa. Pensate che è una molecola che ha fatto la fortuna della Monsanto e che ha spazzato via tutte le molecole degli altri concorrenti e quindi ci si accanisce sul gliphosate fin dall'inizio e tutt'ora e si sono succedute conferme su conferme. IN campagna ha risolto problemi enormi e ha salvaguardato l'ambiente meglio di ogni altra molecola ad azione totale. La notizia recente della cancerogeneicità è da collocare nel giusto quadro e guardare la categoria di probabile cancerogeno, ebbene in questa categoria vi sono sostanze che ingeriamo da molto tempo e sono state dichiarate tali da molto tempo prima. eppure nessuno se n'è scandalizzato. Il caffè è uno di queste e nessuno mai ha gridato allo scandalo.

    Chi usasse il Roundup da noi sarebbe un fesso (attenzione non è comunque un criminale e l'ho spieghato), mentre in certi contrade geografiche coltivate come il Canada del link che gentilmente ha postato mirkred, sono nella situazione che il grano se fosse lasciato maturare naturalmente come da noi avrebbero una perdita di qualità e di prodotto tali da essere insopportabili. Signori fanno agricoltura in condizioni estreme e possono fare solo poche coltivazioni al limite grano e colza. Raccolgono sotto la neve

    Indipendentemente dal fatto che i residui si misurano e che vi è un limite che non si può sorpassare. Al di sotto di questo limite il grano è perfettamente commestibile. Ma se quando si portava il grano in granaio ed si macinava al mulino del paese si impolverava senza nessun criterio e analisi con il DDT. Ah il buon pane genuino di un tempo!!!!

    Non crederete che il fusarium non attacchi il grano e che non si producano micotossine, solo che qui si è accettato che se i residui sono sotto la soglia (abbastanza elevata per la verità) tutto va bene e nessuno si scandalizza.

  • Attenzione Capitano che con Ramirez sei capitato con uno che di farine e relativa tecnologia ne sa più me.

  • Ok Guidorzi ma la pasta madre è il mio lavoro. Per le farine e i grani ho capito che tu sei super per cui da oggi chiedo a te, ti tartasso di domande . Ma Dario che fine ha fatto non ho più visto suoi interventi . Quando hai tempo dimmi del Kronos . Appena ho un po' di tempo se posso ti vorrei chiedere tutta una serie di chiarimenti sui grani .posso?

  • Il Bologna è un grano di forza che ha un buon equilibrio produzione qualità ed è ben pagato. Le farine del grano di forza normalmente servono per rafforzare le miscele di farine di panificazione
    Ha avuto un ottimo successo, solo che purtroppo e questo vale per tutti i frumenti sia duri che teneri, tra risultanze sperimentali e risultanze di campagna vi è uno scarto troppo importante in Italia e ciò dipende dalla conduzione agronomica che ne fanno gli agricoltori (questa è la massima: del grano non si piglia nulla (come prezzo) e quindi io ci faccio poco (come cure colturali). La cattiva conduzione colturale influisce molto anche sul mantenimento delle qualità genetiche. Ci sono delle produzioni di Bologna che se non sono biscottiere poco ci manca.

    Con questa massima evidentemente la qualità ed anche la quantità del grano prodotto latita e specialmente nelle varietà solo panificabili, ma anche in quelle panificabili superiori. Siamo pertanto nella situazione che i molini nostrani si trovano di fronte merce che non confà loro. Il Bologna è stata un po' un'eccezione e quindi la sua produzione si vendeva più facilmente, questo ne spiega anche il successo.

    Vi vorrei mostrare due tabelle con risultanze sperimentali:

    file:///C:/Documents%20and%20Settings/Utente/Documenti/Downloads/042-047Agr_9%20(1).pdf

    http://www.stuard.it/allegato.asp?ID=867083

    Nella prima vi sono le sperimentazioni del grano tenero di tutte le varietà di una certa importanza

    Ebbene come vedete le produzioni sperimentali ettariali sono oltre ben oltre i 7o q/ha, ora è normale che tra sperimentazione vi sia uno scarto produttivo (in sperimentazione si agisce in condizioni ottimali) ma vi assicuro che lo scarto tra produzioni medie reali e sperimentali nella realtà italiana sono almeno del 40% quando va bene. Ora i molini italiani (che non sono stinchi di santo) ma che le farine le devono fare e vendere si trovano a ricevere grani delle qualità più disparate e diventa un vero rompicapo riuscire e fare farine convenienti. Diciamo anche che lo stoccaggio non sempre tiene distinte bene le varietà e quindi se io produco anche un buona qualità e poi la mi si mescola con una infima di farina buona non ne salta fuori. Per contro ai panificatori arrivano dalla Francia delle miscele di farine pronte per i vari usi. Quindi la produzione italiana non era valorizzata nel senso che la si comprava mal volentieri. Inoltre le poche ditte sementiere rimaste avevano difficoltà a piazzare le loro varietà sia per il motivo che molte erano penalizzate, ma anche per il fatto che l'agricolture pur di non spendere usa riseminare il seme della produzione dell'anno precedente e quindi vi è una ulteriore penalizzazione perchè si vende poco seme. Ecco allora che le ditte sementiere italiane per sopravvivere si sono buttati sui grani di forza in quanto chi li aiutava a vendere erano i molini i quali quando compravano una partita volevano vedere i cartellini che sono attaccati al sacco delle semente seminata e quindi si obbligava gli agricoltori a comprare il seme.

    Comunque si preferisce ancora acquistare manitoba e fare miscugli ed il Kronos appartiene a queste.

    Infatti se voi vedete nella tabella le ultime varietà dei grani di forza hanno fatto un salto di qualità nella produttività rispetto alle precedenti. Altro aspetto che vi vorrei far notare è che l'indice di produttività va aumentando con la diminuzione di qualità. Questo è sempre stato. la qualità penalizza la produzione, se poi la qualità non è valorizzata adeguatamente, l'agricoltore preferisce seminare per fare la produzione, perchè lui vende dei quintali

    Ultima annotazione, il secondo link vi porta la sperimentazione delle varietà di grano coltivate biologicamente e voi sapete che quando si parla di agricoltura biologica io "vedo rosso". Ecco allora ditemi se non mi devo infuriare dopo che avrete preso visione delle produzioni ettariali, specifico sperimentali, perchè dopo in campagna occorre fare un ulteriore scarto. Ma può un agricoltore seminare per produrre 25 q/ha? Non valorizzato adeguatamente peraltro?
    Può una collettività nazionale che importa il 50% del suo fabbisogno alimentare finanziare con soldi pubblici un ettaro coltivato appositamente per tirare fuori 25 q/ha al posto di 50?
    Tirem inanz!

    Quella del frumento Verna per un agronomo grida vendetta, certo se con ciò si mettono le mani in tasca agli allocchi allora tanto di cappello, solo che la regione toscana (lo scrivo minuscolo apposta) paga gente perchè uno scandalo del genere sia perpetrato

    Nel 1930 si è andati a prendere una popolazione di frumento nell'Alta Savoia, il Mottin si è fatta una selezione e si tirato fuori un qualcosa chiamato Est Mottin che era ancora una popolazione di tanti genotipi e non una varietà (varietà è quando si tratta di un solo genotipo per più del 95%) e lo si è incrociata con un'altra popolazione il Mont Calme e si è ottenuto il Verna (1953, vala a dire da un punto di vista agricolo un'era geologica fa). Ora nel frumento l'incrocio si fa spiga per spiga quindi se si parte da una popolazione eterogenea non si sa che caratteristiche ha la spiga che il caso ci ha messo tra le mani.

    Ma nel 1930 vi era la rincorsa all'autosufficienza in grano (c'era Mussolini) e per farlo si è messo in coltura anche il cucuzzolo delle montagne e quindi occorrevano varietà che si adattassero a terreni poveri e di altitudine. In altri termini tutto andava bene bastava che alla fine si raccogliesse qualcosa. Ora però l'appennino è stato abbandonato e enti pubblici da tutti noi pagati non hanno altro da fare che andare a pescare in un cassetto (ammesso che sia così) un qualcosa che chiamano varietà antica (ma è solo qualcosa di antico e sorpassato) da proporre per la pianura.
    Veramente la pazzia è di casa in Italia.

    Ecco allora guardatevi che pane si ricava (solo che un pane così lo mangiavano gli internati di Mathausen)

    http://www.sonoiosandra.ifood.it/2013/07/il-pane-toscano-con-lantica-farina-verna.html

    l'Est Mottin ed il Mont Calme

  • Capitano certamente che puoi questionarmi, ma non sono un "Sa tutto".

    Dario finchè non si va fuori dalle righe lascia fare ai amanuensi

    Sul Kronos ti ho risposto sopra. Canada e USA negli Stati settentrionali producono solo frumento primaverile di qualità, ne fanno 15/20 q/ha in estensivo.

  • Ma dove non ho vistodove parli del Kronos

  • @Ramirez, avevo commentato prima ma forse sono incapatto nell'antispam, provo a riformulare:

    dici " paste fermentate con lievito naturale come alternativa alla dieta senza glutine".

    Cioe' paste fermentate con LN hanno glutine zero quindi tanto da poter essere utilizzate con sicurezza da un celiaco? Mi pare a dir poco strano.

    Poi se si panifica senza glutine non viene pane pessimo? Quindi non ne capisco bene il senso. Cioe' credo che la LN se ben fatta possa avere molte qualita' dal punto di vista della palatabilita' specialmente nei dolci dove se non erro il glutine e' poco importante ma nel pane o pizza se si spezzettano le proteine poi te lo sogni un efficiente reticolo glutinico.

  • Ragazzi buon Ferragosto a tutti. Domani grigliata di wuster vegani 😜😂😂.Scherzo grigliata vera 😋😋

  • @Capitano
    Mi spiace contraddirti , anch'io ho la passione sia pratica che teorica del lievito naturale .
    Ripeto per circa una decina di mesi ho conservato rinfrescandolo all'occorrenza un lievito naturale liquido usando questo tipo di formula 2:1:1,2 cioè 100 di LN + 50 di farina e 60 di acqua .
    Lo starter era semplicemente farina e acqua con un pò di miele dopo 6 giorni di rinfreschi eseguiti ogni 24 ore , ho cominciato a fare rinfreschi ravvicinati ogni 15 ore per farlo partire alla grande :
    Ho seguito un procedimento del mio amico Osvy ex panettiere e appassionato di cucina e consulente presso diverse panetterie:
    http://alfornodiosvy.com/forum/viewtopic.php?f=49&t=100
    Un mito da sfatare è l'utilizzo della farina manitoba , infatti io ho utilizzato farine comuni senza nessun problema , il lievito conservato anche per due settimane in frigo , all'occorrenza veniva rinfrescato , dopo aver gettato il liquido sovrastante , sempre con lo stesso criterio e partiva alla svelta tanto da triplicare di volume nel giro di 4-5 ore . PH 4,5 crca . Dimenticavo di dire che la coltivazione di questo licoli era fatta a 35°C circa e di conseguenza sia per l'idratazione alta che per la temperatura erano avvantaggiati i lattobacilli omofermentanti.

  • @ranieri
    Sono state fatte diverse sperimentazioni in tal senso (Di Cagno et al, 2002),2004 ; De Angelis et al.2006;Rizzello et al 2007) sono stati isolati un pool di 4 batteri lattici isolati da lieviti naturali selezionati per la loro attività proteolitica raggiungendo un buon risultato , ma no soddisfacente al 100% , successivamente Rizzello nel 2007 è riuscito perfezionare la tecnica isolando sei ceppi batterici assieme all'uso di proteasi di origine fungina ed è arrivato ad un risultato soddisfacente : La degradazione degli epitopi tossici è stata confermata mediante studi su culture in vitro.
    Queste sono semplicemente prove scientifiche per rendere inattivo l'epitopo tossico 33-mer delle gliadine , una strada alternativa all'uso di idrocolloidi e farine di mais e riso comunemente usati. Una volta resa inattiva la farina per dare più struttura alla stessa evidentemente bisogna sempre usare idrocolloidi come la gomma di guar , xantani ecc.

