Un Grande Piccolo Viaggio - The Plan


Ci sono viaggi che durano un attimo, dove il tempo speso per portarli a termine, seppur breve nella sua mera analisi cronologica, assume un significato quasi aconcettuale.
Un attimo” è abbastanza per certe storie, perché dentro quell’attimo vi è racchiuso l’apice di un peregrinare che dura un’esistenza intera; un’esistenza passata ad inseguire qualcosa di indefinito, che appare concretamente raggiungibile pur nel suo alone di manifesta inconcretezza, vestita con l’abito regale ora del sacro ora del misterioso.

La destinazione, la meta, l’ultimo passo di questo grande viaggio è avvertibile come un qualcosa di immenso, estatico, un salto nel vuoto verso un’infinità luce invitante che penetra il pesto buio del tragitto e scalda anche il cuore più gelido.

È proprio la meta ad attrarci a sé. Non è infatti la nostra volontà che ci dice di raggiungerla, ma una pulsione interna, un istinto sconosciuto che ci spinge ad accettare il richiamo di quel traguardo celestiale.
Per raggiungerlo faremo tutto ciò che è in nostro potere, usando i mezzi messici a disposizione, superando gli ostacoli a cui ogni viandante è destinato ad imbattersi.

Quello di The Plan è un viaggio breve, che dura un attimo, come suggeriscono le prime righe di apertura dell’articolo, dove il fruitore è chiamato a riconoscersi in una semplice mosca.
Quello che molti di noi hanno sempre visto come un insulso, fastidioso insetto, il cui rapporto con esso si è spesso consumato nel semplice atto di scacciarlo (o schiacciarlo), è ora la nostra trasposizione elettronica che, come richiede qualsiasi attività di immedesimazione, ci costringe ad assumerne le caratteristiche, trasformandoci in un piccolo corpuscolo svolazzante, in attesa della chiamata divina che lo porterà a compiere il proprio destino.

L’intervento dell’utenza è più che mai fondamentale in The Plan (anche se, in effetti, lo è in qualsiasi opera videoludica) ma assume qui una carica piuttosto simbolica, che vede proprio nell’operato esterno un significato preciso di quanto accade una volta portata a termine l’esperienza.
Ci basterà la pressione di un semplice tasto per innescare il meccanismo, un solo pulsante per dare il via a questo piccolo grande viaggio a cui è impossibile sottrarsi una volta mosso il primo passo.
Eppure, se questo non avviene, la mosca resterà una semplice mosca e l’utente un semplice giocatore/osservatore di una visione che può esistere anche come ecosistema a sé stante.

Una mosca, una roccia, l'oscurità che sembra dipanarsi dalla sommità del cielo: tutta inizia qui

La schermata d’avvio è un qualcosa che pare indipendente quando estrapolata dal resto.
Quella piccola mosca, non influenzata dalle nostre azioni, ha un posto sicuro in cui accasciarsi, una piccola casa fatta di semplice roccia, parzialmente coperta di candido muschio, tra ciuffi d’erba selvaggia e qualche fungo che si protende indisturbato; un luogo ideale in cui sfregarsi eternamente le zampette, tra un ronzio e l’altro.

Eppure, nonostante possa esserlo, The Plan non è questo. The Plan, come dicevamo, è un viaggio; un viaggio che dura un attimo.
Appare quindi quasi inopportuno dilungarsi in descrizioni prolisse, in interpretazioni al di là di ogni cosa sempre soggettive e sensazioni personali.
The Plan termina ben prima di essere metabolizzato ma, quando questo poi succede, accade in un attimo.
The Plan inizia, si districa tra leggeri soffi di vento, ragnatele costrittive e foglie cadenti, ci fa intuire la grandezza di ciò che ci aspetta e poi, nell’estrema brutalità di un semplice attimo… tutto finisce.

Tralasciando il messaggio che vuole/cerca di trasmettere, The Plan è un gioco che propone meccaniche di una semplicità disarmante.
Non è un vero e proprio titolo, e non possiede un vero e proprio gameplay. Tutto ciò che vi occorrerà per portarlo a termine sono le quattro frecce direzionali, con cui potrete muovervi all’interno del lineare quanto evocativo scenario.
Benché i pericoli (o perlomeno la percezione di pericolo) non manchino, The Plan non prevede un vero e proprio game over e un vero livello di sfida è totalmente assente.
L’approccio giusto al gioco, quindi, non è quello che si dedica ad un gioco tradizionale, in quanto guardarlo sotto quest’ottica sarebbe decisamente ingiusto.
Prima di avviarlo, pensate a The Plan come a nulla più di un’insolita sperimentazione; per il resto, è forse meglio cercare di giocarlo con la mente più libera possibile.
Nonostante il valore che ognuno trarrà da quest’opera sia assolutamente soggettivo, come sempre accade quando ci si imbatte in prodotti del genere, il consiglio per chiunque è quello di giocarlo.
Primo perché è gratuito (lo trovate su Steam) e secondo perché, mal che vada, non avrete buttato via più di cinque miseri minuti.


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La rubrica

Una rubrica dedicata a quelle produzioni indie che non cercano in alcun modo di ricalcare le esperienze già tracciate dai giochi "canonici", ma si inerpicano per nuovi percorsi, spesso tralasciando in parte o totalmente il puro gameplay in favore di un messaggio finale che il gioco vuole trasmettere. Insomma, quando il gioco non è solo un gioco, ma vera e propria arte videoludica. In pochi possono capire fino in fondo determinati titoli e concentrarsi esclusivamente su ciò che vogliono suscitare, indipendentemente da grafica e gameplay... bene, questa rubrica è tutta per voi.

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