Norme & Tributi

Niente sconti sulla quota di Tfr collegata al riscatto della laurea

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Niente sconti sulla quota di Tfr collegata al riscatto della laurea

L’indennità di buonuscita (Tfr) per la parte correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente per riscattare il periodo di studi universitari è soggetta ad imposizione ordinaria. È quanto stabilito dalla Ctr Lazio, sezione 9, con la sentenza n. 2028 del 12 aprile 2016 (presidente Lo Surdo, relatore Caso).

L’agenzia delle Entrate aveva proposto appello contro la sentenza della Ctp che aveva accolto il ricorso del contribuente in merito ad un rimborso Irpef sull’indennità di buonuscita. In particolare, secondo i giudici di primo grado, l’abbattimento della base imponibile riguardava l’intera indennità di buonuscita corrisposta al lavoratore, ivi compresa la quota relativa all’indennità maturata per i periodi di anzianità di servizio figurativa.

Di contrario avviso l’appellante. A suo avviso la parte dell’indennità di buonuscita corrispondente ai contributi volontari versati dal dipendente per il riscatto dei periodi di studi universitari andava invece sottoposta all’imposizione fiscale ordinaria.

La Ctr, con questa sentenza, accoglie le ragioni del fisco e rigetta l’istanza di rimborso.

Alla base della decisione non solo il dato normativo ma anche il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e costituzionale.

Ai sensi dell’articolo 2 della legge 482/1985 (norma che trova applicazione anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 17 del Tuir) dall’imponibile ai fini dell’Irpef dovuta sull’indennità di buonuscita che è erogata al dipendente statale cessato dal servizio, non deve essere esclusa la quota di tale indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente per riscattare il periodo di studi universitari.

Come chiarito dalla Corte di cassazione (recentemente sentenza 8403/2013), la funzione dei versamenti contributivi volontari è funzionale al riconoscimento normativo di un’anzianità convenzionale, con il beneficio della valutazione di periodi altrimenti non valutabili.

In questa prospettiva, già la Corte costituzionale, con la sentenza 42/1992, aveva dichiarato la legittimità costituzionale (rispetto al principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione) dell’articolo 2 della lgge 482/1985 nella parte in cui non prevede, per la quota di indennità di buonuscita relativa a servizi o periodi volontariamente riscattati dall’interessato, una detrazione dall’imponibile che tenesse conto dei contributi versati per esercitare il riscatto.

Questa quota non è correlata a un rapporto previdenziale automatico e ad un meccanismo contributivo, istituzionalmente e cumulativamente riferibile al datore e al prestatore di lavoro. Il riscatto è collegato ad una determinazione di volontà dell’interessato e i contributi relativi sono fissati senza riferimento al rischio concreto, non essendo rilevante al riguardo lo stato di salute del dipendente.

È dunque una fattispecie del tutto diversa da quella per la quale vi è il doveroso concorso al versamento contributivo del lavoratore e datore, in costanza di un rapporto di lavoro effettivo e stabile, che giustifica la flessione della base imponibile della indennità di buonuscita finale cui tali contribuzioni congiunte hanno dato vita.

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