  • Ok Ramiraz ph 4,5 vuol dire lievito ma lattica e acetica quanto erano ? Solo determinando lattica e acetica si può parlare di LM ci sono dei parametri fissi dati dai grandi maestri lievitisti tipi Motta Alemagna Bauli ecc la manitoba la usi per la madre asciutta , anch'io uso farine più deboli con il liqudo faccio 100/150 kg di lievito madre per volta . A seconda delle temperature cambiano i ca eppi a 35 il sanfranciscensis lo perdi lui si sviluppa a max 25

  • L'arte bianca è bella e interessante perchè non ci sono canoni prestabiliti, ognuno sperimenta e cerca di arrivare a dei target .
    Capitano il tuo è un discorso che trova (scusa se te lo dico) poca presa , io ho fatto e come me tanti un lievito naturale liquido che non interessa a nessuno se sia lievito madre o no ! L'importante è la riuscita nell'utilizzo sui prodotti da forno....tutto il resto (scusa di nuovo) è fuffa........
    Dal punto di vista teorico poi sto studiando (nonostante la mia età ...sono nonno da un pò) diversi testi e lavori accademici in lingua inglese ( un po di fatica a tradurre con google traslate) come detto sopra è una passione ....

  • Capitano, ci sono, ma di lievito so poco, quindi leggo e basta :)

  • Anch'io sono nonno.però fuffa un corno se sbagli il ph o la temperatura di un fermentatore da 2/300 kg e butti via quintali di prodotto non è un bel lavoro

  • Ha ha ha...per fortuna non lavoro con quantità' del genere , max un kg di prodotto.....

  • Secondo me, il tristo mietitore avrebbe un bel po' di lavoro da fare. Per mantener vivo il Blog, intendo, se va avanti così sul vaderetro, glutine o non glutine... :mrgreen:

  • @Ramirez
    " inattivo l'epitopo tossico 33-mer delle gliadine" quache riferimento bibliografico per la sequenza esatta di questo epitopo?

    "La degradazione degli epitopi tossici è stata confermata mediante studi su culture in vitro."
    se siamo ancora a livello di dimostrazione su colture cellulari...
    Il problema e' forse che mancano anche modelli animali affidabili di celiachia.

    pH e non PH ph poi i chimici si arrabbiano :D

  • La sperimentazione e' poi proseguita con l'assunzione da parte di soggetti celiaci di dolci eseguiti con farina disattivata senza scatenare la reazione allergica.
    Comunque vista l'incredulità' basta documentarsi , non e' un ramirez-pensiero ma fa parte della letteratura scientifica,compresa l'identificazione dell'epitopo 32 mer responsabile dell'attivazione della reazione allergica.
    In realtà non è il solo ma sembrano implicati anche epitopi delle glutenine secondo recenti studi.
    Tornando quindi alla fermentazione con LN ormai è una realtà scientifica che riesca a produrre più sostanze volatili e quindi più flavor rispetto alla fermentazione con saccharomyces cerevisiae.

  • Evabbè...! Come posso allora esimermi dal presentare all'opifico presentame l'EPITOPOTIOTRPO(R)? Mazza tutti i topi topici, EPITOPOTIOTROPO(R). I veri e i presunti. La moglie o nevvero il marito cià le panìe? EPITOPOTIOTROPO(R) - a base come si può capire di zolfo - le fa sparire. Son comode pasticche utilizzabili anche come supposte, anzi spesso meglio. Se prudon le uraccia, si posson provar pure lì, ma con cautela. Comunque è tutto ampiamente illustrato nel bugiardino veridico, recapitato a casa nella forma cartacea o in comodi CD, una ventina. Poi ci sono le Hub su Internet con cui ci si può più agevolmente agevolare, scaricando tutto ciò che riguarda EPITOPOTIOTROPO(R). Però a pagamento, che se no si prendono i virus, che son mica biscottini!
    EPITOPOTIOTROPO(R) comunque, non è tossico, checché il web ne dica, se mai leggeste di ciò.
    EPITOPOTIOTROPO(R)! E sai cosa ingurgiti! Anche se non sai il perché.

  • @Ramirez la mia non e' incredulita' ed essendo un blog scientifico, dal momento che non riesco a trovare quello che cerco ti chiedo solo di fornirmi riferimento bibliografico su dove posso trovare la sequenza di 33 AA responsabile della CD. Il "basta documentarsi non e' risposta adatta" certo che mi documento ma se hai il rif biblio ti sarei grato se me lo facessi avere.

  • @Ramirez

    Tu scrivi :
    "La sperimentazione e' poi proseguita con l'assunzione da parte di soggetti celiaci di dolci eseguiti con farina disattivata senza scatenare la reazione allergica."

    RE: Anch'io, come ranieri, sono gentilmente a chiederti il riferimento bibliografico dello studio clinico da te citato, per valutarne la metodologia con cui è stato effettuato e i risultati che ha dato luogo.

    Cordialità

    Aristarco

  • Guidorzi ho visto il pane fatto con il Verna ma che cazz.. di porcheria e' se lo dai alle capre ti pigliano a cornate , ma ci vuole coraggio a chiamarlo pane 🍞

  • Vi do i riferimenti richiesti ad entrambi :
    @ranieri
    https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/3038/1/TESI%20DOTTORATO%20Vecchiet%20Monica.pdf

    http://www.aicpiemonte.it/aic/uploads/media/32_file.pdf
    http://www.fedoa.unina.it/8099/1/Apicella_Elisa_23.pdf
    http://eprints.uniss.it/3536/1/Fiori_M_Tesi_Dottorato_2010_Ruolo.pdf
    Quest sopra è una tesi che sfrutta i lavori fatti in precedenza da Di Cagno per studiare il ruolo delle peptidasi batteriche sulle proteine del glutine-

    https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=6&cad=rja&uact=8&ved=0CEQQFjAFahUKEwi05KTdgKvHAhUDQBQKHX9IBRc&url=http%3A%2F%2Fwww.jimmunol.org%2Fcontent%2F173%2F3%2F1757.full&ei=WSXPVfTTH4OAUf-QlbgB&usg=AFQjCNHlX2KmjK1lHJ1hmWBlVldpCX5V1w

    https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=7&cad=rja&uact=8&ved=0CE8QFjAGahUKEwi05KTdgKvHAhUDQBQKHX9IBRc&url=http%3A%2F%2Fwww.ncbi.nlm.nih.gov%2Fpubmed%2F15265905&ei=WSXPVfTTH4OAUf-QlbgB&usg=AFQjCNE0Bkf9LUacP5anSA0c3WzWX7WbIQ

    http://www.cnr.it/commesse/ModuloAvAtt.html?id_mod=8478

    https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=9&cad=rja&uact=8&ved=0CFsQFjAIahUKEwi05KTdgKvHAhUDQBQKHX9IBRc&url=http%3A%2F%2Fwww.biomedcentral.com%2F1471-2164%2F13%2F277&ei=WSXPVfTTH4OAUf-QlbgB&usg=AFQjCNHxC2Dq7uY1OaDkaFrss5Ls48TWqw

    http://www.scribd.com/doc/7224570/Malattia-Celiaca-DEFINITIVO-Studenti#scribd

    http://www.sipps.it/pdf/caserta2012/sacchetti.pdf

    @AristarcoCapitolo 17 di “Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno” Pag 330 e 331

    Chi ha eseguio questo studio è Greco et al , 2009
    In questo link se ne parla di questo studio eseguito direttamente sui pazienti celiaci:

    http://www.celiachia.it/public/bo/upload/aic/pane_farina_di_grano.pdf
    Questo invece è un lavoro eseguito da diversi autori sul meccanismo di degradazione degli epitopi immunogenici con lievito naturale e proteasi batteriche:

    https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&cad=rja&uact=8&ved=0CDUQFjADahUKEwjC6Nm1hKvHAhXBVRQKHaAUDX8&url=http%3A%2F%2Faem.asm.org%2Fcontent%2F76%2F2%2F508.full&ei=OCnPVcLsDsGrUaCptPgH&usg=AFQjCNGk-veBwmjr_UmwaYlSnm_4MnaZXQ

  • Stavo rispondendo alle richieste fatte sia da Ranieri che da Aristarco , il post è stato bloccato in attesa di approvazione provo a farlo più semplice il post.
    Per ranieri questi sono i riferimenti:

    http://www.aicpiemonte.it/aic/uploads/media/32_file.pdf
    http://www.fedoa.unina.it/8099/1/Apicella_Elisa_23.pdf
    http://eprints.uniss.it/3536/1/Fiori_M_Tesi_Dottorato_2010_Ruolo.pdf
    Quest sopra è una tesi che sfrutta i lavori fatti in precedenza da Di Cagno per studiare il ruolo delle peptidasi batteriche sulle proteine del glutine-

    http://eprints.uniss.it/3536/1/Fiori_M_Tesi_Dottorato_2010_Ruolo.pdf
    http://www.jimmunol.org/content/173/3/1757.full

    http://www.cnr.it/commesse/ModuloAvAtt.html?id_mod=8478

    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15265905

    http://www.scribd.com/doc/7224570/Malattia-Celiaca-DEFINITIVO-Studenti#scribd

    http://www.sipps.it/pdf/caserta2012/sacchetti.pdf

    :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
    Per Aristarco questi sono i riferimenti :
    Capitolo 17 di “Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno” Pag 330 e 331

    Chi ha eseguito questo studio è Greco et al , 2009
    In questo link se ne parla di questo studio eseguito direttamente sui pazienti celiaci:

    http://www.celiachia.it/public/bo/upload/aic/pane_farina_di_grano.pdf
    Questo invece è un lavoro eseguito da diversi autori sul meccanismo di degradazione degli epitopi immunogenici con lievito naturale e proteasi batteriche:
    http://aem.asm.org/content/76/2/508.full

    Scusate dell'inconveniente.

  • Non mi sono dimenticato di Ranieri e di Aristarco ho scritto un post che è in attesa di approvazione

  • @Ramirez grazie per i riferimenti, smaltila la libagione ferragostana li leggo.

    Interessante il link a durodisicilia, ma chi e' lo scrivente Alberto Guidorzi travestito da siciliano?

  • Ranieri

    No non sono io e non conosco Saia, anche se ritrovo molto di ciò che anch'io ho appreso dal mio lavoro, Con Duro di Sicilia ho avuto un sostanzioso scambio di idee circa l'utilità o meno di usare sementi certificate per gli investimenti a grano duro nel Sud.

    La conclusione condivisa è stata che non si discute la validità delle sementi certificate secondo regole serie e ben applicate, cioè che è opinabile e che non merita sovrapprezzi, sono le sementi certificate comunque e selezionate da pseudo ditte sementiere.

  • La farina di terre e tradizioni quella dei cereali mixati , l' ho provata come gusto e profumo è ottima come forza e' media . Viene un pane molto saporito e buono , le singole varietà Timilia Russello ecc sono scarse .

  • Ramirez,

    Non sarà il tuo caso.
    Ma devo ammettere che tutte le volte che - in tante altre occasioni - ho chiesto uno specifico e definito riferimento bibliografico di uno specifico e definito studio dirimente e mi è stato risposto con una "insalata" di link, il risultato, alla fin fine, è che emergeva - ahimè! - sempre e solo fuffa.

    Cordialità.

