La storia del peggior account Twitter italiano. Quello di Maurizio Gasparri

Ripercorriamo le principali vicende legate al profilo del vicepresidente del Senato. Un disastro

Su Twitter esistono delle regole non scritte, una sorta di galateo 2.0 a cui attenersi. Fra queste: “non insultare i tuoi follower”, “non retwittare i complimenti”, “non cadere nelle provocazioni”, “ignora gli insulti, soprattutto se sei un personaggio pubblico”, “non minacciare querele”, “non fare spam retwittando in modo compulsivo”, “non deridere chi ha meno follower di te”, “non litigare con Puffo Brontolone”. Ebbene, se queste regole fossero leggi, Maurizio Gasparri le avrebbe già infrante tutte. Più di una volta al giorno.

Ma fra gaffe, tweet di dubbio gusto, cinguettii di stampo bullista e sessista, utenti bloccati, querele fatte e querele minacciate, la sera di sabato 17 gennaio il vicepresidente del Senato italiano ha probabilmente attraversato il punto di non ritorno della sua parabola social, con un tweet su Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le cooperanti italiane rapite in Siria nel luglio scorso e liberate dopo aver passato sei mesi nelle mani dei rapitori:

#VanessaeGreta sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo! @forza_italia

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 17 Gennaio 2015

Un mix di sessismo e ripugnante populismo, frutto fra l'altro di una notizia non verificata circolata come bufala in rete (e pazienza se Gasparri che è pure giornalista le notizie prima di commentarle sarebbe tenuto a verificarle). Un tweet che rappresenta in qualche modo la sintesi perfetta di come il senatore intenda la sua presenza sul web. Ma che ha anche scatenato reazioni indignate come non mai, al punto da far nascere un hashtag che in pochi minuti è diventato virale: #GasparriFuoriDaTwitter, anche se molti utenti hanno rincarato la dose aggiungendo #GasparriFuoriDalParlamento. Ma le vicissitudini di Gasparri su Twitter partono da lontano e affondano le radici in una storia fatta di scontri, liti e insulti con una tale quantità di utenti di cui si fa fatica a tenere il conto (e anche qui a Wired avevamo provato a farglielo notare).

C'è qualcosa di morbosamente naif, di brutalmente affascinante nei tweet del senatore di Forza Italia, vera tweetstar incompresa della politica italiana. E forse agli occhi dell'osservatore più distratto, può suonare contraddittorio che un ex ministro delle Comunicazioni sia così a disagio nella comunicazione. Ma si tratta per l'appunto di un giudizio frettoloso e superficiale, di un goffo preconcetto. Perché, in realtà, i tweet del vicepresidente del Senato sono messaggeri alati di pensieri profondi, mimetizzati da chiacchiera da bar, sono tòpos digitali in cui rivivono i cardini dell'etica hegeliana in versione Bignami. Come quando, l'11 settembre 2014, in uno di questi trova posto un concetto in grado di scuotere le coscienze dell'umanità:

11 settembre il mondo non dimentica, il fondamentalismo islamico va estirpato @forza_italia — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 11 Settembre 2014

Un monito severo e autorevole, tipico dei paladini della giustizia temporaneamente ridimensionati a presidenti di un gruppo parlamentare, al quale però né Al Qaeda né l'Isis hanno mai risposto per vie ufficiali. Un silenzio capace di alimentare le più svariate speculazioni, la più gettonata delle quali ipotizza che le organizzazioni terroristiche abbiano scelto la strada del “low profile” per non esacerbare ulteriormente l'animo del nostro twittatore e incappare di conseguenza in una querela come un Puffo Brontolone qualsiasi.

Già, perché è proprio con il cittadino della ridente città blu che ha preso forma uno dei catfight più celebri dell'onorevole. Uno scontro crudo e vibrante:

Io odio Gasparri”, twittava dal proprio account Puffo Brontolone il 15 luglio del 2014, in quella che aveva il sapore di una salace provocazione dal retrogusto razionalista. Pronta, puntuale e lucida la replica della nostra tweetstar incompresa:

@PuffoBrontolone non c'è cura per te, spacciato

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 15 Luglio 2014

Per quanto apparentemente sconveniente possa essere l'idea di un vicepresidente del Senato che litiga pubblicamente con un puffo, Gasparri aveva il dovere di difendersi e di mandare inequivocabili messaggi al Paese. Il popolo si aspetta senso di responsabilità, risposte decise e tempra da leader dagli uomini del Palazzo. E il senatore non si sottrae alle sue responsabilità dando dello “spacciato” - termine che non ammette ambiguità né molli ripensamenti - a Puffo Brontolone. Un atteggiamento da leader vero. Che cozza soltanto contro una drammatica realtà: dietro al profilo di Puffo Brontolone non c'è il vero Puffo Brontolone, ma soltanto un fake. Proprio così, tanta fatica per litigare con un misero falso. Però non ditelo a Gasparri. Vero è che se ti insultano, soprattutto se sei un personaggio pubblico, sarebbe buona cosa non replicare. Ma il galateo non è per tutti. E certo non si può pretendere di vincolare ai rigidi legami dell'etichetta il nerboruto senatore che di farsi mettere in un angolo proprio non ne vuol sapere. Così, forte della sua dialettica, in grado di spaziare con disinvoltura lungo l'arco degli insulti più disparati, il vicepresidente del Senato ne ha per tutti. Per gli inglesi, definiti “boriosi e coglioni”, per Saccomanni, apostrofato con un “perché non te ne vai. Sei al di sotto di un livello minimo di capacità”, per Giulia Innocenzi etichettata come “commessa”, per i suoi detrattori online, gentilmente bollati come “stupidi, rifiuti in discarica”, per Angela Merkel “orrenda”, per Conchita Wurst “ignobile”, per i partecipanti alla Festa della Rete “Saccenti. Massima commiserazione”, passando per Obama (celebre il suo “go home” twittato alla volta del Presidente degli Stati Uniti d'America) fino al celebre “non sei nessuno” sbattuto in faccia a un troll con “appena” 48 follower. Una vis che non fa differenza fra vivi e morti. Tanto che alla morte di Adel Smith, ex Presidente delle Unioni Musulmani d'Italia, celebre per le sue battaglie contro il crocifisso nelle aule scolastiche, Gasparri posterà un tweet dal retrogusto apocalittico:

