16 ottobre 2014

Dove si nasconde il virus Ebola?

I pipistrelli della frutta, che in alcune regioni africane fanno anche parte dell'alimentazione umana, sono i maggiori sospettati di ospitare il virus Ebola, ma il serbatoio animale del patogeno non è ancora stato identificato con certezza. Una cosa è chiara: l'epidemia in corso nell'Africa occidentale, che registra circa 100 nuovi casi alla settimana, è certamente dovuta al contagio da uomo a uomodi David Biello

Dal dicembre scorso, gli abitanti della Guinea sono costretti a una lotta per la vita e per la morte contro il virus Ebola. Circa il 60 per cento degli infettati nel paese è deceduto. Per affrontare questa malattia senza precedenti, il governo è arrivato al punto di vietare di la zuppa di pipistrelli.

Perché proprio quella di pipistrelli? Perché si ritiene che tre specie di questo mammifero volante che abitano nella regione nascondano il virus, un'ipotesi basata su una ricerca condotta su piccoli animali in Gabon e nella Repubblica Democratica del Congo, dove il virus Ebola sembra endemico. In Congo scorre anche il fiume Ebola, un affluente del fiume Congo, che dà il nome al virus.

Per quanto se ne sa, Ebola non uccide i pipistrelli, ma oltre agli esseri umani ha decimato anche popolazioni di scimpanzé e gorilla. Per questo, a partire dal 2001, i ricercatori dell'International Center for Medical Research of Franceville in Gabon hanno avviato la cattura di piccoli animali che possano nascondere la malattia.

Dove si nasconde il virus Ebola?
Myonycteris torquata, Riserva della Foresta Mamang, Ghana
© Piotr Naskrecki/Minden Pictures/Corbis
Nell'arco degli anni, sono stati raccolti 679 pipistrelli, 222 uccelli, 129 topi e altri piccoli mammiferi, su cui sono state poi cercate tracce del virus Ebola. Alcuni esemplari di tre differenti specie di pipistrelli della frutta sono risultati positivi al test per la risposta immunitaria alla malattia o avevano frammenti dell'RNA del virus nelle loro cellule, benché nessuno di essi fosse realmente infettato. Le tre specie sono il pipistrello dalla testa a martello (Hypsignathus monstrosus), il pipistrello della frutta dalle spalline di Franquet (Epomops franqueti) e il piccolo pipistrello della frutta dal collare (Myonycteris torquata).

Tutti e tre i pipistrelli sono diffusi in Africa, anche nelle regioni dell'Africa occidentale ora colpite per la prima volta dalla malattia, sebbene si trovino sul limite esterno del loro habitat. Tutti
si nutrono di frutta e non è chiaro se e come la malattia possa essere passata dai pipistrelli all'uomo o se c'è stato un ospite intermedio, per esempio una scimmia.

Ricercatori e responsabili della sanità pubblica ancora non sanno se all'origine dell'attuale epidemia vi sia stata la trasmissione da pipistrello a pipistrello, quella da pipistrello a essere umano o ancora da pipistrello ad altro animale e infine all'uomo. E non è neppure dimostrato che siano proprio i pipistrelli gli ospiti della mortale malattia zoonotica, poiché due studi simili, condotti su migliaia di animali, inclusi i pipistrelli, nei siti in cui si sono verificate le epidemie umane in passato, non hanno trovato traccia di Ebola.

Solo una cosa appare accertata: la principale causa dell'epidemia attualmente in corso è la trasmissione tra esseri umani. Un'analisi genetica del virus ha mostrato che, almeno a partire dal mese di maggio, non c'è stato di passaggio del virus dai pipistrelli o altri animali all'uomo.