    Aristarco

  • In effetti pure io mi sono un po' perso con i link, e mi pare che anche in questo campo ci sia la tendenza di mettere il carro davanti ai buoi. Intendo dire che la degradazione batterica degli epitopi proteici coinvolti nella CD, puo' avere logica, pero' mi pare che non ci sia un lavoro dove con esattezza si identificano le sequenze colpevoli.
    Mi sarei aspettato che una volta identificata la sequanza si procedesse con la sperimentazione facendo ingerire tali pezzetti di proteina a celiaci valutando i risultati. Invece mi ritrovo sempre con sperimentazioni in vitro in cui si va a misurare interleuchine o altri parametri piuttosto indiretti.

    Una sperimantazione sull'uomo considerato che a quanto pare di modelli animali decenti non ne esistono toglierebbe ogni dubbio e sarebbe anche semplice da fare (a parte le questioni etiche).

    Comincio a pensare che la mia teoria sul coinvolgimento di ponti SS indigeribili non sia poi cosi' bislacca.

  • Scusate se sapete leggere io ho dato dei riferimenti precisi a parte i link , vi ho dato il riferimento precisi di un testo : Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno , gi autori Marco Gobbetti saldo Corsetti , quindi prima di parlare di fuffa ci pregherei di leggere.......non sono un venditore di fumo....se una cosa non ha dei riferimenti non la posto nemmeno
    Grazie

  • Volete sapere fin dove è arrivata la fobia della celiachia?

    Parlando con mia nuora che è caposala ad ostetricia , mi ha detto che in pediatria nel suo ospedale il cibo per celiaci (probabilmente la diagnosi la fa il genitore ed impone il no al glutine) deve transitare in carrelli ed in tempi diversi per tema che il contatto ravvicinato renda il cibo del celiaco inquinato da glutine.

    Adesso capisco perchè sul mio parabrezza delle volte devo faticare a togliere dei pezzi di glutine che volano, specialmente all'imbrunire......

  • Aristarco e Ranieri :
    Con un po di pazienza ho riguardato i link tra i quali in uno di essi era descritta invece la sperimentazione in vivo eseguita a riprova di quanto dicevo, ed a conferma che evidentemente non sapete leggere. :
    http://www.celiachia.it/public/bo/upload/aic/pane_farina_di_grano.pdf
    Gli autori :
    Di Marco Silano- Reparto di Alimentazione, Nutrizione e Salute - Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare Istituto Superiore di Sanità, Roma
    Marco Gobbetti Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti Università degli Studi di Bari Aldo Moro
    Dopo la sperimentazione in vitro:
    “Il passaggio successivo è stato quello di procedere con sperimentazioni cliniche in vivo, a medio/lungo termine, per testare la tolleranza e sicurezza degli alimenti con farina di grano deglutinata quando introdotti nella dieta giornaliera di soggetti con malattia celiaca. Nei diversi studi sono stati reclutati circa 25 soggetti celiaci, in remissione, a dieta senza glutine e di età prevalentemente pediatrica (età compresa tra 8 e 23 anni). In particolare, in uno di questi trials condotti in doppio cieco, i pazienti hanno consumato quotidianamente, nell’ambito della loro dieta e per un periodo di due mesi, prodotti da forno preparati con il metodo di fermentazione con “lievito naturale” speciale, contenenti circa 100 g di farina di grano pari, quindi, a circa 8-10 g di glutine equivalente/die (il termine equivalente è usato per riferire la quantità a quella presente nella farina tal quale). Come controllo, pazienti con le stesse caratteristiche sono stati alimentati con prodotti a base di glutine non trattato. È risultato che nessuno dei pazienti che ha assunto glutine “idrolizzato/predigerito” ha presentato sintomi o alterazioni plasmatiche (movimento o aumento dei titoli anticorpali verso i comuni antigeni della malattia, quali IgA e IgG antiglutine o IgA anti-transglutaminasi tissutale) ed istologiche (biopsie duodenali di pazienti all’inizio e termine del trial in cui non è stata osservata alcuna alterazione morfologica, secondo stadiazione di Marsh, né aumento dell’infiltrato di linfociti specifici: CD3, TCR gammadelta dell’epitelio e CD25 nella lamina propria). “

    BIBLIOGRAFIA
    Per i lettori interessati ad approfondire l’argomento, si riportano di seguito le pubblicazioni scientifiche che hanno supportato lo studio: 1. Di Cagno et al., 2002. Applied and Environmental Microbiology, 68:623–633. 2. Di Cagno et al., 2004. Applied and Environmental Microbiology, 70:1088–1096. 3. Di Cagno et al., 2005. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 53:4393– 4402. 4. De Angelis et al., 2006a. Biochimica et Biophysica Acta, 1762:80–93. 5. De Angelis et al., 2006b. Journal of Cereal Science, 43:301–314. 6. Gobbetti et al., 2007. Food Microbiology, 24:187–196. 7. Rizzello et al., 2007. Applied and Environmental Microbiology, 73:4499–4507. 8. Di Cagno et al., 2009. Applied and Environmental Microbiology, 75:3963–3971. 9. De Angelis et al., 2010. Applied and Environmental Microbiology, 76:508–518. 10. Di Cagno et al., 2010. Journal of Pediatric Gastroenterology & Nutrition, 51:777–783. 11. Greco et al., 2011. Clinical Gastroenterology and Hepatology, 9:24–29. 12. Di Cagno et al., 2011. BMC Microbiology, 11:219. 13. Rizzello CG et al., 2014. Food Microbiology, 37:59–68. 14. Curiel JA et al., 2014. Journal of Cereal Science, 59:79-87

    Sul testo : Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno al capitolo 17 curato da :
    Maria de Angelis , Università di Bari
    Raffaella Di Cagno, Università di Bari
    Alla pag 330 riporto quanto scritto :
    "La farina detossificata , disidratata ed essiccata è stata anche utilizzata per la produzione di lievitati da forno dolci mediante aggiunta di burro, zucchero e acqua. Tali prodotti sono stati impiegati per l’esecuzione di un challange in vivo mediante somministrazione giornaliera di 100 grammi di prodotto per 60 giorni a soggetti celiaci in remissione ( Greco et al, 2009) I risultati degl indici immunochimici e istologici di tutti i soggetti celiaci hanno confermato l’assenza di tossicità della farina di grano. Al termine del trial nessuno dei valori biochimici e immunologici è variato rispetto all’inizio della sperimentazione."
    Un approccio biotecnologico analogo a quello descritto è stato eseguito anche da M'hir et al.(2009)......
    Per chi asserisce invece che non esiste sequenza dell'epitopo 33-mer individuato come causa scatenante della reazione allergica :
    Epitopo 33-mer:
    LQLQPFPQPQLPYPQPQLPYPQPQLPYPQPQPF
    Posizione alfa-gliadina 57-89 (a)

    Non è il solo epitopo c'è ne sono degli altri implicati nella reazione allergica , degli stessi c'è la sequenza anche in questi.
    Queste sequenze sono state tratte da "The immune recognition of gluten in coeliac disease" Clin. Exp.Immunol., 2005 jun, 140(3), p.40.

    Concludo asserendo che prima di esprimere un giudizio sulla persona sia meglio riflettere un attimo , classico esempio di chi non avendo argomentazioni non trova altro sistema che screditare le persone.

    PS
    Ranieri la tua teoria sul coinvolgimento dei ponti disolfuro indigeribili è invece bislacca (scusa ma ci voleva) , semplicemente perchè sono i primi legami ad essere ridotti dal sistema enzimatico proteasico,

    Cordialità
    Ramirez

  • Alberto non meravigliarti c'è di peggio.
    Mia cognata sta facendo una settimana si ed una no la dieta con proodotti gluten free, intervistata risponde : "non si sa mai...."

  • un mio amico ha allevato 2 figli "gluten free" senza nessun motivo e senza nessun parere medico :-(

  • M i sto sempre più convincendo che viviamo dei tempi in cui avere la malattia celiaca possa essere un titolo di distinzione e chi non ce l'ha non è "niente".

    Chiedo scusa a priori ai veri malati per i sacrifici che devono fare e per essere mescolati con dei tarati mentali.

  • Ramirez

    Ma allora uno studio di metabolomica dovrebbe riuscire a far risalire alla base genetica e quindi eseguire una selezione ad hoc di frumenti e produrli.

    IN questo caso i celiaci avrebbero risolto il problema e mangiarsi dei cibi più normali.

  • Davvero volete discuter di metabolomica? Non avete allora idea, o incauti, di cosa può combinar Stello con la metabolomica! Pura o applicata. Come viene viene. La Metabolomica! Eh, che bell'argomento per Stello, sì...

  • ramirez guarda che in genere se uno ha fatto grosse scoperte come quella di rendere il glutine innocuo per i celiaci ti fornisce un paio di lavori pubblicati su riviste internazionali importanti e non una sfilza di link o come hai fatto ora un articolo su rivista italiana o libro che a sua volta cita una sfilza di lavori.

    Comunque la farina deglutinata via batteri o simile fa pane decente o come quella deglutinata per altre vie? In questo caso puo' essere conveniente solo dal punto di vista industriale ma per un celiaco cosa cambia?

    Altro punto non meno importante siccome suppongo tu ne sappia piu' di me hai link a articolo pubblicato (su rivista internazionale magari di un certo livello) dove si dimostra che individui nutriti con epitopo LQLQPFPQPQLPYPQPQLPYPQPQLPYPQPQPF da solo scateni reazione allergica?

    La mia ipotesi dei ponti disolfuro indigeribili vero che puo' essere risibile, pero' allora dimmi su quali basi affermi che i disolfuri sono i primi legami ad essere ridotti dal sistema enzimatico proteasico. In proposito ti faccio notare che le proteasi scindono il legami peptidici (idrolizzandoli) che sono tutt'altra roba rispetto ad un ponte S-S sia intracatena che intercatena. I ponti disolfuro sono scissi o per reazione chimica (di solito con disolfuri di basso peso molecolare) detta di trans-idrogenazione o mediata da tioltransferasi e/o PDI (protein disulfide isomerase) in cui il cofattore e' il glutatione o il NADPH. Quindi di quali proteasi stai parlando forse classifichi la TT o la PDI come proteasi?

  • I disolfuri son buoni, ma i mercaptani? Eh? Non vogliam dir nulla sui mercaptani? Ce ne sarebbe, eh, metabolonicamente parlando...

