IL MONDO OGGI

Riassunto geopolitico della giornata, con analisi e link per approfondire e ricostruire il contesto.
il mondo oggi

Un nuovo presidente per l'Unione Europea

Le notizie geopolitiche più importanti del 20 febbraio.
di Niccolò Locatelli
Pubblicato il Aggiornato il
Carta di Laura Canali
Carta di Laura Canali 

JUNCKEXIT? [di Gerardo Fortuna]

Tornano a circolare voci sulle possibili dimissioni di Jean-Claude Juncker dalla guida della Commissione europea, questa volta rilanciate da La Repubblica.

Non è la prima volta: già nel post-Brexit era stata avanzata l’ipotesi di un imminente passo indietro, un po’ per responsabilità politiche nella disfatta, un po’ per presunti motivi di salute.

All’epoca si era parlato di attacco mediatico, ma la voce è diventata ciclica e si è ripresentata anche nei mesi successivi, più o meno negli stessi modi e con gli stessi nomi di potenziali successori: il socialista di “centro” Frans Timmermans e tra i popolari Katainen, Dombrovskis e Barnier.

Anche questa volta i portavoce della Commissione hanno smentito categoricamente una fine anticipata del mandato di Juncker. Invece la notizia certa è che non correrà per un secondo mandato, come riferito da Juncker stesso in un’intervista alla radio tedesca Deutschlandrundfunk una settimana fa.

Ciò può voler dire, come specificato dai portavoce, una maggiore libertà d’azione, venendo meno i vincoli legati alla ricandidatura. Ma può indicare anche una certa stanchezza, facendo presagire la mera gestione delle pratiche correnti nei prossimi mesi.

Restano le voci sulla rinuncia. L’impressione è che una parte di funzionari “percepisca” continuamente come vicine le dimissioni di Juncker e che, al primo presentarsi di problemi, faccia partire indiscrezioni che diventano fonti giornalistiche autorevoli per chi voglia intercettarle. Il resto lo fa l’amplificazione degli spifferi che si rincorrono tra i mille corridoi di Berlaymont.

Una chiave di lettura potrebbe tuttavia essere fornita dalle uniche voci che non sono state mai smentite, raccolte a novembre da Der Spiegel. Per il settimanale tedesco Juncker avrebbe riferito al suo entourage di non poter garantire la sua permanenza alla Commissione qualora Schulz fosse stato scalzato da un popolare, come è avvenuto poi con l’elezione di Tajani.

Il motivo non sarebbe dunque la mera volontà di lasciare o la salute precaria, ma il gioco di redistribuzione delle cariche innescato dall’addio di Schulz.

Al momento, il cerbero a tre teste dell’Ue continua a essere guidato da tre figure apicali di estrazione popolare. Non è detto che lo sbilanciamento verso il centro-destra sia destinato a reggere.

Ma se c’è una carica a rischio è quella in scadenza: il mandato di 30 mesi di Donald Tusk terminerà il 31 maggio. Rispetto a Juncker, l'ex premier della Polonia ha deciso di ricandidarsi formalmente.

Il suo rinnovo non è però scontato, sia per evitare che il cerbero Ue resti monocolore, sia perché Tusk ha perso l’appoggio di alcuni paesi, tra cui quello di origine.

Allora potrebbe spuntarla il candidato alla presidenza del Consiglio che non ti aspetti: François Hollande. Nonostante il crollo di popolarità in patria, il presidente francese (che si libererà a breve) avrebbe l’esperienza politica e le spalle abbastanza larghe per succedere a Tusk.

Potrebbe essere la figura capace di riequilibrare la rappresentanza politica nell’Ue e riportare un ruolo di peso a Parigi. E forse sarebbe in grado di far concludere a Juncker il suo mandato in tranquillità.


GLI USA IN EUROPA [di Federico Petroni]

Nel fine settimana, il vicepresidente Usa Mike Pence ha tenuto un discorso alla Conferenza per la sicurezza di Monaco in cui non ha citato nemmeno una volta l’Unione Europea.