Adel Smith non voleva crocifissi nelle scuole. È morto a 54 anni — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 23 Agosto 2014

Ma entriamo nel dettaglio. Partendo proprio dallo scambio con il famoso troll da 48 follower, al secolo Daniele Termite. Il quale ebbe l'ardire di intromettersi, in modo a dire il vero poco solenne, in uno scambio d'alta poesia fra lo stesso Gasparri e il giornalista Franco Bechis. Oggetto dei sonetti: Zdenek Zeman.

@FrancoBechis visto zeman ora in tv. Inquietante. Lunghe pause, sguardo fisso, parole ridicole. Avvisare i parenti

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 29 Settembre 2012

Questo l'elegante tweet dell'onorevole dedicato all'allenatore boemo. Occasione troppo ghiotta per il troll di turno, che non riesce a non interpretarla come un assist alla propria vena molestatrice, tosto tradotta in versi sciolti.

@DanieleTermite1 seguito da 48, imbarazzante.... — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 29 Settembre 2012

Ma il sapido botta e risposta, ben lungi dall'esaurirsi, è destinato a toccare vette liriche.

@gasparripdl è più imbarazzante che gente come te è da 20 anni in parlamento... VERGOGNATI

— Daniele Termite (@DanieleTermite1)29 Settembre 2012

Spiazzato da una sentenza così perentoria e dall'invito all'introspezione, il nostro decide di soprassedere tornando a battere sul tema cardine dello scontro: l'esiguo seguito in termini di follower del molestatore estemporaneo.

@DanieleTermite1 con 48 non arrivi neanche all'angolo — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 29 Settembre 2012

Il malcapitato, confuso dalle trame logiche del senatore, inizia a vacillare sotto le bordate dialettiche del suo interlocutore e si rifugia disperato, nel turpiloquio che degenera in autocommiserazione.

@gasparripdl ma cosa cazzo c'entra quanta gente mi segue??Io non sono nessuno e non c'è motivo che la gente mi segua.. Sei proprio ignorante

— Daniele Termite (@DanieleTermite1)29 Settembre 2012

@DanieleTermite1 appunto. Non sei nessuno — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 30 Settembre 2012

L'onorevole vede il sangue, capisce che ormai l'avversario è alle corde e decide, spietato, di affondare il colpo del ko. O forse, più semplicemente, di avere l'ultima parola. È il sigillo del Gasparri-pensiero, l'esaltazione del “tu non sei nessuno 2.0”. Risultato? L'indomani, in rete, Daniele Termite diventa l'eroe del giorno e sfonda quota 1000 follower. Tanto da legittimare l'intervento dell'attore Luca Bizzarri, il quale facendo leva sulla cospicua forbice di follower fra se e Maurizio Gasparri (che al tempo era di circa 500mila follower contro 10mila), pubblicherà un tweet che ha il sapore della sentenza definitiva:

Quindi secondo Gasparri io potrei tranquillamente dirgli :"Stai zitto, non sei nessuno".Invece no, lo lascerò nel dubbio di essere qualcuno.

— Luca Bizzarri (@LucaBizzarri) 2 Ottobre 2012

Ma non sarà certo la pubblica gogna a fermare la nostra tweetstar. Più risoluto e ficcante che mai l'onorevole, nei mesi a venire, affronterà veementi battaglie e coraggiose crociate a suon di tweet contro immigrati, trans, donne (da Giulia Innocenzi a Roberta Pinotti, da Federica Mogherini a Luisella Costamagna), puffi e troll. Questi ultimi invitati a sparire non solo attraverso lo strumento sempre efficace della minaccia di querela, ma più sovente con due parole magiche che sono entrate a far parte a tutti gli effetti del tweet-vocabolario del senatore: “sciò” e “spam”. Così, al tirar delle somme, quella del vicepresidente del Senato è una comunicazione digitale forgiata dalla cifra stilistica della guerriglia verbale e canonizzata dalle stimmate dell'assolutismo, travestito da incontinenza espressiva. Come quando affonderà la spada del suo vigore dialettico nella fragile tweet-corazza di Alessandro Di Battista, il deputato del M5S, reo di aver pubblicato un discutibile post sull'opportunità di trattare con i terroristi.

@triplatau @franco_sala @Storace non infierite @ale_dibattista è un infelice, incurabile, colletta per i familiari — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 29 Agosto 2014

Ecco, non infierite.