  • Ranieri anch'io come te non mi occupo affatto di celiachia non sono un medico sono un biologo in pensione con tanta voglia di studiare , cosa che non ho potuto fare quando mi occupavo di farine e di grani per tutta la vita.
    Nelle mie ricerche personali mi sono trovato indirettamente questo problema e di conseguenza ho cercato di documentarmi.
    Ho cercato di dare un contributo alla discussione per quello che io avevo acquisito e mi sembra di aver dato qualcosa , poi sai benissimo (visto che sei un ricercatore) che la ricerca è fatta da un mosaico di tasselli, la sperimentazione fatta su soggetti celiaci mi sembra che abbia una certa validità visto che è stata fatta in doppio cieco, una buona base di partenza per continuare la sperimentazione.
    Sul discorso dei ponti disolfuro volendo semplificare il concetto ho scritto in effetti qualcosa di non vero . Volevo semplicemente affermare che la ricerca non si è indirizzata in quella direzione (almeno da quello che ne so io) . Mi sembrava abbastanza semplice la digestione di questi ponti disolfuro che danno la caratteristica a folding delle proteine e che ne determinano la struttura secondaria e terziaria. Nell'ambiente fortemente acido dello stomaco c'è la denaturazione (unfolding) delle proteine , prima dell'azione delle proteasi che scindono i legami peptidici. Poi sapevo che è uso comune(ricerche dirette fatte anche dal sottoscritto) nel campo molitorio utilizzare riducenti come la cisteina e il glutatione (quest'ultimo derivato dalla lisi indotta delle cellule del lievito) che agiscono sui ponti disolfuro , rendendo l'impasto più estensibile e quindi più malleabile . Modificando quindi le caratteristiche reologiche di un impasto riducendo sensibilmente il P/L alveografico di una farina. Infatti (come dice l'amico Guidorzi) sono sistemi utilizzati per modificare la reologia di una farina per poterla utilizzare per produzioni di biscotti.
    Alla luce di tutto queste cose mi sembra strano appunto che la ricerca non sia stata indirizzata su questa strada , ma se tu hai qualche riferimento scientifico ti pregherei anch'io di renderlo leggibile, altrimenti come tu sai meglio di me rimangono solamente opinioni , le quali purtroppo non portano lontano.
    Sul discorso della panificabilità di farine disattivate con quelle sperimentazioni ti posso confermare che sono utilizzabili sicuramente non per lunghe lievitazioni ma brevi lievitazioni, sul discorso della palatabilità dei prodotti ottenuti , visto e considerato che c'è una grossa liberazione di aminoacidi ( sono forieri di sostanze volatili che danno flavour all'impasto) sicuramente sono piu appetibili rispetto a farine gluten-free alle quali sono state aggiunti idrocolloidi per dare struttura all'impasto ( tipo xantani , gomma di guar ecc.).
    Da ricerche recenti sembra che gli oligopeptidi derivati dalla proteolisi rimangano aderenti alla macromolecola glutine contribuendo in qualche modo a dare lo stesso struttura al reticolo proteico.
    Cordialità
    Ramirez

  • Guidorzi

    Proteomica e metabolomica sai meglio di me che sono si indizi per una ricerca , ma purtroppo tradurla in realtà non penso sia realizzabile , in Italia poi visto come funziona la ricerca nel campo dei costitutori .....

  • @Ramirez

    Mi pare che sia il caso di effettuare alcune doverose precisazioni.

    In primo luogo, riterrei opportuno consigliarti - per questione di igiene mentale - di non rispondere rivolgendoti contemporaneamente ad Aristarco e a ranieri, perché mi pare si possa in questo modo fare una gran confusione, perché poi non si capisce – ad esempio – con chi esattamente ti rivolgi, allorquando fai certe asserzioni e accuse .
    È da notare, infatti, che ranieri porta avanti - nel confronto che ha con te - un suo proprio discorso (che coinvolge ad esempio i ponti disolfuro che il sottoscritto non nomina) che è diverso – anche se non distante – dal mio. Un discorso - quello ranieri-Ramirez - non migliore, né peggiore, ma semplicemente un altro discorso, rispetto a quello di Aristarco-Ramirez.

    In secondo luogo, ti chiedo di non aver la coda di paglia, perché né il sottoscritto (né – mi pare – ranieri) ti hanno rivolto alcuna accusa ad personam: rileggi con maggiore attenzione quel che ho scritto, senza aggiungerci paranoie!

    In terzo luogo, il sottoscritto si è limitato a chiederti solo e soltanto e solamente un unico e preciso e definito e specifico riferimento bibliografico di uno studio clinico. Punto e stop.
    Non ti ho chiesto – come invece hai fatto nel tuo intervento del 16 agosto 2015 alle 21:37) - un copia-incolla di uno stralcio di un capitolo di un testo (Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno) o il link a una review in lingua italiana, non indicizzata, non peer-reviewed.
    Scendiamo concretamente nei dettagli.
    La review linkata che riporta solo una abborracciata di voci bibliografiche senza né capo né coda, dove effettivamente si accenna – in modo molto generico – a studi clinici, ma in modo così approssimativo che non permette certamente di esprimere alcuna fondata opinione.
    Il copia-incolla riporta invece Greco et al, 2009.
    Si tratta di un riferimento bibliografico di qualche utilità?
    Se si effettua una ricerca bibliografica su PubMed utilizzando come stringa di ricerca la seguente “(("2009"[Date - Publication] : "2009"[Date - Publication])) AND Greco[Author]” emergono 272 pubblicazioni (!). Cosa dovrei fare, secondo te, caro Ramirez? Cercare di spulciarle tutte per cercare il riferimento bibliografico che ho chiesto?

    E quindi ribadisco la mia richiesta: ti chiedo – in funzione di quel che hai letto, studiato, capito, ecc. – l’esatto riferimento bibliografico dello studio clinico che – a tuo giudizio (sottolineo: “a tuo giudizio”) – risulta il più convincente, da un punto di vista metodologico, in relazione a quanto hai sostenuto ("La sperimentazione è poi proseguita con l'assunzione da parte di soggetti celiaci di dolci eseguiti con farina disattivata senza scatenare la reazione allergica.").

    Cordialità

    Aristarco

  • @Aristarco
    La risposta l'ho data , non sto a ripeterla ,Ranieri l'ha anche commentata la tua richiesta è la stessa della sua.
    In quanto masturbazioni mentali penso di non essere solo in questo blog , nessuna coda di paglia ,sei stato tu ad inoltrarti in un giudizio sommario.....senza appello ...targa do "tuffa" quello che ho scritto.
    Cordialità
    Ramirez

  • Errata corrige
    Tuffa sta per fuffa

  • Facciamo una semplice cosa Aristarco .....sono d'accordo....quello che ho asserito rimane a mio giudizio così prendendola persa spero di aver chiuso la discussione ......

  • Certo Ramirez che parlare di proteomica o di metabolomica ai costitutori italiani è come dire a Hipparco di guidare un'astronave per verificare lo zodiaco.

    Tuttavia altrove la ricerca a questi livelli si fa (in Francia esiste un progetto Aker proriio sulla bietola da zucchero) e la celiachia è un fatto planetario.

  • Guidorzi
    Hai letto sicuramente di un lavoro , non mi ricordo l'autore , ma in sostanza le conclusioni sono che il monococco sarebbe quasi tollerabile dai soggetti celiaci, cosa ne pensi?

  • ramirez, pure io non sono un medico ma un biologo e non mi sono mai occupato di celiachia o di farine. Da panificatore (forse piu' pizzaiolo direi) dilettante avendo uno di quegli enormi forni di campagna che usavano i contadini, dovendoci consumare un paio di quintali di legna per scaldarlo, mi divertivo dopo la pizza a provare a fare del pane decente (dopo aver faticato per scldare il forno mica potevo fare solo quache pizza!!!) con risultati altalenanti, spesso mediocri.

    Per fortuna i commensali mi riempivano sempre di elogi per il pane a detta loro buonissimo. Mi e' sempre rimasto il dubbio se lo dicessero perche' influenzati dal fatto di aver visto creare il pane a partire dalla farina e cuocerlo in forno a lenga (molto naturale) o se per pieta' per non dirmi che sembrava pane fatto con il grano Verna (qualcuno l'ha definito in questo blog roba campo di concentramento).

    Usavo farine a caso, lievitazione pure, aggiungendo talvolta latte, sale, olio farina di semola, una volta anche di riso. Poi ho letto sul libro di Bressanini la spiegazione della forza delle farine, che sono molto differenti tra loro e l'importanza del reticolo del glutine. In particolare mi ha colpito la frase "le proteine del glutine a contatto con l'acqua per azione meccanica si legano tra loro chimicamente in modo ancora non completamente chiarito" Qua mi si e' accesa una lampadina ricordando che mio nonno mi aveva insegnato a masticare dei chicchi di grano dicendomi che mi sarei trovato in bocca che chewing gum naturale (era vero dopo un po' si formava in bocca una specie di materiale gommoso). Verificando dalla letteratura scientifica ho letto che la formazione del glutine durante l'impasto e' dovuto ad una serie di scambi tra S-S proteici ed SH (sia proteici che di basso peso molecolare come cisteina e glutatione. Ho fatto un po' di prove in laboratorio (tanto per divertimento) ed infatti ho notato come inibendo o favorendo queste reazioni si poteva ottenere un impasto piu' o meno elastico.

    Siccome i ponti disolfuro proteici non sono digeriti dalle proteasi (neanche dopo denaturazione acida da perte del pH dello stomaco ) ma hanno come ho detto in un post precedente metabolismo molto diverso, mi sono chiesto se potesse derivare da sequenze peptidiche con diversi S-S che li rendevano inattaccabili alle proteasi. Forse i celiaci potrebbero aver perso capacita' di metabolizzare S-S magari ripristinabile per via microbioma?
    In letteratura c'e' molto sulla struttura del glutione, rimodella meto SS- SH via glutatione etc, ovviamente pochissimo a sostegno della mia teoria, l'unica cosa che ho trovato e' questa:

    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22616484

    Se qualcuno ha qualche suggerimento gliene sarei grato, magari sara' una scemenza, pero' prove in lab con la farina costano molto poco e per un ricercatore squattrinato (come me) come si dice " e' pane per i suoi denti".

  • … azz ... Ramirez…
    Non riesco a farmi capire :-(
    Ed è probabilmente colpa del sottoscritto :-(
    Forse dovrei essere più diretto.
    Però ho sempre paura di sembrare eccessivamente polemico e di offendere qualcuno :-(
    E poi finisce che c’è sempre qualcuno che comunque si offende, vero Ramirez?
    La questione di fondo su cui vorrei puntare i riflettori e per la quale ho cercato, lo ammetto, “strumentalmente” di coinvolgere Ramirez è la seguente: dove sono gli studi clinici sulla celiachia?
    Questo è il vero snodo cruciale!!!
    Ramirez mi parla di studi clinici sulla celiachia eseguiti con prodotti “con farina disattivata”.
    Ottimo!
    Dove sono questi studi?
    Che razza di studi sono?
    E poi: quanti pazienti sono stati arruolati? È stato fatto un adeguato calcolo per sample size? È stata fatta una analisi statistica adeguata? Con che criterio è stato scelto l’end-point di riferimento? Quali criteri di cecità sono stati adottati? ecc. ecc.
    Il problema drammaticissimo – PER QUELLO CHE È A MIA CONOSCENZA (*) – è che non vi sono - praticamente - studi clinici di buona qualità sulla celiachia!!!
    Questo è lo scandalo!!!
    Il problema NON è che mancano studi clinici di buona qualità sulla celiachia eseguiti con prodotti “con farina disattivata”!
    Il vero (e drammaticissimo) problema – PER QUELLO CHE È A MIA CONOSCENZA (*) – è che mancano studi clinici di buona qualità sulla celiachia tout court!!!
    È incredibile, ma è così!!!
    I pochissimi studi clinici che ci sono, sono di una pochezza metodologica imbarazzante!
    Anche gli studi clinici segnalati nel post da Bressanini sono metodologicamente imbarazzanti: senza calcolo del sample size, con una insalata di end-point a casaccio, con una analisi statistica assolutamente inadeguata e priva di fattori correttivi per la valutazione di end-point multipli, ecc. ecc.

    Ora faccio una digressione OT.
    Ricordo una frase che mi colpì, riportata su un libro di storia della medicina.
    L’Autore (mi pare, se non ricordo male, fosse Luciano Sterpellone) di questo testo di storia della medicina – nel capitolo dedicato alla peste nera (cioè all'epidemia di peste che imperversò in tutta Europa tra il 1347 e il 1353) – si stupiva del fatto che i medici dell’epoca non accennassero minimamente – con senso di autocritica - agli oggettivi limiti del proprio "sapere" rispetto al problema “peste”.

    Ecco, a me sembra che stiamo facendo lo stesso errore dei medici che “curavano” la peste nera.
    Non vogliamo osare a guardare fino in fondo l’ignoranza che abbiamo nei confronti della celiachia.
    Sembra che non si voglia mai puntare i riflettori su ciò che non sappiamo sulla celiachia. E non sto parlando dell’Epitopo 33-mer o della Posizione alfa-gliadina 57-89 che mi interessano (quasi) pari a zero!
    Noooo!
    Io voglio avere il riferimento bibliografico di uno studio clinico di buona qualità metodologica che mi dimostri che la dieta gluten-free apporti beneficio a chi soffre di celiachia!!!
    Quale è la riduzione - in termini percentuali o assoluti - di “cagotti” che riesco a ottenere, tramite una dieta gluten-free in chi soffre di celiachia??? Questo è ciò che mi interessa, prima di tutto. E poi, ma molto poi, mi interesseranno gli epitopi o le posizione dell’alfa-gliadina.