Dove si nasconde il virus Ebola?
Due ricercatori collocano trappole per piccoli animali nella foresta del Parco nazionale di Nouabalé-Ndoki, nella Repubblica democratica del Congo (© Ian Nichols/National Geographic Society/Corbis)
In effetti, la malattia mostra in gran parte lo stesso profilo genetico dalla Liberia alla Guinea: ciò indica che è avvenuto un singolo salto da qualche animale all'uomo nella Guinea orientale. Le persone colpite dalla malattia soffrono di febbre alta, diarrea, vomito dolore e talvolta sanguinamento. Il contatto con questi fluidi corporei è la modalità con cui la malattia si propaga da persona a persona, e perché si manifestino i sintomi occorre un periodo compreso tra due e 21 giorni. La genetica suggerisce infatti che l'epidemia in Sierra Leone possa aver avuto origine da un funerale celebrato in Guinea alla fine di aprile, secondo un articolo pubblicato su "Science" alla fine di agosto. Cercando le radici dell'epidemia, cinque dei coautori del lavoro sono morti di Ebola.

Attualmente il conteggio dei contagiati è intorno a 8400, e quasi la metà (4033) sono morti, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Tuttavia questi sono i casi documentati con certezza, e l'OMS ritiene che si tratti di un sottostima del reale impatto della malattia.

In Guinea l'epidemia ha esacerbato la sfiducia nel governo, al punto da far circolare ancora oggi due diverse dicerie: Ebola non esiste oppure è stata diffusa di proposito dai medici venuti dall'estero. Per contrastare queste voci, il governo ha condotto una campagna  per diffondere informazioni sulla corretta igiene, chiedendo tra l'altro agli imam locali di inserirle nei 7000 sermoni tenuti durante il recente Tabaski, una delle principali feste musulmane.

In questo caso, igiene significa in primo luogo non entrare in contatto con i fluidi corporei dei pazienti affetti da Ebola cioè evitare le pratiche tradizionali di sepoltura, tra cui una completa detersione del cadavere, che rimane contagioso per diversi giorni dopo la morte. Altre regole sono relativamente semplici: lavarsi spesso le mani; non stringere la mano per salutare e non mangiare la carne di animali trovati morti nella foresta.

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Trasporto di una salma di un paziente morto di Ebola in Liberia (© Marcus DiPaola/NurPhoto/Corbis)
Allo stesso tempo,  alcune misure attuate dai gruppi internazionali e dai governi locali, come le quarantene, possono aver aggravato l'epidemia, secondo l'esperto di antropologia medica Barry Hewlett, della Washington State University. Hewlett ha pubblicato il resoconto definitivo della risposta locale a queste epidemie avvenute in Africa centrale nei tardi anni novanta e i primi anni 2000: "Ebola, Culture and Politics: The Anthropology of an Emerging Disease".

La maggior parte di quelle prime epidemie ebbe origine da persone che macellavano e mangiavano scimmie trovate morte nella foresta, ma alcune possono essere iniziate da truppe che si muovevano in tutta la regione diffondendo la malattia. "La chiave per fermare l'epidemia è la fiducia tra il malato, l'infettato, la popolazione locale e le autorità, che permette di diffondere le regole di igiene: questa fiducia è facilmente spazzata via dalla quarantena imposta con la forza, che intrappola le persone sane con i malati", sottolinea Hewlett.

Alla 41esima settimana di epidemia in Guinea, la diffusione della malattia non mostra segni di rallentamento, e la maggior parte dei casi documentati è relativa alle ultime tre settimane. Gli operatori sanitari stanno registrando circa 100 nuovi casi alla settimana, anche nella capitale della Guinea, Conakry. Ed è ancora poco chiaro da dove venisse il virus passato agli esseri umani lo scorso dicembre nelle foreste della Guinea orientale.

"Gli uomini hanno risposto alle epidemie letali per migliaia di anni", afferma Hewlett. "Abbiamo menti adattate a gestirle, abbiamo accumulato una conoscenza culturale delle opzioni e abbiamo una cultura per adattarci in modo relativamente rapido".

Allo stato attuale delle conoscenze, l'OMS prevede che l'epidemia non si arresterà prima del prossimo anno, e si tratta dello scenario più ottimistico. E nel frattempo, l'ospite del virus Ebola è ancora nascosto nella foresta.

(La versione originale di questo articolo è apparsa il 14 ottobre su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)