Ma in fondo si sa, il senatore con i terroristi ha un conto aperto: il fondamentalismo islamico è spazzatura che va estirpata dal mondo con la stessa risolutezza con cui i troll vanno estirpati da Twitter. Certo, ad Al Bagdadi non basterebbe rispondere “spam!” e, probabilmente, neppure “sciò!” ma la linea editoriale non può distinguere tra figli e figliastri, non può rammollirsi con i forti né irrigidirsi con i deboli: la schiena va tenuta dritta con tutti. Allo stesso modo. Un concetto tradotto in parole il 9 settembre 2014.

Trattengono i Maró ammazzano suore, terre lontane, terre diverse ma terre di inciviltà DICIAMOLO

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 8 Settembre 2014

Ecco, diciamolo. E pazienza se tanti italiani in Italia ammazzano donne e bambine, badanti e disabili. Evidentemente lo fanno con civiltà. Eppure, nella sua crociata contro gli infedeli, il Senatore, temendo forse di non bastare a se stesso, si vede spesso costretto a chiedere aiuto a un prezioso alleato, il profilo Twitter “Crimini degli Immigrati - @CriminiImmigrati”, un account con il compito emerito di informare la collettività sulle malefatte dello straniero: "Romeno violenta turista e la prende a bastonate", "Italiane stuprate in casa da due nigeriani", "Ragazza aggredita da straniero salvata da un giovane del posto", “Madre e figlio romeni viaggiavano ubriachi su fuoristrada rubato”. Questo il tenore dei tweet dell'account in questione: un cocktail dei reati commessi dagli stranieri in Italia, mescolati, agitati e serviti con due gocce di qualunquismo e una spolverata di allarmismo. Poco male: la battaglia si combatte anche a suon di stereotipi, ubriacando l'opinione pubblica con un calderone di cliché così violenti e offensivi al punto che l'Osservatorio21Luglio contro la discriminazione arriva persino a chiedere la chiusura di questo account xenofobo. Ingerenze che non intimoriscono il senatore, il quale retwitta quasi quotidianamente, a tratti in modo compulsivo, i tweet di @CriminiImmigrati nell'incrollabile convinzione di persuadere i propri follower di quale nefasta minaccia si nasconda dietro a ogni straniero. Immigrati certo. Ma in una lista di nemici contraddistinta dalla cifra del bullismo machista non possono certo mancare donne e trans. Così, mostrando i muscoli virtuali e facendo dell'intimidazione verbale il suo cavallo di battaglia, Gasparri se la prende un po' con tutti, in un'esplosione di tweet in cui, per i meno perspicaci, diventa difficile cogliere trame logiche o nessi causali fra un'affermazione e l'altra.

Se torna Carla Bruni rivogliamo pure Gheddafi — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 20 Settembre 2014

Chiedersi, per esempio, che cosa c'entri Gheddafi con Carla Bruni rischierebbe di essere fuorviante. Il paragone va preso per quel che è, va accettato senza porsi troppe domande, senza pensare che i morti non risorgono, senza cercare di trovare un nesso fra una donna italiana naturalizzata francese e un dittatore libico, insomma senza avere la presunzione di voler capire. In fondo il senatore segue trame logiche poco mainstream, ma non teme di rendere pubbliche le proprie convinzioni neppure quando queste sfociano nel paganesimo tribale della scaramanzia. È il caso di una sua risposta a un tweet dell'AGI (curiosità: fra i vezzi dell'onorevole c'è anche quello di rispondere ad agenzie di stampa e a tweet pubblicitari). Agi Agenzia Italiana: “Il ministro Pinotti alla Roma-Ostia. Concorrente muore colto da malore...

@Agenzia_Italia ma nessuno pensi che la Pinotti porti jella

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 2 Marzo 2014

Ma soprattutto nessuno pensi che le battute di Gasparri facciano ridere. La sua battaglia politica contro il gentil sesso, del resto, non si esaurisce né nell'approccio criptico-esoterico e neppure nella retorica goffamente travestita da sarcasmo. Talvolta si banalizza, a fini meramente didascalici, per sfociare nel colloquialismo da taverna, il cosiddetto “sputatio sententiae”.

È incredibile che @FedericaMog faccia il ministro degli esteri in Italia e ambisca a incarichi Ue.È assolutamente inadeguata e incompetente — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 20 Agosto 2014

Ma quella per la Mogherini aveva presto assunto i contorni dell'ossessione per il nostro eroe digitale. Fin da tempi non sospetti: al punto da tirarla in ballo a ogni pie' sospinto. Anche dopo aver dato dei “coglioni” agli inglesi dopo una partita di calcio (nello specifico l'incontro fra Italia e Inghilterra al mondiale brasiliano):

Fa piacere mandare a fare .... gli inglesi, boriosi e coglioni

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 15 Giugno 2014

Alta diplomazia, gergo istituzionale, allusioni filosofiche, prosa aulica, insomma quel che si addice a un'alta carica dello Stato. Una presa di posizione che non può passare inosservata agli occhi del web. Fra i tanti commenti quello dell'utente @Wildchild_d1, che con una punta di ironia risponde: “@gasparripdl prossimo ministro degli esteri”. Immediata la replica di Gasparri punto sul nervo vivo di una sua ossessione:

@Wildchild_d1 beh se lo fa la shampista lo puoi fare pure te — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 15 Giugno 2014