    Io vorrei far riflettere su alcuni ampi aspetti oscuri di quella parte della scienza medica che si occupa di celiachia.
    Aspetti che – come ho detto - sembrano - oibò! - essere rivestiti dal tabù.
    Non se ne può, infatti, parlare.
    Anche Ramirez fa l’offeso e si rifiuta di rispondere!
    E – in altre occasioni - quando mi è accaduto di parlarne, sono stato pesantemente aggredito verbalmente da alcuni malati di celiachia, che fraintendevano i miei dubbi sulle evidenze sperimentali a sostegno della terapia anti-celiachia con una mia - in realtà inesistente - negazione dei loro disturbi.
    Eppure, non era e non è – ovviamente - mia intenzione voler offendere nessuno e negare il fatto che alcune persone abbiano addominalgie, diarree, ecc.
    Vorrei solo far notare e ribadire che non mi risulta (e sottolineo A ME NON RISULTA (*)) che esistano studi clinici di buona qualità metodologica (cioè RCT, Randomized Controlled Trial) che dimostrino che la dieta gluten-free sia efficace nel trattare la celiachia.
    Mi spiace, ma la celiachia mi sembra quasi il classico esempio di malattia (semi)inventata, ovverosia di “disease mongering”.
    Se si parla di “disease mongering”, subito sovviene Big Pharma, e invece l’esempio più paradigmatico – a mio parere – di disease mongering è una patologia, la celiachia, che alle spalle non ha alcuna Big Pharma.
    Ovviamente non nego l’esistenza della “forma classica” di morbo celiaco che però sta comunque divenendo sempre più rara (e ciò mi pare un po’ strano, per una patologia in apparenza con un così importante substrato genetico).
    Quello che mi irrita è che (1.) si prendono anche dei soggetti del tutto asintomatici (ad esempio, familiari a sintomatici di soggetti affetti da morbo celiaco) oppure dei soggetti con una sintomatologia non gastrointestinale che può comprendere praticamente tutti i sintomi immaginabili che si possono immaginare, (2.) li si sottopone a un complesso iter diagnostico e (3.) poi, se risultano positivi, li si mette a dieta a vita.
    Cos’è in particolare che mi irrita?
    É che con i miei soldi, come contribuente, il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) paghi una terapia costosa che, in modo rigoroso, non ha praticamente dimostrato nulla – da una parte – e – dall’altra parte – ricordo una diagnosi di morbo celiaco in un ultra ottantenne che non ha mai accusato alcun particolare disturbo: se la diagnosi l’avessero fatta alla età di 10 anni, sarebbe stato inutilmente messo a dieta per oltre 70 anni.
    Quello che in assoluto più mi irrita è che sempre si sottolinea l’importanza di seguire la dieta gluten-free senza studi clinici di buona qualità metodologica a supporto.
    Ai miei occhi è un po’ uno scandalo!!111!!!1!!11,111 ... undici fattoriale...
    Ma nessuno ne parla.
    Sembra trattarsi di un tabù.
    Mi irrita un po’ questa omertà.
    Non esiste uno solo trial randomizzato e controllato – in doppio cieco, ma anche in aperto – che dimostri (A QUANTO NE SAPPIA (*)) un qualsivoglia beneficio della dieta gluten-free nei soggetti con morbo celiaco nella forma potenziale, nella forma asintomatica, nella forma paucisintomatica extra-gastrointestinale.
    Orbene, pur tra mille "se" e mille "ma", posso - in conclusione - accettare che il SSN paghi la dieta gluten-free ai pazienti affetti dalla forma classica di malattia celiaca, ma senza dati scientifici di qualità, mi lascia molto perplesso il pagare una dieta gluten-free a vita ai pazienti non affetti dalla forma classica di malattia celiaca.

    Cordialità

    Aristarco

    (*) sarebbe davvero graditissimo che qualcuno mi fornisse il riferimento bibliografico dello studio clinico migliore a sostegno della dieta gluten-free. Io – come detto – non conosco studi clinici di qualità metodologica accettabile. Però, magari ci sono. Ed io chiedo gentilmente se qualcuno mi segnala lo studio migliore. Non voglio un abborracciata di elenco di riferimenti bibliografici. Chiedo gentilmente solo lo studio o i due studi più validi dal punto di vista metodologico a sostegno della dieta gluten-free nella celiachia.

    N.B. ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE

    Con questo mio intervento NON ho alcunissima intenzione di sostenere che il paziente celiaco non debba effettuare una dieta gluten-free!!!!
    Spero che sia chiaro che si comprenda che ci sono due pianeti completamente differenti:
    1) il PIANETA DELLA SCIENZA MEDICA, dove si deve avere il coraggio di ammettere le proprie enormi carenze informative anche – perché no – per cercare di stimolare i ricercatori “celiacologi” a produrre quei dati che avrebbero già da tempo dovuto fornire (ed il mio discorso di questo mio intervento un po’ avvelenato fa riferimento esclusivamente a questo pianeta)!
    2) il PIANETA DELLA CLINICA, dove un paziente celiaco deve sempre obbligatoriamente essere trattato sulla base dello stato dell’arte, e non vi sono dubbi che – oggi come oggi – tutti gli indizi (e sottolineo – ahimè! – la parola “indizi”) suggeriscono di adottare una dieta gluten free (ed il sottoscritto concorda, senza "se" e senza "ma", sulla inderogabile opportunità di adottare, per il paziente celiaco in carne ed ossa, una dieta gluten-Free, sulla base dello stato dell'arte [... pur carente che esso sia!]).

    P.S. ... e poi mi si parla di epitopi e di posizione alfa-gliadina!!
    Mi sembra di vedere indispettite persone storcere il naso sulla presenza di una “bestia” nel salotto puntando minacciosamente il dito indice verso un piccolo scuro insetto alato sulla parete e discettare se si tratta di una mosca domestica o di una mosca cavallina, quando al centro del salotto barrisce un enorme elefante africano!

    P.P.S. Per concludere, riporto una storia. La storia della cura per il diabete mellito.
    Il 12 settembre 1998 è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet lo studio noto con l'acronimo "UKPDS 33".
    Prima del 12 settembre 1998 non vi erano studi clinici di accettabile qualità metodologica che dimostrassero che curare in modo opportuno il diabete mellito con insulina o ipoglicemizzanti orali fosse ... valido.
    Prima del 12 settembre 1998 si curava il diabete mellito ... "a sentimento".
    Prima del 12 settembre 1998 vi erano in effetti (come oggigiorno per la celiachia) innumerevoli studi indiziari che suggerivano che trattare in modo adeguato il diabete mellito fosse opportuno.
    Però, non vi erano - prima del 12 settembre 1998 - studi di buona qualità metodologica che dimostrassero la validità di una efficace terapia antidiabetica.
    L'aspetto imbarazzante è che studi successivi che confermarono lo studio UKPDS 33 sono stati realizzati molto tempo dopo e i risultati sono stati pubblicati non molti anni or sono (studio ADVANCE, studio ACCORD, ecc.).
    Cosa significò tutto ciò?
    Significò che per una decina d'anni, in tutti i congressi di diabetologia non si parlò d'altro che di UKPDS 33.
    Perché lo studio UKPDS 33 era lo studio che dimostrava la validità della terapia ipoglicemizzanti nel paziente affetto da diabete mellito di tipo 2.
    Oserei quasi dire, in modo dichiaratamente provocatorio, che lo studio UKPDS 33 dava senso all'esistenza dei diabetologi!!
    In tutti i congressi nazionali e internazionali di diabetologia riecheggiava ossessivamente lo studio UKPDS 33!
    Occhio: ancora oggi, lo studio UKPDS 33 rimane la pubblicazione più citata nell'ambito della letteratura medico-scientifica internazionale!
    Cosa manca alla terapia per la celiachia?
    Manca - mutatis mutandis - uno studio analogo a quello che l'UKPDS 33 rappresentò per la terapia del diabete mellito.

  • ... rileggendo il mio intervento ... non escludo di essere ... ehm ... stato forse troppo "pesante" e di essermi lasciato prendere la mano :-(

    In particolare, in due punti.

    1) accusa di disease mongering
    Si tratta di una accusa ingenerosa.
    Occhio: personalmente sono - a torto o a ragione - convinto che praticamente ogni accusa di disease mongering sia in sé ingenerosa.

    2) accusa secondo cui gli "studi clinici segnalati nel post da Bressanini sono metodologicamente imbarazzanti".
    Occhio: sono studi clinici che hanno una loro indubbia e incontrovertibile validità medico-scientifica; hanno dei limiti metodologici, ma non più di tantissimi altri validissimi trial clinici.
    Ma ciò che volevo enfatizzare è semplicemente che non sono studi che hanno una qualità metodologica paragonabile ad altri importanti grandi trial come - ad esempio - il citato UKPDS 33 nel diabete mellito.

    Cordialità

    Aristarco

  • Ramirez

    ti devo rispondere da profano.

    Si sta facendo largo la convinzione che siano particolari componenti gliadiniche, ma nello stesso tempo che la risposta immunologica sia una ipersensibilità della mucosa digiunale.

    Però la conclusione di una tesi di dottorato di laurea (2007/2008):

    https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/3038/1/TESI%20DOTTORATO%20Vecchiet%20Monica.pdf

    finisce così (pag c del Riassunto):

    "Dal punto di vista pratico della diagnosi di celiachia, i risultati presentati
    pongono comunque la necessità di una maggiore investigazione per la ricerca dei veri
    epitopi antigenici delle gliadine e/o delle altre frazioni proteiche, gluteniniche in
    particolare. Questo compito si rivela, però, non facile per il gran numero di proteine
    implicate (centinaia di geni geni codificano per queste famiglie di componenti del
    glutine) e per la diversa risposta anticorpale che potrebbe essere attuata a livello
    intestinale e periferico"

    Ciò mi fa dire che quando vi è glutine (glutenine + gliadine) io ci andrei sempre cauto nel dire "puoi". Ora siccome nel monococco il glutine c'è io sono propenso che si faccia bene a proibirlo ai celiaci acclarati. D'altronde sono proibiti anche il triticale, la segale e l'orzo, mentre l'avena era proibita, ma ora sembra rivalutata ed in questi cereali sicuramente vi è molto meno glutine che non in un monococco.

    Si è detto che la colpa è da attrbuirsi al miglioramento genetico apportato ultimamente, ma se non vado errato la prima descrizione di questa enteropatia risale al 1888 da parte di Samuel Gee ed allora il frumento che si mangiava era il frutto di una caterva di genotipi mescolati (forse vi era anche del monococco dentro) perchè erano popolazioni eterogenee. Ricordo che le varietà attuali sono costituite da un solo genotipo.

    Inoltre leggendo l'ultimo intervento di Aristarco mi pare esprima una incertezza reale in questo campo.

  • Ueila uno non si può rilassare un giorno che ti pubblicano una caterva di commenti. Ma a proposito di pazzi lo conoscete il dottor Mozzi , lui dice che non dovremmo più mangiare cereali fanno malissimo solo Quinoa Saraceno , le persone stanno diventando di un ignoranza allucinante e sapete quanta gente lo segue .

