Milano, 20 luglio 2016 - 18:54

Brevetti, Samsung sconfitta da Hop Mobile. Alla piccola società bresciana due milioni di risarcimento

Il tribunale di Milano ha condannato in primo grado il colosso sudcoreano, accusato di aver contraffatto una tecnologia, per gestire in contemporanea due schede Sim

Uno dei modelli di telefono Samsung in causa, l’SGH-D880 Uno dei modelli di telefono Samsung in causa, l’SGH-D880
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Davide contro Golia. Una piccola società bresciana sconfigge un gigante della tecnologia, Samsung. Il campo di battaglia: la violazione dei brevetti. Il bottino: più di due milioni di euro. Otto anni fa, nel 2008, parte la denuncia: Hop Mobile, insieme alla società che commercializzava la sua invenzione, Eko Mobile, accusano i sudcoreani di contraffazione. Al centro della disputa, una particolare applicazione – sviluppata e brevettata dalla Hop Mobile – definita «terminale telefonico multinumerico». Permette di gestire in contemporanea il doppio profilo sui telefoni Dual Sim. Significa, in pratica, poter sfruttare le funzionalità di entrambe le schede nello stesso momento senza scomodi interventi manuali per passare da una all’altra. I bresciani accusano Samsung di aver applicato, senza pagarne i diritti, la stessa tecnologia ad alcuni dei suoi modelli.

La sentenza. Una guerra legale lunga e complessa, che si è conclusa il 14 giugno con la sentenza del tribunale di Milano: confermata la validità del brevetto – e quindi il furto “intellettuale” – Samsung Italia dovrà risarcire la Eko Mobile di più di due milioni di euro. La corte ha riconosciuto la contraffazione solo per tre dei modelli chiamati in causa, l’SGH-D880, il B7722 e il C6112. Nessuna prova, poiché i telefoni presi in esame non funzionavano più, per altre quattro linee di cellulari: l’SGH-D980, il B5702, il C3212 e il B7722i. «La sentenza non ci soddisfa pienamente – spiega l’avvocato Cesare Galli, che ha portato avanti la battaglia in tribunale – andremo in appello. La nostra richiesta iniziale era di dieci milioni di risarcimento». Una piccola condanna anche per i bresciani: 50mila euro di risarcimento per «atti di concorrenza sleale». «Si può dire sia stato un eccesso di legittima difesa, un peccato veniale. Eko Mobile ha cercato di difendersi informando la stampa della vicenda e il tribunale ha ritenuto le sue dichiarazioni eccessive», continua Galli.

Colpevole anche la casa madre. La sentenza non riguarda solo Samsung Italia. Per la prima volta, è stata condannata anche la casa madre, per aver continuato a vendere nel Paese i telefoni contestati, nonostante il divieto che il tribunale di Milano aveva posto sin dal 2008, appena dopo l’apertura della causa. Come? Aggirando il problema e utilizzando altri distributori per commercializzare i propri prodotti. In tutto, si tratta di 34 soggetti, anch’essi citati in Aula da Eko Mobile. «Con buona parte di loro – racconta l’avvocato Galli – abbiamo già trovato un accordo con un risarcimento simbolico. Per gli altri, si deciderà l’anno prossimo. Ciò che conta è il risultato di questa sentenza». Per l’attività illecita, Samsung dovrà pagare una penale di 50 euro per ogni cellulare importato. «I grandi colossi sfruttano la forza dei numeri, mentre le armi fondamentali delle piccole società sono i brevetti. È la loro qualità che fa la differenza. Questo è un esempio clamoroso che spero venga preso ad esempio», conclude Galli.

La guerra dei brevetti con Apple. Non è la prima volta che Samsung si ritrova a dover rispondere delle violazioni di brevetti altrui. Leggendaria – e infinita – è la disputa con la sua più grande rivale, Apple, che inizia nel 2011, quando Cupertino accusa i sudcoreani di copiare design e funzionalità dell’iPhone. La battaglia prosegue a colpi di condanne e sentenze ribaltate. Nel 2012 la prima vittoria di Apple per la contraffazione di alcune invenzioni, come il «pinch and zoom» per allargare l’immagine e l’interfaccia grafica per navigare tra i contenuti delle app. Un miliardo di dollari di risarcimento, di cui poi alla fine Samsung, grazie a un accordo, ne ha pagati circa la metà. La guerra di proprietà intellettuale prosegue su altre funzionalità, come il sistema per accedere ai link veloci, lo «slide to unlock» e l’autocorrettore. Nel 2014 la corte federale condanna Samsung a pagare 119 milioni di dollari, ma la sentenza è stata recentemente ribaltata, a febbraio, in secondo grado.

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