Shampista, inadeguata e incompetente: le attenzioni di Gasparri per Federica Mogherini sono un blend di galanteria e stile. Il tutto con cassa di risonanza internazionale, tanto che il Guardian darà ampio rilievo ai tweet del senatore, definito con un eufemismo molto british: “uno dei politici italiani più abituali alle gaffe”. Ma l'ombra dell'approccio calciofilo e sessista è destinata ad allungarsi nuovamente, di lì a qualche settimana, nei tweet dell'onorevole. Questa volta non è più l'ultrà arrogante reduce da una vittoria a parlare, ma il tifoso invidioso che schiuma bile per una finale che non lo vede protagonista. E allora perché non cavalcare un'ondata di populismo nazional popolare condensando in un unico cinguettio sessismo, calcio e brandelli di propaganda politica anti-tedesca? L'idea è geniale. E Gasparri non ci pensa su due volte:

Impietoso il paragone tra orrenda Merkel e giovani argentine inquadrate poco fa @1giornodapecora — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 13 Luglio 2014

Nonostante il livello raffinato della provocazione, la rete inorridisce e non resta a guardare in silenzio. Il tweet scatena infatti uno tsunami di risposte. Il cui tenore va da “sarai bella tu” (@angelerrimo) a “ma te sei guardato allo specchio?” (@marcoloprete); fino a un lapidario: “i**mpietoso il paragone tra @gasparripdl e un intelletto qualsiasi” (@Rox_theFox_). Ma il duello “Gasparri vs gentil sesso”, parte da lontano. Alimentato da alcune piccole ma inflessibili crociate. Fra queste quella contro la giornalista Giulia Innocenzi. Tanto che quando si diffuse la notizia della bocciatura della collaboratrice di Michele Santoro all'esame di giornalismo, il vicepresidente del Senato, dall'alto della sua carica, si sentì in dovere di twittare:

@giuliainnocenzi Ma l'hanno bocciata? Così umile, con quei maestri, una velina rossa come lei. Un genio. Non ci posso credere. Commessa? — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 1 Novembre 2013

In fin dei conti c'è qualcosa di innovativo in questo elegante tweet, in cui alla ricercatezza del sessismo si somma un raffinato classismo 2.0. Roba da far invidia ai cafoni arricchiti di mezzo mondo. Ma il tema della bocciatura è talmente caro al Senatore da essere rispolverato addirittura un anno dopo ai margini di una puntata di AnnoUno dedicata agli stupefacenti:

Che pena. Li bocciano all'esame da giornalista e poi invitano a usare droga. #allacannadelgas — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 8 Settembre 2014

E pazienza se la sintesi quando si fa così asciutta rischia di sfociare nella banalità. Quel che conta è colpire duro, sempre e comunque. Così quando Giulia Innocenzi, oserà ironizzare sul numero uno di Forza Italia in un suo tweet, il prode Maurizio non esiterà a scendere in campo in difesa del proprio leader.

In Francia per dire che l'hai fatta grossa aggiungono "alla Berlusconi". E poi dicono che il Made in Italy e' in crisi... #Sarkozy — Giulia Innocenzi (@giuliainnocenzi) 22 Marzo 2014

@giuliainnocenzi In Italia per dire una trasmissione in declino dicono "alla Santoro " o di una persona bocciata agli esami "alla Innocenzi" — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 22 Marzo 2014

Una risposta autorevole e matura alla quale manca soltanto la formula “specchio riflesso”. Ma non finisce qua. Cessata una disputa con una signora se ne apre una nuova con un'altra. Come quando nel rispondere al tweet di un utente, il senatore decide di dire la sua, con il consueto senso della misura, su Sabrina Guzzanti. Questo il tweet ironico dell'utente: “La Guzzanti è andata via? Posso riaccendere la tv?”. E questa la misurata replica di Gasparri:

@DanieleKeshk Ha bisogno di cure, diminuire anche il botulino, aumentare il fosforo, ma il caso è disperato — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 26 Settembre 2014

Altra illustre vittima in rosa è la giornalista Luisella Costamagna. Pretesto del tweetstorm in questo caso è un tweet della giornalista Myrta Merlino (raro esempio di femmina italica cara a Gasparri). Il tweet della Merlino annunciava la propria presenza a L'Arena di Giletti: “Tra poco sarò ospite de l'@ArenaGiletti per commentare gli avvenimenti della settimana. Vi aspetto!”. Basta poco, quindi. Un banale tweet di autopromozione televisiva per scatenare un'associazione di idee fra le sinapsi gasparriane in grado di accendere una raffica di tweet al veleno contro la malcapitata Luisella

@myrtamerlino @ArenaGiletti la bella, Myrta, e la jena, Costamagna, il successo, Merlino, il fallimento dell'audience, Luisella — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Febbraio 2014

@tizianamaiolo Costamagna è tagliagole fallita scomparsa dalla tv per bassi ascolti finita canale clandestino @myrtamerlino @ArenaGiletti — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Febbraio 2014

Il tweetstorm è ormai partito e il timido tentativo dialettico della malcapitata Luisella contro le invettive del Senatore si spappola come un budino sotto la zampa di un elefante. Questa per la cronaca la pallida provocazione della giornalista in risposta agli attacchi:

@gasparripdl @tizianamaiolo @myrtamerlino @ArenaGiletti A casa a rosicare. Le tristi domeniche pomeriggio del sen. Gasparri. #trovatiunhobby — luisella costamagna (@luisellacost) 9 Febbraio 2014

Pallottole di cotone lanciate da una cerbottana rotta, le parole della giornalista non scalfiscono minimamente l'animus pugnandi del senatore che più grintoso che mai assesta una terzetta di tweet da ko (in realtà i primi due sono parte dello stesso messaggio ma l'incontinenza verbale è tale che la nostra tweetstar decide di calpestare le regole di Twitter e fregarsene di restare nei 140 caratteri).