  • Passiamo da un estremo all'altro chi fa il vegano e si strafiga di seitan pensando che fabene , e chi mangia solo gluten free pensando che sia sano . Trovi la scritta gluten free persino sull acqua

  • Come diceva la buon anima di mio nonno 👴 ci vorrebbe un po' di africa per certa gente

  • Aristarco ci sei andato giu' pesante ma su molte delle cose che hai scritto coincidono con quello che ho provato io andando da novizio delle celiachia ad analizzare la letteratura scientifica in proposito.

    Mi sono chiesto se e' stato identificato l'epitopo incriminato perche' non si sono fatti studi clinici appropriati ben fatti (multicentrici in doppio cieco). Mi pare ci sia un enorme businnes dietro e che i veri malati celiaci alla fine ci rimettano.

  • GUIDORZI ciao tu conosci il lavoro fatto daJOHN PERCIVAL il lavoro fatto sui cereali lo conosci ? E' valido come ricercatore ? Grazie

  • ranieri dixit:

    “Mi pare ci sia un enorme businnes dietro e che i veri malati celiaci alla fine ci rimettano”.

    RE: Carissimo ranieri, lasciami interpretare il ruolo del bastian contrario fino in fondo ;-)
    Condivido al 100% ciò che affermi con rifermento al fatto che - in questa condizione di profonda carenza informativa - sono “i veri malati celiaci alla fine [che] ci rimettono” :-(
    Non concordo, invece, quando affermi che “ci sia un enorme businnes dietro”.
    E invece ritengo - IMHO - che dietro - ahimè - non ci sia un enorme business. Anzi. C’è un business troppo minuscolo e alquanto polverizzato, fra le innumerevoli ditte che producono cibo per celiaci e un certo numero di ricercatori, spesso squattrinati e senza fondi. Il risultato è che la celiachia - nonostante il numero elevato di pazienti - non fa girare un numero sufficiente di soldi (come invece ad esempio il diabete). E senza che girino un numero sufficiente di soldi, non si riuscirà a finanziare uno studio come fu l’UKPDS 33 per il diabete mellito [*].

    Cordialità

    Aristarco

    [*] Poi, qui, per chi mi conosce nel blog, sa già come la penso e a chi attribuisco la colpa di tutto. La colpa di tutto risiede - IMHO - nel mostruoso analfabetismo scientifico del popolo italiano e dei suoi rappresentanti, che - in quattro quattr’otto - stabiliscono di finanziare uno studio clinico sul Metodo Stamina, ma non danno un cent alla ricerca clinica che conta veramente. Come la ricerca clinica sulla malattia celiaca.

  • @Guidorzi
    Ovviamente il discorso del monococco l'avevo buttato in senso provocatorio, come tu sulla stessa stregua avevi chiesto a me cosa ne pensavo degli studi sulla metabolomica applicata alla ricerca che potrebbero fare i costitutori .
    Sappiamo tutti il dramma della malattia in predicato, sono consapevole che oggi non ci siano strade alternative all'alimentazione senza glutine , sono anch'io un profano come te con la curiosità inappagata di apprendere qualche nozione in più .
    Anzi mi trovo spesso a remare controcorrente in un fiume che si ingrossa sempre di più, mi riferisco all'illusione collettiva che ad arte stanno alimentando diversi blog spacciando per toccasana della celiachia le varietà di grani antichi , spesso esibendo pareri di gente "blasonata", questa cosa ovviamente crea dei danni nei confronti di chi vive sulla propria pelle la malattia.
    Come sicuramente l'identificazione di diversi epitopi responsabili ( o presunti responsabili ) della reazione allergica non sia un punto di arrivo , leggo anch'io che oltre alle globuline ora si stia puntando i riflettori anche sulle glutenine , questo vuol dire che c'è ancora molto da scoprire .
    La tabella riportata su "The immune recognition of gluten in coeliac desease" lavoro pubblicato su Clin.Exp.Immunol. riporta la sequenza aminoacidica di 36 epitopi fino ad allora identificati 26 nelle gliadine e una decina nelle glutenine ....si naviga sicuramente ancora in alto mare.

  • Quindi la genetica è impotente! E non c'è transgenesi che tenga perchè anch'essa ha dei limiti, vale a dire non è pensabile traferire tutti i geni che codificano le proteine del grano.

  • Capitano

    No non lo conosco, il mio interesse preminente è la genetica dei cereali.

  • @ranieri
    Tanto per interloquire ovviamente.
    Sarai al corrente sicuramente che la ricerca abbia individuato come maggiore responsabile la mancata digestione di epitopi dove sia presente la prolina poichè nel tratto digestivo non sono presenti enzimi con attività prolil-endopeptidasica (PEP)?
    Sembra sempre tornando al discorso del lievito naturale (lungi da me il voler propinare questo lievito come risolutore della malattia) sembra che i lattobacilli che popolano questo microbiota abbiano questi enzimi.

  • @ranieri

    Dimenticavo di dirti che facendo una riflessione sulla tua ipotesi del coinvolgimento dei legami covalenti S-S , se fosse dimostrata paradossalmente darebbe ragione allora alla " illusione collettiva"che i grani antichi riescano a dare meno reazione allergica rispetto alle varietà attuali , questo perchè sembra che che le varietà costituite negli ultimi anni hanno parecchi ponti disolfuro intra ed intermolecolari............

  • Aristarco, forse non mi sono spiegato bene. Per enorme businners intendo l'insieme di soldi che gira introno ai prototti senza glutine ed al fatto che si intende in maniera demenziale insinuare a buona parte della popolazione il dubbio che la causa dei propri mali e' il glutine.
    Nella mia citta' sono gia' nati negozi specializzati in prodotti "gluten free". E' chiaro che dietro a tutto questo non c'e' big pharma o cose simili ma un insieme di piccole attivita' imprenditoriali uniti all'ignoranza dell'informazione scientifica ed alla credulita' popolare.

  • @Ramirez, non ero al corrente della ricerca che citi, mi immagino sia questa.
    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24583059
    Si tratta di un trattamento innovativo a quanto pare in fase II con 2 enzimi in combinazioine una prolil- endopeptidasi ed una proteasi a cisteina (non ha niente a che vedere con i ponti disolfuro anche se e' definita proteasi a cisteina perche' funziona con questo AA nel sito attivo). I risultati sono discreti anche se il numero di pazienti e' limitato:

    CONCLUSIONS: Based on a phase 2 trial, the glutenase ALV003 appears to attenuate gluten-induced small intestinal mucosal injury in patients with celiac disease in the context of an
    everyday gluten-free diet containing daily up to 2 g gluten.
     Clinicaltrial.gov Numbers: NCT00959114 and NCT01255696.

    Sembra che una qualche efficacia la possa avere anche se l'utilizzo e' limitato comunque ad una dieta povera di glutine. Mi chiedo pero' come mai se il problema sono proteine piene di residui di prolina i celiaci non reagiscono all'ingestione di collagene che e' particolarmente ricco di prolina.

    Non sapevo e non ho trovato riferimenti sul fatto che il tratto digestivo sia privo di prolil-endopeptidasi, hai qualche link?

    Non saprei se i "grani antichi" formano meno glutine perche' hanno meno ponti SS (quindi cisteine) forse gli esperti di farine del blog sapranno dire qualcosa su questo. Di sicuro la lievitazione influisce sulla capacita' di rimodellare i ponti SS tra proteine per cui batteri ricchi di enzimi idrolitici e lievitazioni lente tenderanno a spezzettare le proteine vanificando il reticolo formato da SS intercatena. Anche i riducenti prodotti da lieviti o batteri faranno altrettanto comunue.

  • Certamente una farina di forza 💪 w400 sviluppa un glutine molto più forte e resistente puoi tenere un impasto tranquillamente per 72 ore che non soffre , invece un monococco o un dicocco no, dopo 12 ore si disfa tutta la maglia glutinica .

  • spiegazione (bio)chimica del "si disfa tutta la maglia glutinica?"

  • Io non sono un chimico ,ma un pratico vedo gli impasti li tocco , provo la consistenza della maglia glutinica misuro pH e vedo come si comporta , l' abbassamento del pH l' azione dei fermenti e degli enzimi proteolitici e la resistenza del glutine . Se mescoli farina e acqua fino ad ottenere la formazione della maglia glutinica elastica , poi dopo 12ore a pH 4 vedi che e' liquido come l'acqua qualcosa e' successo .

  • Probabilmente sara' l'azione di enzimi proteolitici, se si taglia la catena aminoacidica delle proteine sul reticolo del glutine ha lo stesso effetto del taglio dei ponti S-S.

    Sarei curioso di sapere se quando l'impasto ha raggiunto il massimo in termini di forza e resistenza si uccidono batteri e lieviti cosa succede all'impasto e al glutine. Forse continua a degraadarsi per le proteasi rilasciate o per reazioni chimiche spontanee? E se si inibiscono pure gli enzimi rilasciati?

  • gli enzimi sono contenuti nella farina ed attivati dall'acqua. Non sono necessari lieviti e/o batteri per farli lavorare... Ci sono anche enzimi prodotti da questi ultimi, ma si aggiungono a quelli della farina...

  • Si l'idrolisi va bene ma se usi un fermento con dentro il Plantarum c'è una differenza enorme in tempi e risultati

  • Capitano, la pasta madre che descrivi tu ha bisogno di un laboratorio chimico-fisico per poter essere prodotta e mantenuta costante, oltre a personale a tempo pieno... è un esperimento e come tale molto interessante, ma non è per la produzione giornaliera di pane a prezzo contenuto, è proprio un'altra cosa... :)

  • Gia' ci sono proteasi anche nella farina, pero' se si inattivano pure quelle col calore (suppongo la temperature di pastorizzazione dovrebbe bastare) che succede all'impasto?

  • ranieri, ma tu almeno un minimo di conoscenze sulla cottura del pane ce l'hai?
    http://www.webalice.it/michele.castellano/Il%20Pane/La%20Cottura%20del%20Pane.html

  • Mikecas la mia non è utopia sai quanti laboratori lavorano così, all'estero poi molti di più, basta un fermentatore quattro strumenti un po' di acqua distillata e le giuste conoscenze , e' chiaro che a livello amatoriale non lo puoi fare

  • Capitano, io dico che non lo puoi fare nemmeno a livello professionale ma artigianale... poi le grossissime strutture che lo possono fare hanno altri problemi... non è mai tutto così facile come sembri metterla tu... :)

  • Non dico sia facile ma non impossibile si fa si fa , basta un po' di volontà e conoscenza

  • mikekas, non non ne so niente, ma mi piace informarmi. Grazie per il link molto espicativo, mi hai risparmiato ore di ricerca su banche dati in cui in genere uno ci si perde.
    Sono partito dall'ipotesi degli S-S proteici e celicachia ora ho divagato un po'.

    Visto che sei cosi' esperto della panificazione-cottura una farina pastorizzata (diciamo scaldata quanto basta per denaturare anche amilasi e proteasi) che pane farebbe rispetto alla stessa non pastorizzata se lievitata chimicamente?

  • ranieri, non mi è chiara la domanda...
    tu vorresti di fatto pastorizzare una farina (non so se il processo di pastorizzazione, estremamente rapido, sarebbe sufficiente per denaturare le proteine e gelificare l'amido) e poi, a farine fredde, lievitarle con il lievito chimico da dolci?
    Cerca di rendere più chiaro quello che vorresti fare, e poi magari Dario potrà rispondere meglio, perché di chimica io so solo quello che ho letto, e certo non ho letto niente di farine pastorizzate... :)

  • Si chiama farina pregelatinizzata o termotrattata si usa in pasticceria come addensante o in panetteria miscelata con farina normale o per la preparazione dei prodotti glutenfree

  • Capitano, ma la farina pregelatinizzata di cui parli, non è di riso? In tal caso mi sembra cosa ben diversa da quello che dice ranieri

  • Signori tutti

    Ma ci stiamo accorgendo che per dare da mangiare ai celiaci (quelli veri purtroppo devono solo mangiare male e basta) stiamo sempre più addentrandoci in un campo che per pensare collettivo attuale significa "sofisticazione" da trattare legalmente come non lecito?. Evidentemente non per me.

