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Agcom, il fedelissimo di Romani in pole. Ma il Pd smentisce l'accordo

Intesa su Vito Di Marco. Mercoledì al Senato voto cruciale per gli interessi di Forza Italia e di Berlusconi. Il Partito democratico: "Presenteremo nostro candidato"

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ROMA - Un altro uomo di fiducia di Silvio Berlusconi per blindare il cruciale baluardo dell'Agcom. Un nuovo tassello dell'intesa Pd-Forza Italia che ormai si dipana dalle banche alle comunicazioni per approdare da qui a breve - chissà - alla riforma della legge elettorale. 

Mercoledì il Senato ha in calendario l'elezione del commissario mancante all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dopo la morte di Antonio Preto (area Fi) nel novembre scorso. La rosa di tre-quattro nomi si è ristretta ora a Vito Di Marco. Professionista di stretta fiducia di Paolo Romani, col quale ha lavorato nel 2010-2011 al ministero dello Sviluppo economico nell'ufficio di "diretta collaborazione" quando l'attuale capogruppo forzista era viceministro con delega alle telecomunicazioni. Romani da sempre considerato "uomo azienda" ai vertici del partito, assai vicino a Fedele Confalonieri.

Di Marco, 44 anni, oggi è consulente di Tivùsat, un trascorso da conduttore radiofonico a Radio2 e da redattore del programma "Supergiovani" su Raidue alla fine degli anni Novanta, poi nell'ufficio Telecom di Bruxelles. Il suo nome avrebbe ottenuto il placet del Pd renziano (che però smentisce) forse anche in forza del lontano passaggio in una radio dei vecchi Ds a Bologna. Sul suo nome ci sarebbe il nulla osta anche di Alfano e Verdini.

Con l'elezione tornereranno quattro i commissari che affiancheranno il presidente Angelo Marcello Cardani. E tra loro Antonio Martusciello, stessa scuderia: manager in Publitalia e poi coordinatore campano e parlamentare di Fi. Sono le leve sulle quali potrà contare Silvio Berlusconi alla vigilia delle delicate scadenze che attendono l'Agcom e che incrociano i destini Mediaset. Prima fra tutte, il 21 aprile, la chiusura dell'indagine che l'Agenzia sta conducendo proprio sull'"assalto" di Vivendi al Biscione, col possibile stop all'eventuale Opa di Bollorè. E poi la difficile partita sulle frequenze (Banda 700), per non dire della par condicio in campagna elettorale.

Per la poltrona vacante è circolato negli ultimi giorni anche il nome ben più pesante dello stesso capogruppo Romani. Ma la carica scadrà tra due anni appena (il resto dell'Agcom nominata nel 2012) e il diretto interessato - come ha spiegato a tanti colleghi - non sarebbe "minimamente interessato" a lasciare la politica, ammesso che una pedina così poco "tecnica" ottenesse l'ok del Pd. Si è ritirato ieri dalla corsa Roberto Sambuco (ex capo dipartimento Comunicazioni al ministero dello Sviluppo), mentre restano outsider Antonio Scino (ex all'Autorità dei trasporti e all'Energia) e Raffaele Tiscar, da pochi giorni capo di gabinetto del ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti, dopo aver lasciato Palazzo Chigi da vicesegretario generale con Renzi.

La riconstruzione del Pd. Il Partito Democratico smentisce in maniera decisa, attraverso il suo ufficio stampa, le voci di un accordo con Forza Italia su Agcom. Il PD presenterà un proprio candidato, auspicando che su quel nome si trovi un ampio consenso anche degli altri gruppi parlamentari.