@luisellacost @tizianamaiolo @myrtamerlino @ArenaGiletti domenica scorsa da Giletti,rosica chi bocciata da auditel è stata scaricata da Rai3 — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Febbraio 2014

@luisellacost @tizianamaiolo @myrtamerlino @ArenaGiletti e finisce su ignoto canale di gialli, mi pare ma non so bene, in una ripostiglio — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Febbraio 2014

Nella concitazione del momento, preso com'è dal contenuto più che dalla forma, il prode Maurizio si rende artefice di uno scambio di genere (con il ripostiglio che diventa femminile) inammissibile per chi come lui si è sempre battuto per la dignità del “maschio” e contro ogni deriva omo e transessuale. Ma ora c'è altro a cui pensare. I sani principi possono anche essere sacrificati sull'altare della crociata contro Luisella Costamagna, battaglia prioritaria nell'agenda di ogni politico che si rispetti...

@luisellacost @tizianamaiolo @myrtamerlino @ArenaGiletti dura essere defenestrata da tv, preghi un Santo,casomai Sant'oro, ma nemmeno lui... — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Febbraio 2014

Il trionfo scende alato, sul carro del sarcasmo, denotando una vena comica degna di “Made in Sud”, grazie a un gioco di parole che neppure il genio di Panariello in uno spot di telefonini avrebbe saputo generare. Eppure, soltanto 3 mesi dopo, il senatore, immemore di aver creato un transgender lessicale come la “ripostiglia”, decide di aprire un nuovo fronte di battaglia contro un altro nemico conclamato della destra dura e pura: la transessualità. Che in questo caso ha nome e forme di Conchita Wurst, cantante e drag queen, fresca vincitrice dell'Eurovision Music Contest. Ma certo è impensabile che il mondo venga inquinato da questi orridi borderline della sessualità. Nel sesso, così come in politica, servono certezze:

Questa Conchita è ignobile ed è vergognoso il coro mediatico che si solleva, che schifo — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 13 Maggio 2014

@stanzaselvaggia Conchita orribile spettacolo, deve sparire — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 14 Maggio 2014

Pensieri chiari, puliti, pettinati. Che nella loro sobria civiltà vengono amplificati e raccolti da un paese noto per tolleranza e liberalismo: la Russia. La quale, per bocca del vicepremier Dmitry Rogozin, si farà sostenitrice del medesimo concetto: “la vittoria di Conchita Wurst mostra ai sostenitori dell’integrazione europea il futuro del continente: una donna con la barba”. Ed ecco che, sbalorditivamente, due nostalgie si incontrano: quella per l'uomo coi baffoni e quella per l'uomo pelato tutto tempra e mascellone. Un'illuminata liaison di ideologie antitetiche in cui c'è già poco posto per le donne, figurarsi per quelle con la barba. “Con la Madre Russia contro i trans di tutto il mondo!” potrebbe persino diventare il grido di battaglia del senatore, custode inflessibile di eterosessualità e famiglia tradizionale. Così, dopo aver probabilmente mal digerito l'invito a cena di Vladimir Luxuria ad Arcore su chiamata del Cavaliere (cena celebrata da un selfie diventato virale e pubblicato dalla stessa Luxuria autoritratta insieme a Silvio e a Francesca Pascale), Maurizio attende nell'ombra il momento della rivalsa. E sarà proprio un'altra cena organizzata dal Cavaliere qualche giorno dopo a fornirgli il pretesto. Ospite a casa Berlusconi questa volta c'è Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa. A fine pasto la foto ricordo, di stampo decisamente più istituzionale del selfie di qualche giorno prima, ritrae, elegantemente schierati, Putin e Berlusconi circondati dai figli di quest'ultimo: Eleonora, Marina, Luigi, Barbara e Piersilvio. Una gioia per gli occhi del senatore che pubblica la foto sul proprio profilo twitter accompagnata dalla seguente didascalia:

Silvio ottima compagnia. Figli naturali e Vladimir. Putin @forza_italia pic.twitter.com/2TIpieyzze — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 19 Ottobre 2014

Di fronte al “Vladimir” giusto, il sarcasmo del senatore esplode feroce e soddisfatto, in un cocktail di intolleranza e conservatorismo, degni di un prete di Predappio. Ma in questo elogio sperticato a Russia e famiglia, il senatore dimentica due piccoli particolari: Putin è figlio del più vetero comunismo e Silvio, il mentore portato a esempio, un bi-divorziato. Un'altra fetta di comunicazione gasparriana, fa invece dell'autopromozione il proprio perno. In un blend di stile cafonal ed egocentriche velleità istituzionali non si contano i cinguettii che tengono informati i follower, evidentemente avidi di questo genere di informazioni, sugli spostamenti, gli appuntamenti televisivi, le parate, le partecipazioni a convegni e congressi, le iniziative politiche, i comizi e persino sulle più banali attività quotidiane dell'onorevole Gasparri. Prima di sorvolare a pie' pari, eccone un significativo esempio:

