Amati, odiati tacchi. Graditi agli uomini, spesso maldigeriti dalle donne, sopratutto al lavoro. Hanno una connotazione sensuale evidente, slanciano e donano un bel portamento. Ma fanno male, specie se indossati molte ore.
Eppure non sono pochi i datori di lavoro che consigliano o impongono i tacchi. L'ultimo della lista è il neo presidente americano Trump che avrebbe imposto alle dipendenti della residenza presidenziale di "vestirsi da donna". «A Trump piace che le sue dipendenti si vestano come donne», dice una fonte che ha lavorato per la sua campagna.
Ma c'è anche chi, come la neo direttrice di Rai 3 Daria Bignardi, ha avuto il coraggio di bandire dal canale tv scollature, abiti fascianti e tacco 12.
E poi c'è il casus belli che sta appasionando l'Inghilterra: il licenziamento di Nicola Thorp, receptionist di una società londinese di consulenze finanziarie. L'agenzia che l'aveva assunta voleva che lei indossasse i tacchi e, quando la Thorp si è rifiutata di farlo (affermando che non sarebbe stata in grado di svolgere la sua mansione sui tacchi alti), la società ha scelto di sospenderla senza paga.
Dopo il licenziamento la Thorp ha denunciato l'accaduto e aperto una petizione online per chiedere la modifica della legislazione in materia che autorizza il datore di lavoro a predisporre l’allontanamento del dipendente che si rifiuta di rispettare il dress code imposto, diverso per genere.
«Il vero problema è una questione di sessismo – ha denunciato Nicola Thorp – Le donne possono essere intelligenti ed efficaci nel lavoro anche indossando eleganti scarpe basse». La sua petizione online ha raccolto 150 mila firme e, come prassi, la questione è approdata in Parlamento scatenando un acceso dibattito. "A quanto pare, per un addetto alla reception, non è sufficiente essere professionale e competente, deve essere più sexy", ha osservato il Guardian.
«Casi come quelli riportati sono inaccettabili e il governo si impegnerà affinché la legge sia rispettata nel pieno senso della normativa» ha detto una portavoce del governo. In realtà un rapporto della Women and Equalities Commission, presentato alla camera dei Comuni, ha rivelato che casi simili a questo, purtroppo, sono molto numerosi.
Tra le imposizioni rivelate dal rapporto non ci sono soltanto i tacchi alti - che, oltre a risultare psicologicamente offensivo, espone le donne a dolori e rischi per la salute - ma anche di mettere la minigonna, usare abbondante trucco e perfino, sbottonare la camicetta davanti ai clienti uomini durante lo shopping pre-natalizio in alcune catene di abbigliamento.
E mentre negli Stati Uniti il presunto diktat trumpiano del dress code alla Casa Bianca ha generato la protesta online con l'hastag #DressLikeAWoman (vesti da donna), in Inghilterra presto il legislatore potrebbe definire una nuova legge per mettere definitivamente al bando le discriminazioni sessuali in materia di abbigliamento.