SpaceX mette in orbita BulgariaSat-1 con un Falcon 9 usato

Credit: SpaceX

SpaceX ha iniziato con successo  un intenso weekend che prevede, a meno di imprevisti, due liftoff dalle opposte coste degli Stati Uniti nello spazio di poco più di 49 ore.

Il Falcon 9 con BulgariaSat-1 si innalza sopra il Kennedy Space Center (Credit: SpaceX)

Il lancio di oggi, dal pad 39A Kennedy Space Center, ha posto in orbita di trasferimento geostazionario il satellite per telecomunicazioni BulgariaSat-1 ed ha visto come protagonista un Falcon 9 parzialmente riutilizzato, decollato alle 21.10 ora italiana, con il ritardo di un ora rispetto a quanto inizialmente annunciato. La luce diurna (sulla costa orientale americana erano le 15.10) e le discrete condizioni meteo hanno consentito di seguire ottimamente la prima parte del volo, che si è svolto secondo le previsioni. Per i primi 156 secondi il razzo è stato spinto dai nove motori flight proven del primo stadio identificato dal seriale 1029 che, a T+2:47, ha passato il testimone al secondo stadio, con il suo unico Merlin versione Vacuum.

A sinistra l’accensione dei tre motori per il rientro del primo stadio, mentre a destra è in azione il Merlin del secondo stadio. (Credit: SpaceX)

A questo punto l’attenzione si è divisa tra il secondo stadio, che effettuava la sua prima accensione, programmata per una durata di poco meno di 6 minuti, e il primo, che iniziava la sua manovra di rientro (questa volta priva del bustback burn di frenata) in direzione della chiatta-drone Of Course I Still Love You, in attesa nelle acque dell’Atlantico, a 679 km dalle coste della Florida. L’interesse del pubblico, ovviamente, non era equamente diviso come lo schermo della diretta offerta da SpaceX. Più del destino del satellite bulgaro premeva agli appassionati essere testimoni di una nuova conferma dell’affidabilità delle tecniche di recupero e riuso dei lanciatori sui cui l’azienda di Elon Musk sta giocando tutta la sua partita.

Anche questa volta le attese non sono state tradite, per quanto le immagini, come spesso avviene in caso di atterraggio su chiatta, siano venute a mancare nei momenti culminanti, creando una certa suspense, accresciuta dalle dichiarazioni un poco allarmanti fatte dal fondatore di SpaceX, pochi minuti prima del lancio.

Dopo il dispiegamento delle “alette aerodinamiche” (grid fins), il booster ha effettuato, a T+6:19, l’accensione di rientro di tre motori (entry burn), per poi posarsi dopo 2 minuti e 20 secondi sulla piattaforma galleggiante, il primo dei razzi di SpaceX ad atterrare due volte in mare e a fare conoscenza con entrambe le Autonomous Spaceport Drone Ship (ASDS). Il core 1029, infatti, nel suo volo del 14 gennaio da Vandenberg era felicemente atterrato su Just Read The Instructions, nelle acque del Pacifico.

L’immagine rassicurante del primo stadio sulla chiatta-drone, apparsa dopo una lunga attesa. (Credit: SpaceX)

Per decretare il pieno successo del lancio – nel mondo dei razzi e dello spazio nulla può essere considerato una scontata formalità – occorreva però ancora il raggiungimento dell’obiettivo principale della missione. Pochi secondi dopo l’atterraggio sulla chiatta era programmato SECO-1, ovvero lo spegnimento del motore del secondo stadio. Sono seguiti, in modo nominale, i 18 minuti e 30 secondi di volo inerziale, la seconda accensione di 65 secondi e infine il rilascio di BulgariaSat-1 che nei prossimi giorni, provvederà, con i propri mezzi propulsivi ad innalzare perigeo dell’orbita, per collocarsi nella posizione geostazionaria assegnatagli, sopra l’Europa, 1,9° a Est di Greenwich.

Il momento della separazione di BulgariaSat-1 dal secondo stadio. (Credit: SpaceX)

BulgariaSat-1

Come i lettori di AstronautiNEWS già sanno, BulgariaSat-1 è il secondo satellite lanciato dal paese balcanico (a 36 anni di distanza dal primo) ed il primo destinato a servizi commerciali per conto Bulgaria Sat – società affiliata a Bulsatcom, principale fornitore di pay-TV e servizi di comunicazione della Bulgaria.

BulgariaSat-1 durante i test presso SSL (Credit: SSL)

BulgariaSat-1, che pesa circa 3,7 tonnellate, è stato costruito da Space Systems/Loral sulla piattaforma SSL 1300 ed è dotato di transponder per le bande Ka e Ku. Si tratta di un progetto iniziato quasi 12 fa e costato 235 milioni di dollari, come rivelato alla stampa dal CEO di BulgariaSat, Maxim Zayakov. Il contratto, siglato nel 2014, prevedeva che fosse il produttore del satellite a gestire il lancio, consegnando il controllo di BulgariaSat-1 all’operatore una volta posto in orbita. È stata quindi SSL, dopo il successo di SES-10, il 30 marzo scorso, ad accordarsi con SpaceX, sulla base di condizioni che non sono state rese pubbliche, per l’acquisto di un volo che prevedeva il reimpiego di un primo stadio già utilizzato per il lancio dei primi dieci satelliti della costellazione Iridium Next.

Il primo stadio usato destinato a BulgariaSat-1 in arrivo presso l’hangar del pad 39/A. (Credit: SpaceX)

Due lanci in due giorni

Per una strana coincidenza, saranno proprio altri dieci rappresentanti della seconda generazione di satelliti Iridium i protagonisti della prossima missione di SpaceX, tra non molte ore, dall’altra parte degli Stati Uniti. Infatti, dopo lo static fire, completato con successo lo scorso 20 giugno, è ancora programmato per domenica 25 alle 13.25.14, ora locale, quando in Italia saranno le 22.25.14, il lancio dal complesso 4E della base di Vandenberg del Falcon 9 (questa volta nuovo) che li porterà in orbita polare.

I 10 satelliti Iridum Next 11-20, pronti sui loro dispenser, in attesa di essere chiusi nel faring. (Credit: Iridium)

L’intervallo tra un lancio e l’altro di due soli giorni, che garantirà a SpaceX una sorta di primato (almeno per quanto riguarda l’attuale industria spaziale commerciale), non è stato ovviamente cercato, ma è frutto di precedenti rinvii. Il decollo di BulgariaSat-1 doveva inizialmente avvenire il 15 giugno, ma è stato più posticipato volte, l’ultima delle quali a causa di un problema tecnico che ha suggerito la sostituzione di una delle valvole pneumatiche del fairing.

Da quando è tornata alla attività regolare, dopo la pausa legata all’incidente di Amos-6, lo scorso 1° settembre, SpaceX ha mostrato di aver potenziato le sue capacità produttive e di essere in grado di far fronte ad un ritmo piuttosto intenso di lanci, portando a termine 8 missioni in meno di 6 mesi, distanziate l’una dall’altra anche di sole due settimane. Il “record” di questo weekend testimonia inoltre l’esistenza di due team che possono operare a Cape Canaveral e Vandenberg in modo totalmente autonomo e garantire una frequenza anche più alta. Su queste basi potrebbero sussistere le premesse per superare il cronico problema dei ritardi nell’ottemperare i propri impegni contrattuali che fino ad oggi ha afflitto l’azienda californiana.

Il webcast del lancio.

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Roberto Mastri

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