  • Alberto, in effetti come dicemo prima sto un po' divagando, infatti non pensavo piu' a preparazioni per celiaci ma piuttosto alla preparazione di impasti gia' lievitati pronti all'uso. Quindi essenzialmente OT.
    Mi sono fatto un minimo di cultura sulla celiachia ma nonostante abbia scartabellato un sacco di lavori in proposito, rimango dell'idea che siano state fatte tante prove ma che attualmente i celicaci veri possano risolvere il problema solo con diete senza glutine. A quanto pare sono stati fatti piu' studi per cercare di rendere un po' meno dannose le farine ed un po' migliri i prodotti senza glutine piuttosto che studiare sull'eziologia della malattia.
    Continuo sempre piu' a pensare che bisognerebbe studiare sul reticolo di ponti disolfuro.

  • Hai ragione Guidorzi i celiaci veri dovrebbero mangiare cibi normali senza glutine :riso, polenta, miglio, quinoa, saraceno , patate e legumi , tanto c'è tanta di quella roba da mangiare e non mangiare porcate artificiali.

  • Ranieri

    ma sono molti di più quelli che si autodichiarno intolleranti al glutine nel cervello che i celiaci veri, che non so se lo sai in Irlanda sono molto più numerosi.

  • Alberto,

    sapevo che nei paesi nordici (non tutti) la prevalenza e' doppia che in Italia che mi pare sia intorno all'1%. Parlo di celiachia, non dei paranoici intolleranti.
    Comunque la gente ormai ha associato glutine=tossico quindi fanno scorpacciate di prodotti senza glutine. In un negozio nei paraggi appena aperto dedicato tutto al senza glutine campeggia scritta "l'abuso di frumento e' la causa principale dell'aumento degli ultimi decenni delle intolleranze alimentari".

  • Lei scrive che su alcuni prodotti, tipo il cioccolato, é inutile scrivere - senza glutine- perché naturalmente nn li contengono.
    Ma le possibili contamonazioni crociate all'interno della fabbrica di produzione o confezionamento nn possono legarsi al prodotto in questione e quindi rendere - glutinato- lo stesso?

  • Fabrizio Mazzanti 13 settembre 2015 alle 00:59

    @Dario Bressanini

    Nella 4° puntata di Superquark del 17 luglio 2015 si parla di "sensibilità al glutine", la potete vedere o scaricare da qui:

    http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a88dae78-1c98-46ad-be5f-b50eebd5a3cc.html

    altrimenti la puntata intera da qui:

    http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-e613eef4-35d0-4a76-b261-55d4c10a97a7.html?set=ContentSet-de030b48-2c73-4400-98ec-70f75c18d805&type=V&refresh_ce

    dove addirittura si riporta un caso di una ragazza che per questa sensibilità non riusciva a camminare naturalmente senza riportare alcuno studio od alcun dato. Siccome ho sempre pensato che Angela fosse un ottimo divulgatore italiano ma parecchio "facilone" (cioè che controlla poco quello che dice anche se in buona fede) questa cosa mi ha fatto pensare ad una bufala.

    Dario o chi è del campo sapete qualcosa al riguardo?

  • Leggetevi questo:

    http://www.biofortified.org/2015/08/gluten-free-gm-wheat-can-help-celiac-patients/

    Altamente istruttivo di come l'Europa meriti di essere colonizzata da popoli più giovani.

    Una ricerca soagnola implicante l'uso dell'RNA interferente (RNAi) ha prodotto un grano le cui farine sono adatte ai celiaci (sembra!) .

    Ebbene hanno preferito vendere il loro operare alla Dow Agrosciences americana, perchè, stante la situazione in Europa, non vale la pena imbarcarsi nella omologazione ed eventuale commercializzazione.

  • @dariobressanini è questo l'aveva già visto? Il primo frumento deglutinato, studiato e prodotto in italia con l'ausilio delle biotecnologie ecc. ;) Eccolo qua: http://frumentodeglutinato.com credo che sia una bellissima scoperta

  • Mattia
    Interessante notare come un pane deglutinato nel giro di qualche capoverso diventi un frumento deglutinato.

  • I primi al mondo credo

  • Certo Kalimero, però è una bellissima scoperta. Secondo me.

  • Sarà possibile estrarre il glutine dalle farine, ma mai creare un frumento deglutinato. Il titolo del link è un falso

  • Sì quello è vero. Però è l'unico processo di "eliminazione" del glutine al modo (credo).

  • Curiosità: qualcuno sa se esiste un'altra azienda che produce pane col frumento senza glutine(ovviamente eliminato durante la Lievitazione)?????? :) (anche non italiana)

  • Domanda: se usassi solo la farina di frumento e non pastella x friggere, l'acqua, in fuoriuscita dall'alimento durante la cottura, basterebbe a creare glutine sufficiente da essere tossico x i celiaci?

  • Sergio assolutamente NO. Non bisogna utilizzare alimenti con glutine.Nei ristoranti dove si preparano prodotti per celiaci e non, ci devono essere due cucine separate da vetri o muri perché basterebbe una piccolissima parte di farina per far stare male un celiaco

  • Sergio, come dice Mattia, ci sarebbe sicuramente contaminazione

  • Non è difficile da capire che scrivere "SENZA QUALCOSA" è diverso da scrivere "PUÒ CONTENERE QUALCOSA"! La prima affermazione è priva di senso e non regolamentata dalle normative, la seconda è corretta e regolamentata, la moda è l’usare la prima e convincere le persone che qualcosa faccia male a tutti.

    Quando si evidenza che queste etichette sono tutto fuori che vere, per esempio scrivere senza lattosio sul “latte” di riso e di soia (latte tra virgolette non a caso) o come sottolinea Dario “senza glutine” sul cioccolato fondente, posso aggiungere anche il Parmigiano Reggiano. Quello che molti dissentono è sulla possibilità di contaminazione, ma in quel caso va usato “può contenere” non “non contiene”, cosa già prevista dalle normative.

  • Non è proprio vero che il "SENZA QUALCOSA" non è normato. Per alcuni allergeni è normato, come il glutine ad esempio: senza glutine equivale ad un contenuto inferiore a 20 ppm che non corrisponde a 0.
    (Reg. UE 41/2009 - http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32009R0041&rid=1).
    Sostanzialmente il "SENZA QUALCOSA" indica una cosa, che non necessariamente è legata ad un aspetto salutistico o di intolleranza alimentare (claim del tipo senz'aglio, senza glutammato... che troviamo abitualmente nei prodotti) mentre il "PUÒ CONTENERE QUALCOSA" ne indica un'altra.
    Anzi, a dirla tutta, attualmente a livello legislativo è meno fumosa la questione del "SENZA QUALCOSA" che del "PUÒ CONTENERE QUALCOSA".

    Che poi ci sia un abuso nell'utilizzo dei termini è un dato di fatto, ma è un altro discorso.

  • Joe Shlabotnik

    piccola osservazione: il fatto che ci sia un abuso di diciture "senza" o indica che la normativa non è chiara o indica reiterate violazioni delle norme, quanto al "può contenere" se ti riferisci agli allergeni la normativa è secondo me invece chiarissima: non esiste alcun obbligo di legge, viene utilizzata solo per pararsi il fondoschiena e spesso anche quella utilizzata a sproposito, lo stesso Ministero della Salute ha invitato le aziende a non abusarne per non diffondere panico.

  • Andrea

    Allora il problema non è normativo, ma di educazione alimentare. Se io definisco una cioccolata o una marmellata o quello che vuoi come senza glutine sfrutto una norma chiara e precisa. È il messaggio implicito che è sbagliato, ovvero supporre che il senza glutine rappresenti un claim salutistico. Ma non è un problema di vuoto normativo, ed è da questo punto che si dovrebbe partire.
    Sul può contenere, resto convinto che sia molto più fumoso: come dici tu viene usata per pararsi il fondoschiena perché non si vuol fare una vera analisi del rischio, allora si dichiarano tutti gli allergeni presenti in azienda. Ormai nei ristoranti, come prassi consolidata si dichiarano tutti quanti. Certo, questa è la mia semplice idea, molto al di la del lecito chissenefrega.

  • @Guidorzi e anche Ranieri

    http://www.frumentodeglutinato.com/
    Sono d'accordo con te Alberto che il titolo sia "tendenzioso" , però rappresenta una ricerca applicata su diversi studi che il sottoscritto aveva postato su questa discussione(15 agosto c.a.), premesso che questo sistema non è ancora risolutivo per i celiaci , però è una strada percorribile ( a dispetto degli increduli). Tutto nasce da alcuni studi , uno dei quali è questo:"Sourdough Bread Made from Wheat and Nontoxic Flours and Started with Selected Lactobacilli Is Tolerated in Celiac Sprue Patients" pubblicato su" American society for microbiology"
    http://aem.asm.org/content/70/2/1088.short
    Gli stessi autori hanno pubblicato anche questo studio , a testimonianza che era una strada sulla quale nutrivano parecchie speranze:
    http://aem.asm.org/content/68/2/623.short
    La ditta Giuliani ha brevettato il metodo di produzione di queste farine trattate con lievito naturale e proteasi sfruttando appunto le ricerche dell'Università di Bari.

  • Alberto Guidorzi 31 dicembre 2015 alle 17:41

    Ramirez

    Vedo che sono stato troppo sintetico nel mio commento a cui ti riferisci. Lo riformulo:

    Non sarà mai possibile ottenere varietà di frumento coltivabili che producano delle cariosiidi che non contiene glutine, se e quando scopriremo che vi sono solo alcuni componenti del glutine che provocano i disturbi nei celiaci allora si potrà pensare di silenziarne i geni, se appunto avranno una base genetica .

    Lavorare sulle faine ottenute, per ora, da frumenti normali invece è una strada percorribile.

  • Joe

    come hai detto il "senza glutine" è l'unico normato, vorrei poi sapere quanti lo mettono sapendo esattamente cosa scrivono e leggere i loro piani di autocontrollo, a me vederlo scritto su una scatoletta di tonno sott'olio o su una confettura continua a farmi ridere (o piangere secondo il punto di vista da cui lo guardo).

  • Non ho capito bene dove sia essenzialmente l'innovazione del prodotto Giuliani, mi pare si tratti di un processo in cui si produce farina senza glutine come ne esistono tanti. Che poi lo si faccia enzimaticamente o con altri metodi poco importa al consumatore, semmai dipende dalla qualità del prodotto e dal costo dello stesso.
    Ma come riescono a coniugare assenza di glutine e lievitazione ottimale, non ho controllato ma mi immagino che debbano aggiungere gomma di xanthan o qualcosa di simile.
    Il nome frumento deglutinato ovviamente e' da denuncia al garante x pubblicità ingannevole dal momento che cosi' non e'.

    Ho cercato il brevetto citato ma non ho trovano niente al numero 1392414 indicato nel link.
    Facendo una ricerca su google patent ho trovato questa lista ma non mi ha chiarito le idee:

    https://www.google.it/?tbm=pts&gws_rd=cr,ssl&ei=B2KFVpHWL-SqywPks6PIDA#q=giuliani+and+Sourdough&tbm=pts&start=0

    Ramirez mi sapresti indicare il brevetto a cui si riferiscono?

    Comunque interessante il lavoro dove si evidenzia assenza di tossicità nella farina trattata con lattobacilli. Naturalmente ampiamente da confermare. Ho qualche dubbio sull'elettroforesi riportata sembra che siano scomparse tutte le proteine.

  • Tasseranno gli allevatori che si ostineranno a non dotare le mucche di un tappachiappe o almeno di un tubo sottocodale per riconvogliare le preziose e inquinanti esalazioni bovine?