Oggi a Roma parliamo dei 10 anni della legge Gasparro e del futuro della tv pic.twitter.com/1Nb2K0ImhP — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 25 Settembre 2014

Forse pentito di essere diventato l'onomastico vivente della famigerata legge, il senatore decide di disconoscerla cambiandone il nome. Ma è un altro il perfido dubbio che si fa largo fra i più maligni: che Maurizio non conosca neppure il proprio cognome? Ma è in un altro tweet che le straordinarie incongruenze del Gasparri-pensiero si fanno palesi:

Ora ho testimoniato al Tribunale Dreyfus sul caso @Storace illustrando le mie iniziative a tutela della libertà di opinione @forza_italia — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 13 Ottobre 2014

Eccoci al cortocircuito logico, alla contraddizione maxima che si fa tweet, alla genialità travestita da boutade da cabaret: l'uomo che banna, blocca e querela si fa promotore di iniziative (non si sottovaluti il plurale) a tutela della libertà di opinione. Applausi. Ma Maurizio, la tweetstar, nella sua scoppiettante comunicazione non maneggia soltanto i massimi sistemi. No, talvolta sa di doversi sporcare la mani anche con argomenti più bassi, lasciando correre, senza inutili snobismi, il raggio dei suoi tweet a 360 gradi: dall'economia allo sport, senza dimenticare quel pizzico di satira, leggera e garbata, che è la ciliegina sulla torta per ogni comunicatore che si rispetti.

Con droga e prostituzione cresce il Pil e sembra diminuire la pressione fiscale.Effetto perverso sotto ogni profilo,prodotto interno lurido — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 9 Settembre 2014

Autorevoli, puntuali e istituzionalmente ineccepibili anche le sue osservazioni economiche:

@SkyTG24: #Padoan: deficit al 2,6% era obiettivo con quadro economico diverso, ma rispetteremo impegni presi PER LA SERIE #CAZZARI — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 12 Settembre 2014

Eppure, se fin qua emerge il volto più autorevole e istituzionale del Gasparri twittatore, se si percepisce nel suo elegante eloquio una vis contenuta in ossequio alla carica istituzionale, è nel suo personalissimo social fight club che il senatore dà il meglio di se attaccando briga, in nome del popolo sovrano, con chiunque si macchi di una colpa capitale: non pensarla come lui. Ne escono così entusiasmanti duelli a suon di epiteti, insulti e minacce con fette di web grosse come l'ego di Giuseppe Cruciani. E ne fa le spese, più o meno, chiunque: giornalisti, influencer, esperti di web, politici, rapper, semplici utenti, Italo Treno, Valerio Staffelli e persino adolescenti un po' in carne. Si passa così, con elegante disinvoltura dal:

@PaoloRovis ma cosa mi segui a fare? Rimescola la segatura che hai in testa @giorgiogaias92 — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 22 Agosto 2014

twittato all'indirizzo del consigliere comunale triestino del NCD, Paolo Rovis, a causa di un misunderstanding di stampo fantozziano (Rovis stava infatti criticando con un tweet - all'interno del quale era menzionato fra gli altri anche Gasparri - il deputato del M5S Alessandro DiBattista; critiche di fronte alle quali il Senatore perse il controllo perché, leggendo il proprio nome nel tweet, pensò che la reprimenda fosse indirizzata a lui).

#festadellarete raduno di saccenti che dicono cose false e/o inutili? Massima commiserazione — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 13 Settembre 2014

Il tweet era indirizzato a organizzatori, relatori e partecipanti del principale evento sul web italiano, rei di essere un filino critici nei confronti del modus operandi del vicepresidente del Senato sul web. Ma incassare le critiche in silenzio, si sa, è quel genere di mollezza che Gasparri non si può proprio permettere. E pensare che a farlo scendere dal proprio personalissimo empireo twitterino sulla terraferma del buon senso ci aveva già provato Wired con un articolo (datato 15 giugno 2014)lanciato dal proprio account Twitter con il seguente cinguettio: “Togliete Twitter a @gasparripdl (è per il suo bene)”. Aprendo il link allegato si atterra su un articolo a firma di David Allegranti, che, tra il serio e il faceto, ripercorrendo l'antologia delle gaffes del senatore su Twitter, spiega per quale motivo la cosa migliore da fare sarebbe togliere Twitter al vicepresidente del Senato "per il suo bene e per il nostro". Un “J'accuse” di fronte al quale Gasparri perde la propria proverbiale lucidità, lanciandosi in una tweet-reazione così veemente da risultare persino scomposta:

@wireditalia non so chi sia,per viltá come tanti si cela dietro l'anonimato, serve nome e cognome per indicare a nettezza urbana — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 15 Giugno 2014

