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Investimenti da e verso gli Usa: se l’Italia prende l’iniziativa

di Max Bergami

(Fotolia)

4' di lettura

Martedì scorso, a New York, presso il Time Warner Center, si è svolto il sesto summit «Italy meets the UnitedStates of America», organizzato da «Italian Business & Investment Initiative» di Fernando Napolitano, in collaborazione con EY e American Chamber of Commerce in Italy. I lavori, iniziati alle otto in puntoe proseguiti con un ritmo incalzante, hanno analizzato le opportunità derivanti dalla crescita di collaborazione tra i due paesi con una particolare attenzione ai settori dell’energia, dell’automotive, delle telecom e infrastrutture, delle scienze vive e del food and beverage.

L’edizione di quest’anno ha visto la presenza di imprese italiane rilevanti come Enel Green Power, Wind, Chiesi, Dallara, ma anche investitori americani che hanno effettuato con successo operazioni in Italia. L’intervento dell’ambasciatore Armando Varricchio ha contribuito a sottolineare la rilevanza di questa iniziativa che ogni anno porta a New York imprese italiane eccellenti, molte delle quali ancora poco conosciute oltreoceano.

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Un elemento di grande interesse dell’edizione di quest’anno è stata la partecipazione dell’Emilia Romagna che si è presentata con il suo presidente Stefano Bonaccini, l’assessore all’Innovazione Patrizio Bianchi, numerose imprese e le università. Questa presenza ha dato un senso di concretezza e ha comunicato la volontà di esprimere una leadership non regionale, ma globale, sia nei settori in cui la regione è più conosciuta, sia in altri ambiti, come ad esempio quello dei dati e dell’intelligenza artificiale.

Nel corso del Summit è risultato chiaro che l’Emilia Romagna ha i muscoli e la scala per questa sfida e cherappresenta, insieme ad altri, l’Italia che vuole giocare la partita della crescita economica e sociale in Champions League.

Questa iniziativa non rappresenta di certo la formula magica per la politica industriale del Paese, ma è comunque importante per una serie di motivi. Anzitutto la stabilità con cui viene organizzata questo appuntamento contribuisce a proiettare un senso di affidabilità alla comunità economica italiana che ogni febbraio si presenta a New York; per un paese che nei 5 anni trascorsi dal primo summit ha cambiato 4 primi ministri, si tratta di un segnale di solidità, indipendentemente dalla fragilità del sistema politico. Come noto, gli stereotipi hanno un peso non indifferente nelle valutazioni e nelle decisioni economiche; ebbene, l’Italia ha bisogno di contrastare alcuni stereotipi che le vengono spesso associati, dando la massima visibilità alla parte solida, affidabile ed eccellente del suo sistema produttivo.

A fianco delle attività delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese e di quelle del Governo, che recentemente ha trovato nuova spinta grazie a un lavoro di coordinamento tra vari ministeri, sono molto rilevanti anche queste occasioni frutto dell’iniziativa privata, per le indicazioni di concretezza e di vitalità del mondo imprenditoriale italiano.

Un altro aspetto riguarda la professionalità con cui vengono organizzati questi incontri, considerandosia i relatori italiani, sia quelli statunitensi, anche considerando i moderatori che quest’anno sono stati Betty Liu (la più famosa anchorwoman di Bloomberg TV) e Pimm Fox (conduttore di Taking Stocks), due presenze che hanno reso evidente come all’Italia manchi un mezzo di comunicazione, di alto livello e in lingua inglese, che parli con efficacia dell’economia del paese al resto del mondo.

Il focus sui settori industriali e sui territori regionali attrae l’attenzione di investitori e opinion maker interessati ai contenuti per capire le ragioni dei vantaggi competitivi delle imprese presenti. È un modo per raccontare l’Italia, per presentare un sistema e tante realtà che non sono conosciute per la dimensione ma che offrono elementi di interesse per le proprie caratteristiche di unicità. Anno dopo anno aumenta la curiosità di scoprire un paese ricco di sorprese e di opportunità di investimento.

Infine, la nuova situazione politica degli Stati Uniti potrebbe suggerire il passaggio da un atteggiamento tradizionale verso le esportazioni a un approccio che preveda investimenti diretti con impianti produttivi, al fine di evitare dazi, fluttuazioni valutarie e un controllo più diretto del mercato. Certamente si tratta di una strada meno battuta, ma che alcune imprese hanno iniziato a percorrere con successo.

Questa opzione può esser vista come una minaccia o un’opportunità, nel caso in cui l’enfasi sia posta sui timori di deindustrializzazione di alcuni territori o sulle opportunità generate da un’integrazione con la principale potenza economica. Le opportunità di business derivanti da accordi e investimenti, sia per gli attori italiani, sia per quelli statunitensi, non possono scaturire che da una maggior conoscenza e integrazione.

Il Made in Italy di oggi è anche tecnologia e scienza, un sistema industriale che corrisponde a una società più complessa e avanzata di quella riconducibile solo allo stereotipo della creatività. Esistono infatti imprese e istituzioni territoriali affidabili e innovative, impegnate a guidare la crescita coniugando qualità e tecnologia in mercati che si allargano e si segmentano.

Questo Summit ha sottolineato che un certo modo di fare le cose non solo contribuisce al rafforzamento dell’immagine dell’Italia nel mondo, ma, allo stesso tempo, al consolidamento della sua (e dunque nostra) identità.

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