  • RANIERI nessuno fino ad ora è riuscito a degluiltinare il frumento durante la fase di lavorazione (per questo dicono frumento deglutinato, ovviamente il glutine viene "eliminato" grazie a particolari metodi produttivi). Dire frumento deglutinato è un'affermazione fuorviante, però quelle sono le "tattiche del marketing". Per quanto riguarda il prezzo è gli ingredienti ecco qua: 360 g
    Prezzo al pubblico
    € 5,95
    Allergeni
    Senza lattosio
    Ingredienti
    lievito naturale di frumento senza glutine 50% (acqua, semola di grano duro, correttore di acidità: carbonato acido di sodio; lattobacilli), amido di frumento deglutinato, farina di miglio, olio di oliva 4,6%, lievito, proteine vegetali, addensante: amido modificato di mais; glucosio, emulsionante: mono- e digliceridi degli acidi grassi; albume d’uovo, addensanti: gomma di xanthan; umidificante: glicerolo; sale, alfa-amilasi. Prodotto in uno stabilimento che tratta proteine del latte, soia.

  • Ovviamente se idrolizzi il glutine poi alla fine se devi ricostruire una struttura che ti sostiene l'impasto devi alla fine aggiungere addensanti, di per se non e' sicuramente una grossa scoperta , se non che i prodotti che ne escono da queste farine hanno sicuramente flavor maggiore, inoltre rimane l'apporto di vitamine del gruppo B e di sali minerali tipici del frumento. Ma l'intento mio era solamente di evidenziare che esistono pubblicazioni sull'argomento a dispetto di qualcuno che affermava il contrario, poi alla fine nutro anch'io dubbi sull'utilita'.

  • Alberto Guidorzi 1 gennaio 2016 alle 11:36

    Nico

    Il metano nei ruminanti esce dalla bocca. Come la mettiamo però con coloro che vorrebbero che non si uccidessero gli animali? Se non si uccidono devono vivere e quindi si moltiplicano, ma allora occorre destinare a pascoli delle terre ora coltivate. Conclusione: Costruzione di fabbriche per aborti umani in serie.

  • Ramirez però fanno i furbetti questi qua eh.. Nella pagina ufficiale si legge questo:"Dal punto di vista nutrizionale, con un profilo più completo per
    apporto di vitamine del gruppo B (Tiamina, Riboflavina, Acido Folico e Niacina)
    apporto di vitamina E" . NON è corretto perché dopo la cottura la tiamina, Riboflavina, Acido Folico, vitamina E si "distruggono" (termolabili)e non sono più disponibili per il nostro organismo. Ovviamente non succede nulla perché le assumiamo da altri alimenti, ma non lo trovo corretto.

  • Mattia conordo.

  • Acc....alla tastiera ...concordo.

  • Mattia mi pare che la ditta Giuliani non brilli per correttezze scientifiche considerato che riesce ancora a spacciare il famoso amaro medicinale e altri prodotti tipo bioscalin...

  • @Bressanini Nel libro ControNatura è riportato che il Grano Creso non contiene più glutine degli altri grani. Così viene anche riportato da wikipedia (che però fa riferimento a Pane e Bugie, forse per errore). Dove posso trovare dei riferimenti, dei grafici, dei dati in proposito? Riuscite a fornirmi 2-3 link seri? Perchè a cercare con Google si passa da centinaia di Blog fai da te che imputano la celiachia proprio al grano Creso.

  • Avevamo trovato i dati in vari articoli, se non ricordo male, sull'informatore agrario o una rivista italiana simile, dove riportavano nelle varie annate il contenuto di glutine delle varie varietà coltivate. Dovrei andare ad aprire lo scatolone con tutti gli articoli/fonte del libro.

  • Vabbè. Non stiamo a farci paranoie, se c'era un link sennò va bene comunque. Ma la percentuale di glutine può variare a seconda anche del periodo? Cioè non è costante?

  • Alberto Guidorzi 10 gennaio 2016 alle 19:24

    Dario F

    La percentuale di glutine può variare in funzione delle genetica del frumento, dell'ambiente di coltivazione e soprattutto dalle concimazioni azotate. Quello che dice Bressanini è vero il Creso non contiene più glutine di tanti altre varietà coltivate. In questo link trovi le prove agronomiche tutte le varietà coltivate di grano duro dal 1999 al 2011 e sito è affidabile.

    http://sito.entecra.it/portale/public/documenti/volume_fd_2013_redux.pdf

  • OK, grazie Guidorzi. Fa proprio al caso mio. Piuttosto mi fa venire altre domande sul Grano Creso.

  • Alberto Guidorzi 11 gennaio 2016 alle 14:53

    Dario F

    Ponile, se posso ti rispondo.

  • Ieri mi è capitato di parlare con una celiaca.
    E ho (ri)scoperto e (ri)trovato conferma che molti celiaci sono nevrotici assoluti.
    Il glutine non è una proteina che si trova nei cereali che può dare luogo - in soggetti predisposti - talvolta a problemi di cagozzo.
    Il glutine è il Male.
    Molto peggio della peste bubbonica o di un picnic sul reattore di Chernobyl.
    L'ipocondria - in questi pazienti celiaci - mi pare rappresenti di gran lunga il principale problema di salute, al di là delle ripercussioni a livello gastrointestinale.

  • Alberto Guidorzi 11 maggio 2016 alle 12:01

    Aristarco

    prima di tutto ti volevo far leggere questo :

    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3573730//

    http://www.foodandnutrition.org/Stone-Soup/July-2015/Wheat-Has-Not-Changed/

    e nello stesso tempo raccontarti cosa capita nell'ambito del business del "senza"

    In Francia, seppure trattasi ancora di un mercato di nicchia, i prezzi dei prodotti sono superiori di 2/3 volte rispetto ai prodotti convenzionali. Le supermercati di medie e grandi dimensioni le vendite hanno raggiunto i 40 milioni di Euro nel 2014 e nei prossimi due anni si pensa si raggiunga i 60 milioni. In termini di popolazione si pensa si possa arrivare ad un 10% della popolazione interessata ai relativi prodotti

    La società Gerblé (Nutrition et Santé) afferma che nel 2014 il 10% del suo fatturato è dato dal "senza glutine" e solo nel 2012 era del 4%.

    Un mulino-pastificio francese che fa prodotti a base di riso ha iniziato l'attività nel 2013 e ha come obiettivo i milione di€ di fatturato quest'anno.

    un quintale di farina di riso bio, quindi senza glutine, costa 1100 €, mentre il corrispondente quintale di farina di grano bio con glutine costa 450 €

  • Alberto Guidorzi 11 maggio 2016 alle 12:02

    Dario ho un commento bloccato, puoi sbloccarmelo?

  • Alberto Guidorzi 13 novembre 2016 alle 16:12

    Sempre a proposito di senza glutine e di grani antichi ecco un interessante articolo dell'amico Salvi.

    https://agrariansciences.blogspot.it/2016/11/nel-ginepraio-dellintolleranza-al.html#more

  • Salve!
    Io da un paio d' anni mai ho eliminato il glutine e non ho più attacchi di cag...ehm mal di pancia che ho avuto per molti anni. Dai test non risulto celiaco però ho avuto la conferma (?) di essere intollerante mangiando una volta un piatto di orzo e un' altra volta dell' avena ignaro del fatto che contenessero glutine! Non riuscivo a spiegarmi il perché del forte mal di pancia finché non ho letto che ne contenevano.
    Per non parlare di quando ho provato a mangiare una pizza "normale" o qualche pasta (dolce)...

  • Potrebbe avere un problema riconducibile ai FODMAP dal momento che è risultato negativo al test della celiachia...?

  • è possibile sapere, per cultura, qual'è la % di glutine in peso sul totale delle paste e farinacei odierni, circa?

    esiste una tabella che illustri i quantitativi di glutine presenti negli alimenti?

    grazie

  • Alberto Guidorzi 13 giugno 2017 alle 23:43

    lorenzo

    Basta conoscere contenuto % in proteine di una farina e calcolarne l'80% e si trova il glutine.

  • “glutine” deriva dal latino gluten, che significa “colla”
    - IL GLUTINE NELLA NOSTRA VITA;
    - COS’È IL GLUTINE?
    - QUALI CEREALI CONTENGONO GLUTINE E QUALI NON LO CONTENGONO;
    - PERCHÉ IL GLUTINE PUÒ FAR MALE A TUTTI: LA DIGESTIONE;
    - LE INTOLLERANZE AL GLUTINE;
    - CELIACHIA
    - ALLERGIA AL FRUMENTO
    - GLUTEN-SENSITIVITY
    - UNA PROVA INTERESSANTE

    http://www.zeroglutine.eu/info_glutine/

  • Alberto Guidorzi 19 luglio 2017 alle 12:47

    Samu

    per favore non portare link che contano balle, se fosse come si dice del glutine e delle sue malefatte il frumento e quindi il pane non avrebbe fondato una civiltà. Ma perchè non ragionate.

  • fabrizio_caiofabricius 19 luglio 2017 alle 14:38

    La colpa fu delle donne ....

    Eh sì, quelle più intelligenti e scaltre che circa 10 000 anni fa, dopo chissà quanti tentativi (e avvelenamenti) si concentrarono su una specie promettente e... domesticarono il primo Triticum, il monococco.

    E' vero, gli indemoniati coniugi smisero di correre dietro a Mammuth e cervi, poco tempo dopo l'abbondanza di cibo dell'agricoltura creò stabilità, vita migliore e più lunga, e poi CIVILTA' come quella classica greco-romana...

    Tutte cose secondarie però , la loro COLPA, gravissima, fu farci mangiare ....tatata tata!

    IL GLUTINE!!!

  • È sempre bello leggerti ;)

  • È possibile che le persone che mangiano senza glutine abbiano una dieta salutare. Una persona dovrebbe concentrare la propria dieta priva di glutine in modo molto simile a qualsiasi altra dieta in modo che includa:
    proteine ​​magre, verdure, frutta, cereali integrali, come riso integrale e quinoa,fagioli, piselli e lenticchie, grassi salutari...
    Ci sono molte potenziali opzioni senza glutine per diete diverse.
    https://ital.live/che-cibo-senza-glutine-posso-mangiare/

  • Alberto Guidorzi 11 maggio 2019 alle 18:57

    Igor

    Oggi noi possiamo anche eliminare il pane e la pasta perchè di amidi e di proteine ne possiamo trovare i n tanti altri alimenti disponibili. Diverso invece è il discorso di solo 50 0 60 anni fa quando il pane e la pasta era un componente essenziale della dieta e soprattutto consono alle disponibilità economiche delle famiglie del tempo.

    Ritorna in auge la solita frase attribuita a Maria Antonietta che quando le dissero che il popolo era senza pane consigliò di distribuire .brioches....Lei le aveva, ma il popolo se le sognava!

  • Igor,
    concordo pienamente.
    Perchè mangiare prosciutto e grissini tra (almeno) 12 mesi, quando puoi avere coscia arrosto con le patate al forno nel giro di qualche ora di cottura?
    Tra l'altro, il glutine delle farine che ha mangiato il suino da vivo, una volta convertito in proteine animali non è più "velenoso" per le persone intolleranti/allergiche! E nemmeno la lecitina di soia dà più problemi!
    Magie dell'allevamento ...

  • "È possibile che le persone che mangiano senza glutine abbiano una dieta salutare."

    certo, così come è possibile che una squadra senza centravanti vinca la champions league... e quindi?

    nessuno ha mai sostenuto che una dieta senza glutine sia poco salutare, semplicemente in assenza di celiachia o intolleranza evitare il glutine è inutile (e sciocco, a mio modestissimo parere che peraltro condivido...)