Un tweet che apre una questione interpretativa di non secondaria importanza. Considerando che il nome dell'articolista, una volta aperto il link, compare in bella vista sotto al titolo, perché Maurizio Gasparri nella sua impetuosa replica parla di anonimato? A farsi largo sono tre ipotesi inquietanti. La prima: nell'ascesso d'ira al senatore si è annebbiata la vista al punto da non vedere il nome del giornalista. La seconda: il senatore non sa aprire i link, ed è dunque convinto che il concetto si esaurisca nel tweet; ignorando quindi che esista un articolo correlato e firmato dietro a quello strano codice alfanumerico in calce al cinguettio (a tal proposito è doveroso sottolineare la replica didascalica di wired: “@gasparripdl Anonimato? Viltà? Nomi e cognomi sono ovunque. Saluti”; e la controreplica del vicepresidente del Senato ormai accecato dall'assolutismo della propria convinzione: “@wireditalia anonimato e viltà, così è”). La terza: il senatore non solo non sa aprire i link, ma persuadendosi che autore del tweet sia un utente anonimo nascosto dietro al nickname di @wireditalia, dimostrerebbe di non conoscere un'autorevole testata internazionale anche nota come “la Bibbia del web”. Una lacuna che, laddove confermata, allungherebbe lunghe ombre su un esperto di comunicazione e firmatario di leggi a tema, come Maurizio Gasparri. L'indomani l'onda lunga della querelle continua a infiammare il web, e numerosi utenti colgono l'occasione per esprimere il proprio dissenso nei confronti del senatore indirizzando verso il suo account tweet dal contenuto non proprio ortodosso. Ma, fra uno “sciò” e un “spam”, il buon Maurizio non si flette e rilancia la sua battaglia con un tweet magniloquente, dal tenore austero e istituzionale, con il solito slancio ecologico:

Ottimo e di soddisfazione poter bloccare qualche decina di stupidi, rifiuti in discarica, diversi querelati, identificati tutti gli anonimi — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 15 Giugno 2014

Ricordate le innumerevoli iniziativa a tutela della libertà d'espressione? Appunto. Ma un vicepresidente del Senato che si rispetti ha anche il dovere di vigilare con l'inesorabilità di un mastino sui servizi ai consumatori. Forse per questo il 30 agosto del 2014 il senatore decide di sfidare pubblicamente la società NTV (Nuovo Trasporto Viaggiatori), in un modo a dir poco anomalo e, per certi versi, spiazzante: ovvero rispondendo a un tweet promozionale comparso in timeline. Il tweet era questo: “Segui Italo Treno e scopri tutte le promozioni per viaggiare ad Alta Velocità!”. Posto che qualcuno può non gradire che la propria timeline venga inquinata dalle promozioni commerciali (ma in fondo per Twitter questa è la principale fonte di sostentamento) il messaggio di Italo Treno era quasi innocuo nella sua misurata sobrietà. Una dissimulazione che non trae in inganno la nostra tweetstar, uomo di mondo troppo navigato per non scorgere dietro al cinguettio, una pericolosa cospirazione ai danni degli utenti. Così, la risposta del senatore non si fa attendere, attraversando perentoria la rete:

@ItaloTreno ma che promozioni, presto chiuderete — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 30 Agosto 2014

Parole forti. Un messaggio in cui non si capisce dove cominci la minaccia e dove arrivi l'auspicio, mimetizzato da iettatura. Ciononostante, la disfida sembra, temporaneamente, chiudersi qua. Da NTV non giungono repliche e sulla timeline di Gasparri pare scendere una tranquillizzante bonaccia. Ma è solo quiete prima della tempesta. L'indomani, palesemente provocato da un nuovo tweet promozionale di Italo: “Risparmia il 20% sui treni da e per Napoli. Acquista entro le 24 di lunedì 1 settembre”, il senatore torna a reagire senza indugi:

@ItaloTreno chi vi prega di inviare Tweet siete quasi falliti, rischioso comprare biglietti venduti da Della Valle & Montezemolo — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 31 Agosto 2014

Tanto che in quel “chi vi prega di inviare Tweet” sembra d'intravedere tutto lo stupore del senatore nel ritrovarsi in timeline il tweet di un profilo non seguito. Non avendo probabilmente chiara la dinamica dei tweet sponsorizzati, Gasparri vive l'apparizione dei cinguettii firmati Italo sulla propria timeline come un vero e proprio abuso, a metà fra lo spam e l'indebita captatio benevolentiae. A questo punto però l'account di @ItaloTreno, che aveva preferito inizialmente non replicare, decide di accantonare il tenore istituzionale dei propri tweet per gettarsi nella mischia e rispondere per le rime: “@gasparripdl oltre 10 milioni di Italiani preferiscono la concorrenza al monopolio. Triste modo di fare politica #tristegasparri”. Una risposta che, prevedibilmente, non viene incassata in silenzio. Ed ecco, una manciata di minuti dopo, la repentina controreplica del senatore:

@ItaloTreno avete letto Repubblica di oggi? Non sono mie opinioni, sono fatti. Purtroppo. Per fare impresa ci vogliono capacità — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 2 Settembre 2014