L’intervento del vice di Trump era stato pensato per rassicurare i leader del continente a proposito degli impegni dell’America trumpista, ma li ha forse spaventati ancor di più. E poco importa che nei successivi incontri a Bruxelles con i vertici dell’Ue Pence abbia offerto parole di conforto sui valori democratici e l’impegno che legano le due sponde dell’Atlantico.

In Baviera è emersa la confusione strategica che emana a Washington, dove sono in corso battaglie istituzionali su quale linea strategica far prevalere.

Per esempio, il discorso del senatore repubblicano John McCain – nemico giurato di Trump – è stato tutto rivolto all’importanza per gli Stati Uniti dei valori occidentali (potente strumento d’influenza geopolitica, anche in campo d’intelligence). Un classico della politica estera Usa, ma che nella retorica di The Donald, più centrata sul crudo interesse nazionale, non trova posto.

Altro perfetto esempio, la Russia, attuale spina nel fianco dell’amministrazione Trump, su cui la Casa Bianca dovrà vedersela con l’agguerritissimo Congresso, che a Monaco, per bocca del senatore Graham, manda un messaggio chiarissimo: “Il 2017 per il Congresso sarà l’anno in cui prendere la Russia a calci nel sedere”.

CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SULLA CONFUSIONE STRATEGICA USA


IL MURO DI CEUTA [di Alessandro Balduzzi]

Mentre l’Italia e l’Europa cercano di porre un freno ai flussi migratori del Mediterraneo centrale, il fronte occidentale è stato scosso da uno dei periodici sussulti che lo riportano all’attenzione dei media.

Nella notte tra domenica e lunedì circa trecento migranti sono riusciti a scavalcare la barriera che circonda Ceuta, enclave spagnola in Nordafrica circondata dal territorio marocchino al pari di Melilla. Quest’episodio è stato preceduto venerdì scorso da un altro assalto che ha visto circa quattrocento migranti – su un totale di ottocento che avrebbero tentato l’impresa – penetrare a Ceuta attraverso il vallo di separazione tra la plaza de soberanía spagnola e il Marocco.

Similmente alla barriera eretta intorno a Melilla, questo muro fu edificato a partire dagli anni Novanta per impedire l’immigrazione illegale di provenienza maghrebina e subsahariana in direzione dell’Unione Europea. In occasione di vari assalti più o meno riusciti, tra i migranti sono state registrate anche alcune vittime degli spari della gendarmeria marocchina e della Guardia civil spagnola.

Oggetto di accese critiche da parte delle associazioni umanitarie, i respingimenti a mano armata sono parte integrante della politica spagnola di militarizzazione ed esternalizzazione delle frontiere. La protezione di queste ultime dai migranti viene così delegata a un paese terzo: una pratica non troppo dissimile di quella tra Italia e Libia gheddafiana.

CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SUL FRONTE OCCIDENTALE DEI MIGRANTI


LA BATTAGLIA DI MOSUL

È iniziata l'offensiva governativa per liberare Mosul Ovest dallo Stato Islamico, in Iraq.

Scrive oggi "Lo Strillone di Beirut":

L’esposizione dei civili rimasti a Mosul ovest - centinaia di migliaia secondo stime concordanti, ma non si hanno cifre esatte - è la questione che domina e che dominerà i calcoli militari riguardanti la nuova fase dell’offensiva governativa.

La parte ovest della città contesa è il centro storico, notoriamente composto da un tessuto urbano assai più denso di quello di Mosul est. Questo facilita il sistema di difesa della guerriglia di chi difende e complica il lavoro di chi attacca, riducendo la possibilità di condurre raid aerei e di artiglieria su vasta scala.

CONTINUA A LEGGERE LA RASSEGNA MEDIORIENTALE


Oggi è entrato in vigore il cessate-il-fuoco tra ribelli filorussi e governo in Ucraina dell'Est.


LIMES BONUS:

Lenín Moreno e Guillermo Lasso si contenderanno la presidenza dell'Ecuador al ballottaggio.


La sfera d'influenza della Svezia


Trump deve ancora nominare un suo candidato per 515 posizioni chiave di governo su 549.


Anniversari geopolitici del 20 febbraio

1988 - Il soviet del Nagorno Karabakh si esprime a favore della secessione dall'Azerbaigian e dell'unificazione con l'Armenia.