Diventa così tosto evidente anche ai responsabili della comunicazione di NTV che quella su Twitter contro Gasparri rischia di essere una battaglia persa, nonostante la manforte degli innumerevoli sostenitori che si inseriscono nello scambio (fra questi: “io uso ed userò sempre @ItaloTreno, lei dovrebbe chiudere con la politica non italo! #witalo” - @GiosueDV; “difficile concorrenza se la rete resta al monopolista. E pensare che in altri paesi la destra è liberale...” - @Marco_Abatecola; “Imbarazzante @gasparripdl su @ItaloTreno. Un rappresentante dello stato dovrebbe supportare l'impresa italiana non fare il giullare” - @stemel). Così la compagnia ferroviaria abbandona i tweet e affida l'ultima risposta a un comunicato stampa che spiega come la Nuovo Trasporto Viaggiatori abbia dato mandato ai propri legali “di assumere ogni opportuna iniziativa nei confronti del vice presidente del Senato Maurizio Gasparri autore di sconcertanti e reiterate dichiarazioni, a tutela della propria immagine e soprattutto di quella degli oltre 6 milioni di passeggeri che, nonostante la sorprendente posizione contraria assunta da un'alta carica istituzionale, hanno scelto e continueranno a scegliere Italo”. Prende così vita uno di quei paradossi che in “Ritorno al Futuro” avrebbero rischiato di disintegrare l'Universo: querelare il querelatore. Ma il vero trionfo del gasparrismo 2.0 si materializza il 18 ottobre 2014.La Lega di Matteo Salvini ha indetto una giornata di manifestazioni nazionali contro gli immigrati (sì, quelli che rubano il lavoro, che vanno aiutati a casa loro e che con le loro malefatte, vere o presunte, danno da vivere al già citato account @CriminiImmigrati, tanto caro al senatore). Il claim, lanciato dai leghisti e raccolto da quanti degli extracomunitari brutti e cattivi non ne vogliono più sapere, è #stopinvasione: neanche fossimo ucraini al confine con la Russia o vietnamiti ai tempi del presidente Johnson. Una buona fetta del web si dissocia dall'iniziativa tanto che artisti, musicisti e personaggi dello spettacolo decidono di postare sui social network e in particolare su Twitter proprie foto in cui sono ritratti con un cartello che recita “#stopinvasione della Lega”. Fra i personaggi che partecipano a questa controprotesta, anche il premio Nobel Dario Fo e il rapper Fedez. Si tratta però di una sommossa virtuale e sediziosa che sulle prime non viene notata dal vicepresidente del Senato, probabilmente troppo impegnato a bannare qualche troll o a litigare con puffi, elfi e giornaliste. Ma la soffiata giunge puntuale da uno zelante delatore, tale @ReogerHalsted, il quale pubblica la foto di Fedez con tanto di cartello antileghista in mano. A questo punto l'attenzione del senatore è finalmente catturata da questa barbarie filo-invasione e la soglia della sua tolleranza s'innalza immediatamente a livelli di guardia. A partire dal linguaggio, pronto a sottolineare con forbito eloquio i tatuaggi del rapper:

@RogerHalsted cioè questo coso dipinto ha avuto qualcosa da ridire? — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 18 Ottobre 2014

Per poi rincarare la dose con un:

@RogerHalsted Uno che tratta così il suo corpo chi sa come ha trattato il cervello, credo sia già una gioia non essere ridotti come lui — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 18 Ottobre 2014

Ma il “coso dipinto” non è tipo da incassare senza ribattere. E così, qualche ora dopo, Fedez citando fra l'altro un passaggio di “Amore Eternit”, brano tratto dal suo ultimo disco, pubblica il seguente tweet di risposta: “Caro Gasparri, io sono sporco all'esterno ma giudicare le apparenze è l'atteggiamento tipico di chi è sporco dentro”. Si tratta di un tweet che innesca uno tsunami di oltre 6.000 retweet. Numeri da capogiro, che però sono soltanto un evidente segno di come la rete, rivoluzionaria e disobbediente, si schieri per partito preso contro le istituzioni. Ma l'impopolarità non spaventa né turba il senatore. Almeno fin quando una ragazzina adolescente (su Twitter @mariapiatag) non decide di gettarsi nella mischia schierandosi pubblicamente a fianco del proprio idolo con un tweet che per il senatore ha il sapore dell'inaccettabile provocazione: “caro @gasparri il “coso colorato” è una persona pulita e umile a differenza tua che sei sporco e telo credi perché sei un deputato”. Ad aggravare la propria posizione: nella foto profilo la ragazzina, un po' in carne, compare abbracciata proprio al rapper Fedez. Il vicepresidente del Senato decide così di rispondere a tono selezionando con dotta cura e professionale scelta lessicale le controargomentazioni più appropriate:

@mariapiatag meno droga, più dieta, messa male — Maurizio Gasparri (@gasparripdl) 19 Ottobre 2014

È l'apoteosi del Gasparri-pensiero, l'esaltazione del cyberbullismo in giacca cravatta, l'emblema della prepotenza fatta istituzione, il trionfo estetizzante della rozzezza, la magnificazione del grottesco: il vicepresidente del Senato che insulta pubblicamente un'adolescente per via dei suoi chili di troppo. Il web insorge indignato in difesa di Maria Pia, i più ragionevoli arrivano persino a supporre che l'account @gasparripdl sia soltanto un fake, siti web, organi d'informazione e carta stampata riportano la notizia a caratteri cubitali, le trasmissioni tv ci costruiscono sopra speciali e servizi, i più audaci arrivano a chiedere a gran voce le dimissioni di Gasparri, i più ottimisti si augurano che il senatore almeno si scusi pubblicamente. Ma Maurizio Gasparri, la tweetstar incompresa, il politico che piuttosto che porgere l'altra guancia preferisce sporgere querela, non indietreggia di un millimetro, non dà segni di mollezza e continua a difendere le proprie ragioni (?) barricandosi su posizioni ai limiti dell'impopolarità. Al punto di dichiarare: “Mi ha offeso, sono io che querelo lei”.

Il che, se non altro, serve a spiegare un annoso arcano: ecco perché Maurizio Gasparri è l'unico politico su Twitter a non avere un account parodia.